Congo Attualità n. 380

INDICE

EDITORIALE: IL RISPETTO DELLA “VOLONTÀ DI CAMBIAMENTO” ESPRESSA DAL POPOLO → PRIMA CONDIZIONE PER LA FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO
1. I PRIMI 100 GIORNI DI FÉLIX TSHISEKEDI ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
2. GOVERNO E PARLAMENTO
a. Ancora senza Primo Ministro e senza Governo: trattative in corso tra FPP e CACH
b. Ancora incompleto il comitato definitivo di presidenza dell’Assemblea nazionale
3. A PROPOSITO DI LAMUKA
a. L’incontro di Bruxelles: da piattaforma elettorale a piattaforma politica
b. Il comizio di Martin Fayulu a Kinshasa
4. PROCEDURE GIUDIZIARIE
a. Una querela giudiziaria contro Martin Fayulu
b. Il parziale annullamento di sentenze precedenti contro Moïse Katumbi

EDITORIALE: IL RISPETTO DELLA “VOLONTÀ DI CAMBIAMENTO” ESPRESSA DAL POPOLO → PRIMA CONDIZIONE PER LA FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO

1. I PRIMI 100 GIORNI DI FÉLIX TSHISEKEDI ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA

***** Sono passati 100 giorni da quando Felix Tshisekedi è il nuovo Presidente della Repubblica ed è utile fare il punto sui primi mesi della sua presidenza.
Il metodo di Tshisekedi nei confronti del sistema Kabila
La presidenza di Felix Tshisekedi è caratterizzata da una spartizione forzata del potere con l’ex presidente Kabila, la cui coalizione ha mantenuto il controllo sulle due camere del Parlamento, ma anche una grande influenza sulle reti finanziarie e sull’esercito.
In questo contesto, qual’é la strategia di Felix Tshisekedi? Visitando gli Stati Uniti nel mese di aprile scorso, egli ha promesso di “rottamare” il sistema dittatoriale del suo predecessore. Ma, in realtà, finora la sua strategia sembra piuttosto quella dei piccoli passi.
Secondo un osservatore, almeno per il momento, Félix Tshisekedi non attacca “frontalmente” gli interessi politici ed economici dell’ex presidente, ma preferisce “progredire gradualmente, per testare il suo spazio di manovra” attraverso delle azioni “simboliche” destinate all’opinione pubblica”: grandi opere, liberazione dei prigionieri politici e apertura dello spazio politico. È un modo per non intraprendere un rischioso braccio di ferro con l’ex presidente, cercando nello stesso tempo di “occupare il terreno” lasciato ancora vacante dalla “mancanza di un nuovo primo ministro e di un nuovo governo”.
Debole internamente per il controllo dell’Assemblea Nazionale e del Senato da parte di Joseph Kabila, Félix Tshisekedi si è preoccupato di garantirsi una legittimità politica sul piano internazionale, moltiplicando i viaggi all’estero: Angola, Uganda, Ruanda e Stati Uniti, paesi considerati come dei preziosi alleati nel suo faccia a faccia con il presidente uscente.
Resta da vedere se ciò sarà sufficiente per placare l’impazienza dei congolesi desiderosi di cambiamento e l’impazienza degli stessi alleati internazionali che, in cambio del loro appoggio, si aspettano che intraprenda riforme profonde, in particolare nella lotta contro la corruzione.
Né governo, né primo ministro
100 giorni dopo essere arrivato al potere, Felix Tshisekedi non ha ancora né un nuovo primo ministro, né un nuovo governo, anche se la settimana scorsa, nella sua visita a Kisangani, egli aveva promesso che era solo una questione di pochi giorni. A che cosa è dovuto l’attuale blocco? Perché Felix Tshisekedi e Joseph Kabila non riescono a raggiungere un accordo? È il segnale di un disagio esistente tra il gruppo pro-Tshisekedi e quello pro-Kabila che, in febbraio, hanno concluso un accordo per una condivisione del potere?
Ufficialmente, si tenta di rassicurare la pubblica opinione, come ha fatto recentemente Aubin Minaku: «È la prima volta che i leader delle due coalizioni hanno deciso di comporre insieme una maggioranza parlamentare. È quindi normale che ci voglia un po’ di tempo».
Ma ufficiosamente, anche nei corridoi del potere, alcuni non nascondono la loro impazienza e riconoscono che l’attuale blocco riflette il clima di “sfiducia reciproca” e di “sospetto” che si è via via installato tra i pro-Tshisekedi e i pro-Kabila.
Fondamentalmente, è la questione dell’equilibrio di potere tra le due coalizioni che è in gioco con, da una parte, un Joseph Kabila ansioso di poter contare con un primo ministro che vegli sui suoi interessi e, dall’altra parte, un Felix Tshisekedi che sa di non poter accettare di nominare un primo ministro che potrebbe essere rifiutato non solo dai suoi sostenitori, ma anche dai suoi alleati internazionali.
D’altra parte, è sotto pressione degli Stati Uniti che il presidente Félix Tshisekedi si sarebbe rifiutato di nominare, come Primo Ministro, Albert Yuma, inizialmente proposto da Joseph Kabila. Tanto più che, finora, è Felix Tshisekedi che appare come il grande perdente dell’accordo raggiunto con l’ex presidente, visto che è quest’ultimo che mantiene un assoluto controllo sull’Assemblea Nazionale, sul Senato, sulle Assemblee Provinciali e sulla maggior parte dei governatori delle province.
La questione della sicurezza nell’est del paese
Tra le sue grandi promesse elettorali, Felix Thsisekedi aveva promesso di riportare la sicurezza nella parte orientale del Paese. In particolare, egli aveva promesso di spostare lo stato maggiore generale dell’esercito a Beni, una città devastata da innumerevoli massacri operati dai gruppi armati. Dopo 100 giorni al potere, che dire?
A metà aprile, visitando Goma e Beni, Felix Tshisekedi aveva promesso ancora una volta di risolvere definitivamente il problema dell’insicurezza: «È necessario sostituire i militari stanziati nel Nord Kivu da troppo tempo e avviare procedure giudiziarie nei confronti degli ufficiali e dei politici che intrattengono dei legami con i gruppi armati». Ma finora, non si è constatato alcuna sostituzione delle truppe, né alcun avvio di nessuna procedura giudiziaria. L’entourage del presidente Tshisekedi si giustifica affermando di non voler cadere nella precipitazione. «Occorre tempo per preparare una strategia solida», afferma Rubens Mikindo, esponente dell’UDPS.
Ma al di là dei discorsi, si stenta a vedere i fatti.
Dall’elezione di Felix Tshisekedi alla presidenza della Repubblica, per esempio, non si è più udita alcuna parola né sulla promessa di trasferire lo Stato Maggiore generale dell’esercito a Beni, né sulla riattivazione del programma di disarmo e di reintegrazione dei gruppi armati.
La domanda che ci si può porre è quella di sapere se il Presidente Tshisekedi può disporre realmente del suo potere, per realizzare ciò che ha promesso, soprattutto in una situazione in cui non c’è ancora un nuovo governo e l’Assemblea nazionale, il Senato e i servizi di sicurezza sono ancora sotto il controllo della coalizione fedele all’ex presidente Joseph Kabila.[1] *****

