Congo Attualità n. 272

ESTRAZIONE INDUSTRIALE E ARTIGIANALE DELL’ORO CONFLITTO, COABITAZIONE O COOPERAZIONE?

Il caso della miniera artigianale d’oro di Mukungwe

Sud Kivu, Repubblica Democratica del Congo

Organizzazione per il Commercio e lo Sviluppo Economico (OCSE)

Novembre 2014[1]

INDICE

I. INTRODUZIONE E PRINCIPALI CONSTATAZIONI

  1. Il contributo dell’oro alle entrate fiscali ufficiali è ben al di sotto di ciò che dovrebbe essere
  2. Insufficienza di fonti legittime di approvvigionamento e concorrenza sleale
  3. Settori artigianale e industriale: diversi livelli di conoscenza della guida dell’OCSE sul dovere di Diligenza
  4. Estrazione artigianale dell’oro e finanziamento dei conflitti
  5. Sono possibili dei progressi: iniziative volte alla smilitarizzazione delle miniere
  6. Zone di Estrazione Artigianale (ZEA) e “alternativa SOMINKI”

II. UNA PANORAMICA SULL’ESTRAZIONE DELL’ORO NELLA PROVINCIA DEL SUD KIVU

  1. Società attive nella Provincia del Sud Kivu
  2. Tipi di estrazione mineraria e volumi di produzione
  3. I livelli di standardizzazione dell’estrazione artigianale dell’oro nel Sud Kivu sono molto bassi
  4. La filiera dell’oro nel Sud Kivu: dalla miniera all’esportazione
  5. La catena dell’oro di Banro

III. LEGAMI CON CONFLITTI E ALTRI RISCHI

  1. Sostegno diretto o indiretto alle FARDC e ai gruppi armati
  2. Violazioni legate all’estrazione, al trasporto e al commercio dei minerali
  3. Corruzione e falsa dichiarazione delle origini dei minerali
  4. Riciclaggio di denaro, pagamento di imposte, tasse e canoni

IV. IL CASO DI MUKUNGWE

  1. Tipo di estrazione e volume di produzione
  2. Livelli di demilitarizzazione
  3. Prospettive per il futuro

V. SENSIBILITÀ E LIVELLI DI ATTUAZIONE DELLA GUIDA DELL’OCSE SUL DOVERE DI DILIGENZA

  1. Iniziative per attenuare i rischi secondo l’allegato II

VI. CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI:

  1. Conclusioni
  2. Raccomandazioni

Questo studio è il secondo di una serie di cinque, per identificare e valutare le catene, potenzialmente tracciabili e “libere da conflitti”, di approvvigionamento d’oro proveniente dall’attività mineraria artigianale congolese, e per individuare gli ostacoli che impediscono l’esercizio del dovere di diligenza. Lo studio fa un particolare riferimento alla miniera di Mukungwe, nel Sud Kivu, Repubblica Democratica del Congo.

I. INTRODUZIONE E PRINCIPALI CONSTATAZIONI

1. Il contributo dell’oro alle entrate fiscali ufficiali è ben al di sotto di ciò che dovrebbe essere

La provincia del Sud Kivu possiede alcuni dei più ricchi giacimenti minerari della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) e l’oro che vi è estratto apporta un contributo vitale all’economia della provincia. Sono aumentate le entrate fiscali, provinciali e nazionali, provenienti dal settore minerario perché la società Banro, quotata alla Borsa di Toronto e unica grande entità mineraria attiva nella provincia, nel 2011 ha iniziato la produzione d’oro a livello industriale e perché le unità di trasformazione[2] con sede a Bukavu hanno aumentato le loro esportazioni. Tuttavia, il contributo della produzione e del commercio dell’oro alle imposte federali nel Sud Kivu è molto limitato, per due ragioni. La prima è che, sebbene l’estrazione artigianale dell’oro e il suo commercio siano oggetto di numerosi prelievi semi-legali e illegali da parte dei funzionari, quasi nessuno di questi prelievi sono versati nelle casse dello Stato. La seconda è che gran parte dell’oro estratto artigianalmente nella provincia è esportata di contrabbando, di solito verso l’Uganda, ma anche verso il Kenya, il Ruanda e il Burundi e, a partire da questi Paesi, verso Dubai.

2. Insufficienza di fonti legittime di approvvigionamento e concorrenza sleale

Le unità di trasformazione deplorano un’insufficienza di fonti legittime di approvvigionamento in oro e subiscono la concorrenza sleale da parte dei contrabbandieri

Una riduzione delle tasse sull’esportazione dell’oro ha incoraggiato la creazione di unità di trasformazione dell’oro ufficialmente registrate. Ma le unità di trasformazione di Bukavu deplorano la grande carenza di miniere d’oro convalidate[3] – soprattutto di quelle convalidate “verdi” dal gruppo di valutazione – che possano rifornirle. Le unità di trasformazione hanno denunciato anche la concorrenza sleale da parte di commercianti d’oro che non dichiarano né i loro acquisti, né le loro esportazioni.

3. Settori artigianale e industriale: diversi livelli di conoscenza della guida dell’OCSE sul dovere di Diligenza.

Tra i commercianti d’oro estratto artigianalmente a Bukavu, si constata una mancanza di consapevolezza e di conoscenza della guida dell’OCSE sul dovere di Diligenza. Gli operatori industriali sono meglio informati e hanno cambiato il loro approccio nei confronti dei minatori artigianali.

A Bukavu, tra i commercianti d’oro prodotto artigianalmente, la conoscenza e la sensibilità nei confronti della guida dell’OCSE sul dovere Diligenza applicato alle catene di approvvigionamento responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio[4] variano da minime a inesistenti, in contrasto con i centri commerciali di stagno e di tantalio, che hanno ricevuto numerosi corsi di formazione a questo proposito. I rappresentati della Banro conoscono perfettamente la guida dell’OCSE e, per tutelare l’integrità della sua catena di documentazione, la società dispone di un’ampia serie di controlli e di verifiche.

L’approccio della Banro per quanto riguarda l’attività di estrazione artigianale si è evoluta nel corso degli anni: da una posizione di partenza, centrata sulla piena applicazione dei suoi diritti sulle licenze a lei concesse dallo Stato, ad un approccio più pragmatico, al fine di consentire ai minatori artigianali, che vogliono continuare a estrarre l’oro per guadagnarsi di che vivere, di continuare le loro attività. Casa Minerals, operante nel sud della provincia, ha accettato di cedere la metà dei suoi permessi ai minatori artigianali, in cambio della restituzione delle restanti porzioni.

