Congo Attualità n. 119

Sommario:

1. SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ MINERARIA NEL NORD KIVU, SUD KIVU E MANIEMA
    – Lo sfruttamento illegale delle risorse minerarie.
    – Sospensione dell’attività mineraria.
    – Le conseguenze della sospensione dell’attività artigianale
2. IL VERTICE DELLA SOCIETÀ CIVILE DEI PAESI MEMBRI DELLA CIRGL
3. IL VERTICE DI LUSAKA
4. I MINERALI DEL SANGUE TRANSITANO PER IL RUANDA
5. GIORNATE MINERARIE DEL SUD KIVU

EDITORIALE

Tra altre situazioni, il popolo congolese si vede costretto ad affrontare la questione dell’attività mineraria, che continua malgrado l’attuale sospensione voluta dal governo.

L’attività mineraria è prevalentemente controllata da gruppi armati e, addirittura, da certi settori dell’esercito regolare. Tra le cause: l’autofinanziamento dei gruppi armati e la ricerca di un arricchimento sfrenato da parte di alcune personalità, politiche e militari, sia a livello locale che nazionale. Ciò avviene a scapito della popolazione locale, esclusa dai vantaggi economici che potrebbero derivare da tale attività.

La misura di sospensione temporanea, voluta dal Presidente della Repubblica e adottata dal Governo per sanare la situazione del settore minerario, è stata un buco nell’acqua e non ha risolto i problemi, dal momento in cui gruppi armati e settori militari regolari continuano, indisturbati, la loro corsa verso l’oro, la cassiterite, il coltan e il legname. Anzi, la sospensione ha di gran lunga peggiorato la situazione della popolazione locale che viveva attorno a tale attività.

Di più, sembra che le varie operazioni militari condotte contro i vari gruppi armati, locali e stranieri, siano servite solo ad allontanarli dalle miniere per poi rimpiazzarli. C’è stato anche un tentativo, da parte del governo, di permutazione dei militari implicati nello sfruttamento illegale delle risorse minerarie, ma fallito, a causa del rifiuto opposto dai militari e truppe interessate.

Sul tema, si sono recentemente espressi il gruppo di esperti dell’Onu per la RDCongo, pubblicando un eccellente rapporto il 29 novembre 2010, i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri della CIRGL, riunitisi a Lusaka il 15 dicembre 2010, la Società Civile dei Paesi membri della GIRGL, riunita in un vertice alternativo dall’11 al 12 novembre 2010 e l’Ong Global Witness, pubblicando, metà dicembre 2010, un suo rapporto intitolato “La collina appartiene a loro”.

Tra le proposte emerse, se ne possono citare alcune:

– Instaurare un sistema di certificazione di origine dei minerali, per evitare di importare prodotti provenienti da zone controllate da gruppi armati o da militari regolari implicati nello sfruttamento e commercio illegali delle risorse naturali.

– Instaurare dei meccanismi che obblighino le società minerarie occidentali e le multinazionali ad agire con trasparenza nella gestione delle loro attività, dichiarando chiaramente i loro investimenti, i luoghi in cui sono presenti, le tasse pagate, i proventi ottenuti, …

– Instaurare un meccanismo di trasparenza nel sistema bancario internazionale, capace di sradicare il fenomeno dei paradisi fiscali.

– Appoggiare il Governo Congolese in una riforma della giustizia tesa a combattere l’impunità, arrestando e processando i presunti implicati nello sfruttamento illegale dei minerali di sangue.

– Appoggiare il Governo Congolese nella riforma e nella formazione dell’esercito e dei servizi di sicurezza, affinché siano in grado di svolgere la loro missione che è quella di garantire la sicurezza dei cittadini e di difendere l’integrità del territorio e la sovranità dello Stato.

– Instaurare un dialogo permanente con i gruppi armati, nazionali e stranieri, ancora attivi, per risolvere pacificamente le divergenze, in vece di ricorrere a costose ed inutili operazioni militari.

1. SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ MINERARIA NEL NORD KIVU, SUD KIVU E MANIEMA

Lo sfruttamento illegale delle risorse minerarie.

Nell’est della RDCongo, soprattutto nel Nord Kivu, Sud Kivu e Maniema, tutte le miniere sono controllate da miliziani congolesi (Maï Maï), o da ribelli delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), o da ufficiali dell’esercito congolese (FARDC), ex-membri del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP). Secondo il responsabile di un centro commerciale di Mubi, un piccolo aereo noleggiato a 2 500 $, può trasportare minerali per un valore di 80 000 $. I documenti di registrazione menzionano solamente la quantità e il destinatario, ma non l’origine del prodotto.

Sospensione dell’attività mineraria.

 Il 10 settembre, il Capo dello Stato Joseph Kabila, ha decretato la sospensione dello sfruttamento e dell’esportazione di minerali nelle tre province del Nord-Kivu, Sud-Kivu e Maniema. Questa decisione è stata presa per privare di risorse i gruppi armati ancora attivi e sanare così il settore minerario. Il Presidente ha denunciato anche “l’implicazione manifesta” di autorità locali, provinciali e nazionali, civili e militari, in questo commercio illecito dei minerali provenienti dall’est del paese.