***** Fare della Repubblica Democratica del Congo uno “stato di diritto al servizio di ogni cittadino” e assicurare la rigorosa applicazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani era la promessa fatta dal nuovo presidente congolese in occasione del suo discorso di investitura il 24 gennaio scorso. 100 giorni dopo l’arrivo di Felix Tshisekedi alla guida del paese, qual è il bilancio sulla questione dei diritti umani?
Liberazione dei prigionieri
I difensori dei diritti umani riconoscono alcuni importanti progressi, tra cui una progressiva liberazione dei prigionieri politici. Secondo il ministero della Giustizia, sono stati rilasciati 574 prigionieri, tra cui 385 casi per grazia presidenziale e una cinquantina sulla base della legge sull’amnistia approvata nel 2014 ma finora applicata solo parzialmente. Il resto, 142 prigionieri, sono stati messi in libertà condizionale. Tra essi, ci sono anche dei casi “emblematici”: Firmin Yangambi, Jean-Claude Muyambo e Eugène Diomi Ndongala.
Si tratta certamente di un numero inferiore ai 700 rilasci annunciati ma, secondo il Ministero della Giustizia, “è solo l’inizio”. Infatti, in assenza di una lista prestabilita di prigionieri da liberare, spetta ai vari pubblici ministeri e funzionari carcerali identificare chi soddisfa o meno i criteri stabiliti dalla Presidenza e “ci vuole tempo”. Quasi tutti i centri di detenzione gestiti illegalmente dai servizi dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR) sono stati chiusi. Ma Asadho, un’associazione per la difesa dei diritti umani, resta preoccupata per il destino di almeno quattro persone arrestate tra marzo e aprile e detenute nei locali dell’intelligence militare della capitale, Kinshasa. Affermazione smentita da una fonte di sicurezza.
Apertura dello spazio politico e pubblico
L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani riconosce con soddisfazione “la progressiva apertura dello spazio politico e pubblico”. Varie stazioni radio dell’opposizione che erano state chiuse sotto il regime di Kabila sono state riaperte; vari esponenti dell’opposizione, tra cui lo stesso Martin Fayulu, hanno potuto organizzare i loro comizi con una certa libertà e con la copertura della stessa televisione nazionale; Moïse Katumbi ha ottenuto un nuovo passaporto e la sua condanna a tre anni di reclusione per appropriazione indebita di un immobile è stata annullata dalla Corte di cassazione.
Ma ci sono ancora delle ombre. Abdul Aziz Thioye, direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, ad esempio, si rammarica per il fatto che, qualche volta, le attività dei movimenti cittadini continuino ad essere represse, anche se non in forma sistematica come prima. Inoltre, egli si dice preoccupato per le restrizioni al diritto di manifestazione che continuano ad essere in vigore a Tshikapa, nel Kasai. Infine, secondo Jean-Claude Katende, attivista per i diritti umani, “attualmente, i membri dell’opposizione e dei movimenti civici possono esprimersi più liberamente, anche se ci sono ancora degli arresti cui, però, non segue la detenzione in carcere.
La parzialità della giustizia
I difensori dei diritti umani si dicono ancora insoddisfatti per quanto riguarda la lotta contro l’impunità dei crimini commessi ai tempi di Kabila.
Per esempio, non si registrano ancora progressi significativi nelle indagini relative alla violenta repressione, da parte delle forze di sicurezza, delle manifestazioni organizzate dal Comitato Laico dei Cristiani (CLC) in gennaio e febbraio 2018 e ai massacri compiuti a Yumbi in dicembre 2018. Secondo Jean-Claude Katende, «il governo dovrebbe impegnarsi nella lotta contro gli anti-valori e nel cambiamento delle mentalità, sia della popolazione in generale, che degli agenti dello Stato. Infatti, ci sono ancora dei militari e degli agenti di polizia che continuano ancora ad estorcere denaro agli utenti della strada, come ai tempi di Kabila. Ci sono autorità che, su strade a senso unico viaggiano in senso contrario senza essere multate. Senza la lotta contro gli antivalori, ciò che si sta facendo a livello sociale potrebbe non avere conseguenze durature sul piano economico».[2] *****