4. Estrazione artigianale dell’oro e finanziamento dei conflitti

Nonostante gli sforzi di attenuazione dei rischi, l’estrazione artigianale dell’oro nel Sud Kivu rimane un’importante fonte di finanziamento dei conflitti

L’estrazione artigianale dell’oro nel Sud Kivu rappresenta, dal 1990, un’importante fonte di finanziamento dei conflitti a favore delle Forze Armate congolesi (FARDC) e di molti gruppi armati. L’estrazione artigianale dell’oro nel Sud Kivu ha permesso anche a molti politici della Provincia, e ad alti rappresentanti dello Stato, di raggiungere posizioni confortevoli e ha beneficiato un gran numero di personalità nazionali residenti a Kinshasa. La militarizzazione delle miniere d’oro del Sud Kivu ha causato, nel corso degli anni, numerosi e gravi abusi associati all’estrazione dell’oro, tra cui numerosi massacri, la fuga degli abitanti costretti a lasciare le loro case, il lavoro forzato, la tortura e la detenzione illegale, al punto che l’individuazione delle miniere d’oro artigianali esenti da conflitto è diventata una sfida molto importante.

Le autorità provinciali hanno preso vari provvedimenti per sradicare il finanziamento dei conflitti proveniente dall’estrazione artigianale dell’oro e ridurne i rischi secondo l’allegato II[5], compresa la creazione di un comitato multipartitico denominato Comitato Provinciale di Sorveglianza (CPS) per il settore minerario artigianale. Il CPS del Sud Kivu ha lo scopo di monitorare gli sviluppi delle problematiche del settore minerario artigianale e affrontarle sin dal primo momento.

5. Sono possibili dei progressi: iniziative volte alla smilitarizzazione delle miniere.

Sono possibili dei progressi: alcune iniziative della società civile e delle autorità provinciali e locali, ad esempio, hanno portato alla smilitarizzazione della miniera di Mukungwe e hanno favorito la riconciliazione tra le parti coinvolte.

Nel Sud Kivu, Mukungwe è un grande giacimento d’oro gestito artigianalmente, anche se situato nella concessione affidata a Banro. L’Osservatorio per la Governance e la Pace (OGP) ha organizzato degli incontri all’attenzione delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) nel Sud Kivu che hanno poi portato a un ritiro delle truppe FARDC da Mukungwe.

6. Zone di Estrazione Artigianale (ZEA) e “alternativa SOMINKI”

Il governo vuole che i minatori artigianali che lavorano su zone coperte da autorizzazioni per l’attività mineraria industriale siano trasferiti su nuove miniere artigianali, ma finora poca attenzione è stata data alla “alternativa SOMINKI”, che consiste nel lasciare i minatori artigianali dove si trovano, pur impegnandosi a comprare la loro produzione.

La politica ufficiale delle autorità provinciali e nazionali è che i minatori artigianali che lavorano su zone coperte da permessi ottenuti dalle compagnie minerarie industriali dovrebbero essere trasferiti su Zone di Estrazione Artigianale (Zea). È questa la soluzione che si è prospettata per il sito Namoya di Banro, che si trova a 225 chilometri a sud ovest di Bukavu, appena dentro il territorio della provincia del Maniema. I minatori artigianali dovranno trasferirsi a poca distanza, a Matete, per continuare ad estrarre l’oro a partire dal 2014. Il trasferimento su ZEA è anche l’opzione preferita dalle autorità per Mukungwe, una grande miniera artigianale d’oro qualificata “rossa” (non a norma), situata su una zona coperta dalla licenza n. 43 di Banro e oggetto di studio in questo rapporto. Tuttavia, come illustrato nello studio del caso, non è affatto certo che si possa trovare una ZEA appropriata. Un’alternativa che non è ancora stata esplorata è che i minatori rimangano sul sito e che Banro faciliti, supervisioni e sostenga la produzione dell’oro e / o eventualmente acquisti la produzione risultante. È in questo modo che l’ex Società Mineraria e Industriale del Kivu (SOMINKI) normalmente operava nel Sud Kivu.

II. UNA PANORAMICA SULL’ESTRAZIONE DELL’ORO NELLA PROVINCIA DEL SUD KIVU

La Provincia del Sud Kivu è abbondantemente dotata di giacimenti d’oro. Su quasi tutti questi giacimenti vi lavorano dei minatori artigianali il cui numero varia da poche decine a qualche migliaio di persone.

I principali gruppi di giacimenti d’oro sfruttati nel Sud Kivu sono:

  • Sud-ovest di Bukavu, capoluogo provinciale, nei territori di Walungu e di Mwenga, comprendente il sito di Mukungwe;
  • Ovest di Baraka, nel territorio di Fizi, comprendente i siti di Butende e di Michikachika;
  • Sud-est di Lubi, ancora nel territorio di Fizi, comprendente i siti di Masumu e d’Israele;
  • Vicino al confine con il Nord Kivu, in territorio Kalehe, comprendente i siti di Kairenge e di Kitendebwa; • A ovest della provincia, verso il Maniema, in territorio di Shabunda, comprendente i siti di Kalanda e di Kalutindi.

Dall’indipendenza in poi, nel Sud Kivu esiste una lunga tradizione di milizie ribelli dipendenti da un finanziamento derivante dal commercio illegale dell’oro. Ad esempio, il presidente Laurent Désiré Kabila, nel corso degli anni 1960 e 1970, quando era ancora un combattente ribelle, faceva passare clandestinamente dell’oro dal Sud Kivu in Tanzania, via il lago Tanganica.

Anche quando le milizie e i gruppi armati non erano ancora implicati nella catena di approvvigionamento delle risorse minerarie, nel Sud-Kivu e nelle altre province produttrici d’oro della RDCongo, la tendenza dominante era quella di esportare quasi tutta la produzione artigianale dell’oro in modo informale e senza alcun tipo di registrazione.

Dal 2006, successivi gruppi di Esperti delle Nazioni Unite per la RDCongo hanno identificato l’estrazione mineraria artigianale del Sud Kivu, in particolare quella dell’oro, come principale fonte di finanziamento di conflitti.