Due fattori spiegano la decisione del presidente della Repubblica: la frode ad oltranza constatata nell’esportazione dei minerali e l’insicurezza legata a questa attività, considerato che lo sfruttamento illegale di numerose miniere si realizza sotto il controllo di gruppi armati ancora attivi e da membri delle Forze Armate Congolesi (Fardc). Per ciò, il presidente Kabila ha vietato anche ai militari di svolgere attività di estrazione e di commercio di minerali e ha annunciato il dispiegamento di altri militari per neutralizzare i gruppi armati, nazionali e stranieri, che occupano attualmente gli spazi minerari.

Il 21 settembre, in una conferenza stampa tenuta a Kinshasa, il ministro congolese delle Miniere, Martin Kabwelulu, ha indicato che la sospensione delle attività minerarie nelle province del Nord Kivu, Sud-Kivu e Maniema riguarda unicamente lo sfruttamento artigianale dei minerali. La durata di questa misura non è stata determinata. È dunque vietato ai commercianti di acquistare o vendere minerali provenienti dal settore artigianale, ha precisato Martin Kabwelulu.

Non sono interessate dal provvedimento le imprese che sono già in fase di costruzione di strutture per l’attività mineraria. Si tratta particolarmente di: BANRO, Loncor e Somekivu.

Il ministro ha affermato che “nella sua forma attuale, il settore minerario artigianale non giova né allo stato congolese, né alle province, ancora meno ai commercianti. Favorisce piuttosto certi gruppi mafiosi”. Per conseguenza, egli ha limitato la misura di sospensione al solo settore artigianale, escludendo così il settore strutturato. I minatori artigianali si sono visti duramente colpiti.

L’Ong La Voce dei senza voce (VSV) denuncia: “Anche varie autorità locali, provinciali e nazionali, militari e politiche, sono implicate nello sfruttamento minerario a fini di arricchimento personale ed illecito” ed afferma: “La misura della sospensione dello sfruttamento minerario rischia di essere un colpo nell’acqua, se non si sanzionano le autorità congolesi civili e militari implicate in suddetto sfruttamento”. L’ong esprime i suoi dubbi anche per quanto riguarda i minatori informali, la cui sola fonte di reddito proviene precisamente dal loro lavoro nelle miniere e per i quali l’interdizione rischia di avere pesanti conseguenze che necessiteranno l’intervento dello stato.

 Secondo alcuni responsabili amministrativi locali, nonostante la sospensione dello sfruttamento minerario, dei militari FARDC continuano a sfruttare la cassiterite di Bisié e l’oro di Omate.

Venti giorni dopo la decisione, circa 10 tonnellate di cassiterite sarebbero già state prodotte e stoccate a Bisie, in attesa di evacuarle, una volta tolta la misura. Nello stesso tempo, una grande quantità d’oro prodotta ad Omate è venduta a centri commerciali clandestini a Mubi, a più di 30 chilometri di Walikale. Le autorità amministrative del posto hanno detto di assistere impotenti a questa situazione.

Le conseguenze della sospensione dell’attività artigianale

L’organizzazione dei principali produttori e fonderie dello stagno, l’ITRI (International Tin Research Institute), ha annunciato che il progetto di tracciabilità dello stagno proveniente dalle miniere della RDCongo è in una “situazione critica”, soprattutto all’avvicinarsi della scadenza del 1° aprile, fissato dalla legge americana che vieta il commercio dei minerali di sangue.

La Legge americana Dodd-Frank, approvata nel luglio 2010, obbliga le imprese americane sotto autorità della “Securities and Exchange Commission” [Organo di regolazione della Borsa degli Stati Uniti] di presentare un rapporto, quando utilizzano minerali provenienti dalla RDCongo o dai Paesi limitrofi, e di dimostrare che non provengono da una zona di conflitto.

L’ITRI si è dichiarata incapace di continuare a sviluppare un sistema di tracciabilità per i metalli in provenienza dall’est della RDCongo, finché l’estrazione è vietata e ha dovuto, di fatto, sospendere tutto il suo personale che lavorava sul progetto. “Il progetto pilota di tracciabilità e di fornitura di informazioni verificabili concernente la provenienza dei minerali, a cominciare dalla miniera di origine, aveva iniziato il suo iter, malgrado le numerose difficoltà, quando è stata decisa la sospensione. Da allora, tutto il lavoro ha dovuto essere sospeso”, ha dichiarato a Mining Weekly Online la Direttrice dello sviluppo e delle questioni regolamentari di ITRI, la Sig.ra Kay Nimmo.

“Stavamo già fissando un preciso calendario, affinché nessun minerale non soggetto a tracciabilità potesse essere accettato sui mercati dopo il 1° aprile. Ogni ritardo non fa che peggiorare la situazione e i quattro – cinque mesi di ritardo presi fino a questo momento, hanno reso critica la situazione”, ha aggiunto.

