Congo Attualità n. 301

INDICE

EDITORIALE: FUMATA BIANCA PER UN PRIMO MINISTRO

  1. VERSO LA FORMAZIONE DI UN NUOVO GOVERNO
  2. LA VISITA DI UNA DELEGAZIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA
  3. LA MISSIONE DI MEDIAZIONE INTRAPRESA DALLA CENCO
  4. IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DAVANTI AL PARLAMENTO
  5. LA NOMINA DI UN NUOVO PRIMO MINISTRO

EDITORIALE: FUMATA BIANCA PER UN PRIMO MINISTRO

 

1. VERSO LA FORMAZIONE DI UN NUOVO GOVERNO

Il 2 novembre, il deputato della Maggioranza Presidenziale Patrick Kakwata ha dichiarato che il periodo di 21 giorni, fissato nell’accordo del dialogo politico per la formazione del nuovo governo, inizia dal giorno della presentazione del testo dell’accordo al Presidente Kabila e non dal giorno in cui è stato firmato l’accordo. Firmato il 18 ottobre, l’accordo è stato presentato al Presidente Kabila sei giorni dopo, il 24 ottobre. L’articolo 17 dell’accordo politico del dialogo prevede la creazione di un nuovo governo di unità nazionale «entro 21 giorni dalla firma del presente accordo».[1]

L’8 novembre, a Kinshasa, i due ex co-moderatori del dialogo politico, Vital Kamerhe e Alexis Thambwe Mwamba, hanno annunciato che un governo di ampia unità nazionale sarà istituito sei giorni dopo, cioè verso il 14 novembre. Thambwe Mwamba, co-moderatore del dialogo politico per conto della maggioranza, ha dichiarato che l’accordo del 19 ottobre non è violato, perché il tempo di ventuno giorni previsto per la formazione di questo governo è iniziato il 24 ottobre, giorno della consegna del testo dell’accordo al Capo dello Stato.

Da parte sua, Vital Kamerhe, co-moderatore del dialogo politico per conto dell’opposizione, a aggiunto che un altro motivo che giustifica questo ritardo è «l’attesa dei risultati delle trattative intraprese dai vescovi con le parti dell’opposizione che non hanno partecipato al dialogo». Egli ha inoltre precisato che «pazientare sei giorni in più per la nomina del primo ministro può favorire l’obiettivo di cercare più inclusività e di assicurare l’organizzazione di elezioni pacifiche».[2]

2. LA VISITA DI UNA DELEGAZIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA

Il 9 novembre, in una lettera indirizzata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Human Rights Watch (HRW) ha raccomandato alla delegazione del Consiglio stesso che si recherà nella RDCongo di «chiedere al Presidente Kabila di ritirarsi alla fine del suo mandato, per evitare una crisi più ampia» e di «appoggiare ogni iniziativa volta a garantire la sua sicurezza e quella della sua famiglia dopo aver lasciato la presidenza», aggiungendo che, «nel caso in cui il presidente Kabila non lasciasse le sue funzioni, occorrerebbe raccomandargli di impegnarsi pubblicamente a ritirarsi in una data ben precisa entro la fine del 2017». Secondo HRW, se il presidente Joseph Kabila restasse al potere oltre il 19 dicembre, data della fine del suo secondo e ultimo mandato presidenziale consentito dalla costituzione, «il rischio è che ci siano delle proteste, che le forze di sicurezza rispondano con l’uso eccessivo della forza e che il paese sprofondi nella violenza e nel caos».

Secondo questa ONG, sarebbe «necessario che il Consiglio di Sicurezza applicasse urgentemente delle sanzioni mirate contro gli agenti dei servizi segreti e delle forze di sicurezza e contro le autorità governative responsabili della violenta repressione e di altre gravi violazioni dei diritti umani». HRW fa una lista di personalità congolesi che dovrebbero essere oggetto di sanzioni individuali: «Le nostre ricerche hanno rivelato che le seguenti persone hanno svolto un ruolo cruciale nella repressione: il direttore dell’ANR Kalev Mutond; il Generale Ilunga Kampete, comandante della Guardia Repubblicana; il Generale Gabriel Amisi (alias “Tango Four”), comandante dell’esercito nella regione occidentale del paese; il Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni Evariste Boshab e il generale Célestin Kanyama, commissario della polizia di Kinshasa».[3]

Il 12 novembre, la delegazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite arrivata a Kinshasa, ha affermato che l’accordo firmato il 18 ottobre, alla fine del dialogo politico, non è che “una tappa” e che auspica la continuazione delle discussioni per raggiungere un “ampio consenso“.