Nel 2010, una sospensione dell’estrazione artigianale nel Maniema, Nord Kivu e Sud Kivu, durata nove mesi e voluta dal presidente Joseph Kabila, per cercare di risolvere il problema del finanziamento di conflitti e la decisione di alcune società minerarie internazionali di cessare il loro approvvigionamento nella RDCongo, piuttosto che dichiarare l’origine dei minerali da esse importati, come richiesto dalla Sezione 1502 della legge Dodd-Frank sulla riforma di Wall Street e la protezione dei consumatori (denominato Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act[6]), hanno avuto un impatto significativo sul settore minerario della cassiterite e del coltan, causandone una notevole riduzione della produzione e del commercio e, quindi, una notevole diminuzione del finanziamento dei gruppi armati, ma senza intaccare in maniera altrettanto significativa il settore artigianale dell’oro, in cui la produzione e il commercio sono continuati come in precedenza.

1. Società attive nella Provincia del Sud Kivu

Verso la fine degli anni 1980, la SOMINKI cominciò a perdere soldi e si diresse verso il fallimento, soprattutto a causa del calo del prezzo internazionale dello stagno. La produzione di tutti i minerali metalliferi della SOMINKI diminuì sempre più e, mentre la società abbandonava l’estrazione mineraria semi-industriale, sito dopo sito, la sua presenza fu sostituita da un numero crescente di minatori artigianali.

Gli azionisti privati ​​della SOMINKI vendettero le loro quote alle società statunitensi Cluff Mining e Banro, quotate alla Borsa di Toronto. Nel 1996, BANRO acquistò Cluff Mining e creò la Società Aurifera e Industriale del Kivu e Maniema (SAKIMA) come sua filiale. SAKIMA era attiva nel Maniema e nelle province del Nord e del Sud Kivu.

Nel 2003, Banro vendette le miniere di stagno e di coltan di SAKIMA a una società sudafricana denominata Kivu Resources, il che permise a Banro di concentrarsi sugli attivi orefici di SAKIMA.

Il piano di Banro era quello di procedere all’estrazione mineraria industriale, dapprima a Twangiza, nei pressi di Bukavu, nella Provincia del Sud Kivu, poi a Namoya, nella Provincia del Maniema e, infine, a Kamituga e a Lugushwa, nel Sud Kivu. Banro ha prodotto il suo primo lingotto d’oro a Twangiza nell’ottobre 2011. Era il primo oro congolese trasformato industrialmente da oltre cinquanta anni. Per iniziare una produzione d’oro di tipo industriale a Twangiza, Banro aveva precedentemente trasferito altrove più di 1.000 minatori artigianali che, però, sono stati immediatamente sostituiti da altri minatori artigianali che cominciarono a lavorare su una parte della miniera su cui la società intendeva avviare i lavori alla fine del 2016.

Nel corso degli anni, Banro ha notevolmente cambiato il suo atteggiamento nei confronti dei minatori artigianali.

Fino al 2010, i responsabili della società parlavano ancora di un’applicazione completa dei suoi diritti di estrazione sulle sue concessioni e della delocalizzazione dei minatori artigianali ma, quattro anni dopo, la direzione della società ha mostrato una posizione molto più sfumata. La società ha affermato che essa prevede ancora di delocalizzare i minatori artigianali dalle sue concessioni, al fine di svilupparvi un’attività di tipo industriale, ma si è contemporaneamente impegnata a contribuire allo sviluppo di mezzi alternativi di sussistenza per i minatori e ad individuare e a preparare, in collaborazione con il governo congolese, delle Zone di Estrazione Artigianale (ZEA) alternative, su cui i minatori artigianali potrebbero trasferirsi.

A Namoya, nella provincia del Maniema, dove Banro prevedeva di iniziare la produzione d’oro alla fine del 2014, è già in corso un piano che implica il trasferimento dei minatori artigianali a Matete, un luogo vicino dove sono stati individuati dei giacimenti che potrebbero essere sfruttati artigianalmente. Il piano viene attuato con l’aiuto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e della Missione delle Nazioni Unite nella RDCongo (MONUSCO). L’azienda auspica un approccio pragmatico che permetta un’analisi, caso per caso, delle diverse situazioni e la concessione di deroghe che consentano la presenza di minatori artigianali su zone coperte da licenze concesse per l’estrazione mineraria di tipo industriale.

Un po’ più a sud di Fizi, un’altra cittadina del Sud Kivu, nei pressi del lago Tanganica, Leda Mining, una filiale di Anvil Mining, precedentemente quotata alla borsa di Toronto e in Australia (attualmente ritirata dalla quotazione e diventata una filiera di China Minmetals) detiene sei licenze di esplorazione e, per metterle in atto, ha firmato una convenzione con Casa Mining, una società aurifera di esplorazione registrata nelle Isole Vergini britanniche. Tuttavia, diverse migliaia di minatori artigianali stanno lavorando sulle zone coperte da queste licenze e in cui sono ancora attivi vari gruppi armati. Nonostante ciò, Casa Mining starebbe tentando di convertire i propri diritti di esplorazione in diritti di estrazione presso il Catasto Minerario (CAMI) a Kinshasa. Il governo del Sud Kivu ha dichiarato di lavorare in collaborazione con Casa Mining e ha affermato che l’azienda ha accettato di cedere la metà delle sue licenze alle Zone di Estrazione Artigianale nel caso in cui le sue licenze di esplorazione siano trasformate in licenze di estrazione.

2. Tipi di estrazione mineraria e volumi di produzione

Con l’importante eccezione dell’estrazione industriale dell’oro a Twangiza, tutta l’attività mineraria del Sud Kivu è completamente di tipo artigianale. È difficile stimare le quantità della produzione d’oro nella provincia del Sud Kivu, poiché le statistiche provinciali ritengono solo i dati degli acquisti e delle esportazioni forniti dalle unità ufficiali di trasformazione dell’oro attive nel capoluogo, Bukavu.

Tali statistiche indicano che le unità di trasformazione hanno acquistato 79,3 kg (2.797 once) d’oro nel 2013, 120,829 kg (4.262 once) d’oro nel solo primo trimestre del 2014, 49,3 kg (1.739 once) in aprile 2014 e 51,7 kg (1.823 once) d’oro in maggio 2014 e che, negli stessi periodi, hanno esportato approssimativamente la stessa quantità d’oro.

L’aumento della produzione d’oro è stato attribuito soprattutto alla riduzione delle quote fiscali a carico degli acquirenti, ciò che ha favorito una maggior percentuale della produzione totale d’oro di tipo artigianale attraverso i canali ufficiali.

Queste statistiche, tuttavia, rivelano solo una parte del commercio dell’oro. Infatti, il volume complessivo e il valore della produzione e del commercio dell’oro nella provincia rimangono ancora sconosciuti. I commercianti d’oro di Bukavu hanno riferito che la maggior parte dell’oro nel Sud Kivu continua a passare attraverso canali non ufficiali. Nel 2011, il gruppo di esperti dell’ONU aveva ritenuto che “la catena ufficiale fosse inferiore all’1% delle centinaia di chili d’oro commercializzato nella provincia”.