***** Il bilancio dei primi 100 giorni di Felix Tshisekedi alla guida della Repubblica Democratica del Congo (RDC) è piuttosto modesto. Il nuovo presidente ha moltiplicato le azioni simboliche, ma rimane prigioniero del Fronte Comune per il Congo (FCC), suo alleato di circostanza. La sua controversa elezione, frutto di un’intesa con Joseph Kabila per una condivisione del potere, fa di lui un presidente molto strano che, benché abbia il titolo di Presidente, non ha alcun potere, dal momento che “l’accordo” con Joseph Kabila concede alla sua piattaforma politica, il FCC, un’ampia maggioranza all’Assemblea nazionale, al Senato e alle Assemblee provinciali.
Dei segnali di apertura
Senza un vero margine di manovra e ancora senza governo, 100 giorni dopo la sua elezione, Felix Tshisekedi rimane ancora prigioniero dell’FCC di Joseph Kabila, suo alleato di circostanza. Tuttavia, il nuovo presidente ha tentato di dare alcuni segnali di apertura. Felix Tshisekedi ha giocato pienamente la carta del rasserenamento del clima politico, facendo liberare molti prigionieri politici, tra cui quelli emblematici, come Franck Diongo, Firmin Yangambi e Diomi Ndongala. Ha contribuito a che l’ex governatore del Katanga e membro dell’opposizione in esilio, Moïse Katumbi, recuperi il suo passaporto e veda annullata la sua condanna a tre anni di reclusione per appropriazione indebita di un immobile. Inoltre, il nuovo presidente della Repubblica ha ordinato la sospensione, per “cattiva gestione”, del ministro per gli affari fondiari e di alcuni funzionari pubblici responsabili dei trasporti e delle telecomunicazioni.
Rendere “visibile” l’azione del nuovo presidente
Dal punto di vista pragmatico, il nuovo presidente ha intrapreso un vasto programma di rinnovamento delle infrastrutture su tutto il territorio della Repubblica. Ma se la presidenza afferma che l’80% delle promesse sono già state portate a compimento, i risultati ottenuti appaiono alquanto irrisori quando si prende in considerazione l’intera superficie del paese. A Kinshasa, per esempio, sono stati costruiti solo 40 km di strade … una goccia d’acqua per una megalopoli di 12 milioni di abitanti. Ma per la coalizione presidenziale, che preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno, questo dovrebbe essere solo l’inizio. Nell’entourage del presidente si ritiene che questi cantieri, sebbene modesti, siano indispensabili per rendere “visibile” ai Congolesi l’azione del nuovo presidente.
Un re nudo
Il momento della verità per Felix Tshisekedi dovrebbe arrivare prossimamente con la nomina del suo primo ministro e la formazione del nuovo governo. In quel momento si potrà vedere quale sarà il reale peso politico di Felix Tshisekedi e di Joseph Kabila nella ripartizione dei vari ministeri. Solo dopo si potrà capire se il nuovo governo, che probabilmente avrà una forte colorazione FCC, avrà la possibilità o meno di mettere in atto le direttive emanate dal nuovo Presidente della Repubblica. Durante i suoi primi 100 giorni, Felix Tshisekedi ha potuto beneficiare ancora di una “zona grigia istituzionale” che gli ha permesso di bypassare l’attuale governo incaricato di sbrigare solo gli affari ordinari e correnti. Ma dopo l’insediamento del nuovo esecutivo, la situazione potrebbe essere completamente diversa e il re potrebbe rischiare di ritrovarsi veramente nudo.[3] *****

2. VERSO LA FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO

Il 12 aprile, varie fonti prossime al Fronte Comune per il Congo (FCC) e a “Verso il Cambiamento” (CACH) hanno constatato che i negoziati in corso per la formazione del nuovo governo si trovano in una situazione di stallo.
Il FCC propone che l’80% dei posti ministeriali sia assegnato a se stesso e il 20% a CACH. Secondo i suoi esponenti, questo tipo di suddivisione dei ministeri corrisponderebbe al tasso di rappresentatività all’interno del Parlamento riunito in congresso (Assemblea nazionale e Senato).
Da parte sua, CACH propone una ripartizione paritaria dei vari ministeri, cioè il 50% per ciascuno. Secondo i suoi delegati, è questo tipo di equa distribuzione dei posti di responsabilità che darebbe senso a una coalizione politica FCC-CACH. Tuttavia, CACH si è detto disponibile ad accettare, al limite, un compromesso che attribuisca il 60% dei ministeri al FCC e il 40% a CACH.
Una fonte prossima alla coalizione kabilista ha dichiarato che il FCC non intende cedere alle richieste di CACH, perché il presidente Tshisekedi ha rifiutato di nominare il primo ministro che l’ex presidente Kabila gli aveva proposto tramite una lettera. Secondo la stessa fonte, finché il Presidente della Repubblica non nominerà il presidente del consiglio di amministrazione della Gecamines e direttore generale della Federazione delle Imprese Congolesi (FEC), Albert Yuma Mulimbi, come capo del governo, il FCC non farà alcun sconto a CACH, il campo politico di Felix Tshisekedi e Vital Kamerhe.
D’altra parte, secondo alcuni osservatori, CACH sarebbe pronto a nominare, come primo ministro del futuro governo, il ministro uscente delle finanze, Henri Yav Mulang, un uomo di 64 anni e con un profilo da tecnocrate.
Un altro membro del FCC ha rivelato che certe dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Repubblica agli organi di stampa non contribuiscono a creare il clima di fiducia reciproca necessario per arrivare ad un consenso sulla condivisione delle responsabilità ministeriali nel futuro governo. In particolare, egli ha citato la dichiarazione che il Presidente Tshisekedi ha fatto negli Stati Uniti, quando ha parlato di “rottamare il sistema dittatoriale”.
Inoltre, certi leader del FCC hanno disapprovato i “contatti” del Presidente Felix Tshisekedi con certe personalità. Il fatto che egli abbia ricevuto Paul Nsapu, attivista per i diritti umani, e Ida Sawyer, membro di Human Rights Watch, due figure fondamentalmente anti-Kabila che hanno operato per l’attivazione delle sanzioni occidentali contro varie personalità del regime kabilista, ha provocato una grande frustrazione in vari membri sovranisti dell’ex maggioranza presidenziale.
D’altra parte, secondo un esponente di CACH, non volendo assegnare un certo numero di posti ministeriali a questa piattaforma, si sta cercando di indebolire politicamente il presidente Felix Tshisekedi e la sua coalizione, perché non avrà la possibilità di soddisfare le ambizioni politiche di alcuni suoi partner. L’UDPS rivendicherà un numero maggiore di ministeri rispetto agli altri membri della coalizione, grazie al suo peso politico. Seguiranno l’UNC e gli altri alleati di CACH. Inoltre, dovranno essere premiati anche i membri di LAMUKA che hanno aderito a Félix Tshisekedi, tra cui Gabriel Kyungu, Delly Sesanga, Claudel Lubaya, Jean Claude Muyambo, Adam Bombole, Jean Bertrand Ewanga e Frank Diongo.
Ciò si aggiungerebbe al fatto che, con una maggioranza di quasi 426 parlamentari (69,95%) su un totale di 609 membri del Congresso (Assemblea Nazionale e Senato messi insieme) e sulla base degli articoli 164 – 166 della Costituzione, il FCC potrebbe iniziare una procedura giudiziaria presso la Corte costituzionale contro il nuovo Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, per “alto tradimento, violazione intenzionale della Costituzione, oltraggio del Parlamento, cessione di parte del territorio nazionale, gravi violazioni dei diritti umani, corruzione, appropriazione indebita di fondi pubblici, arricchimento illecito, crimini contro l’onore o la moralità”. In effetti, secondo la costituzione, il Parlamento potrebbe prendere una simile decisione mediante una maggioranza dei due terzi (66,66%) dei membri del Parlamento che compongono il Congresso (406 su 609).[4]