Dopo la riunione di più di un’ora della delegazione del Consiglio di Sicurezza con il Presidente Kabila, l’ambasciatore della Francia presso le Nazioni Unite, François Delattre, ha dichiarato che «il processo elettorale deve poter svolgersi in un clima pacifico e in uno spirito di consenso che riunisca tutte le forze politiche congolesi. L’accordo del 18 ottobre è stato una tappa in questa direzione e le discussioni devono poter continuare in un ambito più ampio e inclusivo, al fine di raggiungere un ampio consenso su un calendario elettorale preciso, accompagnato da misure di fiducia». Egli ha anche esortato i Congolesi a un «dibattito politico libero e costruttivo». François Delattre ha insistito sul rispetto delle libertà di opinione e di riunione e su un equo accesso ai media: «È necessario garantire la sicurezza e la libertà di movimento di tutti. A questo proposito, abbiamo chiesto alle autorità congolesi di ripristinare le emissioni di RFI e di Radio Okapi e di revocare l’interdizione di organizzare manifestazioni». Anche l’ambasciatore dell’Angola presso le Nazioni Unite, Ismael Abraao Gaspar, ha affermato che l’accordo risultante dal dialogo della Cittadella dell’Unione Africana costituisce una base su cui proseguire le discussioni, per potere arrivare a delle elezioni credibili ed evitare che il paese sprofondi nel caos.[4]

Il rappresentante della Gran Bretagna e membro della delegazione del Consiglio di Sicurezza, Stephen Hickey, su Twitter ha scritto che, alla domanda su una sua eventuale candidatura alle prossime elezioni presidenziali, il presidente Kabila avrebbe risposto che la Costituzione del suo Paese non lo permette, ma che ci sono sempre dei meccanismi che permettono di modificarla.

L’autore del tweet, Stephen Hickey, aveva posto a Joseph Kabila la seguente domanda circa l’eventualità di un terzo mandato: «Abbiamo chiesto al presidente Kabila di dirci chiaramente che non si ripresenterà alle prossime elezioni per un terzo mandato presidenziale…». Risposta dell’interessato: «La Costituzione è chiara su questo punto: essa non autorizza tre mandati presidenziali consecutivi. Tuttavia, non è da escludere una modifica della Costituzione». L’ambasciatore britannico si è detto molto preoccupato per tale risposta. In un altro Tweet. Stephen Hickey ha rivelato che il presidente Kabila avrebbe aggiunto: «È strano che il Consiglio di Sicurezza si concentri solo sulle violazioni della Costituzione nella RDCongo quando, nella regione, ci sono molti altri casi».[5]

La delegazione del Consiglio di Sicurezza non ha approvato né l’Accordo finale risultante dal dialogo nazionale, né il memorandum che il Raggruppamento dell’opposizione ha recentemente consegnato ai Vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), attivamente impegnati in una missione di mediazione tra i due campi antagonisti.

Secondo la delegazione delle Nazioni Unite, è necessario arrivare ad una tabella di marcia inclusiva. Considerando l’accordo politico firmato il 18 ottobre come una semplice “base di lavoro” e il dialogo gestito dal facilitatore Edem Kodjo come “una tappa” che deve condurre verso un consenso politico più ampio, i 15 ambasciatori del Consiglio di Sicurezza hanno praticamente optato per un nuovo round di colloqui tra tutte le parti interessate.

Questa situazione di “non vincitore” e di “non sconfitto” suppone, in questa fase della crisi congolese, sia la continuazione della missione di mediazione intrapresa dalla Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), sia la creazione di una nuova struttura – perché no delle Nazioni Unite? – per rilanciare i negoziati tra la maggioranza presidenziale e il Raggruppamento dell’opposizione.

Secondo la nuova regola del gioco, le varie parti implicate in questo nuovo dialogo o tavola rotonda o qualcosa di simile dovrebbero considerare il loro “accordo politico” e il loro “Memorandum” come strumenti di lavoro da armonizzare. Pertanto, gli uni e gli altri dovrebbero già riflettere su come superare le loro divergenze.

I rappresentanti del Consiglio di Sicurezza hanno preparato il terreno, insistendo sul rispetto della Costituzione e sulle misure di rafforzamento della fiducia (abolizione del divieto di manifestazioni pubbliche, pacifica coabitazione tra famiglie politiche diverse, calendario elettorale consensuale e preciso, organizzazione delle elezioni in tempi ragionevoli, libertà di espressione e di opinione, cessazione di atti di repressione nei confronti di oppositori, attivisti della società civile e giornalisti). Una grande delusione è apparsa nel campo della maggioranza presidenziale dove ci si aspettava che la delegazione del Consiglio di Sicurezza desse il suo via libera all’accordo politico concluso alla Cittadella dell’UA e, quindi, all’instaurazione del “periodo intermedio” e all’organizzazione delle elezioni presidenziali nel mese di aprile 2018, come approvato dai partecipanti. Nella mente dei partecipanti al dialogo, avendo l’Unione Africana e la CIRGL già approvato l’accordo politico del 18 ottobre, il Raggruppamento dell’opposizione non avrebbe avuto altra alternativa che quella di aderirvi o di rimanere escluso dal “periodo di transizione” verso nuovi orizzonti. La piccola consolazione della famiglia politica del Capo dello Stato è che quest’ultimo, in ogni caso, rimane al suo posto fino all’organizzazione della sua partenza dal potere per vie democratiche.