A Mukungwe, una delle miniere d’oro più produttive del Sud Kivu, il gestore di un pozzo d’oro con oltre 300 dipendenti, nel 2014 aveva segnalato che, prima che le pompe dell’acqua si rompessero, la produzione del suo pozzo minerario aveva più volte raggiunto i 56 chili per settimana.

A Twangiza, Banro svolge delle attività minerarie di tipo industriale. Banro ha dichiarato che, a piena capacità, Twangiza può trasformare 1,7 milioni di tonnellate di minerale all’anno e produrre “più di 10.000 once d’oro al mese, con una durata prevista da sette a otto anni”. Nel 2013, la produzione totale d’oro di Twangiza è stata di 2.812 tonnellate, cioè 99.190 once, con una produzione mensile media di 8.265 once. Nel primo trimestre del 2014, la produzione è stata di 859.786 chilogrammi, cioè 30.328,1 once, con una media mensile di 10.109 once.

3. I livelli di standardizzazione dell’estrazione artigianale dell’oro nel Sud Kivu sono molto bassi

Nelle miniere d’oro artigianali del Sud Kivu c’è carenza di macchine. Nella maggior parte delle miniere del Sud Kivu, escluse quelle di Misisi, i minerali sono frantumati solo manualmente. In alcune miniere d’oro artigianali, per togliere l’acqua dai pozzi si utilizzano pompe a motore.

Alcune altre sono dotate di compressori per pompare aria fresca al loro interno. In alcune miniere d’oro della provincia, tra cui Mukungwe, i pozzi sono stati scavati utilizzando della dinamite, ma nella maggior parte delle miniere, sono i minatori che hanno scavato i pozzi martellando manualmente la roccia. In alcune miniere d’oro del Sud Kivu, come in altre province, i minatori sono organizzati in “cooperative”, alcune delle quali sono state riconosciute dalle autorità governative. Tuttavia, nella maggior parte delle miniere del Sud Kivu, la principale unità operativa sembra essere ancora quella della “squadra” del pozzo.

4. La filiera dell’oro nel Sud Kivu: dalla miniera all’esportazione

Le statistiche ufficiali non danno dati che per le catene di approvvigionamento delle miniere d’oro di tipo artigianale che, per l’esportazione, passano attraverso le unità di trasformazione di Bukavu.

Al momento di questa ricerca, le unità di trasformazione attive a Bukavu erano Alfa Gold, Cavichi, Namukaya, Comcam, Mining Congo e DTA. Tra queste, Alfa Gold, Cavichi e Namukaya erano, secondo le statistiche, gli acquirenti d’oro più attivi nel 2013 – 2014.

Namukaya è stato citato più volte nei rapporti dei gruppi di esperti delle Nazioni Unite, per avere presumibilmente facilitato delle transazioni d’oro, da cui avrebbero tratto profitto dei gruppi armati e le FARDC. In occasione di questo studio, i rappresentanti di Namukaya hanno rifiutato di essere intervistati.

La riduzione delle tasse governative a partire dal 2012 sulle unità di trasformazione dell’oro le ha incoraggiate a orientarsi verso il commercio legale ma, in pratica, l’imposizione di una serie di tasse legali e illegali ha ridotto in maniera significativa i loro margini di profitto.

Alti funzionari del governo continuano a chiudere gli occhi sul contrabbando dell’oro praticato da uomini d’affari ben collegati tra loro, il che complica la competitività delle unità di trasformazione che rispettano le regole.

Uno dei maggiori problemi è che, al momento di questo studio, le miniere d’oro convalidate erano ancora pochissime, per non parlare di quelle qualificate “verdi”, cioè autorizzate a vendere oro legalmente. Di conseguenza, le unità di trasformazione di Bukavu hanno accesso a dell’oro non convalidato che non dovrebbero comprare.

Tuttavia, conoscendo i volumi d’oro che le unità di trasformazione hanno dichiarato di acquistare, sembra molto probabile che la maggior parte di questo oro provenga dalle miniere non convalidate o, comunque, non qualificate come “verdi”.

Un altro problema per le unità di trasformazione è che, almeno al momento di questo studio, il ministero provinciale delle miniere non aveva a sua disposizione i certificati della Conferenza Internazionale della Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) perché, a quanto pare, il Ministero nazionale non li aveva forniti. Ciò significa che le unità di trasformazione non potevano procedere all’esportazione, in quanto questi certificati sono indispensabili, per legge, per potere esportare l’oro.

Tuttavia, le unità di trasformazione hanno continuato ad esportare oro, utilizzando la seguente documentazione:

  • Le prove del pagamento delle imposte dovute alle agenzie governative;
  • I nomi dei commercianti che avevano venduto i minerali all’unità di trasformazione;
  • La quantità d’oro che le unità di trasformazione avevano acquistato dai commercianti;
  • La percentuale d’oro contenuto nei minerali acquistati e venduti;
  • I nomi dei siti di estrazione, o spesso solo quello del territorio, da cui i commercianti avevano ottenuto l’oro.

La maggior parte dell’oro prodotto artigianalmente nel Sud Kivu passa per il capoluogo della provincia, Bukavu, dove una parte è acquistata ufficialmente dalle unità di trasformazione, ma il resto è negoziato ed esportato in contrabbando, senza essere registrato. Secondo fonti secondarie, l’oro che transita per Bukavu viene esportato verso Dubai attraverso Bujumbura (Burundi), Kigali (Ruanda), Kampala (Uganda) e Nairobi (Kenya). Il Gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha identificato anche un circuito diretto di esportazione dell’oro del Sud Kivu verso Bujumbura e la Tanzania.

5. La catena dell’oro di Banro

La produzione d’oro da parte di Banro e proveniente da Twangiza non è commercializzata nel Sud Kivu. Banro raffina l’oro di Twangiza sul posto fino a un 92 % di purezza. Il lingotto risultante viene inviato alla raffineria Rand di Johannesburg (Sud Africa).