Il 22 aprile, a Kinshasa, il Presidente della Repubblica Felix Tshisekedi si è incontrato con Joseph Kabila, autorità morale del Fronte Comune per il Congo (FCC).
Il 23 aprile, a Kisangani, egli ha annunciato la nomina del primo ministro nei “prossimi giorni”. Una cosa è certa: il nuovo capo del governo uscirà dai ranghi della coalizione FCC – CACH.
Sono due le personalità che emergono: Vital Kamerhe, attuale direttore del gabinetto del Capo dello Stato, e Jean Mbuyu Luyongola, ultimo consigliere speciale di Joseph Kabila per la sicurezza.
Per un certo tempo, si era citato il nome di Albert Yuma, presidente del consiglio di amministrazione della Gecamines e ugualmente presidente Federazione degli Imprenditori Congolesi (FEC), ma questa possibilità sembra essere stata scartata dal presidente Félix Tshisekedi.
Attualmente, la situazione è ancora in evoluzione e il gioco sembra ancora del tutto aperto.
Innanzitutto, occorre tener in considerazione quell’accordo che, firmato a Nairobi tra l’UDPS di Felix Tshisekedi e l’UNC di Vital Kamerhe, sta alla base di CACH. Secondo tale accordo, Vital Kamerhe aveva accettato di ritirare la propria candidatura alle ultime elezioni presidenziali, a beneficio di Felix Tshisekedi, in cambio di una promessa di nominarlo primo ministro nel caso di una loro vittoria elettorale. Ancora oggi, l’accordo di Nairobi continua a vincolare entrambe le parti e, in un certo senso, mantiene Vital Kamerhe ancora nella corsa alla presidenza del Consiglio dei ministri, nonostante sia attualmente capo del gabinetto del Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi.
Nelle file del PPRD, spicca un’altra personalità, presentata come uno degli artefici  della coalizione FCC – CACH. Si tratta di Jean Mbuyu Luyongola,’ultimo consigliere speciale di Joseph Kabila in materia di sicurezza. Come Vital Kamerhe, anche Jean Mbuyu è tra coloro che hanno posto le basi per il trasferimento pacifico del potere lo scorso mese di gennaio. Egli ha lavorato nell’ombra per avvicinare il presidente Felix Tshisekedi a Joseph Kabila. L’accordo di cogestione che lega il FCC a CACH porta la sua firma. Attualmente, Vital Kamerhe e Jean Mbuyu sono gomito a gomito nella corsa al posto di Primo Ministro del prossimo Governo.[5]

Il 29 aprile, in un’intervista rilasciata a Radio France Internationale, Aubin Minaku, ex presidente dell’Assemblea nazionale e uno dei principali esponenti del Fronte Comune per il Congo (FCC), ha affermato che la questione dell’origine politica del futuro primo ministro non si pone. Secondo lui, è chiaro che la proposta del nome del capo del nuovo governo spetta alla famiglia politica di Joseph Kabila: «Il primo ministro deve provenire dalla maggioranza parlamentare. E questa maggioranza parlamentare è composta dal FCC e da CACH. Poiché il FCC ha ottenuto circa 335 deputati e CACH poco più di 50, è normale che sia il FCC a designare il futuro Primo Ministro. Non è ammissibile alcun dibattito, tranne che per gli organi della stampa».[6]

