Congo Attualità n. 279

INDICE

EDITORIALE: LA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ART. 70 DELLA COSTITUZIONE

  1. LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ARTICOLO 70 DELLA COSTITUZIONE
    1. Ciò che la sentenza dice
    2. Le reazioni
  2. LA REVISIONE AL RIBASSO DELLA LEGGE FINANZIARIA 2016

EDITORIALE: LA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ART. 70 DELLA COSTITUZIONE

1. LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ARTICOLO 70 DELLA COSTITUZIONE

a. Ciò che la sentenza dice

L’11 maggio, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza secondo la quale il presidente Joseph Kabila, cui la Costituzione vieta di candidarsi per un terzo mandato, potrà rimanere in carica fino all’effettivo insediamento del suo successore. La Corte ha così risposto ad una richiesta di interpretazione di alcuni articoli della costituzione presentata da oltre 250 deputati, in un momento in cui si allontana sempre più la possibilità di potere organizzare le elezioni presidenziali entro la fine del 2016. «Per consacrare il principio della continuità dello Stato affermato nell’articolo 69 della Costituzione, l’articolo 70, paragrafo 2 della Costituzione permette al Presidente della Repubblica in esercizio di rimanere in carica fino all’effettivo insediamento del nuovo presidente eletto», è dichiarato nella sentenza letta dal Presidente della Corte, Benoît Luamba. Il ricorso presentato dalla maggioranza presidenziale chiedeva espressamente alla Corte di pronunciarsi sul futuro del presidente in caso di mancato svolgimento delle elezioni prima della fine del suo mandato.[1]

A proposito della fine del mandato presidenziale di Joseph Kabila, secondo la Corte Costituzionale l’articolo 70.2 della Costituzione è chiaro: “Alla fine del suo mandato, il Presidente resta in carica fino all’effettiva installazione del nuovo presidente eletto”. In altre parole, “per consacrare il principio della continuità dello Stato affermato nell’articolo 69 della Costituzione, l’articolo 70, paragrafo 2, della Costituzione consente al Presidente della Repubblica in esercizio di rimanere in carica fino all’effettiva installazione del nuovo presidente eletto”.

Facendo riferimento alla “sintesi del dibattito generale di aprile 2005 sul progetto della Costituzione”, la Corte ha effettivamente ricordato che “il secondo comma dell’articolo 70 era stato aggiunto (…) al fine di evitare il vuoto istituzionale”. Ciò è confermato dal politologo e costituzionalista congolese Bob Kabamba, che aveva partecipato, come esperto, all’elaborazione della Costituzione della RDCongo. Egli fa notare che, «in quel tempo, il Paese stava uscendo da un lungo conflitto armato e il costituente ha voluto evitare una situazione di non-continuità dello Stato: non ci si poteva permettere di ritrovarsi con un presidente senza alcuna effettività di potere, nel caso in cui, per esempio, avesse dovuto dichiarare una nuova guerra». Inoltre, contrariamente al parere della Procura della Repubblica che aveva suggerito alla Corte di sottolineare che, “in caso di mancata organizzazione delle elezioni presidenziali entro le scadenze costituzionali, il Presidente arrivato alla fine del suo mandato rimane in carica fino all’effettiva installazione del nuovo presidente eletto”, nella parte conclusiva della sentenza, i giudici costituzionali si sono astenuti dal fare una qualsiasi allusione alla partecipazione o meno all’organizzazione o meno delle elezioni presidenziali entro i tempi fissati dalla Costituzione.[2]

Secondo gran parte dell’opposizione, un Presidente della Repubblica arrivato alla fine del suo mandato non può continuare ad esercitare le funzioni di Presidente, tanto meno in mancanza di organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione. In tal caso, sempre secondo l’opposizione, un’eventuale via d’uscita sarebbe quella della dichiarazione, da parte della Corte Costituzionale, su proposta del Governo, della sede vacante alla Presidenza della Repubblica evocata nell’articolo 75 della Costituzione.

Ma secondo la sentenza della Corte Costituzionale, nella sua parte espositiva, la “sede vacante” alla Presidenza della Repubblica evocata nell’articolo 75 della Costituzione concernerebbe solo “certi avvenimenti che avrebbero luogo <durante l’esercizio di un mandato presidenziale>, come un decesso, una dimissione o qualsiasi altra causa di impedimento definitivo (malattia, arresto, destituzione in seguito a una sentenza giudiziaria, ecc.)”. La Corte, quindi, afferma che la dichiarazione di sede vacante alla Presidenza della Repubblica non concerne il caso di fine mandato e che la fine di un mandato presidenziale (sia pur esso il secondo e ultimo mandato) non può essere considerata come una forma di impedimento definitivo. Secondo la Corte, la questione relativa alla fine del mandato presidenziale (sia pure il secondo ed ultimo) è risolta dal secondo comma dell’articolo 70 della Costituzione, almeno sul piano giuridico.