Dal lato del Raggruppamento dell’opposizione c’è giubilo, perché diverse osservazioni avanzate dalla delegazione del Consiglio di Sicurezza coincidono con le sue rivendicazioni: la necessità di un dibattito sulle divergenze tra l’accordo politico del 18 ottobre e il suo memorandum, le misure di fiducia, il rispetto della Costituzione e della risoluzione 2277, un calendario elettorale consensuale, non a un 3° mandato presidenziale di Kabila, etc. Ciò che soddisfa maggiormente il Raggruppamento dell’opposizione è la richiesta fatta al presidente Kabila di non ricandidarsi per un terzo mandato e quella fatta all’insieme della classe politica di riunirsi in un forum inclusivo, per discutere del futuro politico immediato della Repubblica Democratica del Congo.[6]

3. LA MISSIONE DI MEDIAZIONE INTRAPRESA DALLA CENCO

Secondo fonti attendibili, in un colloquio con i Vescovi della CENCO, il presidente Joseph Kabila si sarebbe impegnato a non ricandidarsi per un terzo mandato presidenziale e a non intraprendere alcun progetto di revisione della Costituzione durante il periodo intermedio. Da parte sua, il Raggruppamento dell’opposizione accetterebbe una coabitazione con il presidente Kabila, ma con un Primo Ministro proveniente dallo stesso Raggruppamento.[7]

Il 13 novembre, il Segretario Generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean-Marc Kabund, ha rivelato che il Presidente della Repubblica avrebbe proposto il posto di Primo Ministro al Raggruppamento dell’opposizione. Egli ha spiegato che, «secondo il regime di Kabila, il Raggruppamento dell’opposizione dovrebbe firmare l’accordo politico del 18 ottobre, con alcune eventuali modifiche, ma a condizione di mantenere Kabila al potere anche dopo il 19 dicembre 2016. In cambio, il posto di Primo Ministro sarebbe concesso al Raggruppamento stesso. Ma per noi, è chiaro che non coabiteremo con Kabila, che deve lasciare il potere il 19 dicembre 2016, come affermato nella nostra Costituzione. E siamo disposti a discutere con l’attuale potere, al fine di trovare un compromesso per quanto riguarda la gestione del Paese dopo il 19 dicembre prossimo. Si tratta di trovare un compromesso politico con la maggioranza. Ma la sola condizione che il Raggruppamento pone è l’uscita di Kabila il 19 dicembre. L’unica condizione di una coabitazione del Raggruppamento dell’opposizione con la maggioranza è il ritiro di Kabila. Noi non coabiteremo con il potere di Kinshasa se Kabila rimane al potere. La maggioranza dovrebbe fare in modo che Kabila si ritiri dal potere entro il 19 dicembre. Se entro questa data avessimo delle garanzie che Kabila lascerà il potere, allora potremmo discutere insieme su come gestire il Paese a partire dal 20 dicembre 2016».[8]

Il 13 novembre, in un comunicato stampa, il Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento ricorda che:

«1. Il 19 dicembre 2016, alle 23h59, Joseph Kabila terminerà il suo secondo ed ultimo mandato come presidente della Repubblica Democratica del Congo. Egli dovrà lasciare il Palazzo della Nazione entro quel momento;

  1. Alla stessa data, anche tutte le altre istituzioni della Repubblica con mandato elettivo non avranno più né legalità, né legittimità;
  2. Di conseguenza, per rimediare a questa inedita situazione, su cui la Costituzione non si pronuncia, le diverse parti congolesi dovranno, nel corso di un dialogo realmente inclusivo, mettersi d’accordo su un regime speciale che permetta di avanzare verso l’organizzazione di elezioni conformi alle norme internazionali. Al fine di creare un clima favorevole allo svolgimento di tale forum, Kabila e il suo governo hanno la responsabilità di adottare delle misure di rasserenamento del clima politico.

Il Raggruppamento dell’opposizione, che non intende aderire all’accordo della Cittadella dell’UA firmato il 18 ottobre 2016, appoggia la mediazione intrapresa dai Vescovi della CENCO, in vista di un compromesso politico globale.

Il Raggruppamento chiede a Joseph Kabila di cessare di provocare il popolo congolese con le sue velleità di modificare o cambiare la Costituzione della Repubblica.

Il Raggruppamento chiede, infine, al popolo congolese di mobilitarsi in massa per il meeting che si svolgerà il 19.11.’16, sul Viale Trionfale, a Kinshasa, per mostrare a Joseph Kabila il secondo e ultimo cartellino giallo, prima di quello rosso che il popolo estrarrà per dirgli addio il 19 dicembre 2016».[9]

Il 14 novembre, fonti del Raggruppamento dell’opposizione hanno affermato che la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) ha inviato degli inviti per partecipare a dei lavori preparatori per un nuovo dialogo che dovrebbe svolgersi tra, da un lato, il Raggruppamento dell’opposizione, il Movimento di Liberazione del Congo (MLC) e alleati e, dall’altro lato, la maggioranza presidenziale, l’opposizione e la società civile che hanno partecipato al dialogo svoltosi alla Cittadella dell’Unione Africana. Questi nuovi colloqui dovrebbero iniziare entro il 15 novembre 2016, ma il Raggruppamento ha chiesto alla CENCO di rivedere la formulazione dell’invito e di spiegare chiaramente che si tratta di un nuovo dialogo, più inclusivo.

I vescovi stanno facendo di tutto, affinché questi nuovi incontri abbiano luogo prima della fine di questo mese di novembre. Si tratta di un’informazione, quest’ultima, confermata dall’Abbé Donatien Nshole, segretario della CENCO.

Questo comitato preparatorio per il nuovo dialogo sarebbe composto di dodici persone: sei che hanno già partecipato al dialogo svoltosi alla Cittadella dell’Unione Africana e altre sei provenienti dall’opposizione che non ha partecipato a tale dialogo. Tra le sei persone che hanno partecipato al dialogo della Cittadella dell’Unione Africana, due dovrebbero essere della Maggioranza Presidenziale (MP), due dell’opposizione, una della società civile e una delle personalità indipendenti. Tra le sei persone dell’opposizione assente al dialogo della Cittadella dell’Unione africana, tre dovrebbero essere del Raggruppamento e tre del MLC e alleati, una ripartizione non condivisa dal Raggruppamento che chiede quattro delegati.