Il 30 aprile, il deputato nazionale e membro dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Éric Ngalula Ilunga, ha reagito all’ultima dichiarazione di Aubin Minaku, uno dei leader del Fronte Comune per il Congo (FCC). Egli ha affermato che, politicamente, ci si trova attualmente  in una situazione di coalizione e non di coabitazione e che, inoltre, il popolo congolese desidera avere un capo del governo che incarni la rottura: «Il popolo congolese vuole un primo ministro che rompa con il passato e che sia consensuale. Capirei l’attuale agitazione del FCC in una situazione di coabitazione, ma non di coalizione». Il deputato nazionale Ngalula Ilunga ha ricordato ad Aubin Minaku ciò che era successo nel 2006: «Nel 2006, l’ex presidente Joseph Kabila aveva una maggioranza parlamentare (AMP) e PALU era un membro di questa maggioranza. È stato un membro del PALU qui ha occupato il posto di primo ministro per 5 anni, dapprima con Gizenga e poi con Muzito. Quindi il Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, potrebbe nominare Primo Ministro un membro della coalizione CACH-FCC, che potrebbe appartenere all’UDPS o a CACH. Non vedo alcun problema». Eric Ngalula ha fatto notare che, nel corso del mandato quinquennale del capo dello Stato Felix Antoine Tshisekedi Tshilombo, la Repubblica Democratica del Congo è ad una svolta decisiva: «L’onorevole Aubin Minaku e il FCC devono realizzare che le cose sono cambiate. Il tempo dei signor sì è finito. È tempo di abbandonare i vecchi metodi e di guidare insieme il paese nella giusta direzione».[7]

3. IL COMITATO DEFINITIVO DI PRESIDENZA DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE ANCORA INCOMPLETO

Il 25 aprile, l’opposizione parlamentare ha presentato al Consiglio di Stato una richiesta di annullamento delle elezioni dei membri del Comitato definitivo di presidenza dell’Assemblea nazionale, elezioni che si sono svolte il 24 aprile. Secondo l’Opposizione, «queste elezioni si sono svolte in violazione delle disposizioni regolamentari e legali». In particolare, l’avvocato dell’opposizione ha fatto riferimento all’articolo 11 della legge del 4 dicembre 2007 sullo statuto dell’opposizione politica, secondo cui “i gruppi parlamentari dell’opposizione politica godono di un diritto di rappresentanza proporzionale al loro peso numerico all’interno delle assemblee deliberative”, rappresentanza “determinata dal Regolamento interno” dell’assemblea implicata. Il regolamento dell’Assemblea nazionale specifica, nel suo articolo 26, che questo diritto di rappresentanza proporzionale viene esercitato quando si tratta di eleggere “il Comitato definitivo di presidenza dell’intera Assemblea Nazionale e il comitato di presidenza delle varie commissioni permanenti”.
Detto questo, va ricordato che la maggioranza FCC (kabilista) / CACH (tshisekedista) dispone di 387 deputati su 500 e l’opposizione di 113. Proporzionalmente, ne deriva che 5,42 posti su 7 del Comitato definitivo di presidenza spettano alla maggioranza e 1,58 all’opposizione. Poiché non si possono prendere in considerazione i decimali quando si tratta di persone, l’avvocato ha arrotondato le cifre per eccesso quando i decimali superano la metà (0,50) e per difetto quando essi sono inferiori a 0,50. Questo tipo di calcolo permette di assegnare 5 posti alla maggioranza e 2 all’opposizione.
Se si fa lo stesso calcolo proporzionale per i 3 posti titolari (Presidente, Relatore e Questore), risulta che 2,32 posti spettano alla maggioranza e 0,68 all’opposizione. Arrotondando le cifre con lo stesso metodo,  si constata che due posti spetterebbero alla maggioranza e uno all’opposizione.
Per i 4 posti di vice, se ne otterrebbero 3,096 per la maggioranza e 0,904 per l’opposizione, cioè 3 per la maggioranza e 1 per l’opposizione.
Complessivamente, secondo i calcoli fatti tenendo conto dell’indice di rappresentatività proporzionale, alla maggioranza spetterebbero 2 posti titolari e 3 posti da vice, mentre l’opposizione avrebbe diritto a 1 posto titolare e a 1 da vice. Tuttavia, la maggioranza si è riservata sei posti e, all’opposizione, ne ha lasciato solo uno, quello di un vice.
L’opposizione chiede quindi al Consiglio di Stato l’annullamento delle elezioni del 24 aprile, l’imposizione di una ripartizione più giusta dei posti e nuove elezioni interne.[8]

Il 29 aprile, il portavoce del raggruppamento politico pro-Katumbi, l’Alleanza dei Movimenti Katumbisti (AMK), Eliezer Tambwe, ha dichiarato che l’opposizione ha espresso la sua volontà di presiedere la Commissione per l’Economia e le Finanze (ECOFIN), per controllare l’attuazione della legge di bilancio a beneficio del popolo congolese. Secondo la stessa fonte, l’opposizione chiederebbe anche la presidenza della Commissione Politica, Amministrativa e Giuridica (PAJ).
Occorre notare che, in seguito al rifiuto, da parte della maggioranza, di accordarle due posti all’interno del Comitato definitivo di presidenza dell’Assemblea Nazionale, l’opposizione aveva optato di non partecipare alla direzione di qualsiasi commissione parlamentare permanente.[9]

