Congo Attualità n. 164

INDICE

EDITORIALE: Il dialogo chiede verità e giustizia

1. KIVU

a. L’M23 minaccia di prendere Goma

b. L’M23 ha preso il controllo di nuovi villaggi

c. La commissione elettorale pubblica i risultati provvisori delle elezioni legislative del Masisi

2. Il 3° VERTICE DELLA CIRGL A KAMPALA

a. Un altro vertice per non prendere decisioni

b. L’M23 insiste per negoziati diretti con il Governo congolese

3. LE CONFERME DI UN NUOVO RAPPORTO DELL’ONU

4. LE CONTRADDIZIONI DELL’ONU: ASSEGNA AL RUANDA UN SEGGIO NON PERMANENTE NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA E MINACCIA SANZIONI

5. LE DICHIARAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

EDITORIALE: Il dialogo chiede verità e giustizia

 

1. KIVU

a. L’M23 minaccia di prendere Goma

Il 22 e il 24 settembre, tre persone sono state uccise e altre quattro ferite in seguito ad attacchi a mano armata e a esplosioni di granate a Goma, capitale del Nord Kivu. Un impresario del settore petrolifero è stato ucciso la notte del 28 settembre alle 18:30 locali, in pieno centro città. Sono stati segnalati anche altri incidenti mortali. Il sindaco di Goma Nasoon Kabuya, il comandante della polizia, il colonnello Oscar Manosa e la società civile hanno attribuito gli attentati ad elementi infiltrati del movimento del 23 Marzo (M23) che, tuttavia, ha negato la sua responsabilità negli eventi.

Il 30 settembre, il ministro congolese degli Interni Richard Muyej ha annunciato, a Goma, l’arresto di una ventina di persone, tra cui dei militari delle Forze Armate della RDCongo (FARDC), accusate di essere autori o complici di una decina di omicidi registrati la settimana precedente.[1]

Il 1° ottobre, l’M23 ha minacciato di prendere la città di Goma, nel caso in cui la popolazione continui ad essere oggetto di ulteriori violenze. «Se la situazione continua così, abbiamo intenzione di prendere Goma per salvare la popolazione. Se l’esercito regolare (…) continua a uccidere la gente (…) noi andremo a proteggerla. Andremo a impedire che si continui a commettere crimini contro i civili», ha detto il tenente colonnello Vianney Kazarama, portavoce dell’M23.[2]

Il 3 ottobre, in occasione della conferenza stampa settimanale delle Nazioni Unite, il portavoce militare della MONUSCO, il colonnello Félix Bass, ha assicurato che la città di Goma, capitale del Nord Kivu, non cadrà nelle mani dell’M23, nonostante le sue minacce: «Il dispositivo di sicurezza che è stato predisposto intorno a Goma non consente alcuna penetrazione dell’M23. Le dichiarazioni dell’M23 fanno semplicemente parte di una propaganda ben precisa. Le nostre forze sono abbastanza equipaggiate e determinate a proteggere la città di Goma».[3]

«L’M23 non ha bisogno di lanciare un’offensiva su Goma perché, in realtà, controlla già la città da lungo tempo», afferma un osservatore, precisando: «I suoi uomini sono già presenti nell’amministrazione, nella polizia, nelle FARDC. Tutti lo sanno, anche a Kinshasa. Infiltrati e nascosti, possono controllare la situazione in modo più discreto, soprattutto il commercio illegale e clandestino dei minerali, abbondanti nella regione». «Quello che sta accadendo nel Nord Kivu è un falso gioco a poker», dice un altro osservatore di Kinshasa che aggiunge: «Ogni campo pronuncia minacce, ma è solo per salvare le apparenze, al fine di accattivarsi i propri sostenitori. In realtà, tutti stanno negoziando dietro le quinte per risolvere la crisi. Se il governo congolese smentisce qualsiasi contatto con l’M23, tuttavia si sa che sta dialogando con lui sotto mano, direttamente o tramite intermediari, come i Tanzaniani».[4]

b. L’M23 ha preso il controllo di nuovi villaggi

Il 1°  ottobre, l’M23  ha occupato tutti i villaggi della zona compresa tra Kiwanja e Ishasha, 60 chilometri a nord-est del territorio di Rutshuru (Nord Kivu). Partito al mattino da Kiseguru, a 17 chilometri a nord-est di Kiwanja, ha gradualmente occupato Katuiguru, Kisharo, Buramba e Nyamilima, prima di arrivare a Ishasha a tarda notte. I combattenti dell’M23 hanno occupato queste posizioni senza combattere. I Mayi-Mayi del gruppo di Shetani Muhima e le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) di Soki, che controllavano questi villaggi, si sono progressivamente ritirati prima dell’arrivo dei ribelli dell’M23. Diverse fonti accusano i Mai-Mai del gruppo di Shetani Muhima le FDLR di complicità con l’M23, perché hanno lasciato libero il passaggio all’M23 che ha potuto avanzare “senza combattere”. L’avanzata dei ribelli dell’M23 viola le raccomandazioni dei ministri della Difesa dei paesi membri della Conferenza Internazionale della regione dei Grandi Laghi (CIRGL) adottate il 16 agosto a Goma. La CIRGL aveva chiesto ai ribelli dell’M23 di ritirarsi nelle loro posizioni del 30 giugno 2012, sulle colline di Runyoni, Mbuzi e Bunagana.[5]

