Congo Attualità n. 305

INDICE

  1. L’INSEDIAMENTO DEL GOVERNO BADIBANGA
    1. La composizione del nuovo governo
    2. Il programma del nuovo governo
  2. GLI AVVENIMENTI DEL 19 E 20 DICEMBRE
    1. La repressione delle manifestazioni
    2. Il RASSOP non riconosce più l’attuale Capo dello Stato come Presidente della Repubblica
  3. VERSO LA CONCLUSIONE DEL DIALOGO
    1. La ripresa delle trattative
    2. Divergenze che persistono
    3. I punti principali di un possibile progetto di accordo
    4. Un accordo a portata di mano, ma non ancora finalizzato

 

1. L’INSEDIAMENTO DEL GOVERNO BADIBANGA

 

a. La composizione del nuovo governo

 

Il 19 dicembre, il presidente Joseph Kabila ha reso pubblico il decreto presidenziale relativo alla nomina dei membri del nuovo governo Badibanga. Composto di sessantasette membri, esso comprende tre vice primi ministri, sette ministri di stato, trentaquattro ministri e ventitré vice ministri. Alcuni ministeri sono stati suddivisi in più portafogli. Si sono creati venti nuovi posti e la composizione del governo è passata da 47 (Matata II) a 67 membri (governo Badibanga). Alcuni ministri dell’ex governo Matata II non sono stati inclusi nel nuovo governo. È il caso di Évariste Boshab, Tryphon Kin-Kiey Mulumba e Raymond Tshibanda.

Ecco i nomi di alcuni membri del governo:

Vice Primi Ministri

  1. Affari esteri e integrazione regionale: Léonars She Okitundu
  2. Interni: Emmanuel Ramazani Shadari
  3. Trasporti e vie di comunicazione: José Makila

Ministri di Stato

  1. Giustizia e Guardasigilli: Alexis Thambwe Mwamba
  2. Bilancio: Pierre Kangudia Mbayi
  3. Economia nazionale: Bahati Lukwebo
  4. Pianificazione: Jean Lucien Bussa
  5. Occupazione, lavoro e previdenza sociale: Lambert Matuku
  6. Decentramento e riforma istituzionale: Azaria Ruberwa
  7. Servizi pubblici: Michel Bongongo Ikoli.

Ministri 1. Difesa Nazionale, ex combattenti e reinserimento: Crispin Atama Tabe

  1. Finanze: Henri Yav Mulang
  2. Comunicazioni e Media: Lambert Mende
  3. Poste, Telecommunication e TIC: Ami Ambatombe Nyongolo
  4. Rapporti con il Parlamento: Justin Bitakwira
  5. Affari fondiari: Felix Kabange Numbi
  6. Infrastrutture, Opere Pubbliche e ricostruzione: Thomas Luhaka

8 Urbanizzazione e edilizia abitativa: Joseph Kokonyangi

  1. Miniere: Martin Kabwelulu
  2. Idrocarburi: Aimé Ngoy Mukena
  3. Industria: Marcel Ilunga Lehu
  4. Energia e risorse idriche: Pierre Anatole Matusila
  5. Insegnamento primario, secondario e professionale: Gaston Musemena
  6. Insegnamento superiore e universitario: Steves Mbikayi Mabuluki
  7. Salute: Ilunga Kalenga
  8. Diritti umani: Marie Ange Mushobueka.[1]

 

«È un governo composto da artefici dell’accordo del 18 ottobre e incaricato di applicarlo», ha commentato Michael Sakombi, esponente della Maggioranza Presidenziale (MP), secondo cui «questo nuovo governo è molto eteroclito nella sua diversità, ma strategicamente omogeneo, perché formato sulla base del dialogo della Cittadella dell’Unione Africana svoltosi con la facilitazione di Edem Kodjo».