Nessuna informazione è stata rivelata sui punti all’ordine del giorno. Tuttavia, la posizione del Raggruppamento è nota: Sì al rinvio delle elezioni, ma senza Kabila. Il MLC e alleati propongono un rinvio, senza Kabila, che non dovrebbe superare i 120 giorni dalla data del 19 dicembre. I delegati del Dialogo della Cittadella dell’Unione Africana, e in particolar modo quelli della MP, sostengono un rinvio delle elezioni, mantenendo Kabila al potere fino allo svolgimento delle elezioni presidenziali previste, secondo l’accordo politico concluso, in aprile 2018.[10]

Il deputato nazionale Henry Thomas Lokondo ha chiesto che la classe politica lasci ai vescovi cattolici della CENCO ancora un po’ di tempo, affinché possano continuare la loro missione di mediazione tra le parti che hanno partecipato al dialogo e quelle, dell’opposizione radicale, che l’hanno boicottato. Thomas Lokondo ha dichiarato che tale mediazione è assolutamente necessaria per assicurare la gestione del Paese dopo il 19 dicembre, data che segna la fine del secondo e ultimo mandato dell’attuale Presidente della Repubblica, secondo le disposizioni della costituzione. Thomas Lokondo auspica che si proceda alla formazione del governo di unione nazionale solo dopo che la CENCO abbia finalizzato le sue consultazioni perché, secondo lui, «fintanto che non saranno prese in considerazione le loro richieste, i membri del Raggruppamento continueranno a prendere qualsiasi iniziativa per far fallire l’azione del nuovo governo e l’attuazione dell’accordo firmato».[11]

4. IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DAVANTI AL PARLAMENTO

Il 14 novembre, il primo ministro congolese Augustin Matata Ponyo ha presentato al Presidente Kabila le sue dimissioni e quelle del suo governo. «È per rispondere allo spirito e alla lettera dell’accordo politico risultante dal dialogo avviato da sua Eccellenza il Presidente della Repubblica», ha egli dichiarato alla fine del suo colloquio con Joseph Kabila. L’accordo citato prevede la nomina di un primo ministro proveniente dalle file dell’opposizione e la creazione di un governo di unità nazionale.[12]

Il 15 novembre, nel suo discorso sullo stato della nazione rivolto alle due Camere del Parlamento riunite in seduta comune, dopo aver fatto un bilancio dei suoi quindici anni alla Presidenza, a livello politico, economico e sociale, il Presidente della Repubblica Joseph Kabila si è pronunciato sull’attuale situazione politica del paese nei seguenti termini:

«La stabilità politica deve essere considerata come un patrimonio comune. Essa non può e non deve essere consolidata che nel rispetto, da parte di tutti, della sovranità popolare, come prescritto dalla Costituzione. Ciò comporta, per conseguenza, il regolare svolgimento di elezioni democratiche e pacifiche a tutti i livelli. Ciò permetterebbe al nostro popolo di rimanere l’arbitro indiscusso del gioco politico, conferendo il potere a quei cittadini che, a suo avviso, lo meritano, vista la qualità dei loro progetti sociali e i risultati della loro azione precedente. È ciò che garantisce la moralità della vita politica e il continuo rinnovamento della classe politica che sono, entrambi, condizioni indispensabili per il consolidamento della nostra giovane democrazia. Il consolidamento della nostra democrazia ha bisogno della vitalità di tutti i nostri concittadini, uomini e donne, giovani e vecchi, piuttosto che del sacrificio della loro vita. Nessun conflitto, nessuna agenda politica può giustificare il ricorso alla violenza, meno ancora la perdita di vite umane. Puntare, per arrivare potere, sul sangue del popolo congolese e sulla distruzione dei beni pubblici o privati è, per lo meno, moralmente condannabile.

Sul piano sociale, una parte della nostra popolazione è diventata un fertile terreno per la sperimentazione di strategie insurrezionali da parte di certi attori politici grazie, senza dubbio, alle frustrazioni, in particolare dei giovani e dei disoccupati, che si sentono vittime di un’esclusione socio-economica. Per i giovani, la mancanza di posti di lavoro e l’ozio che ne deriva offuscano le prospettive di futuro. Ciò li rende vulnerabili davanti agli incantesimi demagogici di certi politici e di fronte alla strumentalizzazione di certe organizzazioni estere nostalgiche di un tempo ormai lontano. A livello istituzionale, la nostra maggiore sfida rimane il consolidamento della nostra giovane democrazia. Secondo la Costituzione della Repubblica, è necessario evitare, in modo definitivo e irreversibile, i vecchi demoni che tendono a prendere scorciatoie per arrivare al potere a vertici dello stato con la forza o con altri mezzi incostituzionali e non democratici. Rivolgo, pertanto, un invito formale alla classe politica congolese, affinché si prepari attivamente a prendere appuntamento con il sovrano primario perché, tra pochi mesi, si concluderà l’operazione di registrazione degli elettori e si convocheranno le elezioni.

