Congo Attualità n. 426

LE CONSULTAZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PER UNA SACRA UNIONE DELLA NAZIONE (3)

INDICE

1. IL PRESIDENTE TSHISEKEDI ALLA RICERCA D’UN NUOVO ACCORDO CON KABILA?
2. ALLA FINE, È SEMPRE KABILA A SPUNTARLA?
3. I POSSIBILI SCENARI DOPO LE CONSULTAZIONI POLITICHE DEL PRESIDENTE FÉLIX TSHISEKEDI
a. Primo scenario: lo scioglimento dell’Assemblea nazionale
b. Secondo scenario: la ricostituzione di una nuova maggioranza all’Assemblea nazionale
c. Terzo scenario: rinegoziazione di un nuovo accordo con l’ex presidente Joseph Kabila
d. Quarto scenario: convocazione di un dialogo politico nazionale

1. IL PRESIDENTE TSHISEKEDI ALLA RICERCA D’UN NUOVO ACCORDO CON KABILA?

Il presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, si è trovato ostacolato da un’Assemblea nazionale e da un Senato in gran parte dominati dall’FCC del precedente presidente. Ultimo episodio della serie: la nomina di tre nuovi giudici della Corte costituzionale che l’FCC non riconosce valida. Questa volta, il divorzio con Joseph Kabila sembrerebbe veramente consumato. Nel bel mezzo di una crisi politica e dopo un mese di consultazioni con la classe politica e la società civile, il presidente Félix Tshisekedi dovrà presto annunciare le sue conclusioni e decisioni.
Delle consultazioni nazionali
Ostaggio del campo kabilista, il 23 ottobre il presidente Tshisekedi ha annunciato una serie di consultazioni nazionali, che dovrebbero “unire tutte le forze politiche e sociali attorno a una visione comune di governo”. Chiaramente, il presidente vuole riprendere il controllo su un governo che gli è ostile e che boicotta la sua azione.  Per mettere fine ai colpi inferti dall’FCC e prendendo l’iniziativa di avviare ampie consultazioni nazionali, Félix Tshisekedi si è proposto di creare una “sacra unione della nazione” intorno alla sua persona, nel tentativo di invertire i rapporti di forza e formare una nuova maggioranza parlamentare all’Assemblea nazionale.
Alla ricerca di nuovi alleati
Per riuscire a invertire i rapporti di forza, Félix Tshisekedi dovrebbe dapprima ottenere l’appoggio dell’opposizione, composta dai deputati di Lamuka (Ensemble di Moïse Katumbi e l’MLC di Jean-Pierre Bemba) e, perché no, dell’Ecide di Martin Fayulu. Dovrebbe anche riuscire a far entrare nella sua coalizione dei nuovi parlamentari, come i deputati dell’AFDC di Modeste Bahati. Ma, per riprendere il controllo sull’Assemblea nazionale, sarebbe costretto a ottenere soprattutto  l’adesione di un centinaio di deputati dell’FCC.
Alla fine, l’operazione di seduzione di Félix Tshisekedi ha prodotto pochi risultati. Katumbi e Bemba sono stati piuttosto muti sui risultati dei loro rispettivi incontri con il Presidente. Martin Fayulu ha rifiutato l’invito. Modeste Bahati, “molto disponibile” a collaborare con Tshisekedi, non è affatto sicuro che tutti i suoi deputati lo seguano. e l’operazione di bracconaggio non avrà realmente avuto luogo, avendo Da parte sua, l’FCC ha bloccato la partecipazione dei suoi membri alle consultazioni presidenziali, il che sembra aver impedito, almeno finora, un eventuale passaggio di massa di suoi deputati verso il campo presidenziale.
Uno scioglimento incostituzionale dell’Assemblea nazionale
