Congo Attualità n. 323

INDICE

EDITORIALE: KASAÏ → QUANDO L’AUTORITÀ TRADIZIONALE LOCALE SFIDA IL POTERE POLITICO NAZIONALE

  1. LA RIBELLIONE KAMWINA NSAPU
    1. Origine e modus operandi
    2. Da un banale conflitto di successione all’autorità tradizionale locale a una vera e propria guerra
    3. Diverse centinaia di morti e 1.270.000 sfollati
    4. La mattanza di Mwanza Lomba
    5. La designazione e nomina di un nuovo Kamwina Nsapu
  2. L’UCCISIONE DI DUE ESPERTI DELLE NAZIONI UNITE NEL KASAI
    1. Un’inchiesta preliminare da parte della giustizia militare congolese
    2. Il video dell’omicidio diffuso per iniziativa del Governo congolese
    3. Un’analisi del video
    4. Un’inchiesta amministrativa da parte dell’ONU
  3. IL DEPUTATO CLÉMENT KANKU IMPLICATO NEI MASSACRI DEL KASAI?
    1. La pubblicazione della registrazione di una conversazione telefonica tra Clément Kanku e un presunto miliziano
    2. Il governo congolese e le ambasciate occidentali già sapevano
    3. Le prime dichiarazioni di innocenza da parte di C. Kanku e i primi passi della giustizia congolese

 

EDITORIALE: KASAÏ → QUANDO L’AUTORITÀ TRADIZIONALE LOCALE SFIDA IL POTERE POLITICO NAZIONALE 

 

 

 

 

1. LA RIBELLIONE KAMWINA NSAPU

 

a. Origine e modus operandi

 

Il promotore

Kamwina Nsapu è il titolo onorifico del capo dei Bajila Kasanga, un clan della tribù Lulua, residente nel settore Dibataie, a 75 km a sud-est di Kananga, capoluogo del Kasai Centrale. La ribellione è nata dal rifiuto, da parte del governatore della provincia, di riconoscere ufficialmente questo titolo a Jean Pierre Mpandi, designato nel novembre 2011, dalla famiglia regnante, alla successione di suo zio come capo del clan.

Nato nel 1966, Jean Pierre Mpandi, aveva esercitato come medico dopo presunti studi in Cina e in India, anche se non aveva mai terminato gli studi superiori. Era rientrato segretamente in Congo dopo un periodo di esilio dovuto ad una condanna, nel 2000, per frode in commercio di diamanti. La sua designazione come Kamwina Nsapu, titolo che evocherebbe una formica nera pungente sembra essere stata facilitata dal suo possesso di numerosi feticci tutelari, ottenuti da numerosi familiari, in cambio di promesse di protezione soprannaturale contro la malasorte.

L’origine della ribellione

Dopo la sua designazione alla guida del raggruppamento Bajila Kasanga (“Quelli che si privano del pangolino” in Tshiluba), egli attende la conferma da parte del governatore. Dopo l’arrivo di un nuovo governatore, Alex Kande, nel dicembre del 2012, Jean Pierre Mpandi si reca a Kananga per essere da lui ricevuto, ma non viene accolto.

Secondo due politici locali, il governatore  Kande fa sapere a Jean Pierre Mpandi che potrebbe riconoscerlo come Kamwina Nsapu, a condizione però che aderisca al suo partito, membro della maggioranza presidenziale che appoggia il Capo dello Stato, Joseph Kabila. Indignato, Jean Pierre Mpandi rifiuta la proposta del governatore e, poco dopo, annuncia di non riconoscere più alcuna autorità, sia a livello  provinciale che nazionale. Il conflitto si intensifica.

All’inizio di aprile 2016, egli è sospettato di essere in possesso di armi da guerra e una missione militare investigativa perquisisce la sua residenza in sua assenza. Secondo il deputato provinciale Daniel Mbayi, che ha garantito una mediazione tra le autorità e il capo tradizionale, Kamwina Nsapu accusa i membri di questa missione di tentativo di stupro contro sua moglie, di aver “toccato, aperto e rovesciato la valigia contenente i suoi feticci” e di “avere desacralizzato il suo potere”.

Poi  inizia una campagna nel  e oltre il suo raggruppamento per incitare la popolazione a non riconoscere alcuna autorità dello stato a partire dal 20 dicembre 2016, data che marca la fine del secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila. È stato ucciso nel corso di un’operazione delle forze di sicurezza il 12 agosto 2016. I suoi seguaci si sono quindi  organizzati in milizie e sono riconoscibili da una fascia rossa cinta sul capo.

Quanti sono i miliziani? Come operano?

Secondo fonti locali, i miliziani Kamwina Nsapu sarebbero alcune migliaia. È miliziano qualsiasi persona – uomo o donna, giovane o vecchio – che si sia sottomesso al rito di iniziazione e di indottrinamento “tshiota” consistente nell’attraversare una fiamma senza farsi bruciare dopo aver bevuto dell’alcool adulterato di fabbricazione locale chiamato “tshitshampa” che dovrebbe renderla “invincibile”. Contraddistinti da una fascia rossa cinta intorno al capo o sulle braccia, la maggior parte dei miliziani sono dei minorenni reclutati a livello locale attraverso pratiche mistico-religiose e false promesse. Generalmente, essi sono armati di fucili fabbricati artigianalmente, fionde, machete, bastoni, frecce e amuleti. La giustizia militare e il governo li accusano di detenere fucili d’assalto AK 47. Secondo diverse testimonianze oculari, questi miliziani incendiano edifici e beni dello stato e, qualora incontrino militari, agenti di polizia o membri dei servizi segreti, non esitano a torturarli e a decapitarli. Se i primi miliziani prendevano di mira solo i simboli dello stato, da febbraio in poi  hanno incominciato ad attaccare persone e strutture di istituzioni educative e religiose (Scuole e chiese).[1]

 

b. Da un banale conflitto di successione all’autorità tradizionale locale a una vera e propria guerra

 

Ciò che, inizialmente, sembrava un banale problema  di successione per quanto riguarda l’autorità tradizionale locale si è trasformato, successivamente, in una vera e propria guerra. In otto mesi, le province del Kasai, nella Repubblica centrale Democratica del Congo (RDCongo), sono diventate teatro di violenti scontri tra la milizia Kamwina Nsapu e l’esercito congolese. Dall’inizio del mese di marzo, la missione dell’Onu in Congo ha documentato una quarantina di fosse comuni, dei miliziani sono stati uccisi dai militari e agenti di polizia sono stati giustiziati dai miliziani. Due membri del gruppo di esperti dell’Onu , Michael Sharp e Zaida Catalan, incaricati di avviare un’inchiesta sulla situazione sono stati assassinati in un contesto ancora oscuro.