4. A PROPOSITO DI LAMUKA

a. Da piattaforma elettorale a piattaforma politica

Il 26 e 27 aprile, i sei leader di Lamuka: Moïse Katumbi, Mbusa Nyamwisi, Martin Fayulu, Adolphe Muzito, Freddy Matungulu e Jean-Pierre Bemba si sono incontrati a Bruxelles, in Belgio. Hanno deciso di trasformare la coalizione Lamuka da coalizione elettorale in piattaforma politica, con l’obiettivo fondamentale di lavorare insieme, in modo democratico e trasparente, in vista di un’unità dinamica dei suoi membri nelle azioni politiche da intraprendere per conquistare il potere. I principali obiettivi di questa piattaforma sono:
– La difesa della costituzione, specialmente nei suoi articoli intangibili;
– La mobilitazione del popolo per un’alternanza democratica e politica, che rifletta la verità delle scelte degli elettori;
– La promozione di uno Stato di diritto e di una migliore gestione degli affari pubblici;
– Lo sradicamento degli antivalori.
Per quanto riguarda la struttura di Lamuka, i sei leader hanno optato per una presidenza a rotazione con un mandato di un trimestre. Questa presidenza a turno sarà assunta da un coordinatore. Moise Katumbi Chapwe, presidente di “Insieme per il cambiamento”, è stato designato primo coordinatore per un periodo di 3 mesi. I successivi turni spetteranno successivamente a Freddy Matungulu, Jean-Pierre Bemba, Adolphe Muzito, Antipas Mbusa e Martin Fayulu.
A proposito di questa presidenza a rotazione e della brevità dei mandati dei suoi leader, si può constatare che i “sei leader” hanno puramente e semplicemente deciso di neutralizzarsi a vicenda.
Secondo la procedura normale, si sarebbe creato un’equipe con un presidente, un vicepresidente, un segretario generale, un vice segretario generale, un tesoriere, un vice tesoriere e alcuni consiglieri.
Invece, istituendo una presidenza a rotazione con un mandato trimestrale, i leader di Lamuka danno chiaramente l’impressione, anche se si rifiutano di ammetterlo, di non fidarsi l’uno dell’altro. In effetti, in ciascuno di loro si nasconde la paura di vedere uno di loro emergere come leader, capace di dar scacco matto a tutti gli altri cinque in termini di popolarità, naturalmente in previsione delle elezioni del 2023. La principale lezione da trarre dalla trasformazione di Lamuka in piattaforma politica è che ci si trova in presenza di un circolo vizioso, in cui nessuno è disposto ad arrendersi davanti a un altro.[10]

Il 30 aprile, in una nota, il presidente del Partito “Insieme Cambiamo il Congo” (ECCO), Adam Bombole, annunciando la sua uscita da “Insieme per il Cambiamento”, piattaforma di appoggio a Moïse Katumbi, membro di LAMUKA, ha confermato il suo appoggio all’attuale Presidente della Repubblica Felix Tshisekedi, per “uno sviluppo sostenibile della nazione”. Adam Bombole ha affermato di aver deciso di uscire da Lamuka, perché propone «una lotta obsoleta per la conquista del potere attraverso l’insurrezione popolare, l’odio e altre forme di violenza».[11]

b. Il comizio di Martin Fayulu a Kinshasa

Il 28 aprile, Martin Fayulu è rientrato a Kinshasa dopo un tour euro-americano. Al suo arrivo all’aeroporto internazionale di Ndjili, ha dichiarato che continua a considerarsi come l’unico presidente eletto del paese e che “l’unica sua parola d’ordine è la verità delle urne“. Egli ha quindi promesso di mobilitare la popolazione, affinché essa possa “recuperare la sua vittoria elettorale“.
In un comizio organizzato in Place Sainte-Thérèse di Ndjili, ha poi chiesto al presidente Félix Tshisekedi, di cui continua a contestare la legittimità, di rendere pubblico il contenuto dell’accordo concluso con il suo predecessore Joseph Kabila. Ha anche parlato della coalizione FCC-CACH: «Felix Tshisekedi è la nostra vergogna. Egli ha venduto il paese a Kabila. Kabila era venuto per destabilizzare questo paese. Felix avrebbe dovuto rifiutare la sua nomina a presidente della repubblica da parte di Joseph Kabila. Oggi, Féelix Tshisekedi è schiavo di Kabila. Ha prestato giuramento il 24 gennaio. Sono trascorsi già 94 giorni. Egli ha speso il budget della presidenza di tutto l’anno in soli tre mesi. Non ha ancora nominato alcun primo ministro, non ha ancora formato alcun nuovo governo».
Inoltre, Martin Fayulu ha chiesto a Felix Tshisekedi di dimettersi: «Gli occidentali hanno detto di aver preso atto dei risultati elettorali pubblicati dalla Commissione elettorale e confermati dalla Corte costituzionale, perché il popolo non si è fatto sentire. Ora sono rientrato. Diremo a Felix Tshisekedi di dimettersi. Deve lasciare il potere. Deve smettere di fare sciocchezze».
Infine, Martin Fayulu ha parlato della presidenza a rotazione all’interno della piattaforma Lamuka: «Lamuka non ha un solo leader, ma sei. Io ero stato designato candidato comune alle ultime elezioni presidenziali. Oggi abbiamo trasformato Lamuka in una piattaforma politica con un’equipe di leader e una presidenza a rotazione. Poiché sono stato eletto presidente della repubblica dal popolo, lascio i primi turni della presidenza a rotazione agli altri membri dell’equipe e io farò l’ultimo».[12]

Sulle dichiarazioni di Martin Fayulu che, nel suo comizio del 28 aprile in piazza Sainte Thérèse, ha chiesto le dimissioni di Felix Tshisekedi, Presidente della Repubblica, l’ex membro di Lamuka, ma ancora membro di “Insieme per il Cambiamento”, Jean-Claude Muyambo, ha chiesto a Moïse Katumbi, presidente di “Insieme per il Cambiamento”, di prendere le distanze dalle dichiarazioni di Martin Fayulu, presentate come un appello all’insurrezione. Ultimamente, Jean-Claude Muyambo si è avvicinato all’attuale Presidente della Repubblica.
Da parte sua, Adam Bombole, prossimo a Moïse Katumbi, anche se ultimamente si è avvicinato al Presidente Félix Tshisekedi, ha reagito via twitter: «Ogni eccesso è pericoloso. Le calunnie e le vociferazioni non cambieranno nulla! Felix Tshisekedi è Presidente della Repubblica per un primo mandato di 5 anni, rinnovabile una volta».[13]