Il portavoce della società civile del Nord Kivu, Omar Kavota, ha accusato i ribelli dell’M23 di avere «avanzato verso la città di Nyakakoma, accompagnati dalle milizie Mayi-Mayi e FDLR». Da parte loro, i responsabili dell’M23 hanno affermato di avere occupato i villaggi a nord del raggruppamento di  Binza, per porre fine alle violenze dei Mai-Mai e delle FDLR contro la popolazione. La società civile del Nord Kivu considera questa affermazione come una nuova strategia dell’M23, per occupare una zona in cui i miliziani Mai-Mai e i ribelli delle FDLR gli sono serviti come guide.[6]

Il 5 ottobre, fonti militari hanno rivelato che un alto ufficiale dell’M23, il tenente colonnello Saddam Ringo, è stato reintegrato nelle FARDC. Portando con sé una decina di uomini, armi e munizioni, il tenente colonnello Saddam è stato inviato a Kinshasa. Prima di disertare nell’aprile scorso, era comandante del 6° settore delle FARDC a Fizi-Baraka, nel Sud Kivu.[7]

Il 6 ottobre, l’M23 si è ritirato dalla cittadina di Nyamilima, dove dalla scorsa settimana aveva installato il suo quartier generale per la zona di Binza ed è ritornato verso Rutshuru centro, la sua precedente posizione. I ribelli hanno lasciato il controllo del territorio al loro alleato, il capo della milizia Mai-Mai Shetani. Alcune fonti della regione confermano che il Comune di Nyamilima e la città di confine di Ishasha, importante posto di frontiera al confine con l’Uganda, sono passate sotto il controllo dei Mayi-Mayi Shetani Muhima. Secondo le stesse fonti, le località di Katwiguru Kiseguro, Kisharo, nei pressi di Nyamilima, sono state rioccupate e sono militarmente controllate dai ribelli delle FDLR Soki. La popolazione teme possibili scontri tra i ribelli M23, FDLR Soki e Mai-Mai Shetani Muhima.[8]

c. La commissione elettorale pubblica i risultati provvisori delle elezioni legislative del Masisi

Il 2 ottobre, il presidente della commissione elettorale nazionale indipendente (CENI), Daniel Ngoy Mulunda, ha pubblicato i risultati provvisori delle elezioni legislative del 28 novembre 2011 per il Masisi, nel nord Kivu. Sette nuovi deputati sono stati proclamati eletti nelle liste di sei partiti politici:

1. Ayobangira Samvura François-Xavier, Unione Congolese per il Progresso (UCP)

2. Mukingi Nahimana Oswald, Unione Congolese per il Progresso (UCP)

3. Mugiraneza Ndizeye Jules, Alleanza dei Democratici per lo Sviluppo Integrale (ADDI)

4. Mwangachuchu Hili Edouard, Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP)

5. Shomwa Mongera Innocent, Democrazia Cristiana Federalista – Convenzione dei Federalisti per

    la Democrazia Cristiana (Cofedec)

6. Gachuruzi Bulakali Shally Boniface, Partito dei Nazionalisti per lo Sviluppo Integrale (PANADI) 7. Safari Nganizi Jacques, Coalizione dei Resistenti Patrioti congolesi (Pareco / Pap).

Secondo la Ceni, questi risultati sono stati pubblicati su raccomandazione della Corte Suprema di Giustizia (CSJ) che li aveva annullati, il 25 aprile, a causa dei numerosi brogli elettorali avvenuti in un clima di insicurezza il giorno delle elezioni stesse. Il Procuratore Generale della Repubblica, Flory Kabange Numbi, l’11 settembre aveva chiesto alla CSJ di rivedere la sentenza emessa nel mese di aprile, in quanto il Masisi non si trovava rappresentato all’Assemblea Nazionale. Da parte sua, la Ceni, aveva già affermato di non essere in grado di riorganizzare nuove elezioni legislative nel Masisi, come raccomandato dalla CSJ, per mancanza di finanziamenti e di sicurezza.[9]

«È per ragioni politiche», ha ammesso un parlamentare a Kinshasa, affermando che «tale decisione mette fine a una delle rivendicazioni dell’M23 circa l’assenza di deputati del Masisi all’Assemblea Nazionale». «È la prima volta che succede una cosa simile, perché in nessuna parte del mondo, ad eccezione della RDCongo, ci sono dei rappresentanti del popolo rimasti eletti da elezioni annullate», afferma un comunicato del Partito dei Nazionalisti per lo Sviluppo Integrale (PANADI).[10]

2. IL 3° VERTICE DELLA CIRGL A KAMPALA

a. Un altro vertice per non prendere decisioni

L’8 ottobre, i capi di Stato e di governo della Conferenza della regione dei Grandi Laghi (CIRGL) si sono riuniti per il loro terzo vertice a Kampala (Uganda).