Il principale punto che i membri di questo governo hanno in comune è quello di avere partecipato al dialogo svoltosi in settembre e ottobre e conclusosi con la firma, il 18 ottobre, di un primo accordo politico tra la maggioranza e una parte dell’opposizione. Molte di queste nomine sono una ricompensa per quelli che hanno permesso di arrivare a quell’accordo. La grande questione che ancora rimane in sospeso riguarda la legittimità di questo governo e la sua capacità di convincere.

Esso è stato nominato proprio mentre, con la mediazione della Chiesa cattolica congolese, sono in corso delle trattative tra la Maggioranza e il Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP). Attitudine di sfida da parte del Presidente uscente o necessità di gestione dell’urgenza? Domande che rimangono senza risposta e che potrebbero frenare l’appoggio da parte della comunità internazionale.

«C’è il rischio che sia un governo senza sostegno sufficiente da parte della comunità internazionale», ha avvertito un deputato dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC, partito di Vital Kamerhe), secondo chi, prima di nominare un nuovo governo, Joseph Kabila «avrebbe dovuto attendere la conclusione del secondo round del dialogo». «Ho l’impressione che non durerà molto», ha dichiarato il deputato.

Il Ministro delle Comunicazioni, Lambert Mende, lascia ancora la porta aperta al dialogo inclusivo: «Se i negoziati [del Centro interdiocesano] arrivassero a dei risultati che avessero delle conseguenze sul governo, non credo che il Presidente possa rifiutarsi di modificarne la composizione». Da parte sua, anche la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) crede nella possibilità di un altro governo alla fine del dialogo inclusivo. Il Segretario generale ad interim di questa istituzione, P. Donatien Nshole, ha affermato che «l’ideale sarebbe stato che si fosse aspettato la conclusione di un accordo globale, ma si può anche comprendere che ci fosse la necessità di risolvere alcune urgenze. Se si arrivasse ad un accordo, sarebbe auspicabile che si rivedessero le cose secondo l’accordo che sarà firmato». Il religioso ha sottolineato che la pubblicazione del governo Badibanga non incide assolutamente sul proseguimento dei negoziati del Centro interdiocesano e ha auspicato che si trovi un accordo per quanto riguarda la gestione del Paese fino al tempo delle elezioni.[2]

 

b. Il programma del nuovo governo

 

Il 22 dicembre, il nuovo primo ministro Samy Badibanga ha presentato all’Assemblea nazionale il programma del nuovo governo. Nel suo discorso, il Primo Ministro ha rivelato le tre priorità del suo governo: consolidare la coesione nazionale, organizzare le elezioni e superare la crisi economica e sociale. L’organizzazione delle elezioni è la “ragion d’essere” del governo, ha egli indicato, aggiungendo: «Più che un semplice compito, è una missione». Per organizzare queste elezioni, Samy Badibanga ha annunciato di voler mobilitare le risorse interne e di voler ricorrere a partner internazionali della RDCongo.

Il Primo Ministro ha evocato anche la questione dell’insicurezza, promettendo di dare alle forze di sicurezza le dovute istruzioni e le necessarie risorse per «sradicare “alla sua radice” il male che sconvolge i territori di Beni, Lubero, l’Ituri, il Nord Kivu, il Sud Kivu e il Tanganika, dove gruppi armati nazionali e stranieri uccidono senza pietà i nostri compatrioti». Nello stesso tempo, egli ha promesso di migliorare anche le condizioni di vita delle forze di sicurezza.

Samy Badibanga ha dichiarato che la questione del rispetto dei diritti umani sarà “al centro” dell’azione del suo governo, precisando di voler porre fine agli arresti arbitrari. «Lavoreremo per la cessazione degli arresti arbitrari e faremo in modo che si evitino casi di condanne derivanti da processi giudiziari di tipo puramente politico. Incoraggeremo la politica giudiziaria che sancisce l’indipendenza della magistratura, come richiesto dalla Costituzione. Attraverso il rispetto del principio della separazione dei poteri, contribuiremo alla costruzione dello stato di diritto», ha affermato il primo ministro Badibanga che, tuttavia, ha ribadito che la giustizia deve essere ferma.

