Congo Attualità n. 381

INDICE

1. IL MESSAGGIO DEI VESCOVI DELL’ASSEPB
a. L’analisi della situazione
b. Le richieste rivolte alla classe politica congolese
2. VERSO LA FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO
a. La nomina del nuovo Primo Ministro
b. Le negoziazioni tra il FCC e CACH
3. IL RASSERENAMENTO DEL CLIMA POLITICO
a. Il ritorno di Moïse Katumbi e di Antipas Mbusa Nyamwisi
b. Il rimpatrio della salma di Étienne Tshisekedi
4. LE NUOVE NOMINE NEI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DELLA SNCC E DELLA GECAMINES
a. I due decreti presidenziali
b. Le reazioni
c. Il dibattito parlamentare

1. IL MESSAGGIO DEI VESCOVI DELL’ASSEPB

Il 2 giugno, al termine della loro sessione ordinaria tenutasi a Bukavu dal 27 maggio al 2 giugno, i Vescovi membri dell’Assemblea Episcopale Provinciale di Bukavu (ASSEPB) hanno pubblicato un messaggio in cui abbozzano, dapprima, un’analisi delle cause che sono alla base della situazione di stagnazione che caratterizza il cammino verso una maggiore sicurezza, la democrazia, la crescita economica, l’attenzione all’ambiente, la solidarietà e la dignità umana.

a. L’analisi della situazione

«*A livello politico, si nota il clima generalmente pacifico che ha caratterizzato le elezioni generali (presidenziali e legislative), l’alternanza che ne è seguita ai vertici dello stato, il fatto di aver saputo evitare quella violenza che si temeva in occasione delle elezioni e il ritorno ad una certa libertà di espressione. Tuttavia, c’è la sensazione che, in occasione delle ultime elezioni, ci siano stati degli accordi occulti tra i partiti politici, accordi che si sono sostituiti alla volontà popolare espressa direttamente nelle urne, il che pone un problema di legittimità e di credibilità.
* Sul piano della governabilità, c’è da sottolineare che il ritardo accumulato nella formazione del nuovo governo rischia di prolungare un atteggiamento di negligenza già constatato nella gestione degli affari pubblici e di accelerare una decadenza che è già ampiamente diffusa e che continua a minacciare la vita pubblica, la pace, la sicurezza, l’ambiente , l’economia e il sociale.
* Sul fronte della sicurezza, si è preoccupati per la persistenza e la proliferazione di gruppi armati e di bande di briganti che perpetrano massacri, attacchi, rapimenti e saccheggi, causando grandi spostamenti di popolazioni. Queste situazioni manifestano il declino dello stato.
Il pensiero va in particolare alle popolazioni di Beni e di Butembo: molti massacri sono attribuiti all’ADF-NALU, altri sono addebitati al nebuloso Stato Islamico che, ultimamente, ha iniziato a rivendicare i suoi attacchi mediante il suo sito web ufficiale. Certi gruppi di origini molto fosche continuano ad invadere le terre delle comunità locali.
Inoltre non si può non deplorare le persistenti attività di milizie e gruppi armati ancora attivi nelle zone di Uvira, Fizi e Mwenga. Queste violenze sono spesso alimentate da conflitti relativi al possesso delle terre o alla leadership dei capi tradizionali locali. Esse favoriscono l’accentuazione del tribalismo, della divisione e dell’esclusione.
* Nel frattempo, a Kinshasa, la classe politica è occupata in altre cose, tra cui la spartizione del
potere, abbandonando le popolazioni al loro triste destino. Questa negligenza politica indebolisce ulteriormente un’economia già disorganizzata e esposta alle devastazioni di uno sfruttamento interno ed esterno: i minerali vengono saccheggiati, l’agricoltura locale è abbandonata a favore di prodotti esteri sovvenzionati, l’imprenditorialità locale è quasi inesistente, la riscossione delle tasse è lasciata nelle mani di agenti statali che spesso ne approfittano a proprio vantaggio. L’assenza di una politica ambientale nazionale con un’eccessiva deforestazione, la frettolosa concessione di permessi di disboscamento attribuiti alle società commerciali del legname e la spericolata vendita di enormi estensioni di terra coltivabile a certe società nazionali e straniere privano le popolazioni congolesi delle loro risorse e espongono la loro salute agli effetti negativi derivanti da tali attività. Cosicché si è creata un’economia circolare organizzata attorno alle multinazionali desiderose di accrescere la loro ricchezza, a scapito degli ecosistemi e della biodiversità, necessaria per il benessere della popolazione».

b. Le richieste rivolte alla classe politica congolese

I Vescovi chiedono di:
«- riprendere in mano la gestione della missione sovrana dello Stato: quella di assicurare l’unità, l’integrità territoriale, la sicurezza delle persone e dei beni e la promozione del benessere della popolazione.
– garantire la protezione delle risorse naturali. Prima di procedere a qualsiasi accordo con terzi, siano assicurati e garantiti gli interessi nazionali e il rispetto per l’ambiente.
– fomentare i posti di lavoro destinati alle popolazioni locali e indirizzi la sua politica verso settori alternativi, come l’agricoltura, l’artigianato e le piccole e medie imprese.
– implicarsi con tutte le sue energie nella lotta contro la corruzione delle elite, attraverso un’adeguata politica dei salari dei dipendenti statali, tra cui gli insegnanti, i militari, gli agenti di polizia e gli altri funzionari.
– completare il ciclo elettorale, organizzando senza indugio le elezioni locali attraverso la mobilitazione dell’impegno dei cittadini, come elettori o candidati».