5. PROCEDURE GIUDIZIARIE

a. Una querela giudiziaria contro Martin Fayulu

Il 29 aprile, il procuratore generale della Repubblica, Flory Kabange Numbi, ha annunciato di aver ricevuto una denuncia contro Martin Fayulu Madidi e altri, per “incitamento all’odio etnico”. Indirizzata al Procuratore Generale della Repubblica da un certo Jean-Claude Ngoy Lufuluabo il 18 febbraio scorso, questa denuncia è stata trasmessa alla Polizia Nazionale.
Sin dal tempo della sua sconfitta elettorale, Martin Fayulu è spesso percepito come incitatore all’insurrezione e alla rivolta. Dai suoi discorsi, emerge una specie di animosità premeditata contro la leadership del nuovo Presidente della Repubblica, FélixTshisekedi.
Alcuni mesi fa, durante un comizio sulla “verità delle urne”, Fayulu aveva creato una sorta di psicosi e terrore, scatenando odio tribale tra la popolazione, con il rischio di provocare una pulizia etnica contro i Baluba del Kasai. Lo scorso febbraio, in occasione di una manifestazione in piazza di S. Teresa, dei simpatizzanti di Fayulu erano stati ripresi mentre cantavano canti contro i Baluba del Kasai, regione natale del presidente. Felix Tshisekedi. Situazioni simili erano state segnalate nel Kwilu, provincia di Martin Fayulu.[14]

Il 30 aprile, il vice commissario generale della polizia giudiziaria, Jean Baelongandi, ha invitato Martin Fayulu Madidi a recarsi presso il suo ufficio il lunedì 6 maggio, per “informazioni utili”.[15]

Il 4 maggio, Martin Fayulu ha annunciato che si recherà all’appuntamento che la polizia gli ha fissato: «Vi andrò per saperne di più. Vi andrò, affinché mi si dica ciò che di sbagliato ho potuto dire e su quali basi fondano la loro accusa». Tuttavia, secondo lui, si tratta di una procedura per intimidirlo e zittirlo: «Penso che se non ci fosse stato il comizio di domenica 28 aprile, la polizia non mi avrebbe convocato». Ha quindi promesso di continuare la lotta per rivendicare la sua vittoria elettorale del 30 dicembre 2018. Martin Fayulu ha fatto sapere che si recherà al quartier generale della polizia giudiziaria congolese accompagnato dai militanti di LAMUKA, suoi elettori.[16]

Il 4 maggio, la polizia ha annullato l’audizione di Martin Fayulu fissato per il 6 maggio. Secondo il suo portavoce, il colonnello Pierrot Mwanamputu, è per ragioni di sicurezza che l’appuntamento con Martin Fayulu è stato rinviato ad una data successiva: «Certe persone hanno dato a questo invito un carattere politico, ciò che rischia di esporre all’insicurezza la popolazione che vive nei dintorni della sede della Polizia. Ci sono quattro scuole materne, una scuola elementare, una scuola superiore e alcune residenze di diplomatici. Perciò, si è deciso di rinviare l’audizione di Martin Fayulu a una data successiva. La notifica gli è stata comunicata attraverso il suo avvocato».[17]

b. Il parziale annullamento di sentenze precedenti contro Moïse Katumbi

– Il dossier “appropriazione indebita di un immobile”

Il 17 aprile, la Corte di cassazione ha annullato la sentenza di condanna a 3 anni di carcere, emessa nel 2016 nei confronti di Moïse Katumbi, per appropriazione indebita di beni immobiliari. La notizia è stata resa pubblica il venerdì 19 aprile da uno degli avvocati dell’ex governatore del Katanga, Joseph Mukendi: «Confermo che, il 17 aprile, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza di annullamento della decisione, da parte del Tribunale di pace di Kamalondo, di condannare Moïse Katumbi a 3 anni di carcere, con arresto immediato».
Moïse Katumbi era stato condannato il 22 giugno 2016 a tre anni di carcere, per appropriazione indebita di un bene immobiliare. La sentenza era stata emessa dal tribunale di pace di Lubumbashi, dopo essersi pronunciato a favore di Stoupis, un cittadino greco che aveva accusato l’ex governatore del Katanga di falso e di uso di falso in un caso di acquisto di un immobile che, secondo lui, sarebbe stato di sua proprietà per averlo ereditato. Da parte sua, Moïse Katumbi aveva affermato che si trattava di un caso inventato di sana pianta, per danneggiare la sua reputazione impedire la sua candidatura alle elezioni presidenziali.[18]

Il 5 maggio, in una conferenza stampa a Kinshasa, Cyprien Mbere Moba, uno degli avvocati di Alexandros Stoupis, ha affermato che, «contrariamente a ciò che la gente può dire, il giudice della Corte di cassazione non ha prosciolto Moïse Katumbi. Non l’ha affatto assolto». Egli ha precisato che «il giudice ha semplicemente annullato il lavoro del primo giudice per dolo da egli stesso commesso. Tuttavia, la Corte di cassazione non ha emesso alcuna sentenza sui fatti che contrappongono Stoupis e Katumbi. I problemi rimangono ancora irrisolti, il contenzioso rimane ancora aperto». Secondo gli avvocati di Stoupis, questo caso non ha nulla a che fare con la politica e l’edificio in questione appartiene al loro cliente: «Si tratta di una questione privata. L’edificio in questione appartiene indiscutibilmente alla famiglia Stoupis che vuole ricuperarlo». Per questo, essi intendono continuare la procedura giudiziaria, affinché la famiglia Stoupis possa rientrare in possesso del loro edificio o ottenerne un controvalore e un risarcimento.[19]