Egli ha infine riconosciuto che l’economia congolese sta attraversando “un periodo difficile”, a causa anche della caduta dei prezzi delle materie prime sui mercati mondiali. Come tentativi di soluzione, il primo ministro ha promesso «la diversificazione dell’economia, la mobilitazione delle risorse interne e la redistribuzione della ricchezza prodotta a favore di tutto il popolo congolese».[3]

 

 

2. GLI AVVENIMENTI DEL 19 E 20 DICEMBRE

 

a. La repressione delle manifestazioni

 

Il 19 e 20 dicembre, in varie città del paese, la popolazione è scesa in strada al ritmo di fischietti, claxon e rumor di pentole, per chiedere il ritiro del presidente Joseph Kabila, il cui secondo e ultimo mandato costituzionale è scaduto a mezzanotte del 19 dicembre. Le manifestazioni sono state violentemente represse dalla polizia, appoggiata da forze militari e dai servizi di intelligence.   Il direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (BCNUDH), Jose Maria Aranaz, ha fatto un bilancio di diciannove morti, quaranta cinque feriti e 113 arresti. La maggior parte degli arresti sono stati effettuati nelle città di Kinshasa, Lubumbashi, Matadi e Goma.

L’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch (HRW) ha parlato di 29 morti. HRW ha constatato 16 morti a Kinshasa, 4 a Matadi, 5 a Boma (Sud-ovest) e 1 a Lubumbashi (sud-est), ma ha affermato di essere in possesso di “molte altre informazioni credibili” ancora da verificare.

Secondo il governo, nove persone sono state uccise nella capitale e altre due a Lubumbashi. Secondo il portavoce del governo, Lambert Mende, a Kinshasa ci sono stati nove morti: sei saccheggiatori, un ufficiale di polizia e due donne colpite da proiettili vaganti.

Anche la Polizia di Stato ha annunciato una cifra di nove morti a Kinshasa, tra cui un poliziotto linciato dalla popolazione e sei civili uccisi da pallottole vaganti. Sempre secondo le stesse fonti, otto sottocommissariati della polizia sarebbero stati saccheggiati e una trentina di bus danneggiati. Per quanto riguarda il resto del paese, la polizia fa un bilancio di otto morti, tra cui quattro colpiti da proiettili vaganti, a Lubumbashi, di tre a Matadi e di due a Boma. Il bilancio totale sarebbe quindi di 22 morti su tutto il territorio nazionale. Inoltre, sempre secondo il portavoce della polizia, sarebbero state arrestate duecento settantacinque persone.[4]

 

Il 23 dicembre, l’Onu ha rivisto al rialzo il bilancio delle violenze degli ultimi giorni. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, il bilancio è ormai di 40 morti tra i civili, 107 feriti e 460 arresti.[5]

 

b. Il RASSOP non riconosce più l’attuale Capo dello Stato come Presidente della Repubblica

 

Il 20 dicembre, in un video postato su YouTube, il Presidente del Consiglio dei Saggi del Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP), Etienne Tshisekedi, ha dichiarato: «Oggi, 20 dicembre 2016, Joseph Kabila ha terminato il suo secondo e ultimo mandato come capo della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). Ha perso la legalità e la legittimità per guidare il Paese e ciò secondo gli articoli 5.1, 70.1 e 220.1 della Costituzione.

Nonostante tutti i nostri sforzi per trovare, attraverso un dialogo inclusivo, un compromesso politico che potrebbe consentirci di gestire consensualmente questo momento di crisi e di andare alle elezioni il più presto possibile, Kabila ha deciso di restare al potere sfidando il popolo. In tal modo, Joseph Kabila sarà colpevole di violazione intenzionale della Costituzione e, quindi, di alto tradimento nei confronti della Repubblica. Per conseguenza, da questo 20 dicembre 2016, Joseph Kabila non potrà più parlare né agire in nome della Repubblica, sia all’esterno che all’interno del Paese.