Tutto è iniziato un anno fa, quando il capo tradizionale Kamwina Nsapu, il cui vero nome è Jean-Pierre Mpandi, che, per non essere stato riconosciuto dal governo centrale come successore di suo zio deceduto nel 2012, ha iniziato un movimento di rivolta contro il regime del Presidente Joseph Kabila. Il nuovo Kamwina Nsapu (Jean-Pierre Mpandi) viene ucciso in una brutale operazione militare nel mese di agosto 2016. I suoi seguaci si sono costituiti in una milizia, il cui distintivo è una fascia rossa cinta intorno al capo. Vi si trovano donne, bambini, ex ufficiali di polizia alla deriva. Attaccano i simboli del potere (pattuglie dell’esercito, edifici pubblici dell’amministrazione, scuole, chiese) armati solo di machete, bastoni e qualche vecchio fucile, ma con la convinzione di essere protetti dalla forza della magia.

La rivolta si è rapidamente diffusa anche in altre diverse province, cristallizzando il malcontento di una popolazione che si sente trascurata dal governo centrale e tradizionalmente favorevole a partiti  dell’opposizione politica. Le rivendicazioni si sono quindi politicizzate, arrivando a chiedere l’organizzazione delle elezioni, come garanzia di un’alternanza politica ai vertici dello Stato. Alcuni esponenti del regime del Presidente Kabila non esitano ad evocare delle connessioni tra i miliziani Kamwina Nsapu e dei membri dell’opposizione. Altri parlano addirittura della milizia Kamwina Nsapu come di un “esercito dell’UDPS”, il partito di opposizione di Etienne Tshisekedi, nativo del Kasai e deceduto il 1° febbraio di quest’anno a Bruxelles.[2]

 

c. Diverse centinaia di morti e 1.270.000 sfollati

 

Le violenze si sono moltiplicate. Le atrocità commesse da entrambe le parti vengono filmate e trasmesse su Internet, mentre il numero di fosse comuni di cadaveri è salito a 40.

Dal mese di agosto 2016, le violenze perpetrate da miliziani, militari dell’esercito regolare e agenti di polizia sono alla base di centinaia di morti e di 1.27 0.000 persone sfollate. L’Onu accusa i ribelli Kamwina Nsapu  di arruolare bambini soldato e di commettere atrocità, ma denuncia anche l’uso sproporzionato della forza da parte dell’esercito congolese.[3]

 

Il 16 maggio, in una conferenza stampa a Kinshasa, il generale Léon Richard Kasonga, portavoce dell’esercito, ha dichiarato che, dalla fine di marzo, nel corso delle recenti operazioni militari condotte nel Kasai, sono stati uccisi 390 miliziani e 124 membri delle forze dell’ordine (39 militari dell’esercito e 85 agenti di polizia). Sempre secondo il generale Kasonga, 26 militari e agenti di polizia sono rimasti feriti e altri nove risultano dispersi e l’esercito ha catturato 503 miliziani, tra cui 54 minorenni.  Tuttavia, egli non ha presentato alcun rapporto sul numero di civili uccisi durante le operazioni militari citate.[4]

 

Il 25 maggio, in una conferenza stampa a Kinshasa, il deputato Delly Sesanga, eletto a Luiza, nel Kasai centrale, ha presentato un documento intitolato “Rapporto sintetico dei morti durante i massacri del Kasai”. Secondo questo rapporto, da agosto 2016 ad oggi, nelle province del Kasai e del Kasai centrale, sarebbero state uccise 3307 persone:

Territorio di Kazumba: 26 marzo 2017 – aprile 2017: 329 morti

Territorio di Dibaya: agosto 2016 – dicembre 2016: 1.303 morti

Territorio di Luiza: 7 aprile 2015 – 2 maggio 2017: 584 morti

Città di Kananga: dicembre 2016 – marzo 2017: 1.065 morti

Territorio di Luebo: aprile 2017: 6 morti

Territorio di Kamuenya: aprile 2017: uccisi un membro di Envol e due suoi compagni.

Secondo Delly Sesanga, si tratta di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità.

Delly Sesanga ha affermato: «Il Congo sta morendo. La situazione di insicurezza nel nostro paese è sempre più preoccupante. La sicurezza delle persone e dei beni non è affatto garantita. La situazione è insostenibile. Nel Kasai si assiste  ad una catastrofe umanitaria senza precedenti: alla povertà estrema della popolazione si aggiungono  molti atti di violenza che possono essere qualificati di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità».[5]

 

d. La mattanza di Mwanza Lomba

 

Il 17 febbraio, un video in cui si vedono dei militari dell’esercito congolese mentre stanno uccidendo una quindicina di persone, è stato inviato a vari mezzi di comunicazione e pubblicato sul Web. Altri video similari sono apparsi sui social network subito dopo.

Questo primo documento non è datato, ma la localizzazione citata dalla persona che riprende la scena è Mwanza Lomba, un villaggio del Kasai Orientale situato a circa 30 km da Mbuji-Mayi, capoluogo della provincia.

A giudicare dalla sua qualità, il video sembra essere stato girato con un telefono cellulare da un membro di un gruppo di otto militari che parlano in lingala (la lingua utilizzata nell’esercito congolese) e in Swahili ( lingua parlata nell’est della RDCongo).

Il video presenta un piccolo gruppo di soldati che, camminando su una stretta strada di campagna, si trovano a poche decine di metri di fronte ad un gruppo di persone che, in Tshiluba (lingua parlata nel Kasai), cantano “La nostra terra, la nostra terra“. Si tratta probabilmente di un gruppo di persone appartenenti alla milizia Kamwina Nsapu. «Dicono di non avere paura di morire. Vediamo se è vero», si vanta uno dei militari. Si sente impartire un ordine: «Avanzate e sparate». Il gruppo dei militari comincia a sparare sul gruppo e avanza, senza aver bisogno di proteggersi perché, di fronte, nessuno replica. La sparatoria si ferma.

L’autore del video riprende le vittime in primo piano. Si trovano a terra, in mezzo ad una stradicciola bordata di erbe alte e di palme. Quelli che respirano ancora sono uccisi da uno o due colpi di Kalashnikov. Si vede una donna che, con una maglietta insanguinata e gli organi genitali scoperti, sembra ancora lottare contro la morte, in mezzo ad altri corpi che un militare punzecchia con la punta di un coltello, per accertarsi che siano morti. L’autore del video gli indica: «Questo non è ancora morto» e lui lo uccide immediatamente. «Bene, ha ricevuto ciò che si merita», replica l’autore del video. I militari insultano i cadaveri: «State morendo per niente, per niente».

