Fumata bianca per il comitato definitivo di presidenza del Senato

Editoriale Congo Attualità n. 384 – A cura di Rete Pace per il Congo

Il 27 luglio, i senatori hanno eletto i membri del Comitato definitivo di presidenza del Senato.
Sui sei candidati proposti dalla piattaforma politica fedele all’ex Presidente della Repubblica Joseph Kabila, il Fronte Comune per il Congo (FCC), solo quattro sono rimasti eletti.

L’analisi del voto

I candidati alla presidenza erano due: Alexis Thambwe Mwamba, un “indipendente” proposto dal Fronte Comune per il Congo (FCC), e Modeste Bahati Lukwebo, coordinatore dell’Alleanza delle Forze Democratiche del Congo e Alleati (AFDC-A), una componente dissidente dell’FCC.
Alexis Thambwe Mwamba è stato eletto presidente del Senato con 65 voti (60%) su un totale di 108 elettori. Da parte sua, Modeste Bahati Lukwebo ha ottenuto 43 voti (40%), un risultato non da poco.
Se, a una prima lettura dei risultati, Thambwe Mwamba appare come il vincitore e Bahati Lukwebo appare come lo sconfitto, una lettura più approfondita degli stessi risultati può attenuare tale visione. Infatti, tra i 43 senatori che hanno votato per Bahati Lukwebo, 11 apparterrebbero alla coalizione da lui guidata, l’AFDC-A, 7 a LAMUKA (opposizione) e 3 a CACH (opposizione alleata dell’FCC per la formazione del governo). I restanti 22 senatori che hanno votato per Bahati Lukwebo apparterrebbero dunque all’FCC. Occorre notare che due senatori dell’AFDC-A si erano precedentemente dichiarati favorevoli alla candidatura di Thambwe Mwamba.
Una situazione simile è stata constatata anche nella votazione per il 1° vice presidente, in cui Evariste Boshab, candidato proposto dall’FCC e membro del PPRD, il partito dell’ex presidente Joseph Kabila, non ha ottenuto che 43 voti, ciò che equivale al 40% dei voti su un totale di 108 senatori elettori. In questo caso, si è verificata una netta frattura tra i senatori membri dell’FCC, metà dei quali hanno preferito votare a favore di Samy Badibanga, un dissidente dell’UDPS, ma non certo membro dell’FCC.
Un terzo caso riguarda la sconfitta di un altro candidato dell’FCC, Jean Pierre Zagbalafio Angala, che ha ottenuto solo 38 voti, contro i 63 ottenuti dall’indipendente Rolly Lelo Nzazi per il posto di vice questore.

Una sua possibile interpretazione

Tutto ciò lascia intravvedere un indebolimento dello stesso FCC, che non sarebbe poi così compatto e disciplinato come si vorrebbe far apparire.
Il numero relativamente alto dei voti ottenuti da Bahati Lukwebo, l’elezione di Samy Badibanga (presidente dei Progressisti e dissidente dell’UDPS) come 1° vice presidente e di Marie-Josée Kamitatu Sona (membro di LAMUKA / Opposizione) come vice relatore, la sconfitta dei due candidati dell’FCC, Evariste Boshab e Jean Pierre Zagbalafio, sono degli elementi che possono essere visti come dei piccoli passi verso un progressivo avanzamento sulla strada della democratizzazione della vita politica del Paese, attraverso un graduale superamento dell’attuale regime costituito da politici che hanno iniziato la loro carriera politica già al tempo di Mobutu Sese Seko (1975 – 1997) e che l’hanno consolidata negli anni mediante la loro folle partecipazione ai vari movimenti armati (AFDL, RCD, MLC, …), responsabili delle due grandi guerre che hanno tormentato il Paese per un intero decennio (1996 – 2006).
Ciò di cui il popolo congolese ha oggi bisogno è una nuova classe politica che non sia implicata in crimini di guerra e contro l’umanità, in violazioni dei diritti umani e in vicende di arricchimento illecito e di corruzione. Ha invece bisogno di una nuova classe politica che sappia comprendere la sua sofferenza e dar risposte concrete ai problemi della sua vita quotidiana (lavoro, sanità, istruzione, infrastrutture, acqua potabile, energia elettrica, …), garantire la sicurezza (ancora gravemente minacciata dalla presenza di numerosi gruppi armati, nazionali e stranieri, soprattutto nell’est del Paese), assicurare la giustizia lottando contro l’impunità, promuovere la difesa dei diritti umani, tra cui la libertà di espressione e di manifestazione.
In fin dei conti, è proprio questo che il popolo congolese aveva auspicato recandosi alle urne il 30 dicembre 2018.