È per questo che lancio un solenne appello al popolo congolese, chiedendogli di non riconoscere più l’autorità, del resto illegale e illegittima, di Joseph Kabila e di resistere pacificamente al colpo di stato in tal modo perpetrato con l’avvallo della Corte costituzionale. Chiedo inoltre ai partner esterni e all’intera comunità internazionale di non trattare più con Kabila di questioni che riguardano la RDCongo.

Per dare la possibilità ai legittimi negoziati in corso sotto la mediazione della CENCO, autorizzo la delegazione del Raggruppamento dell’opposizione a continuarne i lavori secondo il calendario fissato dai vescovi, affinché si trovi un compromesso per la gestione del paese durante il periodo di transizione. Infine, invito il nostro popolo a rimanere vigilante, mobilitato e pronto a rispondere massicciamente alle azioni pacifiche che il Raggruppamento indirà conformemente all’articolo 64 della nostra Costituzione, per mettere fine agli atti di slealtà e di alto tradimento perpetrati da Joseph Kabila».

Alcuni osservatori hanno fatto notare che, nel video in questione, Étienne Tshisekedi si è inciampato più volte nella lettura del testo e che la riprendeva fatica con l’aiuto di una voce fuori campo che gli sussurrava qualche parola.[6]

 

Il 21 dicembre, in un’intervista, Martin Fayulu, leader dell’Ecide (Impegno per la Cittadinanza e lo Sviluppo), membro del Raggruppamento dell’Opposizione e candidato dichiarato alla presidenza, ha affermato che, «dopo la fine del suo secondo e ultimo mandato costituzionale, Joseph Kabila è rimasto al potere per i suoi interessi, ma non può più parlare, né agire in nome della RDCongo. Chiediamo alla comunità internazionale di non riconoscerlo più come presidente del nostro paese».

A proposito della nomina del nuovo governo, Martin Fayulu ha dichiarato che «si tratta di un atto di malafede. Si tratta di un governo ombra. Poiché non riconosciamo più Joseph Kabila come Presidente della Repubblica, nemmeno possiamo riconoscere il suo governo».[7]

 

 

 

3. VERSO LA CONCLUSIONE DEL DIALOGO

 

a. La ripresa delle trattative

 

Il 21 dicembre, è in un contesto di tensione che, a Kinshasa, sono riprese le trattative tra maggioranza e opposizione con la mediazione della Chiesa cattolica. Alla ripresa dei lavori del dialogo, il presidente della CENCO, Mons. Marcel Utendi, ha espresso il dolore della CENCO per gli avvenimenti relazionati alla fine del secondo e ultimo mandato costituzionale di Joseph Kabila e ha dichiarato che la CENCO chiede l’apertura di un’inchiesta indipendente per identificare gli autori di questi crimini, affinché rispondano delle loro azioni.

Sin dall’inizio, Mons. Marcel Utembi ha invitato tutti i partecipanti al dialogo inclusivo ad «accettare di fare delle concessioni per una gestione consensuale della transizione», li ha avvertiti che la l’equipe della mediazione non è più disposta a «prolungare a tempo indeterminato e in modo improduttivo i lavori in corso» e li ha esortati a fare in fretta, «abbandonando egoismo e calcoli politici di parte, al fine di concludere i negoziati il più presto possibile».

Da parte sua, P. Donatien Nshole ha affermato che «la CENCO non è più disposta ad accettare prolungamenti indefiniti e manovre politiche che possano ritardare la conclusione di un accordo. Il nostro desiderio è quello di terminare prima di Natale. E se la CENCO si rendesse conto che alcuni partecipanti non volessero fare concessioni in vista di una gestione consensuale del periodo di transizione, essa ne trarrà tutte le necessarie conseguenze. Siamo convinti che, se tutti hanno un minimo di buona volontà, potremo risolvere rapidamente le questioni che sono rimaste in sospeso nelle commissioni “Processo elettorale” e “governance e istituzioni”».