Essi hanno preso atto con rammarico dell’avanzata dell’M23 nella conquista di nuove località del territoriodi Rutshuru (Nord Kivu).

Hanno accordato un periodo di due settimane al gruppo militare di valutazione per ultimare le procedure operative per il dispiegamento della forza internazionale neutra al confine tra la RDCongo e il Ruanda. Quattro paesi, la cui identità non è stata rivelata, ma presenti al vertice di Kampala, hanno promesso di comunicare, il prima possibile, la natura e il livello del loro contributo a tale forza.

I Capi di Stato e di governo hanno raccomandato al presidente in esercizio della CIRGL, l’ugandese Yoweri Kaguta Museveni, di contattare anche altri paesi africani che possano apportare il loro contributo.

La CIRGL ha dichiarato di avere il mandato di entrare in azione qualora la situazione peggiorasse, in attesa di altri interventi.

Il vertice ha inoltre deciso che il presidente Yoweri Kaguta Museveni, presidente della CIRGL, prosegua le iniziative diplomatiche e politiche con tutte le parti interessate, per trovare una soluzione duratura alla crisi dell’Est della RDCongo.

È in luglio scorso che, a Addis Abeba, la CIRGL aveva lanciato l’idea di creare una forza internazionale neutra. Ma il progetto è ancora bloccato. La RDCongo mantiene l’idea di appoggiarsi sulle truppe della Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione in Congo (MONUSCO), eventualmente ridefinendo il suo mandato, ciò che il Ruanda respinge, non nascondendo la sua ostilità nei confronti delle truppe delle Nazioni Unite.[11]

A proposito del rapporto degli esperti militari sulle capacità nocive dei vari movimenti ribelli e gruppi armati, nazionali e stranieri, presenti nel Nord Kivu e Sud Kivu, la prima incognita riguarda il loro numero effettivo. Secondo le ONG e altre fonti delle Nazioni Unite che operano in questa parte del territorio congolese, ci sono non meno di 40 gruppi armati, interni ed esterni. La seconda incognita si riferisce agli ingenti stock di armi e munizioni in libera circolazione. La terza si riferisce alle varie complicità interne ed esterne.

Ciò che si può temere è un’insufficiente od erronea valutazione della realtà locale da parte degli esperti militari designati dai ministri della Difesa della CIRGL. In meno di un mese, hanno avuto il tempo e le risorse necessarie per fare un inventario completo della situazione? In particolare, data l’insicurezza che regna ovunque e l’esistenza di vaste zone in cui né le truppe della MONUSCO, né quelle delle FARDC possono entrare, gli esperti militari hanno potuto recarsi dappertutto, per valutare le capacità militari dell’M23, delle FDLR, dei Mai-Mai e di altri gruppi armati? C’è da dubitarne.

C’è quindi il rischio di sottovalutare la reale consistenza dei vari gruppi armati, congolesi e stranieri, attivi nel Nord e Sud Kivu. Pertanto, anche se si riuscisse a istituire una Forza Internazionale Neutra, in realtà essa rischierebbe di limitare la sua azione solo nelle grandi cittadine e dintorni, senza poter penetrare nei villaggi situati nella zona montagnosa e in piena foresta, dove i vari gruppi armati sono più attivi. In questo caso, Kampala III, come Kampala I, Kampala II, Addis Abeba I, Addis Abeba II e New York, non ha portato alcuna soluzione alla guerra dell’Est. Paul Kagame e Yoweri Museveni, che non hanno mai voluto il dispiegamento di questa forza, saranno finalmente contenti di potere dichiarare ai quattro venti che la soluzione al conflitto della RDCongo passa necessariamente attraverso la rivalutazione dell’accordo del 23 marzo 2009, stipulato tra il governo di Kinshasa e il CNDP. In tal modo, la RDCongo è di novo rinviata al punto di partenza.[12]

Nell’incontro della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), che si è svolta l’8 ottobre a Kampala, l’Uganda e l’Angola si sono apertamente espressi per un dialogo tra i ribelli dell’M23 e le autorità congolesI. Il Presidente ugandese Yoweri Museveni ha incaricato il suo ministro della Difesa, Chrispus Kiyonga, per convincere Kinshasa di dialogare con i ribelli che già controllano una gran parte del territorio del Nord Kivu.

Le autorità di Kinshasa rifiutano ufficialmente ogni trattativa con l’M23. Il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha ancora una volta ribadito che «l’M23 è stato qualificato come forza negativa da parte della CIRGL … Non abbiamo assolutamente cambiato idea».