L’interdizione ufficiale dell’attività mineraria, decretata in settembre 2010 dal presidente Joseph Kabila per la turbata regione del Kivu, è ancora in vigore. Il Ministro delle miniere, Martin Kabwelulu, aveva annunciato la fine dell’interdizione per il 20 ottobre 2010 ma, per l’istante, “nessuno sa” quando essa avrà luogo.

Lo stagno è utilizzato nell’elettronica, il tantalio è utilizzato nei condensatori e il tungsteno è utilizzato per fare vibrare i telefoni cellulari. Negli ultimi 12 mesi, il prezzo dello stagno è salito da $1.800/T a $27.000/T alla Borsa dei metalli di Londra.

Secondo l’associazione Racodit-Butembo, le sgradevoli conseguenze dell’ordinanza ministeriale sulla sospensione delle attività minerarie nelle Province del Nord-Kivu, Sud-Kivu e Maniema, si fanno già sentire, anche solo dopo tre settimane dal provvediemento.

È vero che l’obiettivo dell’ordinanza è di mettere fine allo sfruttamento illegale e al commercio illecito delle risorse minerarie, alla proliferazione e al traffico di armi da parte di gruppi mafiosi e armati e all’insicurezza ricorrente nelle tre province. È certo necessario lottare contro la frode e il contrabbando minerario sotto tutte le loro forme. Tuttavia, vari gestori artigianali del settore minerario che funzionano, nella maggior parte dei casi, con autorizzazioni dello stato e pagano le tasse a chi di diritto, non comprendono perché oggi siano trattati allo stesso modo che quei banditi e contrabbandieri ben conosciuti e i cui circuiti sono stati già ben identificati dagli esperti dell’ONU nei loro rapporti sullo sfruttamento illegale dei minerali in R.D.Congo: S/2002/1146 del 15 ottobre 2002 e S/2009/603 del 23 Novembre 2009. Ci si chiede dunque: “Perché i predatori identificati dall’ONU non sono stati fatti oggetto dell’ordinanza ministeriale?”.

Mentre i gestori artigianali congolesi sono colpiti dalle misure del decreto ministeriale, i gestori stranieri e le multinazionali ottengono possono continuare indisturbati la loro attività nel settore minerario. Secondo vari gestori artigianali, dalla sospensione del settore artigianale, il territorio di Lubero sarebbe diventato, de facto, una riserva mineraria dell’impresa canadese

LONCOR Resources Congo. Nemmeno nei territori di Walikale e del Masisi, i centri di esportazione di Rwanda Metals sarebbero stati chiusi. Anche a Bukavu, rimarrebbe aperto Eagle Wings Resources International, un centro di esportazione di coltan e succursale di Trinitech International Inc. dello stato di Ohio negli USA, con uffici in Ruanda e in Burundi.

Questa politica di due pesi, due misure conferma ciò che già si sapeva, la corsa delle multinazionali sulle risorse naturali dell’est della R.D.Congo.

Privilegiando le multinazionali, lo stato congolese non perderà nulla, perché continuerà a ricevere le imposte sui permessi rilasciati alle società straniere per l’attività mineraria. Ma la popolazione locale ne soffrirà molto. Le miniere sfruttate artigianalmente sono state chiuse, con la conseguenza di una mano d’opera costretta in uno stato di disoccupazione. I commercianti, gli ambulanti e i rivenditori affermano che il commercio gira già al rallentatore. I depositi dei viveri non smerciano più le loro scorte, perché i consumatori hanno perso il loro potere di acquisto. Nemmeno il settore dell’educazione è risparmiato. I genitori sono incapaci di provvedere alla scolarizzazione dei loro figli. In breve, l’economia della regione che è già molto fragile per i 14 anni di guerra di aggressione, rischio così di affondare in una depressione seguita da un coma fatale.

La misura di interdizione di ogni attività mineraria artigianale nell’est della RDCongo, non ha prodotto gli effetti che ci si aspettava e il problema non è stato risolto.

Al contrario, il provvedimento adottato ha gettato queste province in uno sfruttamento – più che mai clandestino – delle miniere dello stato.Vari osservatori hanno affermato che la misura di interdizione ha creato degli effetti contrari a quelli voluti, rafforzando la clandestinità in un contesto di assenza quasi totale dell’autorità politico-amministrativa.

Didier de Failly, direttore dell’Ufficio studi scientifici e tecnici, con sede a Bukavu, fa notare che la situazione è molto diversa da una zona mineraria all’altra. Egli afferma che “in numerosi luoghi, sono i militari stessi che sono subentrati nei pozzi e gallerie, dopo averne cacciato i minatori artigianali. In altri luoghi, i militari, costringono i residenti a scavare per conto loro, spesso di notte. In altri luoghi ancora, i minatori artigianali hanno continuato il loro lavoro abituale, dopo essersi aggiustati coi militari”.