2. VERSO LA FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO

a. La nomina del nuovo Primo Ministro

Il 20 maggio, a Kinshasa, il primo ministro Bruno Tshibala ha presentato le sue dimissioni da capo del governo al presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi. Egli è stato alla guida dell’esecutivo nazionale dal mese di maggio 2017. Ha dichiarato di essere orgoglioso di aver contribuito all’organizzazione delle ultime elezioni che hanno permesso un’alternanza pacifica e civile ai vetrici dello Stato congolese. Le dimissioni di Tshibala aprono la strada alla nomina di un nuovo Primo Ministro.[1]

Il 20 maggio, il presidente della Repubblica Félix Tshisekedi ha nominato Sylvestre Ilunga Ilunkamba come Primo Ministro. Nel suo primo discorso, egli ha ringraziato l’attuale Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, per averlo nominato, e il precedente Presidente, Joseph Kabila, per averlo proposto come candidato Primo Ministro. Egli ha annunciato che si dedicherà alle priorità indicate dal Presidente Felix Tshisekedi: «Il Presidente della Repubblica ha già delineato quali saranno i settori più importanti per l’azione del governo: il sociale (educazione, sanità, lavoro, infrastrutture) e la sicurezza (lotta contro i gruppi armati)». Sylvestre Ilunga ha dichiarato che le discussioni tra il Fronte Comune per il Congo (FCC) e Verso il Cambiamento (CACH) sulla composizione del nuovo governo sono ancora in corso.
Titolare di un dottorato in economia applicata ottenuto nel 1979, Sylvestre Ilunga era stato nominato ministro o viceministro diverse volte (1981-1991) al tempo del presidente Mobutu Sese Seko. Nel 2003, era stato nominato segretario esecutivo del comitato per la riforma delle imprese statali (COPIREP), funzione che ha svolto fino a marzo 2014, quando è stato nominato direttore generale della compagnia ferroviaria nazionale del Congo (SNCC).
Frutto di un compromesso ai minimi termini tra il FCC di Joseph Kabila e il CACH di Félix Tshisekedi, la scelta di un tecnocrate relativamente anziano (73 anni), visibilmente indebolito fisicamente e politicamente influente, ha fatto di Sylvestre Ilunga un primo ministro di basso peso politico e con scarsi margini di manovra. Certamente egli ha permesso a Felix Tshisekedi di aver potuto evitare la nomina di un kabilista “puro sangue” come Yuma, ma permette soprattutto a Joseph Kabila di avere un capo di governo molto malleabile e docile alle sue istruzioni. Questa nomina dimostrerà chi avrà davvero il potere. Con un profilo da tecnocrate che deve la sua carriera al campo Kabilista, non ci sono dubbi che il nuovo Primo Ministro rimarrà ben legato all’ex presidente congolese.[2]

b. Le negoziazioni tra il FCC e CACH

Il 28 maggio, secondo alcune informazioni, in seguito a dei negoziati svoltisi a Kisantu (Kongo Centrale), il Fronte Comune per il Congo (FCC), piattaforma politica di Joseph Kabila e Verso il cambiamento (CACH), piattaforma politica che ha appoggiato la candidatura del presidente Felix Tshisekedi, avrebbero raggiunto un accordo su una chiave di ripartizione dei ministeri nel nuovo governo.
Questa griglia di ripartizione riserverebbe il 10% dei posti ministeriali alla discrezione del presidente della Repubblica Felix Tshisekedi e un altro 10% a Joseph Kabila, ex presidente della Repubblica, attualmente senatore a vita, la cui piattaforma politica. Avendo ottenuto la maggioranza dei seggi nell’assemblea nazionale, l’FCC avrebbe il 60% delle posti ministeriali e il CACH avrebbe il 20%.
Infine, secondo le stesse fonti, il governo potrebbe essere composto da 39 ministri e una decina di vice ministri. Ma il coordinatore dell’FCC, Néhémie Mwilanya, ha dichiarato che chiunque voglia entrare a far parte del futuro governo dovrebbe dapprima aderire al programma congiunto FCC-CACH.[3]