Bloccato dall’FCC,che detiene la maggioranza parlamentare, e da un accordo che ha firmato di sua spontanea volontà con il precedente presidente Joseph Kabila, senza aver consultato né la sua base elettorale, né la classe politica, Félix Tshisekedi sta cercando la via d’uscita che gli consenta di rendersi indipendente dal suo ingombrante partner. Mentre la speranza di ricostituire una nuova maggioranza parlamentare all’Assemblea nazionale si è rapidamente svanita, alcuni stanno chiedendo al Capo dello Stato di sciogliere l’Assemblea nazionale e di indire nuove elezioni. Ma anche questa soluzione sembra irrealistica. Lo scioglimento dell’Assemblea nazionale sarebbe costituzionalmente valido solo in caso di una situazione di conflitto permanente tra il governo e l’Assemblea nazionale e non tra il Presidente della Repubblica e il Parlamento. Inoltre, il governo non ha soldi sufficienti per organizzare le elezioni anticipate e la nomina del nuovo presidente della Commissione elettorale (CENI) è una delle controversie più inestricabili tra l’FCC di Joseph Kabila e CACH di Félix Tshisekedi.
Dimissioni del Primo Ministro ad alto rischio
È difficile ottenere anche le dimissioni forzate del Primo Ministro Sylvestre Ilunga, membro dell’FCC e pomo della discordia tra l’ex e il nuovo presidente. L’Assemblea nazionale, a predominanza FCC, si sentirebbe sfiduciata e lesa, il che aggraverebbe la crisi politica e potrebbe spingerla a chiedere la destituzione del Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi. È anche difficile che il Presidente possa nominare un informatore per identificare una nuova maggioranza di governo poiché esiste già. Sciogliere l’Assemblea nazionale o obbligare il primo ministro alle dimissioni farebbe precipitare il paese in un caos politico che metterebbe in pericolo la poca credibilità che resta a Felix Tshisekedi dopo una sua elezione contestata. Inoltre, il presidente non può permettersi di provocare una crisi politica nel suo paese, proprio quando sta per prendere la guida dell’Unione Africana (UA) nel mese di febbraio 2021.
Rinegoziare un nuovo accordo con Kabila
Al termine delle consultazioni, è difficile che Félix Tshisekedi riesca a capovolgere la situazione, almeno non subito. Ma il Capo dello Stato spera soprattutto che queste sue consultazioni gli permettano di far pressione sull’FCC per rinegoziare un nuovo accordo politico e ottenere maggiori margini di manovra nell’applicazione della sua politica. Egli dispone della collaborazione dell’attivissimo ambasciatore americano e dei suoi colleghi europei, ma anche della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) per portare Joseph Kabila al tavolo dei negoziati e trovare un nuovo accordo più favorevole. In effetti, queste consultazioni hanno consentito all’attuale presidente Félix Tshisekedi di dimostrare all’FCC dell’ex presidente Joseph Kabila che esiste un ampio consenso nazionale che mette in discussione il controllo dell’FCC e di Kabila sulle istituzioni della nazione. Il segnale inviato all’FCC dal presidente è inequivocabile: voi avete certamente tutto il potere, ma io ho l’appoggio della società civile, dell’opposizione e della comunità internazionale.
Ilunga e Mabunda in bilico
Affinché queste consultazioni possano raggiungere l’obiettivo stabilito, il presidente Felix Tshisekedi ha posto sulla bilancia due nomi: quello di Sylvestre Ilunga, Primo Ministro, e quello di Jeanine Mabunda, Presidente dell’Assemblea nazionale. Due teste che potrebbero cadere se il presidente ottenesse un riequilibrio dei rapporti di forza. Ma per ora, l’FCC rimane fermo sul suo accordo iniziale di coalizione e non sembra ancora disposto a fare concessioni. Solo una negoziazione diretta tra Tshisekedi e Kabila potrebbe far cambiare la situazione. Resta da vedere se la pressione proveniente dalle consultazioni nazionali e dai partner occidentali sarà sufficiente per portare i due uomini a sedersi insieme attorno a un tavolo di dialogo diretto. Altrimenti, il Paese rischia di ritornare all’interminabile ciclo di negoziati, dialoghi, consultazioni e conferenze nazionali che non sono serviti a risolvere alcuna crisi, ma solo a preparare quella successiva.[1]