Il 7 maggio, in risposta alle dichiarazioni rese nella conferenza stampa di Kinshasa dal gruppo degli avvocati di Alexandre Stoupis, Joseph Mukendi, avvocato di Moise Katumbi, ha affermato che gli avvocati di Alexandros Stoupis sono ancora dentro il tempo legale consentito. Se ritengono giusto continuare la procedura giudiziaria, possono farlo. Tuttavia, egli chiede che tutto sia fatto nella legalità. Egli.ha dichiarato che non è possibile ricorrere in appello contro decisione della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna del suo cliente a tre anni di carcere per appropriazione indebita di immobile: «La decisione della Corte di cassazione ha annullato la sentenza del tribunale di pace di Kamalondo che aveva condannato Moïse Katumbi a tre anni di reclusione. Non è possibile alcun appello contro tale decisione». L’avvocato Joseph Mukendi ritiene che, «se gli avvocati di Stoupis hanno nuovi elementi supplementari, possono sempre ricorrere in appello. Infatti, è legalmente permesso inoltrare una citazione diretta, come avevano già fatto, ma questa citazione diretta non potrà interferire con la libertà di movimento di Moïse Katumbi, poiché deve poter usufruire della presunzione di innocenza, come ogni altro cittadino».[20]

– Il dossier “reclutamento di mercenari”

Il 29 aprile, il Procuratore generale delle Forze Armate congolesi ha deciso di archiviare una parte del caso detto di “reclutamento di mercenari da parte di Moïse Katumbi”, in cui sei militari e agenti di polizia erano stati arrestati. Tuttavia, le procedure giudiziarie contro l’ex governatore del Katanga non sono ancora del tutto terminate. L’anno scorso (2018), la giustizia aveva suddiviso il dossier in due parti: una riguardante i militari e gli agenti della polizia e l’altra riguardante i civili, fra cui Moïse Katumbi rimane il principale imputato.
Nel mese di marzo scorso, il procuratore militare congolese aveva ordinato il rilascio delle sei persone (militari e agenti di polizia) che erano ancora in carcere senza essere state processate e il caso di questi sei imputati, arrestati il 24 aprile 2016, era stato definitivamente archiviato. Tutte le accuse contro di essi sono state revocate. Secondo la nota del 9 marzo 2019, pubblicata il 29 aprile 2019 e indirizzata al revisore generale delle Forze Armate, cui si chiede di “archiviare il dossier senza alcuna ulteriore azione”, «le indagini che erano state aperte sul caso di reclutamento di mercenari da parte di Moïse Katumbi non hanno potuto accertare l’effettiva presenza di questi mercenari nel Katanga al momento dei fatti». Ma non è tutto. In quella nota si spiega che, «avendo il nuovo Presidente della Repubblica fatto della politica di rasserenamento del clima politico il proprio cavallo di battaglia, sarebbe “inopportuno” continuare l’istruzione di un dossier che potrebbe ostacolare quella politica di riconciliazione tanto auspicata».
Uno degli avvocati di Moïse Katumbi, Me Mukendi, che ha sempre denunciato “un colpo di stato politico” montato contro il suo cliente, ha accolto con favore ciò che definisce come “una decisione molto saggia che fa onore alla giustizia congolese”.
Tuttavia, accusato di reclutamento di mercenari per destabilizzare l’ex presidente Kabila, Moïse Katumbi non è ancora stato completamente assolto. Rimane ancora l’altro aspetto di questo caso, quello che riguarda le persone civili coinvolte. Il dossier si trova presso la Corte costituzionale.
La difesa sta tentando di far annullare la procedura. Due ipotesi quindi: o la Corte costituzionale archivia l’istruzione, o il dossier è inviato alla Corte di cassazione per sentenza finale. Se questo fosse il caso, secondo il suo avvocato, Katumbi dovrebbe comparire “come uomo libero”, dato che i suoi co-imputati sono stati rilasciati su cauzione. Secondo Solomon Idi Kalonda, consigliere di Moïse Katumbi, «se una parte del dossier è stata archiviata, anche l’altra dovrebbe essere archiviata automaticamente».  Tanto più che, dieci giorni fa, la Corte di cassazione ha annullato la condanna di Moïse Katumbi a tre anni di carcere, in un altro dossier relativo a un caso di appropriazione illegittima di un bene immobiliare. Secondo l’entourage di Moïse Katumbi, «il “cambiamento di rotta” intrapreso dalla magistratura è ben visibile sin dall’arrivo di Felix Tshisekedi alla Presidenza della Repubblica».[21]

[1] Cf RFI, 04.05.’19
[2] Cf RFI, 05.05.’19
[3] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 04.05.’19
[4] Cf Zabulon Kafubu – 7sur7.cd, 13.04.’19
[5] Cf Le Potentiel – via mediacongo.net, 26.04.’19
[6] Cf RFI, 29.04.’19
[7] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 30.04.’19
[8] Cf Marie-France Cros – La Libre/Afrique, 26.04.’19 https://afrique.lalibre.be/35617/rdcongo-demande-dannulation-de-lelection-du-bureau-de-lassemblee/
[9] Cf mediacongo.net, 30.04.’19; Cas-info.ca, 29.04.’19
[10] Cf Radio Okapi, 28.04.’19; Kimp – Le Phare, Kinshasa, 28.04.’19
[11] Cf Jeff Kaleb Hobiang – 7sur7.cd, 30.04.’19
[12] Cf Actualité.cd, 28.04.’19
[13] Cf Emma Muntu – La Tempête des Tropiques / via mediacongo.net, 30.04.’19
[14] Cf Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 29.04.’19; Belga / via mediacongo.net, 30.04.’19
[15] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 02.05.’19
[16] Cf Stanis Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 04.05.’19
[17] Cf Actualité.cd, 04.05.’19
[18] Cf Radio Okapi, 19.04.’19
[19] Cf Radio Okapi, 06.05.’19
[20] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 07.05.’19
[21] Cf RFI, 01.05.’19