Secondo Banro, il processo di esportazione dell’oro inizia quando un rappresentante del ministero provinciale delle miniere a Twangiza firma un primo documento che fa parte della cartella dei documenti di esportazione. Dopo di che, i funzionari dell’Ufficio Congolese di Controllo (OCC) e del Centro di Valutazione e di Certificazione delle sostanze minerarie preziose e semipreziose (CEEC) partecipano, sempre presso la miniera di Twangiza, a un procedimento di analisi in cui ciascuna barra di lingotto viene perforata tre volte. Un campione viene analizzato da BANRO e gli altri due dall’OCC e dal CEEC. Una volta completati i rapporti delle analisi, la Direzione Generale delle Dogane e delle Accise (DGDA) firma un’autorizzazione di esportazione, contrassegnata anche da un agente di compensazione. In seguito, ogni singola barra di lingotto d’oro è sigillata congiuntamente dai rappresentanti della DGDA e di Banro.

A questo punto, una società di sicurezza privata contrattata dalla raffineria Rand prende in custodia il lingotto e rilascia una ricevuta a Banro. L’oro viene inviato a Kinshasa e la sua custodia viene trasferita al CEEC di Kinshasa. Una volta che Banro ha pagato le tasse di esportazione e ha fornito al CEEC le ricevute di pagamento, il CEEC chiede al Ministro nazionale delle Miniere di firmare il certificato di esportazione di origine.

Una volta ricevuto il certificato firmato dal ministro, il CEEC trasferisce di nuovo la custodia dell’oro alla società privata di sicurezza, che accompagna l’oro fino a Johannesburg. In seguito, i Servizi delle Entrate del Sud Africa (SARS) autorizzano l’importazione dell’oro che, infine, è consegnato alla raffineria Rand.

III. LEGAMI CON CONFLITTI E ALTRI RISCHI

1. Sostegno diretto o indiretto alle FARDC e ai gruppi armati

Nella provincia del Sud Kivu, molte miniere d’oro hanno storicamente fornito, e in molti casi continuano ancora a fornire, significativi livelli di finanziamento alle forze armate della RDCongo (FARDC) e ai gruppi armati, tra cui i Mai Mai Yakutumba, i Raia Mutomboki, i Mudundu 40 e le FDLR. Le FARDC e i gruppi armati hanno tratto profitto soprattutto dall’estrazione artigianale dell’oro, imponendo delle tasse sui minatori, commercianti e trasportatori. I comandanti delle FARDC hanno ottenuto benefici finanziari “appropriandosi” anche di alcuni pozzi minerari. Inoltre, i gruppi armati e le FARDC hanno ottenuto importanti ricavi vendendo beni e servizi alle comunità minerarie artigianali e imponendo tasse sulle economie locali in cui l’estrazione artigianale dell’oro gioca un certo ruolo.

2. Violazioni legate all’estrazione, al trasporto e al commercio dei minerali

Il Gruppo di esperti delle Nazioni Unite, ricercatori internazionali e congolesi e ONG hanno tutti constatato molti casi di gravi violazioni dei diritti umani associate all’estrazione, al trasporto e al commercio dell’oro nel Sud Kivu. Le violazioni dei diritti umani includono torture, estorsioni, rapine a mano armata, stupri, arresti arbitrari e omicidi. I principali responsabili di queste angherie sono soprattutto membri dei gruppi armati e delle FARDC, ma anche agenti della polizia mineraria, della Divisione delle miniere, del Servizio di Assistenza e di Inquadramento del Small Scale Mining (SAESSCAM) e dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR).

3. Corruzione e falsa dichiarazione delle origini dei minerali

Nel Sud Kivu, numerosi sono i casi di corruzione e di false dichiarazioni delle origini dell’oro estratto da miniere di tipo artigianale.

La questione delle false dichiarazioni dell’origine dell’oro non riguarda tanto gli operatori che lo esportano di contrabbando, poiché queste esportazioni non vengono registrate.

Le false dichiarazioni di origine riguardano piuttosto l’oro acquistato ed esportato dalle unità di trasformazione. Le statistiche provinciali, per esempio, indicano l’assenza di acquisti d’oro estratto a Mukungwe tra il 2012 e il 2014, nonostante il fatto che Mukungwe sia la miniera d’oro ritenuta come la più produttiva della provincia e che l’oro di Mukungwe sia per lo più venduto all’unità di trasformazione Namukaya.

Finché i siti minerari convalidati e qualificati come “verdi” continueranno ad essere pochi, continuerà anche il fenomeno delle false dichiarazioni, soprattutto se le unità di trasformazione non saranno tenute a fornire delle prove che vadano oltre le dichiarazioni dei commercianti presso cui si riforniscono.

4. Riciclaggio di denaro, pagamento di imposte, tasse e canoni

La produzione d’oro esportata legalmente dal Sud Kivu copre una vasta gamma di tasse dovute a vari enti governativi. Il pagamento deve essere effettuato all’OCC, al CEEC, alla DGDA, alla Direzione Generale delle Entrate Amministrative (DGRAD), al SAESSCAM e alla Cellula Tecnica di Coordinamento e di Pianificazione Mineraria (CTCPM) della provincia.

Nel 2012, il governo ridusse le tasse sull’esportazione dell’oro e le imposte a carico delle unità di trasformazione registrate. Tale riduzione ha condotto a un aumento delle esportazioni legali dell’oro estratto artigianalmente.

Tuttavia, la combinazione di tasse ufficiali e di molti altri prelievi semi-legali o illegali imposti alle unità di trasformazione ufficiali da parte dei funzionari statali e dei gruppi armati continua a fare del contrabbando dell’oro un’attività maggiormente redditizia, anche tenendo conto delle tangenti che i commercianti devono spesso pagare ai funzionari, per proteggere i loro affari di contrabbando.

Una ragione per cui alcuni acquirenti dell’oro estratto artigianalmente possono offrire dei prezzi elevati ai venditori è che, essendo implicati nel riciclaggio di denaro, sono più interessati a convertire i loro soldi in oro che ad acquistare l’oro a un prezzo inferiore.

IV. IL CASO DI MUKUNGWE

La miniera di Mukungwe si trova nel territorio di Walungu, nel Sud Kivu, nel raggruppamento Mushingwa della collettività di Ngweshe. La miniera si trova sulla zona di estrazione industriale di Banro con licenza n. 43 e ospita una popolazione mineraria artigianale di circa 10.000 persone. La miniera di Mukungwe è stata convalidata nel 2012 e certificata “rossa” (non autorizzata per l’esportazione), a causa della presenza delle FARDC e delle FDLR.

1. Tipo di estrazione e volume di produzione

Non ci sono statistiche precise che forniscano l’esatto numero dei minatori artigianali presenti a Mukungwe. Secondo una missione di convalida del 2012, il numero dei minatori attivi oscillerebbe tra i 1.000 e i 4.000. Secondo i rappresentanti dei minatori intervistati in occasione di questo studio nel 2014, il numero dei minatori artigianali si aggirerebbe sulle 5.000 persone.