2. ALLA FINE, È SEMPRE KABILA A SPUNTARLA?

Il 2 novembre, il Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, aveva avviato una serie di consultazioni politiche, il cui obiettivo dichiarato era quello di cercare di creare una maggioranza alternativa a quella cui era stato costretto, alleandosi con la piattaforma politica del suo predecessore Joseph Kabila, il Fronte Comune. per il Congo (FCC). Tuttavia, probabilmente queste consultazioni promosse dal presidente Tshisekedi non sono riuscite a identificare nuovi modalità di governo.
Se, dopo la sconfitta elettorale di dicembre 2018, l’FCC di Joseph Kabila aveva accettato, a scapito dei veri risultati elettorali, di “nominare” Félix Tshisekedi alla Presidenza della Repubblica, aveva tuttavia mantenuto le redini del potere, assicurandosi 341 seggi sui 500 dell’Assemblea nazionale. Tshisekedi si trovava quindi legato mani e piedi e totalmente dipendente dal’FCC. Ma quello è stato il prezzo da pagare, per poter arrivare alla presidenza. La comunità internazionale ha chiuso un occhio sugli accordi tra Kabila e Tshisekedi e ha “venduto” il conseguente trasferimento pacifico di potere (evitando generalmente e fortunatamente l’uso dell’aggettivo “democratico”) come esempio da promuovere in Africa.
Meno di due anni dopo, si nota una totale delusione. Tshisekedi non è ancora riuscito a rendersi indipendente da Kabila, nonostante le sue promesse di “smantellamento del precedente regime”.
L’ultimo tentativo, quello delle consultazioni, fatto da Tshisekedi per sottrarsi all’invadente influenza del precedente presidente si è concluso con un fallimento. Tshisekedi può vantarsi di aver ottenuto l’appoggio del professor Bahati, un ex ministro kabilista che sognava di essere nominato presidente del Senato e che era sceso dalla barca dell’FCC già da diversi mesi. Tuttavia, con fine tattica, il capo dell’AFDC ha già annunciato di voler mantenere la sua indipendenza. Tshisekedi è certo  riuscito a contattare i pesi massimi dell’opposizione: Jean-Pierre Bemba e Moïse Katumbi, ma i due sono andati a Kinshasa principalmente per ottenere un bagno di folla da parte dei loro rispettivi simpatizzanti. Hanno ascoltato il loro vecchio “alleato” e “fratello” Felix, poi sono tornati indietro senza dire una parola.
L’iniziativa di Tshisekedi è stata complicata e mal preparata. Per rovesciare la maggioranza parlamentare e riuscire a prendere il controllo dell’Assemblea nazionale, il Presidente della Repubblica dovrebbe “ricuperare” più di 200 deputati, di cui quasi 100 dalle file dell’FCC, dove alcuni affermano di aver già ricevuto 7.000 dollari come “anticipo” per un loro eventuale passaggio al campo presidenziale. Senza dimenticare che il Presidente Tshisekedi avrebbe bisogno dell’adesione di tutti i deputati dell’opposizione, il che sembra molto difficile, perché essi ricordano bene che Tshisekedi era uno di loro, prima di tradirli alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2018, per fondare il suo movimento Cach (da alcuni ribattezzato ca$h) con Vital Kamerhe.
Tshisekedi aveva promesso di far dimettere Jeannine Mabunda, la presidente dell’Assemblea nazionale, ma ella è ancora al suo posto e tutti i deputati dell’FCC si sono resi conto che è Kabila che mantiene ancora il timone. Le consultazioni di Tshisekedi hanno permesso all’FCC di stringere maggiormente le file e quelli che avrebbero potuto andarsene hanno cambiato idea.[2]

3. I POSSIBILI SCENARI DOPO LE CONSULTAZIONI POLITICHE DEL PRESIDENTE FÉLIX TSHISEKEDI

È un segreto di Pulcinella: la coalizione tra l’FCC di Joseph Kabila e CACH di Félix Tshisekedi sta attraversando una profonda crisi.
Creata in occasione delle caotiche elezioni di dicembre 2018, i cui risultati sono ancora oggi contestati, questa coalizione due partiti politici (l’UDPS, membro di CACH e il PPRD, membro dell’FCC) che si sono sempre collocati ai due lati estremi del panorama politico congolese anche se,  teoricamente e paradossalmente, entrambi si ispirano ad ideologie socialiste.
Come ci si poteva dunque aspettare, ancora prima di arrivare a metà del suo mandato quinquennale, questa pseudo – coalizione è già sin grave difficoltà e molti ne chiedono lo scioglimento.
La crisi più recente si è rivelata in occasione della nomina, da parte del Presidente della Repubblica,  di tre giudici della Corte Costituzionale. La crisi ha raggiunto il suo culmine in occasione della loro prestazione di giuramento, boicottata sia dal Primo Ministro che dalla presidente dell’Assemblea Nazionale, membri entrambi dell’FCC dell’ex Presidente Joseph Kabila.
Infastidito per  tale assenza e avendo preso atto della persistenza della crisi, il 23 ottobre,  Félix Tshisekedi ha annunciato di voler consultare la classe politica e le organizzazioni della Società civile, al fine di poter prendere una decisione chiara e definitiva  sul futuro della coalizione con l’FCC.  Cosa dunque ci si può aspettare da queste consultazioni? Quali potrebbero essere gli scenari possibili e realistici?