Alcune vittime hanno la fronte circondata da una benda rossa, il che conferma l’idea che si tratta di miliziani Kamwina Nsapu, considerati dalle autorità congolesi come un “gruppo terroristico”. Le immagini li mostrano armati solo di bastoni, machete e fionde.

Tre soldati aspettano seduti in uno di quei camion militari color kaki normalmente utilizzati dall’esercito congolese. Guardano ciò che è accaduto. «Siamo nella località di Mwanza Lomba e oggi li abbiamo incontrati. Abbiamo dimostrato loro che la forza risiede nella legge. Sono molti, ma noi continueremo fino alla fine», commenta la persona che ha ripreso le immagini, aggiungendo: “Esercito congolese, sempre avanti! Non facciamo che il nostro lavoro».

Il ministro dell’informazione e portavoce del governo, Lambert Mendé, dopo aver qualificato il video di “un montaggio confezionato da una certa parte dell’opposizione al governo“, ha tuttavia ammesso “degli eccessi” commessi da alcuni membri dell’esercito in un’operazione militare risalente al 21 dicembre 2016. In un comunicato stampa, Lambert Mende spiega che, «tra l’8 e il 21 dicembre 2016, ci sono stati degli scontri tra le pattuglie dell’esercito e dei miliziani che, in possesso di armi da guerra, di armi da caccia e di armi bianche, stavano dirigendosi verso Mbuji-Mayi. Gli scontri hanno avuto luogo successivamente nei villaggi di Mwanza Lomba, Katengayi e Katenge. Dopo 13 giorni di combattimenti e l’uccisione de 13 di loro, tra cui due donne, i miliziani si sono ritirati e sono fuggiti. L’esercito ha potuto ricuperare tre armi da fuoco e diverse armi bianche».[6]

 

Il 18 marzo, il revisore generale dell’esercito, il Generale Ponde, ha annunciato l’incriminazione di sette membri dell’esercito congolese, accusati di partecipazione alla mattanza di presunti miliziani Kamuina Nsapu a Mwanza Lomba. Accusati di crimini di guerra, per aver commesso omicidi, mutilazioni, trattamenti crudeli, inumani e degradanti, i sette imputati sono:

  1. Il Maggiore Nyembo, vice comandante del battaglione PM. Durante le riprese del video, egli avrebbe svolto il ruolo di comandante delle operazioni.
  2. Il Maggiore Bitshumba Martin Pichou, vice comandante delle operazioni e il cui nome è menzionato anche nel video dalla persona che ha ripreso i fatti.
  3. Il capitano Seraphin Pailimbio, comandante della 2ª Compagnia Battaglione PM e Capo della 1ª sezione durante le operazioni.
  4. Il tenente Silavuvu Dodokolo, S4 battaglione PM e fuciliere nelle operazioni.
  5. AC Mohindo. Anche se non ha fatto parte della spedizione, è stato comunque trovato in possesso di una copia del video trasmessagli dal SM Maneno.
  6. A2Cl Amani, fuciliere della prima sezione.
  7. SM Maneno Katembo, alias zio Baobab, anch’egli fuciliere della 1ª Sezione e autore della registrazione video.[7]

 

Il 20 maggio, nel corso di una conferenza stampa presso la sede della Procura Generale militare di Kinshasa, il colonnello Makutu Odon ha annunciato che ben presto inizieranno le udienze del processo di tutte le persone coinvolte nel caso della mattanza di Mwanzalomba, nel Kasai. Egli ha confermato che, «nel caso video di Mwanzalomba, 7 membri dell’esercito congolese sono sotto mandato di arresto provvisorio».[8]

 

e. La designazione e nomina di un nuovo Kamwina Nsapu

 

Messo alle strette dalla comunità internazionale, il regime di Kinshasa ha dovuto dialogare e negoziare con quel potere tradizionale e spirituale che ha voluto riorganizzare per meglio controllarlo. Le autorità congolesi hanno dovuto iniziato una sorta di mediazione con i membri della famiglia di Kamwina Nsapu, alcuni dei quali sono sospettati di essere corrotti e infiltrati dai servizi segreti. Alla fine, il 16 aprile, un cugino del Kamwina Nsapu defunto è stato designato come successore. La famiglia regnante ha invitato la popolazione alla calma. Ma invano. Una parte dei Kamwina Nsapu continua la protesta.[9]

 

Il 14 aprile, i resti mortali del capo tradizionale Kamwina Nsapu sono stati consegnati alla sua famiglia che, il giorno dopo, ha potuto celebrare i funerali secondo la tradizione. Sono questi funerali che hanno reso possibile la designazione di un successore. La famiglia ha si è accodata sul nome di Jacques Kabeya wa Ntumba. Egli dovrà essere insediato pubblicamente nel corso di una cerimonia tradizionale nel suo villaggio. In seguito, il vice primo ministro e ministro degli interni dovrà pubblicare un “decreto ministeriale” che riconosca l’autorità del nuovo capo. Si tratta di un decreto ministeriale di particolare importanza, perché è proprio questo riconoscimento da parte dello Stato che il capo Kamuina Nsapu chiedeva all’inizio della rivolta.

Secondo la famiglia Kamuina Nsapu, questa fase dovrebbe porre fine alle violenze commesse nel Kasai, dal momento in cui le sue richieste sono state soddisfatte. Thomas Nkashama, fratello del nuovo capo tradizionale, ha affermato che non c’è più alcun motivo per continuare il conflitto.

«Non possiamo continuare questa guerra che non giova a nessuno. La nostra guerra aveva un obiettivo: quello del riconoscimento del potere di Kamuina Nsapu. Abbiamo presentato le nostre richieste. Lo Stato le sta mettendo in esecuzione. Quindi, per noi, il conflitto è terminato». Una delle richieste avanzate è la possibilità, per i miliziani che si arrendano, di essere integrati nell’esercito o nella polizia, se lo desiderano. Il vice primo ministro, Emmanuel Ramazani Shadari, non esclude questa possibilità.