Il 4 giugno, un’ennesima riunione svoltasi a Kinshasa tra l’FCC e il CACH sulla questione della formazione del nuovo governo è terminata senza alcun risultato positivo.
A undici giorni dalla conclusione, prevista per il 15 giugno, della sessione parlamentare durante la quale dovrebbe aver luogo l’insediamento del nuovo governo, i negoziati tra CASH, la piattaforma politica di Felix Tshisekedi e l’FCC, piattaforma politica di Joseph Kabila si trovano ancora in una situazione di stallo, poiché le due parti non si sono ancora accordate sulla questione della ripartizione, tra le due piattaforme, dei posti ministeriali nel futuro governo.
Detenendo la maggioranza in entrambe le camere del Parlamento, l’FCC non è assolutamente disposto a concedere oltre il 24% dei posti ministeriali a CACH che, a sua volta, rivendica il 45%. Come si può constatare, si tratta di posizioni ancora molto divergenti. Anche se la spinosa questione dei ministeri più importanti (Interni, Esteri, Finanza, Economia, Difesa) rivendicati da entrambe le parti, non è ancora stata trattata, questa situazione lascia intuire che il cammino delle trattative sarà ancora lungo e burrascoso.[4]

3. IL RASSERENAMENTO DEL CLIMA POLITICO

a. Il ritorno di Moïse Katumbi e di Antipas Mbusa Nyamwisi

Il 20 maggio, l’ex governatore del Katanga e membro di Lamuka, una piattaforma politica di opposizione, Moïse Katumbi, è ritornato in Congo, mettendo fine al suo esilio durato per più di tre anni. Egli è atterrato all’aeroporto di Lubumbashi (Haut-Katanga) alle ore 11.45, con un volo proveniente da Lusaka (Zambia). Ha dichiarato di ritornare per la riconciliazione e la pace: «Ringrazio le autorità che mi hanno rinnovato il passaporto. Ritorno per incontrare i miei fratelli congolesi che hanno sofferto molto. Torno per contribuire alla pace e alla riconciliazione. Ritorno soprattutto per difendere la nostra costituzione e gli interessi del popolo congolese».[5]

Il 31 maggio, il segretario generale dell’RCD / KM, Grégoire Kiro Tsongo, ha confermato che Antipas Mbusa Nyamwisi è ritornato in Congo via Kinshasa. Mbusa Nyamwisi si era esiliato dal 2012, per essersi opposto all’ex regime di Joseph Kabila. Molto influente nella regione del “Grande Nord” (Beni, Lubero, Butembo) della provincia del Nord Kivu, dove i gruppi armati ADF, FDLR e Mayi-Mayi sono ancora molto attivi, Antipas Mbusa Nyamwisi ha promesso il suo contributo per la pacificazione di questa zona. Tuttavia, nella sua roccaforte di Beni, egli è spesso indicato come il principale fautore di insicurezza. Infatti, secondo diversi rapporti, egli è accusato di appoggiare l’Alleanza delle Forze Democratiche (ADF) e altri gruppi armati che, fomentando l’insicurezza, destabilizzano l’intera regione.[6]

Il 3 giugno, la segretaria generale del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), Eve Bazaiba, ha annunciato che Jean-Pierre Bemba rientrerà in Congo il 23 giugno. Al suo arrivo, è prevista una sua conferenza stampa. A Kinshasa, i preparativi di questo ritorno sono già in corso.[7]

Il 10 giugno, mentre il suo arrivo a Goma era atteso per il pomeriggio, Moïse Katumbi ha annunciato il rinvio del suo viaggio, poiché il suo aereo privato non aveva ottenuto, dalle autorità competenti, l’autorizzazione di sorvolo e di atterraggio all’aeroporto di Goma. Il suo direttore di gabinetto, Olivier Kamitatu, ha dichiarato che la richiesta di sorvolo e di atterraggio era stata inoltrata all’Autorità per l’aviazione civile congolese il 6 giugno. Dall’inizio di maggio, ogni autorizzazione di sorvolo del territorio congolese e di atterraggio in qualsiasi aeroporto deve essere convalidata dal consigliere speciale del Presidente della Repubblica in materia di sicurezza, François Beya. Le nuove autorità hanno giustificato questa decisione per “motivi di sicurezza”.
Si tratta di un secondo rinvio. Infatti, il 26 maggio scorso, Moïse Katumbi aveva annunciato un primo rinvio del suo arrivo a Goma, per mancanza di autorizzazione di sorvolo e di atterraggio, non concessa dalla agenzia di stato RVA poiché, secondo lei, Moïse Katumbi non ne avrebbe fatto richiesta. Constatando che le autorità congolesi continuano a negare a Moïse Katumbi l’autorizzazione di sorvolo e di atterraggio per il suo aereo privato, Pierre Lumbi, vice presidente della piattaforma politica “Insieme per il cambiamento”, non ha escluso la possibilità che egli viaggi su normali aerei di linea.
C’è da ricordare che Goma era la prima delle sei città scelte da Moise Katumbi per la prima fase di un suo viaggio attraverso il territorio nazionale. Di ritorno dall’esilio, egli aveva programmato di recarsi anche a Bukavu, Beni – Butembo, Kisangani e Mbandaka, per arrivare a Kinshasa il 20 giugno 2019.[8]