Didier de Failly rivela che “all’interno della filiera mineraria, i centri di acquisto di Bukavu e Goma sono gli operatori più visibili e facilmente controllabili, e dunque sanzionabili. Perciò hanno si sono rigorosamente attenuti alle misure recenti e hanno bloccato gli acquisti, ciò che ha congelato tutta la filiera”.

Secondo lui, tale situazione contribuisce all’incremento del settore informale, avendo molti minatori artigianali, commercianti e mediatori optato di lavorare nella clandestinità, per sottrarsi alle repressioni delle autorità del posto.

De Failly nota, infine, che molti “afande” (comandanti) ex-CNDP hanno optato semplicemente per il contrabbando, per esempio attraverso il lago Kivu”. E’ così che il disordine è stato eretto in sistema. Dal momento che la popolazione non ha più fiducia in coloro che dovrebbero assicurare l’ordine pubblico, è il Far west che si sta installando. Ufficialmente sospesa, l’attività mineraria nell’ex-Kivu prosegue e, addirittura si intensifica nella clandestinità.

Secondo Edgar Kahindo, di Beni Lubero, mentre le autorità congolesi decretano la sospensione dell’attività mineraria, i loro omologhi ruandesi occupano il campo minerario dell’est della RDCongo. Questa occupazione economica ruandese è conseguente all’occupazione militare dell’est della R.D.Congo facilitata dalle divere operazioni militari dette congiunte tra l’esercito ruandese e l’esercito congolese (Fardc).

Le truppe ruandesi in uniforme Fardc che assaltano le colline di Ben-Lubero con mappe minerarie in mano, installano i loro minatori in luoghi ricchi di coltan, oro, diamanti, ecc.

Per individuare le zone minerarie, hanno l’appoggio delle multinazionale che possiedono mezzi sofisticati per scattare fotografie del sottosuolo congolese per mezzo di cineprese satellitari.

Il Ruanda è così il grande beneficiario del provvedimento preso dal governo congolese. Sospendendo ai congolesi l’accesso a queste miniere, il governo congolese ha permesso ai ruandesi di installarvisi comodamente. In termini economici, si può dire che il Ruanda ha ormai il monopolio dell’industria mineraria nelle province sotto sospensione.

Con l’intenzione di mettere ordine in questo settore, lo stato congolese chiede ai gestori minerari individuali di costituirsi in cooperative minerarie. In tal modo, lo stato congolese sarebbe in grado di controllare meglio questo settore. Ma la costituzione di queste cooperative comporta necessariamente delle spese amministrative che i gestori individuali congolesi non possono permettersi. Occorrono anche grandi mezzi finanziari per il funzionamento di queste nuove cooperative minerarie. E’ così che, approfittando della debolezza della parte congolese, il Ruanda sta mandando, in questi ultimi tempi, degli emissari nel Nord-Kivu, ma anche nel Sud-Kivu e nel Maniema, con l’obiettivo di firmare dei contratti di partnership con le cooperative minerarie nascenti per, così dire, aiutarle ad ottenere i documenti e i finanziamenti necessari, senza aspettare troppo tempo. Sin dalla prima settimana dopo la sospensione delle attività minerarie, questi emissari ruandesi hanno cominciato a chiedere dei “campioni” di colombo-tantalite (coltan) di 200 – 500 Kg. che pagano in contanti e che inviano a Gisenyi, città ruandese alla frontiera con Goma, per analizzarli. Ogni analisi costa 100 $. In realtà, i ruandesi acquistano clandestinamente le scorte di coltan che erano in deposito già prima della sospensione dell’attività mineraria. Una persona di Beni Lubero, recatasi in Ruanda per visitare un centro di analisi, ha rivelato che i capi degli uffici di queste imprese attive in Ruanda, sono degli stranieri, canadesi o israeliani. La presenza di questi emissari nel Kivu e nel Maniema, è una prova che l’est della R.D.Congo è già occupato dal Ruanda militarmente, economicamente e politicamente.

2. IL VERTICE DELLA SOCIETÀ CIVILE DEI PAESI MEMBRI DELLA CIRGL

Dall’11 al 12 novembre 2010, per iniziativa di Southern Africa Resource Watch, SARW in sigla, si è tenuto a Kinshasa (RDCongo) un vertice alternativo della società civile sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali nella regione dei Grandi Laghi. Ottanta persone circa hanno preso parte a questa riunione, in rappresentanza della società civile della regione dei Grandi Laghi .

Hanno partecipato delegati della RDCongo, dell’Angola, Burundi, Repubblica del Congo, Repubblica Centrafricana, Kenya, Tanzania, Ruanda, Uganda, Zambia. Fra i temi importanti trattati: lo sfruttamento illegale delle risorse naturali nei paesi della CIRGL, lo sfruttamento illegale dei minerali nell’est della RDCongo, il ruolo della società civile nella regione, il ruolo delle multinazionali, l’efficacia della CIRGL, lo sfruttamento illegale del legname, la certificazione di origine, il ruolo delle chiese nella ricerca di soluzioni e gli sforzi forniti dal governo della RDC per combattere lo sfruttamento illegale.