Fratello del Kamuina Nsapu, Jacques Kabeya wa Ntumba gestisce il patrimonio lasciato in eredità dal padre, diverse società immobiliari in Togo, Costa d’Avorio e nella capitale congolese, Kinshasa, dove è nato, dove è cresciuto, ad eccezione dei suoi anni di studio in Belgio, e dove vive oggi con la moglie e i loro quattro figli. Ma Jacques Kabeya wa Ntumba non ha mai dimenticato il Kasai, dove ritornava frequentemente. Ultimamente, egli si recava in famiglia per trovare il modo di risolvere la crisi. Questo attaccamento al Kasai gli permette di godere di una buona reputazione e forse lo aiuterà a convincere tutte i miliziani a deporre le armi. Egli sa che il compito non sarà facile, ma si dice fiducioso. Ora che le autorità congolesi gli hanno riconosciuto lo status di capo tradizionale, non c’è alcuna ragione per prolungare il conflitto.[10]

 

Il 22 maggio, Jacques Kabeya wa Ntumba, il nuovo Kamwina Nsapu, capo di Bajila Kasanga nel territorio di Dibaya, nel Kasai centrale, si è incontrato con il Vice Primo Ministro e Ministro dell’interno, Emmanuel Ramazani Shadary. In tale occasione, egli ha avuto parole molto dure nei confronti di tutti quelli che continuano a usare il nome di suo fratello per i propri obiettivi. “Sono dei banditi”, ha egli dichiarato chiedendo, nello stesso tempo,  alla popolazione del gran Kasai, di impegnarsi per riportare la calma e la pace.[11]

 

 

2. L’UCCISIONE DI DUE ESPERTI DELLE NAZIONI UNITE NEL KASAI

 

a. Un’inchiesta preliminare da parte della giustizia militare congolese

 

Il 14 aprile, il procuratore generale dell’esercito congolese, il generale Ponde Isambwa, ha annunciato l’arresto di due persone sospettate di essere implicate nell’uccisione di due esperti delle Nazioni Unite arrivati in Congo per fare un’inchiesta sulle violenze commesse nel Kasai durante gli ultimi mesi. Sono stati sequestrati il 12 marzo e, dopo due settimane, sono stati ritrovati morti e sepolti in una fossa comune. Uno dei due sospetti arrestati, Tshiebwe, è riuscito a fuggire. L’altro sospettato, Daniel Mbaya-Kaba Sele, è stato interrogato dal giudice presso il tribunale di Kananga. La giustizia militare ha interrogato anche i quattro agenti di polizia incaricati della loro sorveglianza.[12]

 

Il 20 maggio, in una conferenza stampa a Kinshasa, la giustizia militare congolese ha annunciato, senza specificare la data, la prossima apertura del processo a carico dei presunti uccisori dei due esperti delle Nazioni Unite. L’avvocato generale delle Forze Armate della RDC, il colonnello Odon Makutu, ha dichiarato che, in seguito a un’inchiesta di dieci settimane, «la fase di istruzione è terminata. Ben presto inizieranno le udienze pubbliche del processo (…). Su 16 miliziani incriminati, due sono già stati arrestati». Egli ha precisato che sono accusati di “crimini di guerra per omicidio, atti di mutilazione,  terrorismo e partecipazione a movimento insurrezionale”, aggiungendo che «il processo si terrà a Kananga, capoluogo del Kasai Centrale. Non c’è mai stata un’imboscata da parte delle forze di sicurezza e nessun agente delle forze dell’ordine è implicato nell’omicidio dei due esperti dell’Onu. Abbiamo interrogato uno degli esecutori materiali dell’assassinio. Ha detto chi ha dato l’ordine e ne ha citato il nome. È uno dei capi di raggruppamento. Non è quindi un agente delle forze dell’ordine. Sappiamo chi ha dato l’ordine e chi ha scortato i due esperti nel bosco dove sono stati uccisi. Sappiamo chi ha ordinato la loro uccisione e chi ha chiesto di tagliare la testa della donna e a chi è stata consegnata». Gli agenti di polizia arrestati in occasione dell’inchiesta pre giurisdizionale sono accusati per evasione di prigionieri e abbandono del posto di lavoro.[13]

 

b. Il video dell’omicidio diffuso per iniziativa del Governo congolese

 

Il 24 aprile, le autorità congolesi hanno presentato alla stampa un video che l’uccisione dei due esperti delle Nazioni Unite.

In questo video, di una durata di 6 minuti e 48 secondi e di pessima qualità, si vedono due occidentale, un uomo e una donna, che sembrano corrispondere a Michael Sharp (Statunitense) e a Zaida Catalán (Svedese), i due esperti delle Nazioni Unite. I due camminano in una zona di campagna accompagnati da un gruppo d’uomini, alcuni dei quali portano un fazzoletto rosso attorno al capo, caratteristica dei miliziani Kamuina Nsapu. Questi uomini che li accompagnano sono armati di machete,di  bastoni e di un fucile. Sembra che essi vogliano condurre i due occidentali in un posto in cui ci potrebbero essere delle fosse comuni in cui sarebbero sepolti i resti di alcune vittime degli scontri tra le forze di sicurezza congolesi e le milizie locali Kamwina Nsapu. A un certo momento, gli uomini che li accompagnano fanno sedere per terra i due occidentali e un primo colpo raggiunge la persona che potrebbe essere Michael Sharp. La donna si precipita verso di lui, ma immediatamente anch’essa è colpita da uno sparo … altri tre colpi vengono sparati sui due corpi. Alla fine, uno degli accompagnatori taglia la testa della donna. I volti degli “accompagnatori” dei due esperti non sono identificabili e le lingue da essi utilizzate sono il Tshiluba, parlato nel Kasai, e il lingala, lingua usata normalmente dai militari dell’esercito.

Secondo Kinshasa, questo video è la prova dei metodi “terroristici” utilizzati dai miliziani Kamuina Nsapu. «Sono i terroristi Kamwina Nsapu che hanno ucciso due esperti delle Nazioni Unite nel Kasai», ha dichiarato Lambert Mende, portavoce del governo, chiedendo di «sradicare il fenomeno Kamuina Nsapu». Il portavoce del governo ha aggiunto che «il Governo ha mostrato quello che c’è, affinché si cessi di parlare della polizia e dell’esercito come gli unici responsabili della violenza di cui oggi è vittima la popolazione del Kasai. Si tratta di una violenza di origine terroristica. Non c’entrano niente le rivendicazioni sociali».

La diffusione di questo video ha prodotto una viva polemica dovuta ai molti dubbi sulla veridicità della versione presentata da Kinshasa. Per esempio, una delle lingue utilizzate nel video è il Lingala, ma i miliziani Kamuina Naspu non lo mescolano mai con il Tshiluba, che è la loro lingua di origine. Alcuni osservatori notano un linguaggio di tipo “militare”, incompatibile con le pratiche della milizia locale. Inoltre, non si capisce il motivo per cui la milizia Kamuina Naspu abbia voluto uccidere due esperti delle Nazioni Unite, venuti in Congo esattamente per indagare sugli abusi di cui essi stessi sono vittime. Non si capisce perché abbiano filmato questo duplice omicidio che appoggia le accuse del governo nei loro confronti. In realtà, non si è sicuri che gli esecutori dell’uccisione dei due esperti dell’Onu siano dei miliziani Kamuina Nsapu. I miliziani di Gédéon Kyungu (che ora appoggia il potere), i Bakata Katanga, anch’essi portano fasce rosse cinte sulla fronte. I dubbi sono molti … e solo una seria inchiesta potrà far luce su quanto avvenuto.[14]

 

c. Un’analisi del video

 

Gli analisti di DESC hanno ritenuto utile esaminare il livello di credibilità dell’audio-visivo in questione e trarre le prime conseguenze per quanto riguarda il seguito del dossier giudiziario, qualora ci sia un processo.