Da parte loro, i ribelli, di cui una delegazione era presente a Kampala, assicurano di volere “discutere con il governo di Kinshasa”. «Ci siamo incontrati con il Presidente dell’Uganda e ci incontreremo di nuovo, ma egli non è ancora riuscito a organizzare un incontro diretto con la delegazione congolese», ha dichiarato un rappresentante dell’M23, Bertrand Bisimwa.[13]

b. L’M23 insiste per negoziati diretti con il Governo congolese

Il 17 ottobre, a Bunagana, una cittadina dell’Est della RDCongo, al confine con l’Uganda, il presidente dell’ala politica del movimento ribelle dell’M23, Jean-Marie Runiga, ha minacciato di riprendere l’offensiva se non si aprono dei “negoziati diretti, il più presto possibile“, con le autorità congolesi. «Finora, ci sono stati delle negoziazioni indirette. Purtroppo, il presidente Kabila ha dimostrato di non avere alcuna fretta per iniziare tali negoziati. Noi proponiamo di iniziare, il più presto possibile, dei negoziati diretti per evitare tutto ciò che sta accadendo oggi», ha detto Runiga, tornando da Kampala, dove il presidente Yoweri Museveni ha assicurato una mediazione indiretta tra la RDCongo e l’M23.

Ha quindi aggiunto che «se a Goma si continua ad uccidere, se il governo continua a dimostrarsi incapace di garantire la sicurezza della popolazione nei territori sotto suo controllo, l’M23 si riserva il diritto di progredire e entrare nella città di Goma per proteggere la popolazione».

Runiga ha indicato di aver ottenuto, nel corso dei negoziati a Kampala, che si possano «includere, oltre al “rispetto degli accordi del 2009”, anche altre questioni e altri problemi che affliggono la vita della nazione congolese». Ha citato, per esempio, problemi della “governance”, delle “violazioni dei diritti  umani” e della “questione sociale”.

L’ONU e varie ONG accusano l’M23 di violazioni dei diritti umani, tra cui lo stupro, il reclutamento coattto di civili, compresi dei minorenni, esecuzioni sommarie e saccheggi nella zona sotto suo controllo. Jean-Marie Runiga ha respinto in blocco tali accuse.

Un’importante fonte diplomatica presso le Nazioni Unite ha dichiarato a Reuters che l’insediamento dell’M23 nell’Est della RDCongo è tale che il Ruanda avrebbe, di fatto, già “annesso” questa parte del territorio congolese.[14]

Secondo varie fonti, esponenti del governo e rappresentanti dell’M23 hanno iniziato dei contatti indiretti tramite Yoweri Museveni, presidente dell’Uganda e alcuni suoi stretti collaboratori, nel quadro della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi. Secondo alcune voci autorevoli, dal mese di agosto 2012, emissari delle due parti farebbero regolarmente la spola tra Kampala e Kinshasa, quelli del governo o tra Kampala e Bunagana, per quelli dell’M23, per reciproche informazioni relative alla situazione del Nord Kivu.[15]

3. LE CONFERME DI UN NUOVO RAPPORTO DELL’ONU

Il gruppo degli esperti per la RDCongo ha inviato al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite Il rapporto finale sull’implicazione del Ruanda e dell’Uganda nei massacri e crimini commessi dal movimento del 23 Marzo (M23) nel Nord Kivu. Il rapporto sarà reso pubblico nel mese di novembre.  Gli esperti affermano che il Ruanda e l’Uganda hanno continuato ad appoggiare l’M23 anche nei mesi di luglio, agosto e settembre, nonostante l’ampia condanna da parte della comunità internazionale. Si tratta di un appoggio militare in armi e logistica, di informazioni strategiche e di consulenza politica. Gli autori del rapporto fanno notare che l’M23 ha guadagnato terreno e ha intensificato il reclutamento di bambini soldato, circa 250. Il rapporto stima che gli effettivi dell’M23 siano attualmente aumentati a 1250 unità circa.

Il gruppo degli esperti afferma che «Kigali ha coordinato la creazione dell’M23 e le sue principali operazioni militari, mentre l’Uganda ha permesso all’ala politica del movimento di operare a Kampala e di sviluppare legami con l’esterno». Secondo il rapporto, «il Generale Kayonga, Capo di Stato Maggiore dell’esercito ruandese, ha dato istruzioni di ordine militare ai ribelli dell’M23, su ordine di James Kabarebe, ministro ruandese della Difesa». Il rapporto afferma inoltre che la catena di comando dell’M23 include, di fatto, il generale Bosco Ntaganda, ed è coordinata dal ministro ruandese della Difesa, il generale James Kabarebe.

Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, truppe ruandesi e ugandesi hanno appoggiato l’M23 in una serie di attacchi, nel mese di luglio 2012, per prendere il controllo delle principali città di Rutshuru e della base militare congolese di Rumangabo. In tali occasioni, militari delle forze speciali ruandesi avrebbero partecipato direttamente in combattimenti contro le FARDC.