Dopo dibattito e deliberazione, è stata fatta la seguente constatazione:

1. Lo sfruttamento illegale e il commercio illecito delle risorse naturali sono reali e si stanno consolidando sempre più nella regione.

2. Lo sfruttamento illegale contribuisce all’instabilità, ai conflitti, alla frode mineraria, alla corruzione ed alla povertà, ecc.

3. Esso è accompagnato da numerose violazioni dei diritti umani, in modo particolare da atrocità, violenze sessuali, ecc.

4. Esso priva gli Stati di redditi importanti. È alla base della distruzione generalizzata dell’ambiente, favorisce il traffico di armi e sostiene i gruppi armati.

Numerose sono le cause identificate alla base di questo sfruttamento illegale:

1. irresponsabilità degli Stati della regione che trascurano il buon governo;

2. non rispetto delle norme legali e di trasparenza da parte delle compagnie multinazionali;

3. persistenza dei gruppi armati non controllati nella regione;

4. corruzione sistematica degli agenti dello stato;

5. implicazione dei militari e degli agenti dello stato nello sfruttamento delle risorse naturali.

Per risolvere il problema dello sfruttamento illegale e del commercio illecito delle risorse naturali nella regione dei Grandi Laghi, le organizzazioni della società civile fanno le seguenti raccomandazioni:

A. Ai Capi di Stato della Regione dei Grandi Laghi:

1. mantenere il vertice speciale dei Capi di Stato dei paesi membri della CIRGL sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali, previsto per il mese di dicembre 2010 in Zambia;

2. modificare e armonizzare le politiche istituzionali e legislative di gestione delle risorse naturali;

3. armonizzare le legislazioni commerciali (fiscali, doganali e statistiche);

4. rinforzare la governabilità nel settore minerario per il controllo dei prezzi, la certificazione di origine e la tracciabilità;

B. Alle Multinazionali:

5. interrompere il commercio illecito dei minerali e delle altre risorse naturali dei paesi della regione dei Grandi Laghi;

6. conformarsi alle leggi nazionali della regione e ai meccanismi istituiti dalla Conferenza Internazionale dei Grandi Laghi;

7. cessare di sostenere i gruppi armati che causano atrocità nella regione;

8. conformarsi alle norme volontarie dell’OCSE;

9. creare, nei paesi di estrazione, delle fabbriche di trasformazione dei minerali e delle altre risorse naturali.

C. Alla Comunità Internazionale:

10. Istituire dei meccanismi che costringano le imprese nazionali e multinazionali a conformarsi ai principi della trasparenza delle Industrie estrattive e al rispetto delle norme nazionali della regione dei Grandi Laghi;

11. Obbligare le imprese che lavorano nella regione dei Grandi Laghi a dichiarare pubblicamente gli investimenti, i luoghi di sfruttamento, le tasse pagate, i redditi provenienti dallo sfruttamento industriale nella regione dei Grandi Laghi e ad organizzare un sistema di censimento annuo;

12. Sostenere i meccanismi della CIRGL per la lotta contro lo sfruttamento illegale delle risorse naturali nei Grandi Laghi;

13. Istituire un meccanismo di trasparenza nel sistema bancario occidentale e nei paesi emergenti. La comunità internazionale dovrà promuovere una politica di sradicamento dei paradisi fiscali nella regione. Deve incoraggiare la trasparenza dei flussi finanziari;

14. Prendere dei chiari provvedimenti contro le multinazionali che non si conformano a tutte le iniziative prese in vista della trasparenza.

3. IL VERTICE DI LUSAKA

Il 15 dicembre, i Capi di Stato e di governo dei paesi membri della CIRGL (Conferenza internazionale sulla regione dei grandi laghi) hanno adottato, a Lusaka, sei strumenti giuridici nazionali, regionali ed internazionali, come mezzi di lotta contro lo sfruttamento illegale delle risorse naturali della regione. Si tratta del meccanismo di autenticazione regionale, dell’armonizzazione delle legislazioni nazionali, di una banca dati regionale sul flusso dei minerali, della formalizzazione del settore minerario artigianale, della promozione dell’iniziativa di trasparenza nell’industria estrattiva (ITIE) e di un meccanismo di allerta precoce.

Le diverse iniziative di trasparenza e di autenticazione implicate nel settore delle risorse naturali, come l’iniziativa di trasparenza nella catena di approvvigionamento dello stagno (ITRI) e la catena di commercio certificata (CTC) nella produzione dei minerali, le comunità economiche regionali e altre istituzioni corrispondenti sono state invitate a coniugare i loro sforzi e ad armonizzare i loro strumenti rispettivi con l’iniziativa della CIRGL, per una migliore lotta contro lo sfruttamento illegale delle risorse naturali nei Grandi Laghi. Le multinazionali operanti nella regione sono state invitate a conformarsi alle disposizioni e alla guida dell’OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile dei minerali.

Con questi strumenti, si tratta di stabilire la tracciabilità dei minerali, dal pozzo di estrazione fino al centro di trattamento, dalla produzione fino alla vendita.