Questa investigazione preliminare è stata condotta da un ex giudice della Corte d’Appello congolese, l’avvocato criminologo Jean Bosco Kongolo; da un avvocato e attivista dei diritti umani, Boniface Musavuli e da un criminologo ed esperto militare, Jean-Jacques Wondo.

Secondo le autorità congolesi, «le sei persone (i due esperti delle Nazioni Unite, il traduttore e i tre conduttori di moto) sono stati rapiti presso il ponte sul fiume Moyo, sulla strada verso Tshimbulu. Sarebbero poi stai portati nella foresta da elementi non identificati».

Secondo una fonte di intelligence militare a Kinshasa, all’epoca dei fatti la zona del delitto era sotto controllo delle forze armate congolesi.

  1. A) Per quanto riguarda l’elemento linguistico del video, se è vero che il Tshiluba è la lingua dominante in questa parte del Gran Kasai, ci sono però delle ragioni che permettono di affermare che non necessariamente gli autori dell’uccisione dei due esperti dell’Onu debbano essere stati i seguaci di Kamuina Nsapu.

Secondo diversi rapporti, anche in altre zone e province congolesi, molti giovani disoccupati si sono ormai identificati con il fenomeno Kamuina Nsapu di cui portano il nome, nello stesso modo con cui, negli anni 1960,  era nato il fenomeno Mai Mai, diffusosi in tutto il paese fino ad oggi.

Infatti, ascoltando con attenzione il video, si è subito notato che, dal secondo minuto in poi,  il commentatore, o la persona che stava filmando la scena in duplex, parla con un accento tipico della lingua swahili. Ma anche prima, un presunto datore d’ordini parla in francese senza alcuna intonazione luba quando,  al 42° secondo, dice: “Non c’è nessun problema” o, al 1° minuto e 20 secondi afferma: “Aspettiamo degli altri che stanno arrivando“. Invece, al momento dell’esecuzione delle vittime, si odono degli ordini, espressi in un lingala generalmente parlato dai militari a Kinshasa. Inoltre,  quest’ordine “Sparate, sparate, sparate, lisusu” sembra provenire da un microfono un po’ più lontano dalla scena.

In queste condizioni, in cui è difficile distinguere tutte queste voci nei loro particolari, diventa rischioso attribuire la responsabilità del delitto esclusivamente ai miliziani Kamuina Nsapu, come ha fatto il governo. Tanto più che, secondo le testimonianze anonime di diversi abitanti locali, si sospetta la presenza, nella zona, di altri miliziani, i Bakata Katanga, di Gédéon Kyungu Mutanga, ora alleati della maggioranza presidenziale al potere.

  1. B) Per quanto riguarda gli elementi dell’analisi balistica visiva, essi tendono a dimostrare delle incongruenze tra i fatti osservati nel video e i dati tecnici e balistici delle armi visibili che sembrano essere utilizzate dagli uccisori dei due esperti.

1) Si vedono 2 armi di Tipo Mauser con proiettili a sfera. Sono dei vecchi fucili Mauser modello 1898, che datano della prima guerra mondiale, se non prima, probabilmente del primo periodo coloniale. Questo fucile è una carabina a ripetizione manuale con serratura. Si carica manualmente (non automaticamente) dopo ogni colpo. Non è facile che uccida al primo sparo, anche se a distanza ravvicinata. Richiede invece vari colpi per immobilizzare il bersaglio, sia esso un animale o un essere umano. Ciò che non sembra essere il caso nel video perché, subito dopo gli spari, gli aggressori li dichiarano morti sul colpo.

2) Nel video, si sentono quattro colpi. Un vecchio Mauser con proiettili a sfera, probabilmente mal custodito a causa della mancanza di esperienza, non sparare così in fretta. Occorre ricaricarlo manualmente dopo ogni colpo e ciò richiede un po’ di tempo tra uno sparo e l’altro. I primi due colpi sono quelli fatali e l’ordine dato, in lingala, la lingua comunemente utilizzata nell’esercito congolese, è molto chiaro: “Tirez. Tirez lisusu” (Sparate. Sparate ancora). Ciò fornisce alcune indicazioni interessanti circa gli uccisori. Poi, gli unici due colpi dei vecchi fucili sono quelli che hanno fatto uscire il fumo bluastro. Ciò lascia intuire l’orchestrazione di una messa in scena che implica dei veri uccisori invisibili nel video, coperti dagli altri due armati di Mauser, agli ordini dei primi. Appare chiaramente evidente nel video che i vero spari che hanno ucciso i due esperti dell’Onu non provengono dalle immagini visibili nel video. Questi colpi provengono da degli sparatori posizionati in disparte e non visibile nel video.

3) A partire dal primo minuto e 22 secondi, si vede un presunto miliziano con maglietta scura, pantaloni blu e una benda rossa, che esce in fretta dalla scena dei fatti. Subito dopo la sua partenza frettolosa, come se si trovasse dentro l’angolo di tiro di uno sparatore un po’ più distante, si vede il primo esperto cadere. Ciò dimostra che questo presunto miliziano non è l’autore dello sparo che ha colpito l’esperto, visto che, secondo un esperto in balistica, il periodo medio di tempo tra l’azione sul grilletto e lo sparo (detonazione) è dell’ordine di pochi millisecondi.

  1. C) Nel tentativo di una ricostruzione dei fatti, si può delineare il seguente scenario: a partire dal 2° minuto e 15 secondi, l’uomo con maglietta color blu cielo argentino e pantaloni bianchi, con la mano sull’anca e con un coltello scompare a partire dal 2° minuto e 19 secondi. Poi quello con la maglietta scura e pantaloni color blu marino riceve un segnale, o un ordine non verbale, esterno affinché si allontani dal luogo in cui si trovano i due esperti, presi di mira. Scompare a partire dal 2° minuto e 23 secondi quando, al 2° minuto e 24 secondi, si inclina per schivare uno sparo proveniente dalla fotocamera. Inoltre, nel 2° minuto e 25 secondi, nel momento dello sparo, si vede una parte della canna di un’arma che non assomiglia ai due Mauser, visti precedenti a partire dal 2° minuto e 10 secondi. Si vedono due uscite di fumo bluastro, dunque dei due Mauser. Infine, nel momento in cui è colpito, Michael Sharp cade sulla sua sinistra e poi sulla schiena. Il che indica chiaramente che egli è stato raggiunto da due colpi provenienti uno dal lato di fronte, vale a dire, dalla posizione della videocamera e l’altro sparato dal lato destro della videocamera. Per quanto riguarda Zaida Catalan, ella riceve un proiettile sulla schiena che l’accompagna nel suo movimento verso destra. Il che indica che lo sparo è venuto dal lato sinistro della videocamera.