Invito, in particolare, i giovani a partecipare in massa al processo di registrazione degli elettori, al fine di poter disporre della via legale che permetta loro di decidere sul futuro del Paese e di partecipare alla sua governabilità, piuttosto che servire da marciapiede a degli attori politici che, spesso, non hanno nulla da offrire al nostro popolo, ma piuttosto dei conti da rendere nei suoi confronti. Accolgo con speranza le varie raccomandazioni del dialogo nazionale, in particolare l’accordo politico per l’organizzazione di elezioni pacifiche, credibili e trasparenti nel nostro paese. Certamente, come ogni attività umana, questo accordo politico è perfettibile. Tuttavia, esso rimane oggi l’unica proposta (tabella di marcia) formulata dai Congolese stessi, rappresentanti sia dell’opposizione politica, della società civile che della maggioranza. In effetti, esso presenta delle prospettive realistiche e responsabili, sia per l’organizzazione delle elezioni che per la stabilità delle Istituzioni durante il periodo pre-elettorale, elettorale e post-elettorale.

Ancora una volta, come ho detto due anni fa, nelle stesse circostanze, i Congolesi hanno dimostrato che, posti in condizioni di libero esercizio del loro diritto all’autodeterminazione, sono in grado di superare, con tutta responsabilità, le loro divergenze. Ciò mi dà l’occasione di denunciare, ancora una volta, ogni ingerenza negli affari interni del nostro paese, che ha diritto, come tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, al rispetto della sua sovranità e della sua indipendenza politica. Il nostro Paese non intende scendere a compromessi su questo. Il mio desiderio più ardente è che, conformemente all’articolo 24 dell’accordo politico, coloro che, per un motivo o per l’altro, non hanno partecipato alla conclusione di tale accordo, possano aderirvi firmandolo, in modo che, all’unisono, possiamo offrire al nostro popolo il prezioso dono che si aspetta da noi: l’esercizio effettivo del suo legittimo diritto di scegliere i suoi dirigenti, liberamente, senza alcun ostacolo, ma nella pace fisica e dei cuori.

È in questo quadro che si inseriva la missione che avevo affidato ai Vescovi membri della CENCO, che ringrazio, e che era rivolta a quei membri dell’opposizione che non hanno ancora firmato l’accordo politico. I risultati dei loro lodevoli sforzi riflettono, purtroppo e ancora una volta, la mancanza di attenzione, da parte degli interessati, a questa ricerca di soluzione delle nostre divergenze attraverso il dialogo.

È questo il momento giusto per dire che l’alternativa che, dall’interno come dall’esterno, alcuni propongono a questa opzione di buon senso, è semplicemente inaccettabile, in quanto sprofonderebbe il nostro caro e bel paese nel caos, com’è il caso di alcuni Paesi nostri fratelli.

Consapevole delle mie responsabilità di garante del buon funzionamento delle Istituzioni, non posso permettere che la Repubblica sia presa in ostaggio da una parte della sua classe politica ed esposta al rischio dell’instabilità, con la conseguenza di ritardare ancor di più l’organizzazione delle elezioni.

Conformemente all’accordo politico sopra citato designerò, in breve tempo, il primo ministro che sarà incaricato di formare il governo di unità nazionale, la cui missione principale sarà quella di condurre il popolo alle elezioni, pur incrementando i progressi economici e sociali degli ultimi quindici anni. Assegno a questo governo anche la missione, altrettanto prioritaria, di lavorare per il miglioramento della condizione sociale della nostra popolazione.

A coloro che sembrano preoccuparsi molto del mio futuro politico, voglio dire, ringraziandoli, che la Repubblica Democratica del Congo è una democrazia costituzionale e che tutte le questioni relative al destino delle Istituzioni e dei loro animatori sono affrontate in modo soddisfacente dalla Costituzione. Non essendo mai stata violata, la Costituzione sarà sempre rispettata, e in tutte le sue disposizioni. La preoccupazione principale, la sola che sia legittima, dovrebbe essere, e rimane, quella di sapere quale futuro vogliamo offrire al Congo e ai Congolesi».[13]

Il 15 novembre, in un comunicato stampa firmato dal Presidente del Consiglio degli Anziani, Etienne Tshisekedi, il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento «si è detto indignato del tono aggressivo del discorso di Joseph Kabila che, certo, non placa gli spiriti, né favorisce la ricerca di un consenso che permetta un’uscita pacifica dalla crisi;

Nonostante questo atteggiamento, il Raggruppamento è convinto che solo un dialogo realmente inclusivo conforme alla risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza rimane la via indicata per porre fine alla situazione di stallo deliberatamente creata da Joseph Kabila;

Pertanto, nell’interesse superiore della nazione, il Raggruppamento sostiene l’attuale mediazione della CENCO e vi si implica con responsabilità. A tal fine, il Raggruppamento fa appello al senso di responsabilità di tutte le parti implicate nel dialogo, affinché contribuiscano a portare a termine la missione di mediazione della CENCO, al fine di condurre il Paese verso l’organizzazione di elezioni pacifiche;

Infine, il Raggruppamento nota con attenzione che, pronunciandosi formalmente sul suo futuro politico, Joseph Kabila riconosce che esso è indicato in modo soddisfacente dalla Costituzione che deve essere attuata in tutte le sue disposizioni. In altre parole, tutto ciò può far credere che, alla scadenza del suo secondo e ultimo mandato, Joseph Kabila non violerà l’articolo 220 della Costituzione che riguarda il numero e la durata del mandato presidenziale».[14]