b. Le reazioni

La Corte costituzionale si è finalmente pronunciata, ma “la sua logica apparente è tuttavia smentita dalla sequenza degli eventi”, afferma il quotidiano belga Le Soir: “se il presidente resterà in funzione oltre la fine ufficiale del suo mandato, per un periodo che la Corte non ha precisato, non è per aspettare che il suo successore lo sostituisca nelle sua funzioni, ma perché non è stato eletto alcun suo successore! E se le elezioni presidenziali non saranno organizzate entro le date previste, non sarà per motivi eccezionali, come una guerra o una calamità naturale, ma semplicemente perché, deliberatamente, non sono affatto state preparate”.

In effetti, secondo il sito di informazione Afrikarabia “per chi ancora dubitava, sono ormai poche le possibilità di potere organizzare le elezioni presidenziali nel mese di novembre 2016. E con questa sentenza della Corte costituzionale, si può pensare che il presidente Kabila resterà al potere fino all’organizzazione delle prossime elezioni”. Ma quando potranno aver luogo? “La Commissione elettorale, che intende procedere alla revisione del database elettorale (eliminare i nominativi dei defunti e registrare i giovani diventati maggiorenni dopo le elezioni del 2011), potrebbe aver bisogno di oltre 16 mesi”, afferma Afrikarabia. “Degli esperti da essa recentemente consultati hanno addirittura previsto, per tale operazione, un periodo di 22 mesi, il che sposterebbe lo svolgimento delle prossime elezioni presidenziali al 2018”.[3]

Per spiegare questo ritardo, la maggioranza riporta delle difficoltà di ordine finanziario. Ma il ricercatore Filip Reyntjens afferma: «se le elezioni non si svolgeranno entro i tempi previsti, sarà perché il potere non ha voluto». A questo proposito, il fallito tentativo di cambiare, nel 2015, la legge elettorale; il non avere voluto invertire l’ordine del calendario elettorale, per dare la priorità alle elezioni presidenziali; o la recente suddivisione delle province, sono alcuni fatti, fra tanti altri, considerati da molti osservatori, a torto o a ragione, come dei tentativi intrapresi dalla maggioranza presidenziale, per rallentare l’intero processo elettorale.

In ogni caso, molti oppositori vi vedono confermato ciò che già temevano da mesi: uno slittamento del calendario elettorale, per mantenere al potere l’attuale presidente oltre la fine del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale. Se comprovata, questa “strategia dello slittamento” potrà resistere e, se sì, per quanto tempo? Tutto dipenderà dalla capacità delle varie componenti dell’opposizione di unirsi e di mobilitare la popolazione. A questo proposito, sarà importante osservare ciò che accadrà all’interno della società civile. Gli ultimi avvenimenti hanno infatti scatenato una viva protesta nei suoi ranghi.

Floribert Anzuluni, coordinatore di Filimbi, un gruppo che ha svolto un ruolo importante nella creazione del Fronte Cittadino 2016, ha già annunciato l’organizzazione di prossime manifestazioni, per protestare contro la decisione della Corte Costituzionale e contro il presidente Kabila, nel caso in cui resti al potere oltre la fine del suo mandato. Floribert Anzuluni: «Il 19 settembre 2016, se le elezioni presidenziali non saranno convocate come previsto nell’articolo 73 della Costituzione, considereremo il presidente Kabila come responsabile di un colpo di stato […] Per le prossime settimane, occorre prevedere delle manifestazioni di protesta contro questa violazione della Costituzione».

L’inviato speciale degli Stati Uniti per la regione dei Grandi Laghi, Tom Perriello, pur dichiarando di non poter esprimersi sulle conseguenze della sentenza della Corte Costituzionale, ha tuttavia affermato che «Kabila ha la responsabilità di preparare il Paese per le elezioni» e che «dovrebbe rispettare le scadenze stabilite dalla Costituzione della Repubblica Democratica del Congo». E continua ricordando alcuni principi democratici: «Il passaggio democratico del potere è fondamentale per la stabilità degli Stati in generale e della Repubblica Democratica del Congo in particolare». Il portavoce del Ministero francese per gli Affari Esteri, Romain Nadal, ha manifestato le preoccupazioni della Francia circa la decisione della Corte costituzionale: «È una decisione che illustra la degradazione dell’ambiente politico e di sicurezza nella RDCongo. Rimaniamo vigili sul rispetto dei principi democratici, sull’organizzazione del dibattito democratico e sullo svolgimento delle elezioni. Per quanto riguarda l’ordine di successione delle elezioni, si tratta di un dibattito interno tra gli attori politici congolesi e spetta a loro decidere. Ma è necessario preparare attivamente e in buona fede le elezioni, che sono l’unica fonte di legittimità popolare».[4]