Osservando la direzione in cui sono rimasti i corpi delle vittime dopo essere stati colpiti e uccisi, si capisce subito la direzione di provenienza degli spari. Tutti questi elementi analizzati con attenzione fanno supporre che i due esperti dell’Onu siano stati uccisi con armi migliori dei due vecchi Mauser. Non c’è quindi alcun dubbio che i veri uccisori si trovano fuori del campo visivo del video e che non sono quelli visibili sulla scena ripresa. Infine, il quinto colpo, sparato al 3° minuto e 24 secondi, sentito un po’ in lontananza, sembra probabilmente essere quello sparato contro il loro accompagnatore (il traduttore), visto che i due esperti erano già stati uccisi nel momento di questo colpo. Poi, l’immagine ridiventa sempre più chiara, per mostrare i vecchi fucili come armi del delitto. Il che lascia supporre un montaggio amatoriale.[15]

 

d. Un’inchiesta amministrativa da parte dell’ONU

 

Il 23 maggio, il quotidiano statunitense The New York Times ha accusato la MONUSCO di aver dimostrato una certa negligenza sia a monte, circa la protezione dei due funzionari delle Nazioni Unite uccisi nel Kasai centrale, che a valle, circa le indagini che hanno portato alla scoperta dei loro cadaveri. Secondo il New York Times, la Monusco non aqvrebbe adottato le misure di sicurezza necessarie prima del viaggio dei due esperti verso una zona di totale insicurezza, non solo per la presenza dei miliziani Kamuina Nsapu ma anche per le azioni di rappresaglia intraprese dalle forze di sicurezza congolesi, responsabili di numerose violazioni dei diritti umani.

Il giornale sostiene che Zaïda Catalan e Michaël Sharp non avrebbero ricevuto sufficienti  informazioni sulla situazione di insicurezza che prevale nella zona in cui stavano operando. La Monusco li avrebbe lasciati avventurarsi, a bordo di tre moto, in una vera e propria giungla, senza alcun tipo di scorta, accompagnati solo da un interprete e dai tre conduttori di moto. Il New York Times critica anche una certa forma di lassismo da parte della Monusco, che ha tardato nell’intraprendere azioni di ricerca sul posto, nonostante la diffusione di informazioni concordanti sulla conferma della scomparsa e, addirittura, dell’eliminazione fisica dei due suoi esperti.

Infine, il New York Times ritiene che diverse autorità congolesi, tanto civili che militari, sarebbero presumibilmente implicate nei massacri che hanno funestato il Gran Kasai.[16]

 

Il 23 maggio, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito in camera di consiglio per discutere sull’inchiesta  congolese riguardante l’uccisione dei due esperti delle Nazioni Unite.

L’ONU ha messo in discussione le conclusioni dell’inchiesta. Il portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, ha denunciato la precipitazione delle autorità congolesi: «Siamo un po’ sorpresi della rapidità con cui le autorità congolesi hanno concluso l’inchiesta. Da parte nostra, crediamo che l’inchiesta dovrebbe continuare in maniera più approfondita». Inoltre, egli ha fatto notare che Kinshasa non ha ancora comunicato le sue conclusioni alle Nazioni Unite.

Attualmente, sono in corso tre indagini nazionali. La Svezia e gli Stati Uniti, paesi d’origine dei due esperti delle Nazioni Unite, Zaida Catalan e Michael Sharp, hanno intrapreso, ciascuno da parte propria, una loro indagine indipendente, ma starebbero incontrando una dura resistenza da parte delle autorità congolesi. In Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa ha commissionato la propria indagine e ha dichiarato di aver già individuato i responsabili dei due omicidi. L’ONU dovrebbe iniziare un’inchiesta amministrativa, i cui risultati dovrebbero essere presentati al Consiglio di Sicurezza entro la fine di luglio. Un team di sei persone dovrebbe verificare se i due esperti hanno rispettato o meno le norme di sicurezza previste e se, nella gestione del dramma, sono stati commessi degli errori all’interno dell’organizzazione stessa. Questa procedura è automatica, ogni volta che un dipendente dell’Onu è vittima di un simile incidente. Ma nel caso dei due esperti, l’Onu assicura che andrà oltre, fino ad accertare i fatti e le responsabilità.[17]

 

Il 25 maggio, il vice primo ministro incaricato degli Affari Esteri, Léonard She Okitundu, ha denunciato l’iniziativa presa dalle Nazioni Unite circa l’invio in Congo, nei giorni seguenti, di un’équipe incaricata di investigare sull’assassinio dei due esperti. Secondo She Okitundu, l’obiettivo di questa iniziativa è di “screditare” la giustizia congolese che ha già intrapreso le adeguate procedure giudiziarie e che ha già identificato i responsabili dell’uccisione di Zaida Catalan e Michael Sharp.[18]

 

 

3. IL DEPUTATO CLÉMENT KANKU IMPLICATO NEI MASSACRI DEL KASAI?

 

a. La pubblicazione della registrazione di una conversazione telefonica tra Clément Kanku e un presunto miliziano

 

Il 20 maggio, in un lungo articolo, il New York Times afferma che la funzionaria delle Nazioni Unite Zaida Catalán, sequestrata il 12 marzo con il suo collega Michael Sharp, era in possesso di una registrazione audio che dimostrerebbe l’implicazione di Clément Kanku, ex ministro della cooperazione allo sviluppo nel governo Samy Badibanga, nell’incitamento alla violenza durante i massacri commessi nel Kasai. Il New York Times afferma che, secondo i documenti memorizzati sul computer di Zaida Catalán, ella stava indagando sul presunto ruolo di Clément Kanku, deputato nazionale e presidente del Movimento per il Rinnovamento (MR) nella crisi del Kasai e, più precisamente, sui suoi legami con i combattenti della milizia Kamwina Nsapu.