Sempre secondo il rapporto, vari comandanti dell’M23 hanno reclutato “centinaia di ragazzi e ragazze” e alcuni di loro hanno proceduto a delle esecuzioni sommarie di “decine di reclute e prigionieri di guerra”.

Il rapporto accusa il governo ruandese di violare l’embargo delle Nazioni Unite sulle armi destinate ai gruppi armati nella RDCongo, di facilitare il reclutamento di nuove leve anche sul suolo ruandese e di incoraggiare le defezioni all’interno dell’esercito congolese. Inoltre, la ribellione è appoggiata da una rete di trafficanti di minerali e metalli preziosi che sfrutta le miniere dell’Est della RDCongo per conto del Ruanda.

Il gruppo degli esperti, incaricato di controllare l’attuazione delle sanzioni delle Nazioni Unite nella RDCongo, aveva già pubblicato, nel giugno scorso, un primo rapporto intermedio in cui avevano affermato di essere in possesso di prove schiaccianti, secondo cui «alti ufficiali dell’esercito ruandese, nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali, appoggiano i ribelli, fornendo loro armi, logistica militare e nuove reclute».[16]

Il portavoce dell’esercito ugandese, Felix Kulayigye, ha replicato: «Dove sono le prove? Dove sono i fatti che confermano le loro accuse? I famosi esperti sono venuti qui, ma non ci hanno contattati».

Il Ministro degli Affari Esteri del Ruanda, Louise Mushikiwabo, ha accusato gli autori del rapporto di orchestrare una “campagna politica” e di ignorare “le vere cause del conflitto” nella RDCongo. Kigali ha messo in discussione l’imparzialità del gruppo degli esperti delle Nazioni Unite e ha accusato il suo coordinatore, Steve Hege, di simpatia nei confronti delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). Denunciando il rapporto come parziale e contestando la metodologia utilizzata, le autorità ruandesi hanno fatto appello a uno studio legale statunitense con sede a Washington, l’Akin Gump. Questa agenzia, che ha presentato le sue conclusioni il 12 ottobre davanti al Consiglio di Sicurezza, ritiene che «la mancanza di trasparenza, la completa mancanza di analisi delle motivazioni, dell’imparzialità dei testimoni e delle contraddizioni del rapporto, rendono le conclusioni del rapporto estremamente inaffidabili».[17]

Dal momento che hanno preso conoscenza della redazione provvisoria del rapporto finale, le autorità ruandesi non cessano di denunciare, prima di tutto, la violazione della procedura legale, secondo cui, prima della sua comunicazione all’organo decisionale, questo tipo di rapporto deve essere inviato alla parte incriminata, per consentirle di presentare la sua difesa. A questo proposito, un addendum al precedente rapporto del gruppo degli esperti aveva precisato: «Il Gruppo si è sforzato di discutere con il governo ruandese le conclusioni del rapporto stesso, ma con scarso successo». Il gruppo aveva aggiunto che, «durante una visita ufficiale, a metà maggio, a Kigali, la capitale ruandese, il governo non l’ha mai ricevuto per potere discutere del fondo del problema». In secondo luogo, Kigali denuncia il carattere limitato di un’inchiesta che non si baserebbe su alcuna prova. Il Ruanda nega di essere, direttamente o indirettamente, implicato nel conflitto armato nella parte orientale della RDCongo.

Mentre Kigali alza il tono, Kinshasa tace. Il minimo che Kinshasa dovrebbe fare è appoggiare, ancora una volta e pubblicamente, le conclusioni a cui sono arrivati gli investigatori delle Nazioni Unite. Il silenzio potrebbe indicare una mancanza di interesse, da parte di Kinshasa, nei confronti di un testo che potrebbe portare a gravi sanzioni contro il Ruanda. Anche se la fine della guerra nell’Est del Paese potrebbe essere ancora lontana, un “atto d’accusa” delle Nazioni Unite contro il Paese di Paul Kagame sarebbe una vittoria psicologica significativa per la RDCongo.[18]

Mettendo l’accento sul ruolo dell’Uganda, gli esperti delle Nazioni Unite rivelano anche l’ambiguità del gioco svolto da Kampala che pretende essere un facilitatore nella crisi nel Nord Kivu, attraverso la Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) di cui occupa attualmente la presidenza. Sembra che l’Uganda sia ormai mal piazzata per potere svolgere un ruolo di primo piano nella risoluzione della crisi. «È possibile avere fiducia nella CIRGL, mentre il Ruanda e l’Uganda continuano ad appoggiare e a rafforzare l’M23 per dare l’assalto finale a Goma?», si chiedono alcuni analisti politici a Kinshasa.[19]

4. LE CONTRADDIZIONI DELL’ONU: ASSEGNA AL RUANDA UN SEGGIO NON PERMANENTE NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA E MINACCIA SANZIONI

Il 18 ottobre, il Ruanda è stato eletto membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per un periodo di due anni a partire dal 1° gennaio 2013. In seguito ad una votazione effettuata in seno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Ruanda ha ottenuto 148 voti, più dei due terzi necessari. Era l’unico candidato per il seggio africano nel Consiglio di Sicurezza, attualmente occupato dal Sudafrica. Il Ruanda è stato eletto nonostante un recente rapporto delle Nazioni Unite che accusa Kigali di armare i ribelli dell’M23 nell’Est della RDCongo.