Secondo il presidente del Partito Liberale per lo Sviluppo (PLD), Jean-Paul Lumbulumbu, l’interpretazione dell’articolo 70 della Costituzione è legata all’articolo 73 che determina la data di convocazione delle elezioni presidenziali. Egli ha affermato che «non è possibile interpretare l’articolo 70, relativo alla fine del mandato del Presidente della Repubblica, senza fare riferimento all’articolo 73, secondo il quale le elezioni del Presidente della Repubblica sono convocate 90 giorni prima della scadenza del mandato del presidente in carica» e ha aggiunto che la Corte Costituzionale dovrebbe precisare ciò che si dovrà fare nel caso in cui non si riuscisse ad organizzare le elezioni entro i tempi previsti.[5]

La decisione della Corte non è andata nella direzione desiderata dall’opposizione che, addirittura, intravedeva la possibilità di nominare, per consenso, un nuovo presidente, nel caso in cui non fosse stato possibile affidare la guida temporanea del Paese al Presidente del Senato. Questa posizione era stata sostenuta, in modo particolare, dall’UDPS attraverso Félix Tshisekedi.

«La Corte non può violare la Costituzione (…) Se entro il 19 dicembre non ci saranno elezioni, se il 20 dicembre Kabila rimane al potere, egli sarà considerato responsabile di un colpo di stato e lo tratteremo come tale», ha dichiarato ai media internazionali Eve Bazaiba, segretaria generale del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), secondo forza di opposizione all’Assemblea nazionale.[6]

Il 12 maggio, il G7, il Fronte Cittadino, la Dinamica dell’opposizione e l’Alternanza per la Repubblica hanno affermato che non accetteranno che il Presidente Joseph Kabila prolunghi il suo mandato presidenziale oltre il 19 dicembre 2016. «Il 19 dicembre segna la fine del mandato del presidente Joseph Kabila. Se andrà oltre tale termine, considereremo tale situazione come un colpo di stato e chiederemo alla popolazione di unirsi alle forze di opposizione per combattere tale colpo di stato», ha avvertito il leader dell’Unafec, Gabriel Kyungu wa Kumwanza, secondo cui «la Corte costituzionale ci fa capire che, effettivamente, il presidente rimane in carica fino all’effettiva entrata in funzione del suo sostituto. Questo implica che si debba organizzare le elezioni entro il periodo di tempo prescritto dalla Costituzione. La Corte non ha parlato di alcun prolungamento». Da parte sua, il deputato François Kalombo non pensa che la Corte abbia dato un via libera al presidente Kabila: «Insistendo sulla “effettiva installazione del presidente eletto”, in realtà la Corte, come la stessa Costituzione, obbliga le autorità ad organizzare le elezioni del nuovo presidente entro i tempi costituzionali».[7]

Secondo il deputato della maggioranza Henri Thomas Lokondo, «il vero dibattito non è di tipo giuridico, ma politico. Esso dovrebbe essere focalizzato sulla Commissione elettorale, che deve disporre di tutti i mezzi sufficienti, affinché le elezioni si svolgano secondo la Costituzione e in un clima sereno». Il deputato ritiene dunque importante la convocazione del dialogo, per discutere di tali questioni.

Il deputato Steve Mbikayi, presidente del Partito Laburista e leader dell’opposizione nazionalista, è sulla stessa linea. Secondo lui, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale, la questione della fine del mandato presidenziale rimane ancora aperta. Mbikayi ritiene che, nel caso in cui le elezioni non si svolgessero entro i tempi costituzionali, il problema della legittimità del Capo dello Stato si porrà di nuovo, al termine del suo secondo e ultimo mandato: «Sul piano politico, il problema è rimasto aperto perché, alla fine del mandato del Capo dello Stato e di quello dei deputati nazionali, ci si troverà di fronte ad un problema di legittimità». È per questo che il deputato auspica «un compromesso politico per risolvere la questione di una gestione consensuale di quel periodo. In mancanza di una legittimità popolare, occorrerebbe una legittimità consensuale riconosciuta dalla classe politica», concludendo: «Dal punto di vista politico: prima della sentenza è uguale a dopo la sentenza della Corte Costituzionale».