Il New York Times afferma di non sapere come Zaida Catalán abbia ottenuto questa registrazione telefonica. Tuttavia, citando i suoi collaboratori, il New York Times afferma che Clément Kanku sapeva che l’esperta dell’Onu era in possesso del file audio in questione. «In effetti, ella aveva detto a Kanku che l’aveva (..) e che avrebbe dovuto parlare con lui dopo il suo viaggio [quello in cui ella è stata uccisa]», rivela il New York Times. Contattato dal New York Times, Clément  Kanku ha inizialmente negato, poi ha confermato che era stato in contatto con gli esperti: «Ho parlato con l’uomo; con la donna non ho parlato», ha risposto il deputato congolese, prima di cambiare versione: «Credo di aver parlato anche con la donna, ma non ne sono sicuro, perché sono molte le persone che mi chiamano».[19]

 

Tra i circa 130 file che Zaida Catalán aveva archiviato sul suo computer in una cartella salvata con il nome di Kanku, c’era anche la registrazione di una conversazione telefonica tra Clément Kanku e un presunto miliziano. La conversazione è in Chiluba. Eccone la traduzione:

«* Informatore: Onorevole, abbiamo appena incendiato la città di Tshimbulu.

* Kanku: chi sta chiamando?

* Informatore: Sono Constantin Tshiboko.

* Kanku: Ok. Bene. Avete bruciato tutto?

* Informatore: Sì. Adesso stiamo per incendiare la sede della Commissione elettorale.

* Kanku: È una buona cosa. È quello che avevo chiesto. Hanno fatto tutto come promesso, giusto?

* Informatore: Sì, essi continuano e andranno ad aprire la prigione di … Tshimbulu, … meglio, di Dibaya. * Kanku: È una buona notizia. Tienimi al corrente [della situazione].

* Informatore: Nessun problema. Le darò tutte le informazioni.

* Kanku: Grazie».

Poi, in una seconda conversazione, si sentono le due stesse voci:

«* Informatore: Buongiorno, Onorevole!

* Kanku: Sì, Costantino. Mi hai chiamato?

* Informatore: Sì, l’ho chiamata per informarla che abbiamo finito le operazioni. Ora abbiamo appena aperto la prigione. Tutti [i prigionieri] sono usciti fuori. Abbiamo ucciso sei agenti della polizia e due membri Kamwina Nsapu.

* Kanku: Hum …

* Informatore: hanno ucciso la guardia del corpo del colonnello Bass. Sembra che il colonnello sia a casa sua. Vogliono incendiare la casa mentre è ancora dentro.

* Kanku: Hanno ucciso la guardia del corpo?

* Informatore: Sì, hanno l’hanno ucciso … ne hanno ucciso uno, poi un secondo. Ora rimane solo  da incendiare la casa … Non hanno benzina. Stanno terrorizzando la gente del posto per averla e poter terminare l’operazione …».[20]

 

Secondo certe informazioni, la registrazione audio risale all’8 agosto 2016, cioè a prima della morte di Kamuina Nsapu e ancor prima dei massacri che ne sono seguiti. Inoltre, l’esistenza di questa registrazione audio era ben nota alle autorità congolesi poiché, sempre secondo queste informazioni, si tratta di una registrazione effettuata dagli stessi servizi segreti congolesi. Pochi giorni dopo, su richiesta del ministro degli Interni, Evariste Boshab, il deputato Clément Kanku aveva dovuto offrire spiegazioni a un gruppo di parlamentari che si era recato nel Kasai, per una missione di pacificazione.

Secondo Sonia Rolley, corrispondente di Radio France Internationale nella Repubblica Democratica del Congo, la registrazione è dell’8 agosto 2016. Il deputato Clément Kanku era nella delegazione del Procuratore Generale della Repubblica, Floribert Kabange, che si era recata a Kananga, per negoziare una soluzione al conflitto con il Capo Kamuina Nsapu. Sulla sua pagina Twitter, la giornalista Sonia Rolley afferma che «i deputati si erano recati a Kananga per cercare di parlare con il capo Kamuina Nsapu ma, in seguito al fallimento dei negoziati, il capo Kamwina Nsapu è stato ucciso 12 agosto 2016 nel corso di un’operazione militare intrapresa per il suo arresto … Durante un incontro organizzato in occasione di tale visita, Clément Kanku è stato messo in discussione da Evariste Boshab, ex vice primo ministro e ministro degli interni, nell’affare della milizia Kamuina Nsapu, proprio sulla base di questa registrazione audio».[21]

 

b. Il governo congolese e le ambasciate occidentali già sapevano

 

Secondo le affermazioni di un deputato, «a Kinshasa, diverse ambasciate occidentali erano già a conoscenza di tale registrazione e, da qualche tempo, il nome di Clement Kanku già circolava a proposito delle atrocità commesse nel Kasai». Secondo una fonte prossima ai servizi di sicurezza, «per quanto riguarda ciò che accade nel Kasai e in altre zone di conflitto, si sa che sono dei politici che tirano le file di tutto ciò che succede: mandano de i soldi ad una milizia e diventano i suoi sponsor … un atteggiamento da piromani che permette loro di aumentare la loro influenza sulla scena politica e di negoziare posti ministeriali, avanzando come motivo quello di trovarsi nella posizione migliore per pacificare una regione tormentata da quelle violenze che essi stessi stanno aizzando».[22]

 

Secondo il New York Times, Clément Kanku avrebbe avuto stretti legami con i miliziani Kamwina Nsapu, il che avrebbe portato alla sua nomina di Ministro dello Sviluppo nel governo Sammy Badibanga, al fine di porre un termine alla rivolta. Si tratta di una tesi confermata da un deputato della Maggioranza Presidenziale: «L’implicazione di Clement Kanku nelle violenze commesse dalle milizie Kamwina Nsapu nel Kasai era già a conoscenza di tutti. Ma si doveva risolvere la situazione senza rischiare di peggiorarla. E quindi, penso che ci sia stato una specie di accordo per calmare la situazione, archiviando il caso». Secondo tale fonte,  «intraprendere un’accusa contro Clément Kanku nel momento in cui sono avvenuti i fatti, avrebbe ulteriormente aggravato la situazione. Si tratta di un deputato di Dibaya, nel cuore della rivolta. Accusarlo e arrestarlo mentre il capo Kamuina Nsapu era appena stato ucciso avrebbe potuto innescare ulteriori problemi». Tuttavia, questo deputato afferma ignorare il tipo di “accordo” avvenuto:  «Non so se l’accordo sia stato quello di dargli un posto ministeriale. No, non posso confermarlo. So solo che è l’assassinio dei due esperti delle Nazioni Unite che ha complicato le cose». Nessun’altra fonte ha confermato le parole di questo membro della Maggioranza Presidenziale.[23]

 