Prima del voto, la rappresentante della RDCongo, Charlotte Malenga, ha cercato di opporsi, accusando Kigali di svolgere un ruolo destabilizzante nell’Est della RDCongo e di essere un’oasi di pace per i criminali di guerra che operano nell’Est della RDCongo e che sono ricercati dalla giustizia internazionale.

Dopo il voto, come per prendere in giro la RDCongo, il Ministro degli Affari Esteri del Ruanda, Louise Mushikiwabo, ha fatto il seguente commento: «Con la nostra modesta esperienza e con le nostre idee, sapremo promuovere la stabilità nella regione», aggiungendo che il tentativo di bloccare il voto da parte della RDCongo era stato come un “gesto di frustrazione”.

Ancora prima del voto, Olivier Nduhungirehe, diplomatico ruandese presso le Nazioni Unite, si era detto convinto che il Ruanda avrebbe potuto ottenere un seggio nel Consiglio, affermando: «Siamo il sesto paese maggior contribuente di truppe per il mantenimento della pace delle Nazioni Unite». Varie migliaia di militari ruandesi sono, in effetti, stati inviati nel Darfur, Sud Sudan, Haiti e Liberia.

Un diplomatico occidentale, che ha richiesto l’anonimato, ha affermato a Reuters di sperare che la presenza del Ruanda nel Consiglio di sicurezza possa avere un “effetto positivo” sulla crisi nella RDCongo, ma ha anche riconosciuto che potrebbe avere l’effetto opposto.

Sono stati eletti membri non permanenti anche Argentina, Australia, Lussemburgo e Corea del Sud. Il Consiglio di Sicurezza è composto da cinque membri permanenti che hanno diritto di veto: Stati Uniti, Cina, Francia, Russia e Regno Unito e 10 membri non permanenti senza diritto di veto.[20]

Il 18 ottobre, Human Rights Watch (HRW) ha protestato contro l’elezione del Ruanda al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come membro non permanente. Ida Sawyer, ricercatrice dell’ONG internazionale, ha dichiarato che «la presenza del Ruanda nel Consiglio di Sicurezza avrà un impatto negativo sulle popolazioni congolesi vittime della guerra nell’Est della RDCongo», aggiungendo: «Siamo rimasti molto delusi per l’elezione del Ruanda come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza. Il Ruanda potrà ora essere in grado di bloccare eventuali sanzioni contro personalità ruandesi e altre iniziative intraprese per riportare la pace nella RDCongo. Si tratta di un fatto grave che potrà avere conseguenze negative sulla popolazione dell’Est della RDCongo». Secondo Human Rights Watch, «il Ruanda non è credibile per occupare ora questo seggio, a causa del suo appoggio ai ribelli dell’M23 in guerra contro la RDCongo. Crediamo che ci sia un conflitto di interessi: avere nel Consiglio di Sicurezza un paese che ha apertamente violato l’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite e che sta attualmente appoggiando una ribellione in un Paese vicino e responsabile di crimini di guerra eseguiti su ordine di Bosco Ntaganda ricercato dalla CPI». Isa Sawyer indica che HRW chiede ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, come ad esempio gli Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, di esercitare “una forte pressione sul Ruanda”, affinché cessi di sostenere l’M23.[21]

Molti osservatori si sono detti indignati per l’elezione del Ruanda a membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tenuto conto dei numerosi rapporti degli esperti dello stesso Consiglio che l’accusano di destabilizzare la RDCongo, appoggiando militarmente e logisticamente dei gruppi ribelli come il Movimento del 23 marzo (M23). Come può il Ruanda, si chiedono, pretendere di svolgere il ruolo che gli viene assegnato in qualità di membro del Consiglio di Sicurezza, se per decenni ha continuato a destabilizzare la regione dei Grandi Laghi attraverso la creazione di movimenti ribelli? Anche se è un elemento destabilizzante, il Ruanda può sempre manifestare la sua ambizione di essere eletto come membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Chi condannare allora per la scelta di questo Paese destabilizzatore come membro del Consiglio di Sicurezza: il Ruanda stesso o gli altri membri dell’Assemblea Generale, che l’hanno eletto, pur essendo a conoscenza del suo comportamento provocatorio?