L’opposizione che non ha partecipato al dialogo ha affermato che il discorso del presidente Kabila è stato superficiale, non avendo affrontato le questioni fondamentali. Il presidente della piattaforma dell’Alleanza per la Repubblica (AR), Delly Sessanga, ha fatto osservare che il rispetto per la Costituzione resta ancora minacciato e ha sostenuto la necessità di un consenso politico più ampio sulla gestione del paese dopo il 19 dicembre. Secondo Delly Sessanga, «il presidente ha fatto un suo proprio bilancio dello stato della nazione e se ne è detto soddisfatto. Il nostro punto di vista è ben diverso. A trenta giorni dalla fine del mandato del Presidente della Repubblica, ci aspettavamo che dicesse qualcosa di più preciso circa le prossime elezioni, ma su questa questione non ha detto nulla di specifico. Circa la necessità di un compromesso politico, egli stesso ha ammesso che l’accordo concluso è perfettibile. Non è stato fatto tutto il possibile per arrivare ad un accordo che sia condiviso da tutti e portatore di pace. Noi continuiamo a credere che un dialogo veramente inclusivo sia l’unico cammino che possa portare ad una soluzione di pace e di stabilità per il nostro paese».[15]

Tra i membri dell’opposizione che hanno partecipato al dialogo, il presidente della CDR, Jean Lucien Busa, ha fatto osservato che, nel suo discorso, il presidente Kabila si è impegnato ad attuare l’accordo politico. Egli ha anche dichiarato che, in questo discorso, Kabila ha dato una risposta a tutte le preoccupazioni espresse circa la necessità di un’alternanza politica nel Paese. Secondo Jean Lucien Busa, «il presidente ha parlato del suo futuro politico, quando ha ricordato che la democrazia congolese deve essere preservata e che tutto sarà fatto secondo la Costituzione, considerata come unico fondamento su cui il Paese dovrà essere gestito».[16]

Patrick Muyaya, deputato del Partito Lumumbista Unificato (PALU), alleato della coalizione di governo, ha affermato che «il presidente Kabila ha parlato più del passato che del futuro: si è soffermato a lungo sui risultati dei suoi 15 anni di potere, ciò che è un segnale per dire che si sta avvicinando alla porta d’uscita». Per questo deputato di Kinshasa, «per la prima volta, Joseph Kabila ha posto la questione sul suo futuro e vi ha risposto: sottolineando che il suo futuro è indicato dalla Costituzione, il presidente ha semplicemente voluto dire che, alla fine del periodo transitorio che si concluderà con le elezioni presidenziali nel 2018, egli sarà senatore a vita».[17]

Il 15 novembre, in un Tweet, il coordinatore della coalizione di 33 organizzazioni non governative per la difesa dei diritti umani, George Kapiamba, ha «chiesto al Presidente Joseph Kabila di privilegiare dapprima un ampio consenso, prima di nominare un nuovo primo ministro». Questa piattaforma di ONG non aveva preso parte ai lavori del dialogo che ha avuto luogo alla Cittadella dell’Unione Africana.[18]

Il 17 novembre, il Movimento per la Liberazione del Congo (MLC) di Jean-Pierre Bemba e i suoi alleati, riuniti nel Fronte per il rispetto della costituzione, hanno chiesto al presidente Joseph Kabila di onorare il suo giuramento rispettando la costituzione in tutte le sue disposizioni, come egli stesso ha detto nel suo discorso in Parlamento. Più precisamente, questa piattaforma ha chiesto al Capo dello Stato di dimettersi alla fine del suo secondo e ultimo mandato, cioè nel mese di dicembre prossimo. «Il Fronte per il rispetto della Costituzione invita il Presidente della Repubblica uscente a rispettare il suo giuramento e a sottomettersi alle disposizioni della costituzione, Palazzo della Nazione alla fine del suo secondo e ultimo mandato, il 19 dicembre 2016», ha dichiarato Eve Bazaiba, segretaria generale del MLC.[19]

5. LA NOMINA DI UN NUOVO PRIMO MINISTRO

Il 17 novembre, il Presidente della Repubblica Joseph Kabila ha nominato il deputato Samy Badibanga Primo Ministro. La nomina di Badibanga è conseguente alla firma dell’accordo concluso alla fine del dialogo politico, in cui è stata decisa la creazione di un governo di unità nazionale guidato da una personalità dell’opposizione. Il 15 novembre, nel suo discorso alla nazione pronunciato in Parlamento, il presidente Kabila aveva annunciato che, “a breve temine”, avrebbe nominato un nuovo primo ministro con il compito di “condurre il popolo alle elezioni”.

Samy Badibanga è uno dei membri dell’opposizione che hanno partecipato al dialogo. Ex consigliere speciale di Etienne Tshisekedi, deputato nazionale eletto nel 2011 sulla lista dell’UDPS, finora presidente del gruppo parlamentare dell’UDPS e alleati, Samy Badibanga aveva deciso di svolgere il suo ruolo di parlamentare, contrariamente alle disposizioni del partito che aveva chiesto a tutti i suoi membri eletti di non accettare di far parte di qualsiasi istituzione. Arrivato ufficialmente secondo nelle presidenziali del 2011, Etienne Tshisekedi aveva ricusato la rielezione di Joseph Kabila per il suo secondo e ultimo mandato e si era autoproclamato Presidente della Repubblica, prestando giuramento nella sua residenza di Limete, a Kinshasa.[20]

Il 17 novembre, in un messaggio, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha dichiarato di aver preso atto della nomina di Samy Badibanga come primo ministro, in conformità con l’accordo politico firmato il 18 ottobre. Ban Ki-moon ha accolto con favore «questo primo passo concreto, compiuto nel quadro dell’attuazione dell’accordo politico che dovrebbe portare all’organizzazione di elezioni credibili nel paese». Secondo il comunicato, egli «esorta il governo che sarà formato dal primo ministro Badibanga a creare un clima favorevole al rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali essenziali per il dibattito politico e le elezioni credibili e inclusive, come richiesto dalla risoluzione 2277 (2016) del Consiglio di sicurezza».