L’iniziativa presa a Lusaka è certamente buona, ma pecca per la sua dimensione globalizzante, lasciando intravedere una confusa spartizione di responsabilità. Infatti, l’autenticazione proposta è indicata come globale. A Lusaka, è stato convenuto che anche i paesi non produttori dei minerali in circolazione nella regione debbano avere la possibilità di certificarli. Di conseguenza, secondo questo principio, l’origine dei prodotti estratti dal sottosuolo di un dato paese non sarà necessariamente conosciuta. Per esempio: un sacco di coltan dichiarato improprio alla commercializzazione in RDCongo può essere certificato in Ruanda o in Uganda. Invece, per una maggiore efficacia e per un controllo più serio, le produzioni di ogni Stato dovrebbero essere individuate in modo specifico.

Visto in filigrana, questo aspetto dell’autenticazione lascia un retrogusto difficile da digerire e molti osservatori vi vedono ormai convalidata una situazione di fatto già praticata nei Grandi Laghi. E’ questo un aspetto che favorisce i Paesi limitrofi alla RDCongo.

In queste condizioni, la convalida del saccheggio delle risorse minerarie della RDCongo diventa un’evidenza, tanto più che si opererà oramai in tutta legalità. Il fondo del problema è che l’opzione presa rischia di produrre degli effetti contrari. A breve termine, l’autenticazione “Lusaka” potrebbe condurre alla piena realizzazione del vecchio schema di balcanizzazione della RDCongo.

4. I  MINERALI DEL SANGUE TRANSITANO PER IL RUANDA

 Secondo un recente rapporto dell’ONG Global Witness, pubblicato a metà dicembre 2010 e intitolato: “La collina appartiene a loro”, l’oro, la cassiterite, la wolframite e il coltan dell’est della RDCongo, continuano ad essere sfruttati da militari dell’esercito congolese e di diversi gruppi armati, per poi essere esportati illegalmente nei paesi vicini, particolarmente in Ruanda che li riesporta come minerali ruandesi. Riesportando dei minerali provenienti dal Congo, Kigali favorisce il proseguimento dei conflitti armati nella regione dei Grandi Laghi.

Questa situazione esiste sin dalla prima invasione della RDCongo da parte del Ruanda nel 1996, ma si è accentuata l’anno scorso grazie all’integrazione nell’esercito regolare congolese degli ex ribelli del CNDP, un movimento armato sostenuto da Kigali.

I miliziani del Cndp sono stati integrati formalmente nell’esercito nazionale all’inizio del 2009, ma continuano ad ubbidire agli ordini dei comandanti che li dirigevano all’epoca della ribellione, particolarmente di un generale, Bosco Ntaganda, accusato di crimini di guerra dalla Corte Penale Internazionale. Dalla sua integrazione nell’esercito, il CNDP conserva o ha ripreso il controllo delle miniere con la forza delle armi.

Secondo Global Witness, questi militari tutsi controllano, in modo particolare, la più importante miniera di stagno del Nord-Kivu, quella di Bisie, in collaborazione col comandante delle forze terrestri dell’esercito congolese, il generale Amisi. Essi collaborano, nello sfruttamento illegale delle miniere di questa regione, anche con gli Hutu ruandesi delle FDLR e con i combattenti congolesi Mai-Mai. Talvolta, conducono operazioni punitive comuni contro la popolazione locale, come lo stupro collettivo di 303 persone durante quattro giorni a Luvungi nel Nord-Kivu, nel mese di agosto 2010. Global Witness è convinto che queste alleanze sono concluse con lo scopo di dividersi il bottino del commercio di minerali”.

La principale ragione della loro impunità è il denaro, sottolinea Global Witness. Questi gruppi guadagnano decine di milioni di dollari all’anno e dividono i loro benefici tra l’esercito congolese e il governo ruandese. Nel 2010, le esportazioni d’oro, di coltan e di cassiterite da parte del Ruanda ha raggiunto più del 30% delle sue esportazioni, dopo il tè e il caffè. Tuttavia, il Ruanda non possiede questi minerali che in infima quantità. I principali acquirenti di minerali certificati in Ruanda hanno la loro sede in Malaysia e in Cina. Una volta raffinato, lo stagno e il tantalio sono utilizzati principalmente nell’industria elettronica, per gli imballaggi, la fabbricazione di aerei e la preparazione di prodotti farmaceutici.

5. GIORNATE MINERARIE DEL SUD KIVU

Già l’anno scorso e più precisamente dal 28 al 30 gennaio 2010, il Governo Provinciale del Sud Kivu, la Società Civile del Sud Kivu e la Federazione delle Imprese del Congo / Sezione del Sud Kivu avevano organizzato, a Bukavu, tre giornate di riflessione per “Promuovere la trasparenza nel settore minerario e la tracciabilità dei prodotti minerari, in vista dello sviluppo socio economico, la pace e la sicurezza umana nella Provincia del Sud Kivu”.