b. Il rimpatrio della salma di Étienne Tshisekedi

Il 21 maggio, il Ministero congolese degli Affari Esteri ha pubblicato il programma dei funerali di stato di Étienne Tshisekedi, padre dell’attuale Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi. I resti mortali di Etienne Tshisekedi arriveranno a Kinshasa giovedì 30 maggio e, in un primo momento, saranno custoditi presso l’obitorio dell’Ospedale del Cinquantenario.
Secondo il programma, il 31 maggio, la salma di Etienne Tshisekedi verrà condotta allo Stadio dei Martiri, dove rimarrà esposta al pubblico.
Il 1° giugno, Etienne Tshisekedi sarà “decorato e elevato, a titolo postumo, allo status di Eroe Nazionale” e sepolto a N’Shele, un comune della periferia est di Kinshasa.
Deceduto il 1° febbraio 2017 in un ospedale di Bruxelles, in Belgio, il suo corpo era stato finora custodito in un obitorio di quella città. Più volte erano stati intrapresi dei tentativi di rimpatrio della salma, ma senza alcun esito positivo, a causa delle tensioni politiche esistenti tra il suo partito, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) e il regime del precedente Presidente della Repubblica, Joseph Kabila.[9]

Il 29 maggio, verso le 18:00, una fonte del ministero degli Esteri belga ha annunciato un ritardo, per ragioni logistiche, nel rimpatrio della salma di Étienne Tshisekedi verso la Repubblica Democratica del Congo (RDC). Secondo il programma ufficiale, l’aereo che avrebbe dovuto trasportare i resti mortali di Étienne Tshisekedi sarebbe dovuto decollare dalla base militare di Melsbroek (Bruxelles) verso mezzanotte, per arrivare a Kinshasa il 30 maggio, alle 8:00 del mattino.
Cos’è dunque successo? Secondo diverse fonti, l’aereo che sarebbe stato noleggiato per l’occasione, un Airbus A330 in grado di trasportare circa 270 passeggeri, non è arrivato a Bruxelles perché, secondo una fonte congolese, «la fattura del noleggio dell’aereo che doveva prendere a bordo la salma e 237 passeggeri non era ancora stata onorata nella sua interezza».
Secondo una fonte della Presidenza congolese, il proprietario dell’aereo, di cui non è stato reso pubblico il nome, ha deciso di annullare il volo a causa di un ritardo nel pagamento della fattura. Tuttavia, le autorità congolesi hanno affermato di aver effettuato il trasferimento bancario il fine settimana precedente e di aver inviato copia della ricevuta di pagamento anche alla compagnia aerea. Esse hanno aggiunto che, per intraprendere il volo, il proprietario dell’aereo avrebbe aspettato che il denaro versato fosse fisicamente registrato sul suo conto bancario. Secondo le autorità congolesi, sarebbe questo il motivo per cui, alle 17:00, poche ore prima del decollo, il proprietario dell’aereo noleggiato avrebbe deciso di cancellare il volo.
In seguito a questi imprevisti, in una dichiarazione rilasciata dopo mezzanotte e firmata da Lucien Lundula, coordinatore del comitato di preparazione dei funerali, le autorità congolesi hanno dovuto noleggiare un altro aereo che dovrebbe arrivare all’aeroporto di Ndjili, a Kinshasa, verso le ore 16:00 del giorno seguente.[10]

Il 30 maggio, dopo alcune ore di ritardo, l’aereo che ha portato i resti mortali di Étienne Tshisekedi nella Repubblica Democratica del Congo è decollato da Bruxelles alle 12:25 (11:25 a Kinshasa). Si tratta di un aereo privato della compagnia Global Jet, un A 318 CJ Élite, un aereo più piccolo di quello inizialmente previsto per trasportare più di 200 persone. A bordo, le spoglie mortali di Étienne Tshisekedi e 19 passeggeri. Molti di quelli che non hanno potuto salire a bordo, si sono organizzati per arrivare a Kinshasa con voli di linea. L’orario di arrivo a Kinshasa era previsto tra le 18:45 e le19:20, ciò che dovrebbe permettere di mantenere la maggior parte del programma già pianificato. Secondo una fonte vicina alla Presidenza, è un paese africano “amico del Congo” che ha finalmente messo a disposizione questo aereo. Fonti diplomatiche menzionano il Togo o il Gabon.
L’aereo è atterrato all’aeroporto internazionale di N’djili, a Kinshasa, verso le 19:15.
Alle 0:25, il veicolo adibito al trasporto della salma di Etienne Tshisekedi è arrivato alla sede dell’UDPS, a Limete. Alle 1:40, il corteo funebre ha lasciato il piazzale della sede dell’UDPS, per continuare il suo percorso verso l’obitorio dell’ospedale del cinquantenario, dov’è arrivato verso le 3:00 del mattino.[11]