Inoltre, il Segretario Generale dell’ONU si è detto favorevole all’iniziativa di mediazione intrapresa dalla Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) e invita i gruppi politici che non hanno firmato l’accordo politico a impegnarsi e a lavorare per superare le loro divergenze in modo pacifico. Secondo il comunicato, Ban Ki-moon «invita tutti gli attori politici a continuare a lavorare in buona fede e in uno spirito di compromesso, in vista di una soluzione politica che apra la strada ad elezioni pacifiche, credibili, inclusive e nel più breve tempo possibile, in conformità con la Costituzione congolese e la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e la governance».[21]

Il 17 novembre, circa la nomina di Samy Badibanga come Primo Ministro, il segretario della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), l’Abbé Donatien Nshole, ha dichiarato che «la CENCO non ha particolari commenti da fare a proposito di tale nomina», aggiungendo che «la cosa più importante per la CENCO è la missione di mediazione che sta attualmente conducendo» e che «ha tutte le ragioni per continuarla, nell’interesse superiore della nazione». Dopo la firma dell’accordo risultante dal dialogo politico che rinvia le elezioni presidenziali ad aprile 2018, il Capo dello Stato ha affidato ai vescovi una missione di mediazione per un più ampio consenso sul testo.[22]

Il 17 novembre, Jean-Marc Kabund, segretario dell’UDPS, partito cui apparteneva l’attuale primo ministro quando si era candidato alle legislative del 2011, ha dichiarato di «non credere che la nomina di un nuovo primo ministro sia una soluzione all’attuale crisi politica del paese. Secondo l’UDPS e il Raggruppamento dell’opposizione, tale nomina è un non-evento. Kabila è nel suo pieno diritto di revocare e di nominare un primo ministro, come vuole e quando vuole, perché fa parte del suo potere sovrano e costituzionale. Ma il vero problema è la gestione del paese dopo il 19 dicembre. Per questo, per evitare dei problemi, è necessario dialogare. Il Congo ha bisogno di pace. Occorre un dialogo che possa permettere di raggiungere un compromesso che sia accettabile per tutti. Noi del Raggruppamento e dell’UDPS crediamo che solo in un dialogo inclusivo si possa trovare una soluzione duratura alla crisi. Il tempo non è dalla nostra parte e è dunque necessario entrare rapidamente in un dialogo inclusivo».

Infine, il segretario dell’UDPS ha fatto osservare che il nuovo primo ministro aveva preso le sue distanze nei confronti dell’UDPS a partire dal 2011. «Sin dal 2011, Samy Badibanga si era auto escluso dall’UDPS, quando ha violato le direttive del partito, secondo le quali i deputati eletti nella lista dell’UDPS non avrebbero dovuto partecipare ai lavori del Parlamento. Samy Badibanga non è più dell’UDPS e questo va detto chiaramente», ha precisato Jean Marc Kabund.[23]

Il coordinatore nazionale della Nuova Società Civile Congolese (NSCC), Jonas Tshiombela, si è rammaricato che la nomina del nuovo Primo Ministro sia avvenuta in modo così “frettoloso” e ha aggiunto che «sarebbe stato meglio che Badibanga fosse stato nominato in seguito ad un consenso inclusivo». Jonas Tshiombela non ha nascosto il suo scetticismo: «Egli [Samy Badibanga] parte su basi controverse, soprattutto perché proviene da un ramo “dissidente” dell’UDPS. Ci si può quindi interrogare sul suo futuro politico e chiedersi se l’azione che intraprenderà potrà avere un seguito».[24]

Il 18 novembre, la Maggioranza Presidenziale (MP) ha preso atto della nomina di Samy Badibanga come primo ministro e gli ha promesso il suo pieno appoggio. In una dichiarazione firmata dal suo segretario generale, Aubin Minaku, la famiglia politica di Joseph Kabila ha promesso di apportare il suo contributo all’attuazione dell’accordo risultante dal dialogo politico svoltosi presso la Cittadella dell’Unione Africana a Kinshasa.[25]

Il 18 novembre, le varie componenti che hanno partecipato al dialogo politico hanno iniziato delle negoziazioni per formare un governo di unità nazionale. Anche se non si conoscono ancora le dimensioni del governo Badibanga, né le quote riservate ad ogni componente, secondo diverse fonti, i ministeri della difesa, del bilancio e della previdenza sociale potrebbero essere attribuiti all’opposizione. Secondo le stesse fonti, la Maggioranza Presidenziale vorrebbe mantenere alcuni ministeri importanti, tra cui quelli degli interni, delle finanze, degli affari esteri e della giustizia.[26]