Oltre ai minatori, altrettante persone lavorano nel settore della cernita e della frantumazione delle pietre, o sono commercianti di una vasta gamma di prodotti che va dai prodotti freschi ai prodotti fabbricati, o sono impiegati in vari servizi complementari, tra cui i ristoranti, i bar e i locali notturni. Vi è inoltre una grande popolazione di bambini, tra cui molti sotto i 15 anni, che lavorano come minatori o frantumatori di pietre.

Le condizioni di vita sono estremamente difficili, l’igiene sanitaria è un problema enorme e i servizi di base, tra cui scuole e cliniche, sono del tutto assenti, trovandosi i più vicini a grande distanza.

Secondo i rappresentanti dei minatori, nella miniera di Mukungwe ci sarebbero 205 pozzi circa, 100 dei quali in funzione.

La produzione dell’oro di Mukungwe non è registrata. Secondo la missione congiunta di convalida del 2012, essa si aggirava sui 22,5 kg / mese. Tuttavia, questa stima potrebbe essere troppo bassa. Infatti, il direttore di uno dei più grandi pozzi di Mukungwe ha riferito che la produzione dei suoi soli pozzi raggiungeva a volte i 56 kg / settimana.

Uno dei responsabili dei pozzi, con 300 minatori dipendenti, ha affermato che il suo pozzo, uno dei più grandi, ha una lunghezza di oltre100 metri e una profondità di altri 100 metri.

Per la costruzione del pozzo si è utilizzata anche della dinamite, ma la maggior parte del lavoro è stato effettuato manualmente con pale e picconi. Come molti altri pozzi della miniera di Mukungwe, questo pozzo richiede l’utilizzazione di pompe a motore per evacuare l’acqua, ma il responsabile ha riferito che le pompe non funzionano più. Di conseguenza, la produzione è passata dai 56 kg circa alla settimana a una quantità “quasi insignificante”.

I minatori di Mukungwe lavano l’oro nel fiume che attraversa la miniera. Tutto il lavaggio è effettuato con il vaglio e la setacciatura è manuale. La frantumazione delle pietre è fatta a mano e sul sito non c’è alcun frantoio meccanico.

La maggior parte dell’oro di Mukungwe è commercializzata a Bukavu, ma la transazione non è contabilizzata o è contabilizzata come proveniente da un’altra fonte. Sono almeno 100 i commercianti che comprano oro dalla miniera di Mukungwe. Secondo varie testimonianze, la principale unità di trasformazione che acquistava l’oro della miniera era Namukaya, con sede a Bukavu. Tuttavia, durante il 2013 e il 2014, Namukaya non ha mai ufficialmente dichiarato al Ministero delle miniere del Sud Kivu di acquistare oro da Mukungwe.

2. Livelli di smilitarizzazione

Nel 2012, una missione congiunta di convalida aveva qualificato la miniera di Mukungwe come “rossa” per buone ragioni. I comandanti delle FARDC avevano imposto delle tasse durante vari anni e alcuni di loro si erano addirittura “appropriati” di vari pozzi. Le FDLR e i Mudundu 40 avevano tratto grandi profitti da Mukungwe, come del resto anche il M23.

Tuttavia, dopo una presenza di quindici anni, i militari delle FARDC si sono ritirati da Mukungwe nel 2013 su ordine del generale Masunzu, comandante della 10ª regione militare. Tuttavia, alcuni comandanti militari, compreso lo stesso Masunzu, hanno conservato degli interessi finanziari segreti, come del resto anche i principali politici provinciali. Inoltre, alcuni militari delle FARDC sono rimasti a Mukungwe, anche se in tenuta civile, per proteggere, a quanto pare, i pozzi dei loro comandanti. La presenza delle FDLR intorno a Mukungwe è notevolmente diminuita e, al momento della redazione di questo studio, non si registrava che una presenza residua di miliziani, diventati ormai dei minatori che lavorano per conto proprio.

3. Quali prospettive per il futuro

Mentre Banro e i governi nazionale e provinciale auspicano che i minatori artigianali abbandonino il sito e che siano trasferiti su una ZEA, i minatori stessi desiderano rimanere sulla miniera. Banro precisa che la partenza dei minatori dal sito sarebbe attuata, in ogni caso, dopo consultazioni con tutte le parti interessate, in conformità con la politica generale della società.

Banro ha dichiarato che la società continuerà l’operazione di esplorazione nei dintorni di Mukungwe ancora per tre anni, con la speranza di individuare altri giacimenti d’oro sufficientemente attrattivi per stabilirvi una ZEA che incoraggi i minatori artigianali a lasciare Mukungwe. Ha inoltre indicato che potrebbe garantire l’accesso di cooperative minerarie artigianali a certi giacimenti, a condizione che le autorità governative le autorizzi e faciliti l’operazione.

V. SENSIBILITÀ E LIVELLI DI ATTUAZIONE DELLA GUIDA DELL’OCSE SUL DOVERE DI DILIGENZA

La sensibilità nei confronti della Guida dell’OCSE sul dovere di diligenza è significativamente

aumentata in seno al Ministero delle Miniere del Sud Kivu, del SAESSCAM e del CEEC. Ciò vale anche per gli sforzi fatti in vista della sua applicazione.

Tuttavia, la persistenza, anche se nascosta, di interessi finanziari privati di molti funzionari statali, di politici e di comandanti militari della Provincia nel settore minerario artigianale dell’oro nel Sud Kivu rimane un enorme ostacolo per proseguire nell’attuazione dei Principi guida nel settore orafo. Contrariamente alle unità di trasformazione che commercializzano lo stagno, il tungsteno e il tantalio (3T), la maggior parte delle quali hanno ricevuto una formazione sulla Guida dell’OCSE, le unità di trasformazione dell’oro mantengono una scarsa, o quasi nulla, sensibilità nei confronti di queste linee guida.

L’unità di trasformazione di Namukaya, per esempio, è stata informata dell’esistenza della Guida dell’OCSE in molte occasioni, ma nulla sembra indicare che ciò abbia portato ad un cambiamento significativo nel suo comportamento. Invece, il personale della Banro dimostra una conoscenza approfondita della Guida dell’OCSE e, attraverso la sua catena di documentazione e le sue pratiche di rendicontazione, si sforza di garantire l’attuazione della Guida. Tuttavia, Banro sottolinea che i requisiti della legge Dodd Frank non si applicano alla sua produzione d’oro, dal momento che essa è venduta a un raffinatore cui spetta la responsabilità di conformarsi con le normative statunitensi.