I vescovi auspicano di trovare un accordo prima del 25 dicembre. La CENCO ha deciso di continuare i lavori in un gruppo più ristretto di dieci delegati, cinque dei firmatari dell’accordo del 18 ottobre e cinque dei non firmatari. Essi dovranno lavorare sulle divergenze che rimangono all’interno delle due commissioni “Processo elettorale” e “governance e istituzioni”. I cinque punti di divergenza individuati sono: rispetto della Costituzione, Istituzioni e animatori della transizione, calendario elettorale, ristrutturazione della Commissione elettorale (CENI) e rasserenamento del clima politico. L’assemblea plenaria riprenderà il venerdì 23 dicembre.[8]

 

b. Divergenze che persistono

 

I lavori del dialogo sono ripresi quando una parte dell’opposizione considera il presidente Kabila ormai illegittimo. I radicali del Raggruppamento dell’Opposizione ritengono che la situazione in cui si svolgono i negoziati è cambiata e che i vescovi devono tener conto di questo nuovo dato (la fine del secondo e ultimo mandato del presidente Kabila il 19 dicembre 2016 alle 23:59). Per il Raggruppamento dell’Opposizione, è ormai necessario istituire un regime speciale senza Kabila, o con lui ma con poteri significativamente ridotti. Da qui, l’idea di un Consiglio Nazionale di Transizione, una nuova istituzione che dovrebbe essere guidata da Etienne Tshisekedi.

Da parte sua, la maggioranza presidenziale rifiuta decisamente un tale approccio sulla base dell’articolo 70.2 della Costituzione: “Alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica resta in funzione fino all’effettivo insediamento del nuovo presidente eletto”.

Altre divergenze si riferiscono al calendario elettorale. Il Raggruppamento dell’Opposizione vorrebbe che le elezioni presidenziali e legislative nazionali si svolgessero nel mese di settembre 2017, lasciando le legislative provinciali per il mese di dicembre 2017. Ma la maggioranza presidenziale vuole rispettare l’accordo del 18 ottobre, che prevede l’organizzazione simultanea delle elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali nel mese di aprile 2018.[9]

 

Il 21 dicembre, in un’intervista, Martin Fayulu, leader dell’Ecide (Impegno per la Cittadinanza e lo Sviluppo), membro del Raggruppamento dell’Opposizione, ha affermato che «nei colloqui in corso con la mediazione della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), si discuterà proprio sulle Istituzioni della Repubblica dopo il 19 dicembre. Come via d’uscita dalla crisi, il Raggruppamento dell’Opposizione mantiene la sua proposta, concreta e chiara, di istituire un Consiglio Nazionale di Transizione. Per questo periodo di transizione, noi proponiamo che ci sia un Presidente di transizione, un Consiglio nazionale di transizione e un governo guidato da un primo ministro. Pertanto, riteniamo che dopo il 19 dicembre, sia necessario istituire un “regime speciale”. Tanto più che, attualmente, le modalità dell’organizzazione delle istituzioni e dell’esercizio del potere non corrispondono più a quelle previste dalla Costituzione. Gli animatori delle attuali istituzioni non sono più legittimi, perché arrivati ​​alla fine del loro mandato. C’è quindi un vuoto. Il compromesso che sarà trovato attraverso il dialogo dovrà completare le disposizioni della Costituzione, al fine di riempire quel vuoto. Secondo noi si tratta di un breve periodo di un solo anno, il tempo necessario per organizzare le elezioni presidenziali e legislative nazionali il 10 settembre 2017 e le legislative provinciali, il 3 dicembre 2017. Le altre elezioni saranno organizzate l’anno seguente». Circa il ruolo che Joseph Kabila potrebbe occupare in questo schema, Martin Fayulu ha precisato che «Kabila ha cessato di essere Presidente della Repubblica il 19 dicembre, ma rimane membro di un gruppo politico. Discuteremo liberamente e francamente su chi farà cosa in questo schema. Le trattative devono ora girare intorno all’organizzazione della gestione dello Stato dopo il 19 dicembre».[10]