Secondo il deputato nazionale Lumeya-Du-Malegi, membro del Raggruppamento dell’opposizione, la nomina di Samy Badibanga, presidente del gruppo parlamentare “UDPS e alleati” all’Assemblea Nazionale, a primo ministro rappresenta un rischio per il Raggruppamento, perché può diventare fonte di conflitti all’interno della piattaforma. Egli si è così spiegato: «Contrariamente a quello che si dice, credo che la nomina di Badibanga sia un duro colpo per il Raggruppamento … La sua nomina può essere una fonte di conflitto all’interno del Raggruppamento. Dobbiamo ricordare che, nonostante tutto, Badibanga è rimasto presidente del gruppo parlamentare “UDPS e alleati” dell’Assemblea Nazionale. Badibanga ha lavorato con Tshisekedi. Non ha mai tagliato i ponti con i vertici dell’UDPS. È ovvio che alcuni cambieranno casacca. Non possiamo dire che ne usciremo illesi».[27]

Il 19 novembre, il senatore Jacques Djoli, professore di diritto costituzionale e membro del Movimento per la Liberazione del Congo, ha affermato che «la nomina del Primo Ministro Samy Badibanga viola la Costituzione». Secondo lui, Joseph Kabila avrebbe dovuto nominare dapprima un informatore incaricato di identificare la nuova maggioranza parlamentare, come previsto dalla Costituzione. Il senatore Djoli sostiene che l’accordo firmato a conclusione del dialogo politico non è al di sopra della Costituzione: «La nomina del nuovo primo ministro dipende dalle disposizioni dell’accordo politico, soprattutto dall’articolo 17 di tale accordo. Ma un accordo politico, secondo il diritto, non può essere al di sopra di una costituzione. D’altra parte, anche l’articolo 17 afferma chiaramente che l’insediamento del nuovo governo deve aver luogo senza pregiudicare le disposizioni costituzionali». Secondo lui, il Capo dello Stato avrebbe dovuto passare dapprima attraverso la nomina di un informatore incaricato di identificare la maggioranza parlamentare, da cui uscirebbe il nuovo primo ministro. Procedere diversamente, ha egli detto, creerebbe una crisi costituzionale e indebolirebbe, quindi, il nuovo primo ministro.[28]

Il deputato Patrick Kakwata, presidente del Movimento dei Riformatori liberali, un partito membro della maggioranza presidenziale (MP), ha dichiarato che «la nomina di Samy Badibanga come primo ministro non viola le leggi in vigore». Secondo lui, nominare Primo Ministro un membro dell’opposizione che non fa parte della maggioranza parlamentare corrisponde ad una risoluzione del dialogo politico. Secondo Patrick Kakwata, la designazione di un informatore per identificare la nuova maggioranza parlamentare, prima di nominare il nuovo primo ministro, sarebbe stata necessaria nel caso in cui l’attuale maggioranza parlamentare fosse venuta meno. Patrick Kakwata ha fatto osservare che, attualmente, la maggioranza parlamentare continua ad esistere e che si trova addirittura rafforzata, nel senso che tutti i firmatari dell’accordo della Cittadella dell’UA sono diventati, de facto, dei nuovi alleati della maggioranza presidenziale.

A titolo di richiamo, secondo l’articolo 78 della Costituzione, «Il Presidente della Repubblica nomina il Primo Ministro all’interno della maggioranza parlamentare dopo averla consultata uno… Se una tale maggioranza non esistesse, il Presidente della Repubblica affida una missione esplorativa ad una personalità, con il compito di identificare una coalizione. La missione esplorativa è di trenta giorni rinnovabili una volta sola».[29]

[1] Cf Radio Okapi, 02.11.’16

[2] Cf Radio Okapi, 08.11.’16; AFP – Africatime, 08.11.’16

[3] Cf Actualité.cd, 10.11.’16

[4] Cf Radio Okapi, 12.11.’16

[5] Cf RFI, 13-11.’16; 7sur7.cd, 12.11.’16

[6] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 14.11.’16

[7] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 12.11.’16

[8] Stany Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 13.11.’16

[9] Cf http://www.congoforum.be/upldocs/Communique_%20du%2013%20novembre.pdf

[10] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 14.11.’16

[11] Cf Radio Okapi, 14.11.’16

[12] Cf Radio Okapi, 14.11.’16

[13] Cf Forum des As – Kinshasa, 16.11.’16 http://www.forumdesas.org/spip.php?article9442

[14] Cf 7sur7.cd, 16.11.’16 http://7sur7.cd/new/discours-sur-letat-de-la-nation-tshisekedi-denonce-le-ton-agressif-employe-par-kabila/

[15] Cf Radio Okapi, 15.11.’16

[16] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 15.11.’16

[17] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 15.11.’16

[18] Cf Franck Ngonga – Actualité.cd, 15.11.’16

[19] Cf Radio Okapi, 18.11.’16

[20] Cf Radio Okapi, 17.11.’16

[21] Cf Radio Okapi, 18.11.’16

[22] Cf Radio Okapi, 18.11.’16

[23] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 17.11.’16; Radio Okapi, 18.11.’16

[24] Cf Radio Okapi, 17.11.’16

[25] Cf Patrick Maki – Actualité.cd, 18.11.’16

[26] Cf Franck Ngonga – Actualité.cd, 18.11.’16

[27] Cf Rachel Kistita – Actualité.cd, 19.11.’16

[28] Cf Radio Okapi, 19.11.’16

[29] Cf Radio Okapi, 21.11.’16