Da parte sua, Jean-Lucien Busa, presidente del Fronte Democratico, piattaforma dell’opposizione, ritiene che «la Corte costituzionale, la Commissione elettorale e il governo sono oggi delle istituzioni completamente alle dipendenze di un singolo individuo» e che «non ci si dovrebbe servire di queste istituzioni dello Stato per rimanere al potere. Per questo, la sentenza della Corte costituzionale è senza oggetto e non applicabile».[8]

Il 14 maggio, in una dichiarazione politica rilasciata a Kinshasa, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) ha affermato di ritenere “incostituzionale” la sentenza della Corte Costituzionale. Secondo il vice segretario generale dell’UDPS, Bruno Tshibala, nessuno ha il diritto di violare lo spirito della Costituzione manifestato nelle opzioni fondamentali prese di comune accordo. Egli ha dichiarato di non essere disposto a cedere a ciò che egli chiama una provocazione da parte della Corte costituzionale, per scoraggiare la gente a partecipare al dialogo, unico quadro, secondo lui, in cui si dovrebbe decidere sulla continuazione del processo elettorale. Il segretario generale dell’UDPS si rammarica che la sentenza della Corte prolunghi il mandato di Joseph Kabila quando, secondo l’articolo 5 della Costituzione, il potere emana dal popolo, unico sovrano . «Nel caso in cui le elezioni non si svolgano entro i tempi previsti, Kabila dovrà lasciare il potere. L’obiettivo del prossimo dialogo è proprio quello di risolvere tutti i problemi, attraverso un accordo di compromesso tra tutte le forze sociali e politiche riunite in tale forum», ha concluso Bruno Tshibala.[9]

Il 16 maggio, Norbert Luyeye, presidente dell’Unione dei Repubblicani, un partito di opposizione, ha dichiarato che la sentenza della Corte costituzionale sulla fine del mandato presidenziale ha reso inutile il dialogo annunciato dal Capo dello Stato. Secondo Norbert Luyeye, «la sentenza della Corte ha svelato le vere intenzioni di Joseph Kabila».[10]

2. LA REVISIONE AL RIBASSO DELLA LEGGE FINANZIARIA 2016

Il 16 maggio, con procedura d’urgenza di fronte, il primo ministro Augustin Matata Ponyo ha presentato all’Assemblea nazionale una richiesta di correzione della legge finanziaria per il 2016, al fine di evitare un’iperinflazione simile a quella che il paese aveva sperimentato nel 1990. Davanti alla plenaria della Camera bassa del Parlamento, il Capo del governo ha fatto osservare che, in seguito al deterioramento del contesto macroeconomico e alla diminuzione delle entrate pubbliche a causa della caduta del prezzo dei prodotti petroliferi e minerari, è necessario rivedere la legge finanziaria approvata dalla stessa Assemblea Nazionale nel mese di dicembre 2015.

Tale legge aveva stabilito un bilancio per l’anno 2016 equivalente a più di ottomila miliardi di franchi congolesi (8 miliardi di dollari), ma che dovrà essere ridotto del 22%, cioè a seimila miliardi di franchi congolesi (6 miliardi di dollari). Matata Ponyo ha inoltre segnalato che la tendenza al ribasso dei parametri macroeconomici implica la revisione al ribasso anche del livello di vita delle istituzioni della Repubblica, sempre a causa della diminuzione delle entrate interne. Il Primo Ministro ha anche fatto riferimento alle raccomandazioni formulate dalle istituzioni finanziarie internazionali, il FMI e la Banca mondiale, per i paesi africani, invitandoli alla compressione della spesa pubblica a causa della loro precaria situazione economica. Egli ha quindi chiesto all’Assemblea Nazionale di esaminare e di approvare il più presto possibile il progetto di legge correttivo relativo alla legge finanziaria del 2016. Reagendo alla presentazione di questo progetto di legge correttivo, i deputati hanno criticato le varie derive constatate nell’esecuzione del bilancio dello Stato, tra cui il superamento del bilancio di alcune istituzioni della Repubblica, ciò che ha sconvolto il budget come votato dall’Assemblea nazionale nel 2015.[11]

Il 18 maggio, l’Assemblea Nazionale ha dichiarato ricevibile il progetto di legge correttiva della legge finanziaria del 2016. Il Primo ministro Matata Ponyo ha dichiarato che «le entrate dei primi 4 mesi del 2016 sono state inferiori di quasi 150 miliardi di franchi congolesi, rispetto allo stesso periodo dell’anno 2015». Il disegno di legge è stato inviato alla commissione economica e finanziario per un esame più approfondito. Il Presidente dell’Assemblea nazionale ha dichiarato, senza offrire alcun dettaglio, che la sicurezza, la difesa e le elezioni saranno tra le priorità della legge finanziaria.[12]

[1] Cf AFP – Radio Okapi, 11.05.’16

[2] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 12.05.’16

[3] Cf Frédéric Couteau – RFI, 12.05.’16

[4] Cf RFI, 12.05.’16

[5] Cf Radio Okapi, 12.05.’16

[6] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 12.05.’16

[7] Cf Radio Okapi, 13.05.’16 ; Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 12.05.’16

[8] Cf Radio Okapi, 14.05.’16

[9] Cf Radio Okapi, 14.05.’16

[10] Cf Radio Okapi, 16.05.’16

[11] Cf ACP – Kinshasa, 16.05.’16

[12] Cf Radio Okapi, 19.05.’16