Presentiamo qui un riassunto del rapporto finale.

 Contesto.

I prodotti minerari del Sud Kivu (oro, coltan, cassiterite, wolfram, ecc.) sono ormai qualificati come prodotti macchiati di sangue, perché sono causa di insicurezza e di violenza, generano conflitto e alimentano il traffico clandestino di armi. Alcune società europee hanno addirittura sospeso l’acquisto di prodotti minerari provenienti dall’est della RDCongo. Tuttavia, questa sospensione di acquisto non solo non ha fermato lo sfruttamento illegale dei minerali, ma favorisce piuttosto il contrabbando che giova, in gran parte, alle economie dei paesi vicini.

La promozione della trasparenza nella trafila e l’introduzione di meccanismi di tracciabilità e di autenticazione di questi prodotti potrebbero favorire il ritorno alla produzione e all’esportazione dei prodotti minerari.

Finora fonte di conflitti, l’attività mineraria della RDCongo deve diventare piuttosto una fonte di sviluppo per la RDCongo in generale e per il Sud-Kivu in particolare.

Per evitare le nefaste conseguenze di una sospensione illimitata dell’esportazione di queste risorse, occorre incoraggiare il risanamento del settore minerario.

Analisi del contesto sociopolitico ed economico.

 

Lo sfruttamento e la commercializzazione delle risorse minerarie giovano più ad una minoranza di gestori, venditori, commissionari, acquirenti, autorità locali e multinazionali, a scapito delle popolazioni locali immerse in una miseria indescrivibile. Il settore minerario non ha finora generato benefici significativi a favore delle popolazioni congolesi. La prostituzione e il lavoro minorile sono moneta corrente. Una deforestazione inquietante è legata alla ricerca di legno per sostenere le gallerie e cucinare gli alimenti. Un imponente sistema di tassazione illegale riduce a nulla il reddito dei minatori artigiani.

Il disordine osservato nella concessione dei titoli minerari, senza un’inchiesta preliminare, crea molti problemi (conflitti fondiari, distruzione dell’ambiente, saccheggio e sfruttamento illegale ed anarchico delle risorse minerarie).

La presenza di militari (numerose unità FARDC impegnate in Amani Léo) e di gruppi armati (tra cui le FDLR e i May-May) nei siti minerari è la causa della più estrema insicurezza. Sono loro che, con la forza delle armi, controllano la produzione e il commercio dei minerali. Spesso, anche alcuni capi tradizionali sono implicati nella percezione forzata di tasse ed altri canoni. Si registrano anche molte angherie amministrative e poliziesche. Altre violenze sono legate alla presenza di ufficiali Fardc non identificati o di gruppi paramilitari.

Molti centri di acquisto di minerali sono molto attivi in Ruanda e generalmente comprano minerali provenienti dalla RDCongo. In Ruanda, ci sono industrie di prima trasformazione della cassiterite che viene poi riesportata ad un prezzo maggiore.

Gli agenti che intervengono nella filiera mineraria sono:

– i minatori: lavorano nell’informale e spesso non hanno alcun documento di permesso ufficiale che attesti la loro identità di minatori. Le loro condizioni di vita e di lavoro sono molto precarie. L’insicurezza che regna sovrana all’interno dei perimetri minerari li rende ancor più fragili. In parecchie zone, lavorano solo due giorni per se stessi, due giorni per i militari e un giorno per i capi dei villaggi. Non hanno alcun accesso ai crediti né all’assistenza sociale.

– i commissionari: sono degli intermediari tra i commercianti e i minatori. Sono spesso implicati nella manipolazione dei prodotti minerari per ottenere un tenore più elevato.

– i commercianti: sono riconosciuti dalla legge come fornitori dei centri di acquisto ed esportazione dei minerali.

– i trasportatori dei prodotti minerari: dispongono di un’autorizzazione ufficiale che spesso purtroppo non viene applicata correttamente nella pratica.

– i compratori riconosciuti: sono in principio i rappresentanti dei centri di acquisto all’inizio della filiera.

– i manager: lavorano per conto dei grandi commercianti o dei centri di acquisto dei prodotti. Non hanno nessun documento legale per esercitare il loro mestiere e non sono riconosciuti dal codice minerario.

– i centri di acquisto ed esportazione: 17 nel Sud Kivu, fra cui 15 per la cassiterite e 2 per l’oro. Nella filiera di produzione e di commercializzazione, i centri di acquisto ed esportazione legali si trovano a metà strada: all’inizio della catena ci sono i minatori, i gestori artigianali delle miniere e i piccoli commercianti. Alla fine, ci sono le entità di trasformazione, le fonderie e, infine, le industrie dell’elettronica e dell’informatica che utilizzano lo stagno come materia prima per la fabbricazione dei loro prodotti.

– le varie agenzie statali che dovrebbero regolare i vari settori minerari e controllare la gestione dell’insieme dell’attività mineraria.

– i gruppi armati che, direttamente o indirettamente, intervengono nel circuito di sfruttamento e di commercializzazione dei prodotti minerari.