Per le strade di Kinshasa, molti sono stati i commenti. La gente, infatti, si chiede quali siano gli obiettivi fondamentali delle Nazioni Unite: «Com’è possibile che una struttura che ha come missione il mantenimento della pace in tutto il mondo, accetti poi nel suo organo decisionale, un paese che impedisce la pace in un altro paese membro della stessa organizzazione?». Si tratta di una vera contraddizione.[22]

Il 19 ottobre, preoccupato per l’aumento dell’insicurezza e la crisi umanitaria nell’Est della RDCongo, il Consiglio di Sicurezza a, in una dichiarazione, fermamente condannato l’M23 e tutti gli attacchi da esso condotti contro la popolazione civile, le forze di pace delle Nazioni Unite e il personale umanitario. Nella provincia del Nord Kivu, tra le violenze commesse dall’M23 dallo scorso aprile, non meno di 320.000 persone sono state costrette a fuggire.

Il Consiglio “condanna l’istituzione, da parte dell’M23, di un’amministrazione parallela ai fine di minare l’autorità dello Stato e esige che l’M23 e gli altri gruppi armati, tra cui le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), pongano immediatamente fine a tutte le forme di violenza e alle altre attività destabilizzanti” e che i responsabili di tali atti siano arrestati e consegnati alla giustizia.

Il Consiglio chiede, inoltre, la cessazione immediata del “sostegno esterno” fornito all’M23 e invita tutti i paesi della regione a condannare questi gruppi armati e a cooperare attivamente con le autorità congolesi per il loro disarmo e la loro smobilitazione.

Il Consiglio di Sicurezza sottolinea l’urgenza di “avviare contatti e un dialogo costruttivo tra la RDCongo e i paesi vicini, in particolare il Ruanda”.

Infine, il Consiglio ha chiesto al Segretario generale di presentare un rapporto speciale “sui modi possibili per garantire che la Monusco abbia la capacità di svolgere il suo mandato, non solo nella protezione dei civili, ma anche nella comunicazione di informazioni sul traffico di armi e materiale militare attraverso la frontiera orientale del paese”.[23]

5. LE DICHIARAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Il 21 settembre, in un’intervista rilasciata al quotidiano di Kinshasa Le Potentiel, il capo della delegazione dell’Unione Europea (UE) nella RDCongo, l’ambasciatore Jean-Michel Dumond, ha dichiarato che l’UE si è sempre impegnata per l’unità, la sovranità e l’integrità territoriale della RDCongo. Essa condanna senza riserve l’M 23 e sostiene gli sforzi del governo congolese per ripristinare la sua autorità nella regione.

Egli ha precisato che l’UE è intervenuta su Kigali dicendo chiaramente che il governo ruandese dovrebbe condannare esplicitamente, e non solo implicitamente, l’M23, che dovrebbe prendere tutte le misure necessarie per porre fine al suo appoggio a tale gruppo armato e che dovrebbe collaborare con gli esperti delle Nazioni Unite che hanno rivelato le prove della sua ingerenza sul Congo. Secondo Jean-Michel Dumond, l’UE ha insistito sul fatto che il Ruanda deve accettare un dialogo costruttivo con la RDCongo, per affrontare le radici del problema. Al di là di negoziati e del dialogo, è chiaro che il governo ruandese deve interrompere qualsiasi ingerenza sulla RDCongo e impegnarsi a porre fine ad ogni tipo di appoggio all’M23. Per questo si è previsto una serie di misure, tra cui il congelamento di qualsiasi aiuto finanziario al bilancio dello Stato. Nell’ultima riunione dell’UE, tre giorni fa, si è deciso di non riprendere qualsiasi nuova forma di aiuto allo Stato ruandese, finché non dimostri segni concreti di disponibilità a collaborare.

Per quanto riguarda la RDCongo, l’UE insiste affinché proceda a una riforma del settore della sicurezza che le permetta di disporre di forze armate realmente professionali, ben attrezzate, ben addestrate e ben pagate. Il governo congolese ha gli strumenti giuridici che le consentono oggi di avere un esercito professionale. Il quadro legislativo c’è. Si deve solo procedere a una determinata forma di reclutamento di nuove leve che favorisca la loro formazione. Per questo, nella fase di reclutamento è necessaria una buona selezione.

Detto questo, secondo l’UE, è chiaro che non esiste una soluzione militare al problema dell’Est della RDCongo. È necessario dialogare con i Paesi limitrofi. La sfida a lungo termine è quella di trovare i mezzi per una cooperazione regionale che permetta a tutti di crescere. Lo si deve fare in conformità con il diritto internazionale. Ci sono problemi di popolazione, problemi economici, problemi creati dallo sfruttamento illegale delle risorse naturali. È per questo che le regole che già esistono, devono essere rispettate da tutti. È la stessa cosa anche per quanto riguarda il problema della nazionalità. Ci sono congolesi che parlano lingue diverse. Un certo numero di queste persone si sono stabilite nel paese 130 o 140 anni fa. Sono Congolesi. La RDCongo deve occuparsi di loro e non lasciare che lo faccia un paese straniero.