 

Il 22 dicembre, poiché i lavori nel gruppo ristretto non sono avanzati di molto e dal momento in cui non c’è stato alcun progresso significativo sulle questioni principali, i Vescovi della CENCO si sono incontrati, separatamente, con i delegati della maggioranza, del Raggruppamento dell’opposizione, del Fronte per il Rispetto della Costituzione e della parte dell’opposizione che aveva firmato un primo accordo politico in ottobre scorso. Lo scopo di questi incontri è stato quello di convincere ciascuna delle parti a fare delle concessioni.[11]

 

c. I punti principali di un possibile progetto di accordo

 

Il 22 dicembre, dopo questa serie di incontri, i Vescovi della CENCO hanno formulato delle proposte per porre fine alla crisi. Il documento di lavoro che riassume i punti principali del progetto di accordo, che deve essere finalizzato prima di essere approvato in sessione plenaria, rivela che i delegati della maggioranza e dell’opposizione hanno trovato un certo consenso su una serie di punti che finora avevano bloccato qualsiasi tipo di accordo. Questo testo prevede che: 1. Il Presidente Kabila rimarrà in carica fino alle elezioni e all’insediamento del nuovo presidente eletto. Tuttavia, egli non potrà candidarsi per un terzo mandato presidenziale.

  1. In cambio, il presidente e la maggioranza presidenziale non dovrebbero più continuare ad esercitare un controllo egemonico sulle Istituzioni del Paese. Il governo nazionale e i governi provinciali dovrebbero essere ristrutturati, integrando dei membri del Raggruppamento dell’opposizione e del Fronte per il Rispetto della Costituzione. Tuttavia, l’Assemblea Nazionale, il Senato e le Assemblee provinciali rimarrebbero come sono ora.
  2. Il posto di Primo Ministro resterebbe all’opposizione, ma non è sicuro che Samy Badibanga, recentemente nominato, resti Primo Ministro, poiché il Raggruppamento dell’opposizione rivendicherebbe questo posto per se stesso. Félix Tshisekedi, figlio di Etienne Tshisekedi, potrebbe essere il futuro Primo Ministro.
  3. Durante questo periodo di transizione, nessuno potrà modificare o cambiare la Costituzione.
  4. Le elezioni si terranno entro la fine del 2017. In ogni caso, una clausola stipulerebbe che, in caso di necessità, potrebbero essere leggermente rinviate.
  5. Si creerà un comitato di sorveglianza capace di far rispettare l’accordo. Il Raggruppamento dell’opposizione vorrebbe che questo comitato fosse denominato Consiglio Nazionale di Transizione. Sarebbe presieduto da un membro del Raggruppamento dell’opposizione, probabilmente da Etienne Tshisekedi, come corrispettivo per il mantenimento di Joseph Kabila alla Presidenza della Repubblica per un anno supplementare. Il ruolo di questo comitato è ancora incerto. Ne faranno parte, oltre a Etienne Tshisekedi, anche Kampiamba Nkulu, Delly Sessanga e Azarias Ruberwa.
  6. Infine, la composizione della Commissione elettorale sarebbe rivista, anche se il suo presidente, sfiduciato dal Raggruppamento, rimarrebbe in carica.
  7. Una commissione di giudici prenderà in considerazione il caso dei prigionieri ed esiliati politici emblematici. L’obiettivo è quello di ottenere un rasserenamento complessivo del clima politico durante il periodo di transizione. Condannato a tre anni di prigione per un caso di appropriazione indebita di un edificio – un processo politico denunciato anche dal suo entourage – e accusato di mettere in pericolo la sicurezza dello Stato, l’oppositore Moïse Katumbi, candidato dichiarato alla presidenza, potrebbe vedersi prosciolto da tutte queste accuse. Altri sei casi di prigionieri ed esiliati (Moïse Moni Della, Eugène Diomi Ndongala, Floribert Anzuluni, Jean-Claude Muyambo, Antipa Mbusa Nyamwisi e Roger Lumbala) dovrebbero essere esaminati con priorità.[12]