1. Iniziative per attenuare i rischi secondo l’allegato II

Le principali iniziative sono:

– Il programma congiunto di convalida dei siti minerari: dei gruppi misti composti da funzionari governativi, rappresentanti della CIRGL e della MONUSCO, delegati di agenzie internazionali per lo sviluppo, della Società civile congolese e delle imprese industriali visitano e valutano i siti minerari di tipo artigianale e li classificano secondo colori diversi: “rosso”, “arancio” o “verde”. “Rosso” significa che la situazione d’insicurezza e le condizioni sociali della miniera risultano ancora problematiche, a causa della presenza di gruppi armati e di forze di sicurezza incontrollate e a causa della presenza di donne incinte e di minorenni inferiori ai 15 anni che lavorano nella miniera. “Arancio” significa che la situazione della sicurezza e le condizioni sociali sono parzialmente soddisfacenti, ma che potrebbero migliorare se si attuassero delle riforme. “Verde” indica che la situazione della sicurezza e le condizioni sociali sono del tutto soddisfacenti, il che significa che il sito è sotto controllo del Ministero delle Miniere e che non c’è alcuna presenza di gruppi armati e di forze di sicurezza incontrollate, né alcuna presenza di donne incinte o di minorenni inferiori ai 15 anni che lavorano nella miniera.

Nel mese di giugno 2014, nel Sud Kivu sono state convalidate dieci miniere d’oro, tra cui quattro, Mukungwe compresa, sono state convalidate come “rosse”, tre come “arancio” e tre come “verdi”.

– Una seconda iniziativa correlata è il meccanismo di certificazione regionale (RCM) della CIRGL. Secondo il RCM, è la Divisione Provinciale delle Miniere che concede i certificati CIRGL per la produzione autorizzata delle miniere classificate come “verdi” dalle equipe del programma congiunto di validazione dei siti minerari, consentendone l’esportazione dalla RDCongo. Quando il progetto sarà pienamente operativo, il progetto avrà la potenzialità di stabilizzare e di semplificare la previa verificazione da parte dell’acquirente e – almeno in teoria – tutte le attività minerarie che detengano i certificati CIRGL saranno “liberate da conflitti” . Come precedentemente riportato, finché il funzionamento del progetto non sia completamente operativo, c’è il rischio che si crei un nuovo blocco, a causa dell’insufficienza del numero dei siti minerari certificati “verdi”.

– La politica ufficiale del governo nazionale e provinciale implica che i minatori artigianali lascino le zone minerarie coperte da autorizzazioni detenute dalle società minerarie e che si trasferiscano verso Zone di Estrazione Artigianale (ZEA). Le autorità hanno lanciato un appello alle società minerarie ad aiutarle a identificare queste ZEA.

Da parte sua, Banro ha dichiarato di auspicare che le ZEA siano stabilite su zone coperte da permessi su cui i titolari non hanno ancora esercitato i propri diritti. Invece, il governo ha affermato di preferire che le ZEA siano stabilite su parti “inutilizzate” di zone coperte da permessi detenuti da società minerarie industriali, e ciò nonostante il fatto che la legge congolese non autorizzi l’attività mineraria artigianale su zone coperte da licenze minerarie industriali. Come notato sopra, su questa questione, Banro cerca di convincere le parti interessate ad adottare un approccio più pragmatico.

Nella provincia del Maniema, Banro ha identificato una potenziale ZEA a Matete, situata a 25 km dalla zona coperta dalla sua licenza. Su proposta di Banro, lo Stato ha classificato il giacimento di Matete come ZEA, per dare delle opportunità di delocalizzazione ai minatori presenti a Namoya, una zona già coperta da un’altra licenza. Inoltre, Casa Mining ha accettato di facilitare la creazione di una ZEA sulla zona coperta da una sua licenza a Fizi, dopo che la sua licenza di esplorazione sia stata convertita in licenza di estrazione industriale.

– Un’alternativa che finora è stata poco esplorata è il modello SOMINKI, secondo cui la società che detiene una licenza per svolgere un’attività mineraria acconsente che i minatori rimangano dove sono e, nello stesso tempo, acquista la loro produzione.

Il personale di Banro ha dichiarato che sarebbe prematuro pronunciarsi su questa opzione prima del completamento della fase di esplorazione geologica e della convalida di Mukungwe come miniera “verde”, ma ha sottolineato una serie di rischi che questa opzione potrebbe rappresentare per la società. La preoccupazione principale della società sarebbe la contaminazione della sua produzione industriale come conseguenza di una produzione artigianale proveniente da altre fonti, precisamente perché i programmi di certificazione in materia di produzione d’oro sono ancora nella loro fase iniziale.

VI. CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI:

1. Conclusioni

A metà del 2014, nel Sud Kivu la produzione d’oro a livello industriale non esisteva che da tre anni. Dal suo inizio, essa ha apportato all’amministrazione provinciale delle entrate fiscali supplementari, nuove infrastrutture essenziali e una iniezione di liquidità in un’economia nazionale vacillante. Ma la produzione dell’oro a livello industriale è diventata fonte di preoccupazione per i molti minatori artigianali che per anni avevano lavorato su zone coperte da permessi rilasciati a società di tipo industriale. Essi hanno cominciato a temere di essere sfrattati, per lasciare il posto ai titolari di permessi di tipo industriale. I minatori di Mukungwe hanno dichiarato di essere molto preoccupati, a causa delle esperienze piuttosto negative degli ex minatori artigianali di Twangiza, diventati molto più poveri di prima, nonostante gli sforzi di Banro per creare posti di lavoro alternativi.

Il compromesso suggerito dalle autorità nazionali e provinciali è la creazione di nuove ZEA su cui i minatori artigianali dovrebbero trasferirsi. Tuttavia, l’esperienza delle ZEA per il rame e il cobalto create nella provincia del Katanga è istruttiva. Queste ZEA erano state create nei pressi di Kolwezi, nei primi anni del 2000, per i minatori artigianali provenienti dalle nuove miniere industrializzate e privatizzate. Ma il lavoro nelle ZEA si è rivelato più difficile e meno redditizio in confronto con i siti industriali che avevano lasciato e spesso, quando le condizioni geologiche diventavano troppo dure, i minatori se ne andavano e ritornavano sul loro precedente posto di lavoro. La stessa cosa potrebbe succedere anche nel Sud Kivu.