I servizi statali implicati sono:

 

– SAESCAM (Servizio di assistenza e di inquadramento dello Small Scale Mining) è un servizio pubblico a carattere tecnico. Controlla i flussi delle materie minerarie dalla piccola miniera fino al punto di vendita per canalizzare tutta la produzione nel circuito ufficiale della commercializzazione, massimizzare le entrate statali, lottando contro la frode e il contrabbando minerario e stabilire statistiche minerarie affidabili. I suoi agenti sono presenti in tutti i siti di sfruttamento artigianale per un inquadramento tecnico quotidiano, per fare rispettare le regole del codice minerario, incitare gli artigiani ad organizzarsi in cooperative. A corto termine, il servizio intende procedere al censimento dei minatori e dei commercianti.

– L’ufficio delle Dogane e Accise, OFIDA in sigla. I tassi di percezione all’export ed all’import sono troppo elevati rispetto a quelli dei paesi vicini, ciò che incita gli esportatori alla frode, a partire già dall’insaccamento e dall’imballaggio.

– L’ufficio congolese di Controllo, OCC in sigla, vigila sulla qualità e la conformità dei prodotti all’importazione e all’esportazione.

– Il Centro di valutazione, di perizia e di Autenticazione delle Sostanze Minerarie Preziose e Semipreziose, CEEC in sigla, è un’impresa pubblica per l’inquadramento del settore minerario e, in particolare, per la valutazione e la perizia del diamante, dell’oro, del coltan e di tutte le sostanze minerarie. Gestisce i centri di acquisto e di esportazione, i commercianti e i fonditori mediante il controllo dei flussi finanziari e delle materie minerarie. E’ incaricato del meccanismo di certificazione e sorveglia il pagamento delle tasse all’esportazione.

I principali ostacoli sono:

– Predominanza del settore informale

– Insufficienza della cartografia dei siti minerari

– Debole identificazione dei minatori da parte dell’amministrazione delle miniere

– Il non possesso di documenti ufficiali per l’autorizzazione di sfruttamento artigianale

– Molteplicità delle tasse e dei servizi di percezione delle tasse.

– Esistenza di troppi intermediari.

– Lentezza e costi eccessivi nella concessione dei documenti ufficiali richiesti.

– Angherie amministrative, poliziesche e militari.

– L’insicurezza provocata da certi militari (FARDC), agenti di polizia (PNC) e dei servizi di sicurezza (ANR, DGM, DEMIAP)

– La molteplicità dei servizi che intervengono nel settore minerario, dall’acquisto fino all’esportazione, particolarmente l’ANR, DGM, DEMIAP, OFIDA, CEEC, OCC, polizia delle miniere, commercio esterno, SAESSCAM, Governorato, Divisione delle miniere

– La frode, la corruzione e il contrabbando

– La sotto valutazione della qualità e della quantità dei prodotti minerari

– Monopolio delle multinazionali nel fissare i prezzi delle materie prime

– Assenza di un meccanismo regionale di controllo della trasparenza e della tracciabilità delle materie minerarie

– Esistenza di un mercato nero a livello internazionale

– Permeabilità delle frontiere;

– Controllo delle ricchezze minerarie congolesi da parte di certi paesi vicini

I meccanismi, strategie e misure da prendere per risolvere i problemi sono:

– Formalizzare il settore informale;

– Realizzare uno studio geologico per disegnare una cartografia mineraria attualizzata della provincia,

– Condurre uno studio approfondito sulle condizioni di lavoro nelle miniere

– Diffondere il codice e i regolamenti minerari,

– Procedere al censimento dei gestori artigianali

– Procedere alla riforma del sistema amministrativo, per facilitare la concessione dei permessi e il loro rinnovo

– Facilitare l’accesso ai documenti ufficiali richiesti: permessi e autorizzazioni per i minatori artigianali, gestori, commercianti, ecc.

– Organizzare dei centri di commercio legalmente riconosciuti

– Determinare e ridurre il numero dei servizi statali nella catena mineraria.

– Pubblicare e rendere disponibile la nomenclatura delle tasse

– Diminuire la fiscalità

– Instaurare uno sportello unico per tutte le tasse;

– Smilitarizzare i siti minerari,

– Sancire i membri delle Fardc e della PNC responsabili di violazioni dei diritti dell’uomo

– Dispiegare una polizia delle miniere ben formata

– Versare uno stipendio decente agli agenti della funzione pubblica per evitare la frode

– Assicurare uno stipendio sufficiente ai militari per evitare le loro angherie sulla popolazione

– Istituire un sistema di autenticazione delle sostanze minerarie in esportazione, a livello regionale e nel quadro della CIRGL. Dai pozzi minerari fino al centro di esportazione, i commercianti devono essere in grado di dimostrare la tracciabilità dei loro prodotti.

– Integrare, a livello internazionale, le diverse iniziative in corso, fra cui ITRI, ITIE, OCSE.

– Creare sul posto delle industrie di trattamento e di trasformazione delle materie minerarie.