All’inizio di dicembre 2016, Clément Kanku era stato nominato Ministro della cooperazione nel governo Badibanga. Tuttavia, egli aveva preso posizione a favore della nomina di Félix Tshisekedi come primo ministro del nuovo governo che avrebbe dovuto essere formato in seguito all’accordo del 31 dicembre 2016, mentre la maggioranza presidenziale si opponeva a tale candidatura. Clément Kanku non è stato incluso nel governo di Bruno Tshibala recentemente formato. Da qui a pensare che Clément Kanku era un “fusibile” che doveva saltare per poter disinnescare, almeno in parte, la pressione internazionale esercitata sul regime del Presidente Kabila, in seguito alla sua politica di repressione constatata nel Kasai, c’è un solo passo da fare… tanto più facilmente, quando Kinshasa (che ufficialmente non ha abbastanza soldi per organizzare le prossime elezioni presidenziali) ha recentemente firmato un contratto di 5,6 milioni di $ (una somma molto alta per questo tipo di contratto), per consulenze su “comunicazioni strategiche e temi politici”, con la società israeliana Mer Security che, a sua volta, l’ha subappaltato alla società di lobbying del repubblicano Bob Dole, Alston and Bird, attiva negli Stati Uniti. Fornire a un grande giornale americano una registrazione apparentemente compromettere per Clément Kanku, al fine di distogliere l’attenzione dell’opinione internazionale dalle violenze commesse dall’esercito congolese nel Kasai, potrebbe rientrare nelle competenze di tale contratto. Nel Kasai, molti ne sono convinti.[24]

 

c. Le prime dichiarazioni di innocenza da parte di C. Kanku e i primi passi della giustizia congolese

 

In difesa di Clement Kanku, Willy Ntumba, un’autorità tradizionale del Kasai centrale, ha confermato l’autenticità della registrazione, ma ha parlato anche di una “traduzione sbagliata”. Secondo lui, il deputato Kanku era al telefono con uno dei suoi collaboratori, ma non ha mai svolto un ruolo di comando della milizia del capo tradizionale Kamuina Nsapu: «È necessario confrontare la registrazione e la traduzione. La registrazione non ha nulla a che fare con qualcuno che dà ordini. Si tratta solo di uno dei suoi collaboratori che lo informa sulla situazione locale. Quando a Tshimbulu c’è un qualsiasi tipo di problema, poiché Clément Kanku è l’unico deputato di quella zona, egli ne deve essere informato. Ma egli non ha mai dato ordini. Se ora lo si accusa, è solo per nuocere alla sua immagine. Si vuole solo gettare fango su un degno figlio di quella zona».[25]

 

Il 23 maggio, in un breve comunicato stampa, il deputato Clément Kanku ha affermato di essere «sconvolto dalle accuse della sua implicazione in attività criminali» che ha totalmente smentito. Si è quindi rivolto alla stampa dicendo: «Esigo che si dica tutta la verità. Non permetterò a nessuno di tentare di gettare fango sulla mia immagine e sulla memoria delle tante vittime che attendono una riparazione. Sono convinto che la verità dei fatti verrà alla luce e che giustizia sarà fatta alle molte vittime delle violenze commesse nel Kasai, tra cui l’assassinio dei due esperti delle Nazioni Unite».[26]

 

Il 23 maggio, il procuratore generale della Repubblica, Flory Kabange Numbi, ha annunciato l’apertura di un’inchiesta preliminare sul possibile coinvolgimento del deputato Clément Kanku nelle violenze in corso nel Kasai. «Se alla fine di questa istruzione, risultassero confermassero i fatti attribuiti a Clément Kanku, egli potrebbe essere accusato di partecipazione a un movimento insurrezionale, di omicidio, di incendi dolosi, di distruzioni dolose e di partecipazione ad associazione criminale», ha affermato Flory Kabange Numbi, precisando che, per il momento, «non si è ancora arrivati alla fase di un’eventuale richiesta di revoca della sua immunità parlamentare».[27]

[1] Cf AFP – TV5 Monde, 03.04.’17  http://information.tv5monde.com/afrique/rdc-ce-que-l-sait-de-la-rebellion-kamwina-nsapu-162363

[2] Cf Joan Tilouine – Le Monde, 16.04.’17  http://www.lemonde.fr/afrique/article/2017/04/26/au-kasai-un-conflit-coutumier-qui-degenere-en-sale-guerre_5118087_3212.html

[3] Cf Joan Tilouine – Le Monde, 16.04.’17

[4] Cf AFP – Africatime, 16.05.’17

[5] Cf Actualité.cd, 25.05.’17

https://actualite.cd/2017/05/25/%e2%81%a0%e2%81%a0%e2%81%a0%e2%81%a0%e2%81%a03307-personnes-tuees-au-kasai-depuis-aout-2016-selon-un-rapport-sesanga/

[6] Cf DESC-Wondo, 17.02.’17 http://desc-wondo.org/fr/flash-desc-les-images-barbares-des-soldats-congolais-au-kasai-central/; Joan Tilouine – Le Monde-Afrique, 20.02.’17; Politico.cd, 18.02.’17; AFP – VOA, 18.02.’17

[7] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualité.cd, 18.03.’17

[8] Cf Jeff Kaleb Hobiang 7sur7.cd, 20.05.’17

[9] Cf Joan Tilouine – Le Monde, 16.04.’17  http://www.lemonde.fr/afrique/article/2017/04/26/au-kasai-un-conflit-coutumier-qui-degenere-en-sale-guerre_5118087_3212.html

[10] Cf RFI, 17 et 19.04.’17

[11] Cf Élysée Odia – 7sur7.cd, 22.05.’17

[12] Cf Radio Okapi, 14.04.’17

[13] Cf Radio Okapi, 14.04.’17

[14] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 25.04.’17; RFI, 24.04.’17

[15] Cf DESC – Wondo.org, 27.04.’17   http://desc-wondo.org/fr/desc-investigation-assassinat-des-enqueteurs-de-lonu-les-incoherences-de-la-video-diffusee-par-le-gouvernement-congolais/

[16] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 25.05.’17

[17] Cf RFI, 24 et 25.05.’17

[18] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 25.05.’17

[19] Cf Politico.cd, 21.05.’17

[20] Cf 7sur7.cd, 21.05.’17  http://7sur7.cd/new/2017/05/tueries-au-kasai-un-enregistrement-compromettant-met-en-cause-le-depute-clement-kanku/

[21] Cf RFI, 22.05.’17; Politico.cd, 21.05.’17

[22] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 22.05.’17

[23] Cf Politico.cd, 24.05.’17

[24] Cf Marie-France Cros et Hubert Leclercq – La Libre / Afrique, 22.05.’17

[25] Cf Politico.cd, 22.05.’17

[26] Cf Radio Okapi, 23.05.’17

[27] Cf Radio Okapi, 23.05.’17