 

Il 23 dicembre, in un’intervista, Valentin Mubake, consigliere di Etienne Tshisekedi, ha affermato che non ci sarà alcuna Istituzione superiore al Consiglio Nazionale di Transizione che sarà presieduto da Etienne Tshisekedi: «è una decisione che abbiamo preso per non cadere nella illegalità e illegittimità del potere di Joseph Kabila».[13]

 

Il 23 dicembre, i lavori del dialogo si sono conclusi a tarda notte, intorno alle 2:00 del 24 dicembre, senza che il Raggruppamento dell’Opposizione e la maggioranza presidenziale abbiano trovato un compromesso politico definitivo. Le questioni relative a Kabila, Moïse Katumbi, Samy Badibanga e la Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) dividono ancora le due parti. – Il futuro della Ceni è stato oggetto di un acceso dibattito, in quanto il Raggruppamento dell’opposizione ne chiede una ristrutturazione completa, poiché la ritiene asservita al potere. Secondo il Raggruppamento, essa non è neutrale e non può assicurare un processo elettorale equo. Ciò che la maggioranza nega, suggerendo che sia ogni componente a decidere una sostituzione o meno dei suoi delegati alla Ceni. Da parte sua, la maggioranza mantiene la sua fiducia in Kantitima, vice presidente della Ceni e membro della stessa maggioranza presidenziale e in Corneille Naanga, presidente della Ceni e membro della società civile.

– A proposito del presidente Kabila, il Raggruppamento dell’Opposizione chiede una sua dichiarazione formale circa la sua non-candidatura per le prossime elezioni presidenziali e il suo impegno a rispettare la Costituzione, rinunciando ad ogni tentativo di revisione costituzionale, sia per via parlamentare che referendaria. Da parte sua, la maggioranza ritiene che tutto ciò sia umiliante per il Capo dello Stato, tanto più che l’ha già fatto in una dichiarazione solenne danti al Congresso del Parlamento lo scorso ottobre, quando ha affermato che il suo futuro è già regolato dalla Costituzione. Un altro requisito del Raggruppamento è che il presidente Kabila firmi personalmente il futuro accordo per garantirne l’applicazione, ciò che è respinto dalla maggioranza, ritenendo che il loro mandato è sufficiente per impegnare il presidente.

– La gestione del governo e del Primo Ministro Samy Badibanga è ancora un altro punto di divergenza. Il Raggruppamento vuole che nell’accordo sia scritto nero su bianco che il primo ministro dovrà essere un membro del Raggruppamento dell’opposizione e non un membro dell’opposizione firmataria dell’accordo della Cittadella dell’UA. La maggioranza presidenziale non è d’accordo, perche vuole mantenere Badibanga come Primo Ministro.

– Sul futuro di Katumbi, nessun progresso sostanziale. La maggioranza presidenziale non è disposta ad abbandonare le procedure giudiziarie contro di lui, ma vuole che il suo caso e i dossier degli altri sei esponenti emblematici del Raggruppamento (Muyambo, Diomi, ecc) siano affidati a un comitato di alti magistrati, ciò che è respinto dal Raggruppamento che, prove in mano, ha dimostrato che la giustizia congolese è agli ordini dell’attuale regime.[14]

 

d. Un accordo a portata di mano, ma non ancora finalizzato

 

Il 24 dicembre, dopo un’assemblea plenaria di diverse ore nel corso della mattinata, le diverse parti hanno raggiunto un accordo politico secondo il quale:

– Le elezioni presidenziali e legislative nazionali avranno luogo nel mese di dicembre 2017, con possibilità di organizzare le legislative provinciali nel mese di febbraio 2018.

