La trappola della morte tesa alla popolazione del Kivu

Documento a cura di Néhémie BAHIZIRE, cittadino congolese

I nomi cambiano, ma sempre con lo stesso progetto che avanza.

Non ho mai smesso di diffondere il grido di sofferenza emesso dalla popolazione del Kivu, nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, ma i grandi di questo mondo non vi attribuiscono alcuna importanza. Così la morsa della morte non fa che opprimere sempre più la popolazione del Kivu.

Per continuare ad uccidere altri abitanti autoctoni e impossessarsi delle loro terre, il braccio armato del Ruanda operativo nel Kivu, il CNDP , ha lanciato una nuova guerra. Questi assassini hanno cambiato nome: ora si chiamano M23 e dicono di voler rilanciare l’accordo di pace firmato il 23 marzo 2009 tra il CNDP e il governo congolese.

 

Degli implicati che si offrono come mediatori.

L’ironia della sorte, domenica 13 Maggio 2012, il ministro congolese della Difesa è stato convocato a Gisenyi, in Ruanda, dal suo omologo ruandese, il generale Kabarebe. Quest’ultimo è colui che ha organizzato e condotto il massacro di Tingitingi, considerato dal rapporto Mapping come un atto di genocidio; è lui che ha attraversato tutto il Congo fino Kitona, nel Bas-Congo dove, nel 1998, ha organizzato l’attacco per prendere Kinshasa, un attacco fallito per l’intervento degli eserciti di Angola e Zimbabwe.

Alla riunione di Gisenyi, il Ruanda si è proposto come mediatore tra la ribellione del M23, sua creatura, e il governo congolese. In tal modo, il Ruanda ha legittimato il suo M23, mettendolo in condizioni di parità con il governo congolese, poiché non si può negoziare che tra pari. Tuttavia, quello stesso Ruanda che si autoproclama esperto in materia di mediazione tra le varie ribellioni e il governo congolese, non vuole mai sentir parlare di negoziati con le proprie ribellioni (FDLR e RUD).

Per accrescere la confusione, anche il CNDP, trasformatosi ora in M23, rivendica il diritto di condurre la stessa mediazione. Nel suo comunicato stampa del 29/04/2012, il CNDP ha dichiarato che alcune unità militari si sono stati sottratte al comando delle FARDC per motivi di sicurezza. “Purtroppo, queste forze sono attualmente oggetto di numerosi attacchi militari, costringendole a difendersi”, ha dichiarato il CNDP. Questo movimento che combatte la popolazione del Kivu per rubare la sua terra, vuole essere, nello stesso tempo, anche un mediatore.

Qual’è l’utilità del M23 per il Ruanda?.

– Sul piano militare.

La strategia del M23 è quella di impedire al governo congolese di permutare in altre province del paese dei militari ruandesi infiltrati nelle Forze Armate della RDC (FARDC), l’esercito nazionale congolese. Come ho dimostrato nelle mie precedenti pubblicazioni, sono le FARDC che sono stati integrate nel CNDP e non viceversa. Ne consegue che le due province del Kivu (Nord Kivu e Sud Kivu) sono sistematicamente sotto l’occupazione delle truppe ruandesi sotto la copertura delle FARDC. Ciò è dimostrato, tra l’altro, dal rimpatrio in Ruanda, da parte della MONUSCO, di militari cosiddetti “FARDC” che hanno disertando i ranghi dell’esercito congolese .

Per prendere due piccioni con una fava, il M23 impedisce anche l’arresto del soldato ruandese Bosco Ntaganda, diventato generale delle FARDC e con un mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) .

– Sul piano economico.

Il Ruanda è un piccolo paese che non vive che grazie all’ossigeno fornito dagli aiuti internazionali e dal commercio delle risorse naturali saccheggiate nel Kivu congolese. Non esporta che conflitti etnici tra Tutsi e Hutu, culminati nel genocidio del 1994. Ecco alcuni esempi di sfruttamento illegale delle risorse naturali congolesi per conto del Ruanda:

– Un dipendente civile del battaglione Montana delle FDLR (ribelli hutu ruandesi ancora attivi nel Kivu), ha dichiarato agli esperti delle Nazioni Unite che esse sono in contatto con intermediari che, a Kigali in Ruanda, facilitano la vendita dei minerali che esse estraggono nel Kivu.