Il 31 maggio, alle 13:33, il corteo funebre trasportando le spoglie di Etienne Tshisekedi ha lasciato l’obitorio dell’Ospedale del Cinquantenario e, alle 14:10, è arrivato allo stadio dei Martiri di Pentecoste, dove i resti mortali di Etienne Tshisekedi sono stati esposti al pubblico sin dalle 14:30, per i previsti omaggi popolari.
Il Presidente della Repubblica, il figlio Felix-Antoine Tshisekedi Tshilombo, ha firmato il decreto sull’ammissione, a titolo postumo, di suo padre Etienne Tshisekedi all’ordine degli “Eroi Nazionali” Kabila – Lumumba con il grado di “Gran Cordone”, «per i suoi meriti dimostrati attraverso la sua lunga e dolorosa lotta politica, intrapresa per l’affermazione della democrazia e del progresso sociale, la creazione di un vero stato di diritto e la protezione dei diritti umani». Secondo una dichiarazione della presidenza, il grado di “Grande Cordone” nell’ordine degli “Eroi Nazionali” Kabila-Lumumba è il grado più elevato possibile secondo la legge congolese vigente. Non è escluso che, in futuro, Etienne Tshisekedi sia elevato al grado più elevato di “Eroe nazionale”, ma è necessario seguire una procedura giuridica e legale che prevede di passare attraverso il Parlamento.[12]

Il 1° giugno, alle 16:20, il veicolo adibito al trasporto del feretro di Etienne Tshisekedi ha lasciato lo stadio dei Martiri, in direzione di Nsele, un comune della periferia est della città di Kinshasa, dove la salma è stata deposta in una tomba costruita in una concessione di proprietà della famiglia.[13]

4. LE NUOVE NOMINE NEI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DELLA SNCC E DELLA GECAMINES

a. I due decreti presidenziali

Il 3 giugno, secondo due decreti presidenziali letti alla televisione nazionale dal portavoce del capo dello stato, Gabriel Kyungu wa Kumwanza è stato nominato presidente del consiglio di amministrazione della Compagnia ferroviaria nazionale del Congo (SNCC) e Albert Yuma è stato confermato presidente del consiglio di amministrazione della società Generale delle Cave e Miniere (GECAMINES). Nuovo direttore generale della SNCC è Fabien Mutomb, coadiuvato da Jacques Kamenga Tshimuanga. Nuovo direttore generale della GECAMINES è Sama Lukonde, assecondato da Ntambwe Ngoy Kabongo.[14]

Gabriel Kyungu (81 anni), leader dell’Unafec, eletto deputato provinciale di Lubumbashi, coordinatore di “Insieme per il cambiamento” nell’ex Katanga e, quindi, prossimo a Moïse Katumbi, aveva appoggiato la candidatura di Martin Fayulu nelle ultime elezioni presidenziali, ma è stato uno dei primi a riconoscere la “vittoria” elettorale di Felix Tshisekedi, attuale Presidente della Repubblica.
Albert Yuma (64 anni) è un fervente sostenitore di Joseph Kabila che, tra l’altro, l’aveva proposto come primo ministro. Ma il nuovo capo dello stato, Felix Tshisekedi non è stato dello stesso parere a causa di certe accuse di corruzione formulate contro di lui da parte di diverse ONG, tra cui Global Witness e Carter Center. Già in precedenza, esse avevano denunciato la scomparsa di centinaia di milioni di dollari versati dalle casse dello Stato alla Gécamines durante il suo mandato.
Fabien Mutomb, membro dell’UDPS e deputato di Lubumbashi, sostituisce Sylvestre Illunga Illunkamba, nominato primo ministro.[15]

In occasione della pubblicazione dei due decreti presidenziali mediante la Radio Televisione Nazionale Congolese (RTNC), i documenti apparsi sullo schermo non erano gli originali firmati dal Presidente della Repubblica, ma delle copie controfirmate da Vital Kamerhe, Capo di Gabinetto del Capo dello Stato, Félix Tshisekedi. In realtà, gli originali dei due decreti firmati dal Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, sono stati controfirmati dal Primo Ministro Bruno Tshibala, poche ore prima delle sue dimissioni, il 20 maggio 2019. I due decreti presidenziali sarebbero poi stati postdatati.[16]

b. Le reazioni

A proposito dei due decreti presidenziali sulle nomine dei della SNCC e della GECAMINES, il presidente dell’Associazione Africana per i Diritti Umani (ASADHO), l’avvocato Jean-Claude Katende, ha denunciato una violazione della costituzione da parte del presidente della Repubblica, Felix Antoine Tshisekedi. Secondo l’avvocato Jean-Claude Katende, «i due decreti firmati dal presidente Felix Tshisekedi non hanno rispettato la Costituzione. Normalmente, questi decreti dovrebbero essere deliberati in un Consiglio dei ministri, dovrebbero fare riferimento alle pertinenti disposizioni costituzionali e dovrebbero, infine, essere controfirmati dal Primo Ministro, il che non è stato fatto».[17]