– Il Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, resterà in carica fino all’insediamento del suo successore, ma non potrà candidarsi per un terzo mandato presidenziale consecutivo. – Non si potrà modificare la Costituzione, né indire alcun referendum durante il periodo di transizione, la cui durata potrebbe andare dai 12 ai 14 mesi.

– Sarà istituito un Comitato nazionale di monitoraggio dell’applicazione dell’accordo (Alta Autorità responsabile del monitoraggio dell’attuazione dell’accordo e dello svolgimento del processo elettorale) presieduto dal leader dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) Etienne Tshisekedi. Egli sarà assistito da Eve Bazaiba, segretaria generale del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC). Questo comitato sarà composto da 28 firmatari del nuovo accordo e conterà con la presenza della CENCO.

– Un punto di divergenza che ancora rimane riguarda il posto di Primo Ministro del governo di transizione, rivendicato sia dal Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, sia dall’opposizione firmataria dell’accordo del 18 ottobre alla Cittadella dell’UA che ha l’appoggio della maggioranza presidenziale. Ma la CENCO saprà trovare una soluzione a questo problema, conciliando le due posizioni.

– Un’altra questione in sospeso riguarda il finanziamento delle elezioni. Infatti, se l’accordo prevede l’organizzazione delle elezioni presidenziali entro la fine del 2017, tuttavia, nel discorso di presentazione del programma del suo governo, il nuovo primo ministro Samy Badibanga ha indicato che il budget nazionale è “in caduta libera“.[15]

 

Il 24 dicembre, i negoziati tra la maggioranza e l’opposizione sono stati sospesi in seguito agli impegni sacerdotali dei vescovi della CENCO che devono ritornare alle loro rispettive diocesi, per celebrare il Natale con i loro fedeli. Nel frattempo, vescovi mediatori e delegati partecipanti ai negoziati hanno accettato di riprendere i lavori il prossimo venerdì, 30 dicembre, giorno scelto per la firma dell’accordo che sancirà la fine delle trattative. Secondo il presidente della Conferenza Episcopale, «l’essenziale è fatto. Il 95% del lavoro è stato fatto. L’accordo è a portata di mano».[16]

[1] Cf Radio Okapi, 20.12.’16

[2] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 20.12.’16; Radio Okapi, 20.12.’16 ; RFI, 20.12.’16

[3] Cf Radio Okapi, 22.12.’16

[4] Cf Radio Okapi, 22.12.’16 ; Politico.cd, 21.12.’16; RFI, 21.12.’16

[5] Cf RFI, 23.12.’16

[6] Cf 7sur7.cd, 20.12.’16 http://7sur7.cd/new/tshisekedi-accuse-kabila-de-hauteur-trahison-et-appelle-le-peuple-a-marcher/

[7] Cf Trésor Kibangula- Jeune Afrique, 22.12.’16

[8] Cf RFI, 21.12.’16 ; Actualité.cd, 21.12.’16; Radio Okapi, 22.12.’16

[9] Cf 7sur7.cd, 21.12.’16; Eddy Isango – VOA Afrique, 21.12.’16

[10] Cf Trésor Kibangula- Jeune Afrique, 22.12.’16

[11] Cf RFI, 22.12.’16

[12] Cf Actualité.cd, 22.12.’16; RFI, 23.12.’16; Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 23.12.’16

[13] Cf Politico.cd, 24.12.’16

[14] Cf Zabulon Kafubu – 7sur7.cd, 24.12.’16

[15] Cf Radio Okapi, 24.12.’16

[16] Cf RFI, 25.12.’16