– Alcuni ufficiali militari del CNDP sono stati assegnati a Walikale, per facilitare lo sfruttamento dei minerali (coltan, cassiterite, wolframite e oro) per conto del Ruanda. Si tratta del Col. YUSUF Mboneza, comandante della 212ª Brigata; del Col. Chuma BALUMISA, comandante del secondo settore, assassinato in seguito ad una disputa con il tenente Kazungu, incaricato dal Gen. Bosco Ntaganda, per la ripartizione dei soldi provenienti dal commercio dei minerali; del Col. ZIDANE; del Tenente KAZUNGU; del Col. Innocent ZIMURINDA, comandante della 211ª Brigata; del Cap. DJUMA, fratello del Gen. AMISI, alias TANGO FORT, Capo di Stato Maggiore Generale delle FARDC a Kinshasa, che l’ha inviato nel Kivu come intermediario con le autorità di Kigali che lo proteggono in Congo; del Cap. SADOK e del comandante KATEMBO, entrambi dell’8ª Regione Militare.

Inoltre, l’M23 costituisce una pressione ruandese sul governo congolese, affinché questa situazione di Walikale e di altre zone del Kivu rimanga immutata.

Il movimento M23 ha anche la missione di proteggere le terre sottratte da dei Tutsi agli autoctoni Hunde nei territori di Masisi e di Rutshuru, nel Nord Kivu e agli Havu, Tembo e Bashi, nel territorio di Kalehe, nel Sud Kivu. I 3/5 delle terre di questi territori che appartenevano agli autoctoni sono ora di proprietà dei Tutsi congolesi e di altri Tutsi provenienti dal Ruanda, grazie alla forza delle armi che, in questo paese, detta legge sin dal 1996.

– Sul piano politico.

La forza delle armi ha permesso al Ruanda di imporre, a tutti i livelli di potere in RDCongo e attraverso l’AFDL, il RCD, il CNDP e le FRF, delle persone che sono interamente a suo servizio. Addirittura la maggior parte dei capi di quartiere (la più piccola entità amministrativa) della città di Bukavu, sono stati formati in Ruanda dall’AFDL e dal RCD. Attualmente, è il tempo della spartizione della preda (del potere) catturata per mezzo dei brogli elettorali del 28 novembre 2011. Su questo, la strategia del M23 farà grossi affari. Ci saranno posti di potere per tutti questi movimenti, compreso il M23. Quindi, politicamente, il Ruanda metterà mano sulla RDCongo attraverso le proprie persone poste ai vertici dello Stato e dell’esercito fino al livello più basso di quartiere.

Il governo congolese lascia fare.

Queste persone che succhiano alle mammelle del Ruanda vedono che la situazione sta peggiorando ma non fanno nulla per paura di inimicarsi con chi li ha messi al potere e li protegge. Com’è possibile che l’ex capo di Stato Maggiore del CNDP, Bosco Ntaganda, ricercato dalla Corte Penale Internazionale, sia stato nominato n° 2 (in realtà n° 1) nel comando dell’operazione militare Amani Leo e che, contemporaneamente, abbia mantenuto al suo servizio delle truppe del CNDP, non integrate nelle FARDC e dipendenti da una catena di comando parallela? Anche queste truppe sono state pagate con i soldi dei contribuenti congolesi. Il governo congolese lo sapeva ma ha lasciato fare.

Le Nazioni Unite, cosa vogliono?.

Le Nazioni Unite sono presenti in RDCongo con una missione (MONUSCO) di 20.000 militari. Purtroppo, le truppe della MONUSCO sono tranquillamente ubicate nel Kivu e semplicemente osservano gli innumerevoli massacri delle popolazioni civili.