Secondo Constant Mutamba, presidente della Nuova Generazione per l’Emergenza del Congo (NOGEC), membro del Fronte Comune per il Congo, «i due decreti sulle nuove nomine ai vertici della SNCC e della GECAMINES violano l’articolo 81 della Costituzione, che condiziona la validità di tali atti alla controfirma del Primo Ministro in carica e non del primo ministro dimissionario, dal momento in cui quest’ultimo non può più prendere decisioni di così alto valore giuridico». In particolare, egli ha ricordato che l’articolo 81 della costituzione congolese condiziona le nomine dei membri dei consigli di amministrazione dei servizi pubblici e delle società pubbliche a una preliminare proposta del governo deliberata nel Consiglio dei ministri. Constant Mutamba ha sottolineato che, «in questo caso, la competenza del Presidente della Repubblica è vincolata e non discrezionale, com’è stato nel caso di questi ultimi due decreti». Precisando che, «secondo la Costituzione, queste nomine devono essere proposte dal governo», egli si è chiesto: «ma di quale governo si tratta? Infatti, quello di Bruno Tshibala si è dimesso, mentre quello di Sylvestre Ilunkamba non è ancora stato insediato», Infine, egli ha promesso di appellarsi al Consiglio di Stato per ottenere l’annullamento di questi due decreti.[18]

Il deputato Henri-Thomas Lokondo, membro del FCC, ha affermato che i due decreti presidenziali relativi alle nomine dei vertici della SNCC e della GECAMINES violano la costituzione che prevede una previa consultazione del governo che, per altro, non è ancora stato insediato. Ciò che è grave, secondo Henri-Thomas Lokondo, è il fatto che «è la prima volta nella storia costituzionale del paese che decreti di questo tipo non hanno fatto alcun riferimento alla costituzione, che è il fondamento di tutti gli atti legali firmati dal Capo dello Stato, che n’è pure il garante».
Secondo Lokondo, non c’era alcun valido motivo per violare l’articolo 81 della Costituzione che, per decreti presidenziali di questo tipo, prevede una previa delibera del Consiglio dei Ministri e la controfirma del primo ministro, capo del governo. Egli ha affermato che «il presidente della Repubblica non può essere presidente e, contemporaneamente, anche primo ministro» e ha aggiunto: «i soli quattro casi in cui il Presidente della Repubblica può firmare un decreto da solo sono tassativamente ed espressamente elencati agli articoli 78, 80, 84 e 143 della Costituzione». Secondo il deputato di Mbandaka, «ciò che è ancor più sorprendente è che, in questi due decreti, si afferma che le nomine in questione sono state effettuate su proposta del governo. Ma quale? Perché il Primo Ministro Bruno Tshibala si è dimesso e il nuovo Primo Ministro nominato il 20 maggio scorso non ha ancora formato il suo governo. Non si può dire che il governo Tshibala assicuri l’interim, perché il decreto sulla nomina di Ilunga Ilunkamba come Primo Ministro abroga tutte le precedenti disposizioni. Detto chiaramente, il Primo Ministro Bruno Tshibala non può più convocare alcun Consiglio dei Ministri, né firmare alcun provvedimento. Il governo menzionato nei due decreti in questione è, quindi, un governo fantasma».
Infine, Henri-Thomas Lokondo fa anche una considerazione politica: « tutti i tre dirigenti della Gecamines provengono dalla stessa provincia. Dei tre dirigenti della SNCC, due appartengono alla stessa provincia. È un dato semplicemente imbarazzante e l’immagine che ne deriva è del tutto negativa, perché si ha l’impressione che queste due società non siano più delle aziende pubbliche dello stato, ma siano diventate delle aziende provinciale o private. È estremamente triste constatarlo, perché questi due decreti rischiano di mettere in pericolo l’unità del Paese e la coesione nazionale».[19]

Secondo alcuni osservatori, i due decreti relativi alle nomine dei vertici della SNCC e della GÉCAMINES non hanno nulla a che fare con il tribalismo. Tra i nominati, infatti, ci sono personalità di diverse province, come Guy Robert Lukama (Sud Kivu), Léon Mwine (Kasaï Occidental) e Jacques Kamenga (Kwilu). Si è presa in considerazione anche la rappresentatività delle province sorte dallo smembramento dell’ex Katanga. Ciò è dimostrato dalle nomine di Sama Lukonde (Alto Katanga), Fabien Mutomb (Lualaba), Albert Yuma (Tanganyika) e Coco Mulongo (Alto Lomami).
Per quanto riguarda la controfirma di Bruno Tshibala, si ricorda che, nel 2016, l’allora Primo Ministro dimissionario Matata Ponyo, che assicurava la gestione delle pratiche correnti in attesa del governo Badibanga, aveva proceduto a una serie di nomine di direttori generali alla DGRAD, alla DGI e alla FPI, sotto richiesta del Presidente della Repubblica, Joseph Kabila. I motivi addotti erano quelli della necessità e dell’’urgenza. In quell’occasione, nessuno denunciò un’eventuale violazione della legge, tanto meno della Costituzione.[20]