Inoltre, finché le rotte del commercio dell’oro rimarranno le stesse, ci sarà sempre il rischio che l’estrazione artigianale dell’oro praticata in zone coperte da licenze di tipo industriale possa continuare a finanziare dei conflitti.

Per ridurre questo rischio, almeno nei siti artigianali situati su zone coperte da permessi di tipo industriale, come il sito di Mukungwe, un’alternativa ancora poco esplorata è la “alternativa SOMINKI”, secondo cui i minatori artigianali continuano a rimanere dove sono e i titolari delle licenze acquistano la loro produzione, a condizione che ci siano le prove che dimostrino chiaramente l’implementazione del dovere di diligenza e dei Principi direttivi dell’OCSE.

Secondo l’alternativa SOMINKI, i nuovi acquirenti dovrebbero sospendere o interrompere l’acquisto di oro prodotto artigianalmente sulle zone coperte dai lori permessi, qualora l’attuazione del dovere di diligenza da parte loro indichi che è riemerso il rischio di finanziamento di conflitti. Il rischio di questa situazione sarebbe che una sospensione degli acquisti potrebbe, a sua volta, innescare un ritorno al finanziamento di conflitti e che si ritorni di nuovo alla vecchia rete commerciale per rimediare alla mancanza di acquirenti. Questo rischio dovrebbe essere ridotto attraverso rigorose discussioni tra le parti interessate e la conclusione di un accordo secondo cui le decisioni di sospendere gli acquisti dovrebbero essere prese, implementate e poi riviste.

Un rischio supplementare per l’alternativa SOMINKI sarebbe che quelli che subiscono le conseguenze dell’attuazione di queste decisioni cercassero di far deragliare il progetto. Si tratta, in particolare, di comandanti militari e di politici che rischiano di perdere fonti di entrate molto lucrative. L’attenuazione di questo rischio richiederebbe una ferma volontà politica da parte delle autorità provinciali e nazionali, una raccolta di prove concrete sul posto e una loro analisi da parte di terzi credibili.

2. Raccomandazioni

– Dato il recente dibattito sulla necessità di attenuare il rischio di finanziamento di conflitti a partire dalla catena di approvvigionamento in risorse minerarie, è necessario sottolineare che gli imprenditori implicati nella vendita e nell’acquisto dell’oro dovrebbero impegnarsi e essere obbligati a prendere le misure appropriate, per assicurarsi che le loro attività non procurino, direttamente o indirettamente, alcun beneficio finanziario a gruppi armati e a membri delle FARDC.

– Il governo nazionale e quello provinciale del Sud Kivu dovrebbero proseguire i loro sforzi, in collaborazione con la società civile, per negoziare delle soluzioni alle controversie tra i titolari di licenze e i cercatori d’oro artigianali. In tale compito, essi dovrebbe essere assistiti dai finanziatori e organismi internazionali.

– Le autorità congolesi auspicano che le ZEA svolgano un ruolo importante nella soluzione, ma dovrebbero essere consapevoli delle problematiche inerenti alle ZEA e non illudersi che esse siano una panacea per i conflitti di interesse che esistono tra il settore minerario artigianale e quello industriale. – Le autorità congolesi e le altre parti interessate dovrebbero, se opportuno, prendere in considerazione la “alternativa SOMINKI” secondo cui i minatori artigianali continuano a lavorare su concessioni affidate a detentori di licenze industriali, vendendo loro la loro produzione, sotto riserva della classificazione “verde” delle miniere e degli sforzi forniti dalle diverse parti per applicare i Principi direttivi dell’OCSE.

– La capacità delle autorità congolesi per negoziare la risoluzione dei conflitti tra i titolari di licenze minerarie di tipo industriale e i minatori artigianali è compromessa da interessi finanziari segreti di politici e comandanti militari implicati nell’attività mineraria e dalla ricerca di continui redditi illegale da parte di un ampia gamma di funzionari del settore. Ciò che è necessario, ma non sufficiente, per reagire di fronte a questi problemi è una forte volontà politica da parte degli alti funzionari dell’amministrazione provinciale e nazionale.

– La comunità internazionale dovrebbe appoggiare i progetti intrapresi per risolvere i conflitti che sorgono sulle zone di estrazione artigianale dell’oro e i progetti relativi alla loro demilitarizzazione.

– La comunità internazionale dovrebbe sostenere e aiutare l’attuazione del sistema di certificazione della CIRGL nel Sud Kivu e altrove nella regione, soprattutto mediante il finanziamento di un programma rafforzato e accelerato di convalida dei siti minerari. Un maggior numero di siti minerari convalidi aumenterebbe il numero delle fonti convalidate di approvvigionamento delle unità di trasformazione, attenuando, almeno in una certa misura, il rischio di acquisti e di esportazioni d’oro illegali.

– Il Segretariato dell’OCSE dovrebbe indire delle sessioni di formazione specifiche all’attenzione delle unità di trasformazione dell’oro del Sud Kivu, per far conoscere la Guida sul dovere di diligenza.

[1] Cf testo integrale in francese: http://www.oecd.org/fr/daf/inv/mne/Gold-Baseline-Study-2-FR.pdf

[2] Le unità di trattamento sono spesso denominate centri di esportazione, ma il loro nome ufficiale è stato cambiato da quando il governo ha introdotto l’obbligo che tutti i minerali siano trattati, almeno parzialmente, nella RDCongo prima della loro esportazione.

[3] La convalida è il processo attraverso il quale il gruppo composto da rappresentanti di una vasta gamma di addetti alla governance delle risorse naturali verifica i siti minerari, per valutare, tra l’altro, se contribuiscono al finanziamento dei conflitti.

[4] In seguito denominata Guida dell’OCSE sul dovere di diligenza. Per la seconda edizione della guida, fare riferimento a: www.oecd.org/fr/daf/inv/mne/GuideEdition2.pdf

[5] Secondo l’allegato II della Guida dell’OCSE sul dovere di Diligenza per catene di approvvigionamento responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio, i rischi includono il lavoro minorile, la dichiarazione fraudolenta delle origini dei minerali, il riciclaggio di denaro e la corruzione.

[6] Qui di seguito denominata come legge Dodd-Frank. L’articolo 1502 della legge richiede che le società quotate Negli Stati Uniti d’America e che producono dei prodotti contenenti oro, stagno, tungsteno e tantalio rivelino l’origine di questi minerali, se i minerali sono serviti a finanziare dei conflitti e quali tappe di diligenza ragionevole sono state seguite per stabilirlo.