Ma oltre a questo, si può immaginare una cooperazione che permetta di incrementare le vie di comunicazione e le interconnessioni elettriche. Ci sono progetti che possono portare un beneficio per le popolazioni. Si potrebbe pensare a un’attività mineraria che possa essere vantaggiosa per tutti, soprattutto per quei minerali estratti illegalmente e svenduti a basso prezzo, in condizioni di lavoro veramente disumane e che permettono agli intermediari di guadagnare un sacco di soldi. Bisognerà rifletterci seriamente.

È necessario dialogare e riflettere per una cooperazione a lungo termine.

A proposito delle questioni economiche, secondo Jean-Michel Dumond, la soluzione spetta in primo luogo ai Congolesi stessi. Il paese è ricco. Possiede grandi riserve minerarie, facendone uno scandalo geologico. Possiede importanti riserve di petrolio, una grande quantità di terre che potrebbero nutrire un miliardo di persone e un potenziale di energia idroelettrica che può alimentare l’intero continente africano e non solo. Quindi, l’essenziale è riuscire ad organizzarsi, affinché le risorse del paese si traducano in una crescita che sia a vantaggio della popolazione.[24]

Il 3 ottobre, l’ambasciatore tedesco a Kinshasa, Peter Blomeyer, ha dichiarato che il suo paese è preoccupato per il deterioramento della situazione umanitaria nella parte orientale della RDCongo ed esige che l’M23 cessi di reclutare bambini soldato, di commettere violenze contro le donne e di persistere nella rivolta. Il diplomatico tedesco ha condannato ancora una volta l’appoggio di Kigali alla ribellione dell’M23: «Condanniamo questa ribellione e l’appoggio che riceve, perché sono del tutto inaccettabili. L’integrità territoriale e la sovranità nazionale della RDCongo devono essere rispettate da tutti. Abbiamo chiesto al Ruanda di fornire spiegazioni sulle recenti rivelazioni del gruppo degli esperti delle Nazioni Unite, ma non abbiamo ricevuto una risposta convincente. Abbiamo quindi sospeso un aiuto di 21 milioni di euro destinati al governo ruandese».

Secondo Peter Blomeyer, «per porre fine alla situazione di insicurezza che prevale attualmente nella parte orientale della RDCongo, è prioritario trovare una soluzione politica. È evidente che non è possibile risolvere i problemi fondamentali che sono alla base dei conflitti, senza ricorrere al dialogo e alla riconciliazione. Ci sono ragioni storiche, etniche, economiche, fondiarie e demografiche che devono essere affrontate in modo olistico, coinvolgendo i paesi vicini. È certamente difficile farlo con un vicino di casa che nega l’evidenza. Ma questa difficoltà non esime la RDCongo della sua responsabilità nel cercare di ricostruire la fiducia necessaria tra vicini di casa. Non è possibile scegliere i propri vicini. Lo sviluppo dell’Est del Paese non può essere raggiunto utilizzando lo scontro. Può, invece, essere possibile mediante la collaborazione».[25]

Il 10 ottobre, a New York, il Presidente del Consiglio di Sicurezza, Gert Rosenthal, ha deplorato le “numerose violazioni dei diritti umani” commesse nella parte orientale della RDCongo. Parlando alla stampa, presso la sede delle Nazioni Unite, Gert Rosenthal, ha dichiarato: «La situazione è preoccupante. L’M23 è avanzato nelle sue conquiste territoriali nell’Est della RDCongo. Si registrano gravi violazioni dei diritti umani, [tra cui] il reclutamento di bambini soldato e lo sfruttamento sessuale». Secondo lui, il Consiglio ritiene che, per superare l’attuale crisi, sia necessaria una soluzione politica.[26]


[1] Cf Radio Okapi, 01.10.’12

[2] Cf AFP – Kinshasa, 01.10.’12

[3] Cf Radio Okapi, 03.10.’12

[4] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 04.10.’12

[5] Cf Radio Okapi, 02.10.’12

[6] Cf Radio Okapi, 04.10.’12

[7] Cf Radio Okapi, 06.10.’12

[8] Cf Radio Okapi, 08.10.’12

[9] Cf Radio Okapi, 02.10.’12

[10] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 03.10.’12

[11] Cf Radio Okapi, 09.10.’12

[14] Cf AFP – Bunagana, 18.10.’12

[15] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 19.10.’12

[16] Cf RFI, 17.10.’12; Jeuneafrique.com, 17.10.’12; VOA News – Africatime, 18.10.’12; Le Devoir, 18.10.’12

[17] Cf Jeuneafrique.com, 17.10.’12

[18] Cf Kimp – Le Phare –Kinshasa, 17.10.’12

[19] Cf RFI, 18.10.’12

[20] Cf BBC Afrique, 18.10.’12; RFI, 19.10.’12

[21] Cf Radio Okapi, 20.10.’12

[22] Cf Kléber Kungu – L’Observateur, 22.10.’12; Laurel Kankole – Forum des As – Kinshasa, 22.10.’12

[25] Cf Radio Okapi, 03.10.’12; Le Potentiel – Kinshasa, 03.10.’12

[26] Cf Radio Okapi, 12.10.’12