Da parte sua, il presidente della Associazione Congolese per l’Azione e la Giustizia (ACAJ), Georges Kapiamba, ha affermato che i due decreti del presidente Tshisekedi non siano intaccati da irregolarità perché, «secondo l’articolo 69 della costituzione, il Capo dello Stato è il garante della continuità dello stato». Di conseguenza, il parere di Kapiamba è che, per agire, il Presidente Felix Tshisekedi non era obbligato ad aspettare l’insediamento del nuovo primo ministro e del nuovo Governo da parte del parlamento. «Attualmente, ci troviamo in una situazione in cui, da una parte, Bruno Tshibala è Primo Ministro dimissionario che assicura esclusivamente la gestione corrente del Paese e non può più firmare nuovi atti giuridici e, dall’altra, il nuovo Primo Ministro Ilunga, non disponendo ancora di un nuovo governo insediato dall’Assemblea nazionale in conformità con l’articolo 90 paragrafo 5 della Costituzione, non può ancora adempiere la sua funzione di Primo Ministro. Ma nel frattempo, lo stato, le istituzioni della Repubblica e i servizi pubblici devono continuare a lavorare», ha dichiarato l’avvocato Georges Kapiamba, considerando la controfirma del Primo Ministro come una formalità che consiste nell’«assumere semplicemente la sua responsabilità politica» nei confronti del Parlamento. «Non farlo non annulla l’atto del Presidente della Repubblica».[21]

Prossimo a Félix Tshisekedi, il costituzionalista André Mbata ha minimizzato le critiche: «Siamo tutti d’accordo che, in tempi normali, i decreti presidenziali devono essere controfirmati dal Presidente del Consiglio. Ovviamente, ci sono delle eccezioni e, qui, penso che ci troviamo in una situazione di eccezione». Facendo notare che il primo ministro Ilungu Ilunkamba, recentemente nominato dal capo dello stato Felix Tshisekedi, non è ancora stato insediato, l’esperto costituzionalista ha aggiunto: «C’è un primo ministro (Bruno Tshibala) che ha rassegnato le sue dimissioni, ma che continua ad occuparsi delle pratiche correnti. Nello stesso tempo, lo stato deve continuare a funzionare. Chi rappresenta lo stato? È il Capo dello Stato». Secondo lui, l’articolo 69 della costituzione afferma chiaramente che spetta al Capo dello Stato garantire, attraverso il suo arbitrato, la continuità dello Stato e il regolare funzionamento dei servizi pubblici e delle istituzioni. Secondo il costituzionalista André Mbata,
– i due decreti fanno riferimento a diversi testi giuridici e, in primo luogo, alla Costituzione della Repubblica (art. 79 e 81) e
– sono stati tutti e due controfirmati dal Primo Ministro (Bruno Tshibala).
L’articolo 81 della Costituzione richiede semplicemente che i decreti presidenziali siano controfirmati dal Primo Ministro (in carica), indipendentemente dal fatto che sia dimissionario o meno. Finita, quindi, la polemica basata su asserzioni infondate, secondo cui questi due decreti presidenziali non facevano alcun riferimento alla Costituzione e non erano stati controfirmati dal Primo Ministro.[22]

c. Il dibattito parlamentare

Il 7 giugno, in una mozione presentata durante la plenaria dell’Assemblea Nazionale, il deputato Léon Mondole, del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), ha denunciato l’incostituzionalità dei due decreti presidenziali e ha raccomandato al Presidente della Repubblica di rinviarli a più tardi. Nella sua argomentazione, Léon Mondole ha affermato che i due decreti presidenziali non sono stati né deliberati in Consiglio dei ministri, né controfirmati dal Primo Ministro e ha sottolineato che «i due decreti presidenziali in questione devono essere rinviati a più tardi, perché non rispettano né i requisiti della Costituzione, né le leggi della Repubblica».
In seguito, Henri-Thomas Lokondo, deputato eletto a Mbandaka, ha informato la plenaria sulla firma di un nuovo decreto presidenziale relativo alle stesse nomine e che sarebbe stato controfirmato da Bruno Tshibala, primo ministro uscente: «colleghi, vi annuncio che c’è un nuovo decreto firmato dal Capo dello Stato e controfirmato dal primo ministro ad interim Bruno Tshibala. Ciò vuol dire che le nostre osservazioni sono state ascoltate. Ma ciò è ancor più grave, perché non si è usciti dall’incostituzionalità, in quanto Bruno Tshibala ha firmato il decreto semplicemente come primo ministro e non come primo ministro ad interim, il che è ancora più grave».[23]