Lunedi, 14 maggio 2012, a Bunyakiri, nel territorio di Kalehe (Sud Kivu), esasperata dall’inazione delle truppe dell’Onu, la popolazione ha attaccato la loro postazione con lanci di pietre e con armi e 11 militari pakistani sono stati feriti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il massacro, la notte dal 13 maggio al 14 maggio, di 22 persone nel corso di un attacco di un villaggio da parte dei ribelli ruandesi delle FDLR. L’attacco, in cui altre 15 persone sono state gravemente ferite, ha avuto luogo non lontano dalle postazioni dei caschi blu, senza che questi intervenissero.

Per calmare la situazione, il martedì 16 Maggio 2012, uno dei responsabili della MONUSCO, Alouys, ha dichiarato sulle onde di Radio Okapi che la popolazione non deve lasciarsi prendere dal sospetto quando vede che membri delle FDLR sono ricevuti nelle tende dei Caschi Blu, perché è solo per sensibilizzarli e proporre loro di tornare in Ruanda. In realtà, è difficile capire quale tipo di relazione ci sia tra due forze armate che, in teoria, dovrebbero combattersi ma che, in concreto, si scambiano visite nei rispettivi accampamenti. Perciò, la popolazione del Kivu chiede quale sia la vera missione della MONUSCO nella Repubblica Democratica del Congo.

Una popolazione allo sbaraglio.

– Sfollati per necessità.

La popolazione del Kivu è in continuo movimento, costretta a fuggire con bagagli sulla testa e bambini sulla schiena. Si muore quotidianamente per gli spari, le malattie e la stanchezza. Vive alla giornata, senza sapere se potrà vedere l’alba del giorno seguente. Ogni giorno, addormentarsi la sera e svegliarsi il mattino seguente è una fortuna. Nel Nord Kivu, dall’inizio di questa nuova guerra nel mese di aprile 2012, l’Onu ha registrato 40.000 sfollati interni , 30.000 rifugiati in Uganda e 8.500 in Ruanda . Nel Sud Kivu il loro numero non è ancora noto. Si uniscono ai due milioni di sfollati registrati su tutto il territorio della RDC a fine marzo 2012, tra cui 1,4 milioni, cioè il 70%, nei due Kivu:

  • Nel Sud Kivu = 856.000, cioè il 35% in più rispetto a fine dicembre 2011.
  • Nel Nord Kivu = 547.000, cioè il 10% in più rispetto a fine dicembre 2011 .

– Esodo rurale e descolarizzazione.

La maggior parte della popolazione del Kivu, prevalentemente dedita all’agricoltura e all’allevamento, ha abbandonato i villaggi per fuggire dall’insicurezza e si è ammucchiata nelle città di Bukavu e Goma. Questa situazione lascia presagire giorni di fame, perché è la popolazione contadina che, con il suo lavoro, alimenta le città. I prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati enormemente. Inoltre, quando le famiglie sono costantemente in movimento, i bambini non frequentano più la scuola. Questo dramma dura già da oltre un decennio e può essere descritto come un vero genocidio culturale attraverso cui, con lo stupro delle donne, si cerca di annientare tutto un popolo.

Attenzione: pericolo in vista.

Da sempre, il popolo del Kivu è un popolo calmo e accogliente. Non sa uccidere. Ma oggi, poiché l’ONU e le potenze mondiali non sanno fare altra cosa che lasciar marcire la situazione, come in Somalia, si sta constatando che, per la propria sopravvivenza, ogni comunità del Kivu tende a ricorrere a milizie armate del proprio gruppo etnico. Ciò porterà, a lungo termine, a delle conseguenze estremamente nefaste per tutti, anche per le potenze occidentali che cercano avidamente i minerali e il petrolio del Kivu. In questa regione dei Grandi Laghi dell’Africa, potrebbe avvenire “un altro genocidio”In quel momento, non si venga, come maestri, a darci lezioni di “riconciliazione”.

 Bukavu, 16/05/2012