I deputati membri del gruppo parlamentare “Per il cambiamento” (CACH) hanno disapprovato il fatto che il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale abbia accettato che, in plenaria, si aprisse un dibattito sui due decreti firmati dal Presidente della Repubblica Felix Tshisekedi sebbene, secondo la costituzione, egli non sia politicamente obbligato a rendere conto dei suoi atti all’Assemblea nazionale.
Opponendosi alla mozione presentata da Léon Mondole, il deputato Tony Mwaba, dell’UDPS, ha affermato che il Parlamento non avrebbe dovuto iniziare un dibattito su tale questione. Questa posizione è stata sostenuta anche da Christophe Lutundula, del G7: «Discutere in Parlamento sugli atti posti dal Presidente della Repubblica è contrario alla costituzione».
Secondo una dichiarazione dell’UDPS, letta dal segretario nazionale di questo partito, «dalla lettura degli articoli 77 e 91 della Costituzione, appare chiaro che solo il governo è politicamente responsabile davanti l’Assemblea nazionale. Di conseguenza, gli atti amministrativi del Presidente della Repubblica, in questo caso i due decreti da lui firmati, sono esenti dal controllo del Parlamento e non possono dar luogo a dibattiti in seno all’Assemblea nazionale, com’è successo il 7 giugno, in totale disprezzo delle disposizioni dell’articolo 23 del regolamento interno dell’Assemblea nazionale».[24]

Per quanto riguarda i due decreti presidenziali relativi alla nomina degli esecutivi della SNCC e della GECAMINES, nell’esposizione dei motivi collocata in appendice della Costituzione del 2011 si afferma che “il Presidente della Repubblica … esercita le sue prerogative … con il coinvolgimento del Governo sotto il controllo del Parlamento … Gli atti normativi che firma riguardo a materie proprie del governo o dipendenti dalla gestione di un ministero sono coperti dalla controfirma del Primo Ministro, che ne assume la responsabilità dinanzi all’Assemblea nazionale“.
Secondo l’articolo 79 della Costituzione, i decreti presidenziali sono normalmente controfirmati dal Primo Ministro. Vi sono quattro eccezioni in cui la firma è riservata al solo Presidente della Repubblica: la nomina del Primo ministro (articolo 78), l’investitura dei governatori (articolo 80), l’assegnazione di decorazioni (articolo 84) e la dichiarazione di guerra (art. 143). In altre parole, le nomine per decreto presidenziale rientrano effettivamente nel campo di responsabilità del Primo Ministro che le ha controfirmate. E come tale, il parlamento può discuterne e, se necessario, interpellare il capo del governo, per ottenere tutti i chiarimenti necessari. Senza dimenticare che questi decreti possono essere annullati dalle competenti giurisdizioni amministrative e costituzionali.[25]

[1] Cf Radio Okapi, 20.05.’19
[2] Cf Radio Okapi, 20.05.’19; Christophe Rigaud – Afrikarabia, 20.05.’19
[3] Cf Radio Okapi, 29.05.’19
[4] Cf RFI, 06.06.’19
[5] Cf Radio Okapi, 20.05.’19
[6] Cf Actualité.cd, 31.05.’19; Jean Pierre Kayembe – Cas-info.ca, 01.06.’19
[7] Cf Actualité.cd, 03.06.’19
[8] Cf Actualité.cd, 10.06.’19; Cas-info.ca, 10.06.’19; Berith Yakitenge – Actualité.cd, 12.06.’19
[9] Cf Radio Okapi, 21.05.’19
[10] Cf RFI, 29 et 30.05.’19; Radio Okapi, 30.05.’19; Hubert Leclercq – La Libre.be / Afrique, 29 et 30.05.’19; Actualité.cd, 30.05.’19
[11] Cf RFI, 30.05.’19; Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 31.05.’19
[12] Cf Actualité.cd, 31.05.’19; Radio Okapi, 01.06.’19
[13] Cf Actualité.cd, 01.06.’19
[14] Cf Radio Okapi, 03.06.’19
[15] Cf RFI, 04.06.’19
[16] Cf Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 06.06.’19
[17] Cf Christian Nsimba CNL – Politico.cd, 05.06.’19
[18] Cf Jean Pierre Kayembe – Cas-info.ca, 04.06.’19; Radio Okapi, 05.06.’19
[19] Cf Radio Okapi, 05.06.’19; Le Potentiel / via mediacongo.net, 06.06.’19
[20] Cf 7sur7.cd, 13.06.’19
[21] Cf Jean Pierre Kayembe – Cas-info.ca, 04.06.’19
[22] Cf Radio Okapi, 05.06.’19; Le Phare – Kinshasa, 07.06.’19
[23] Cf Radio Okapi, 08.06.’19; Augustin Kinienzi – Politico.cd, 07.06.’19
[24] Cf Actualité.cd, 09.06.’19; Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 09.06.’19; Cas-info.ca, 09.06.’19
[25] Cf Congoforum.be, 14.06.’19