a. Primo scenario: lo scioglimento dell’Assemblea nazionale

Questa opzione sembra essere quella più improbabile, per due ragioni principali.
In primo luogo, da un punto di vista strettamente giuridico e costituzionale, non ci sono le condizioni per lo scioglimento dell’Assemblea nazionale.
Infatti, secondo l’articolo 148 della Costituzione, il Presidente della Repubblica non ha il potere di prendere da solo l’iniziativa di sciogliere l’Assemblea nazionale.
È obbligato a rispettare alcune condizioni di fondo e di forma.
In primo luogo, per quanto riguarda le condizioni di fondo, lo scioglimento dell’Assemblea nazionale richiede l’esistenza di una crisi “persistente” tra il governo e l’Assemblea nazionale.
Il costituente ha sottolineato che questa crisi deve essere “persistente”, il che implica che la crisi esistente tra l’Assemblea nazionale e il governo si allunghi su una certa durata di tempo e che permanga anche dopo diversi tentativi di conciliazione effettuati dal Presidente della Repubblica.
In seguito, per quanto riguarda la forma, il Presidente della Repubblica deve dapprima consultare il Primo Ministro e i Presidenti dell’Assemblea Nazionale e del Senato, e solo dopo può decidere lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale.
Tuttavia, nel caso attuale, il governo guidato da un Primo ministro membro dell’FCC non è minimamente in conflitto con l’Assemblea nazionale, anch’essa composta principalmente da membri dell’FCC.
C’è ancora un altro elemento importante da tenere in considerazione: è il fatto che, secondo l’articolo 79 (in fine) della Costituzione, l’atto presidenziale che decide lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale deve essere controfirmato dal Primo Ministro del Governo. A questo punto, ci si può dunque chiedere: come costringere il Primo ministro a controfirmare un’ordinanza presidenziale sullo scioglimento dell’Assemblea nazionale, se tale atto non rispetta le condizioni necessarie, tra cui l’esistenza di una crisi “persistente” e la consultazione delle autorità citate dall’articolo 148 della Costituzione?
Da quanto sopra detto, è costituzionalmente inconcepibile immaginare che le consultazioni della classe politica avviate da Felix Tshisekedi portino allo scioglimento dell’Assemblea nazionale. Tanto più che, per il momento, è il presidente della Repubblica che sembra essere in conflitto con i suoi alleati dell’FCC, che detengono la maggioranza sia all’Assemblea nazionale che al governo. Guidato dal Primo Ministro (articolo 90 della Costituzione), il Governo non ha alcuna difficoltà a collaborare con l’Assemblea nazionale e viceversa. E finché non ci sia una crisi “persistente” tra Governo e Assemblea nazionale e finché il Primo Ministro e i Presidenti delle due camere del Parlamento non siano stati consultati, il Presidente della Repubblica Felix Tshisekedi non detiene alcun mezzo costituzionale per poter sciogliere l’Assemblea nazionale. Inoltre, dal punto di vista politico, il Presidente Tshisekedi non avrebbe alcun interesse a sciogliere l’Assemblea nazionale. Infatti, la conseguenza dello scioglimento della Camera dei Deputati sarebbe l’indizione delle elezioni legislative entro 60 giorni, secondo il paragrafo 2 dell’articolo 148 della Costituzione. Tuttavia, il suo partito (l’UDPS) e la sua piattaforma politica (CACH, già indebolita per l’arresto del suo alleato e capo di gabinetto Vital Kamerhe) non sembrano essere pronti né a partecipare a elezioni legislative anticipate, né a ottenere la maggioranza all’Assemblea nazionale.
Un’altra difficoltà nel caso di uno scioglimento dell’Assemblea nazionale sarebbe di tipo finanziario e tecnico. Con quali mezzi finanziari potrebbero essere organizzate delle elezioni anticipate in seguito allo scioglimento dell’Assemblea nazionale? Il ministro delle finanze continua ad allertare sul deficit di bilancio e sulla debole mobilitazione delle entrate, dati aggravati dall’emergenza della pandemia Covid-19. Inoltre, con quale Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) si potrebbero organizzare queste elezioni legislative anticipate? Come si sa, l’attuale comitato di presidenza della CENI è arrivato alla fine del suo mandato e l’iter per la sua sostituzione è bloccato, sempre a causa delle contese tra l’FCC e il CACH. Quindi, se a sorpresa il Presidente della Repubblica annunciasse lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, non solo violerebbe le prescrizioni dell’articolo 148 della Costituzione, ma ci si ritroverebbe anche con un’Assemblea nazionale sciolta che, comunque, continuerebbe a funzionare fino alla fine del quinquennio del suo mandato, per il fatto che non si riuscirebbe ad organizzare le elezioni legislative anticipate e che, secondo l’articolo 103 della Costituzione, “il mandato di deputato nazionale inizia con la convalida dei poteri da parte dell’Assemblea nazionale e scade con l’insediamento della nuova Assemblea”.

b. Secondo scenario: la ricostituzione di una nuova maggioranza all’Assemblea nazionale

Alcuni consigliano a Felix Tshisekedi di “cercare e attirare” alcuni deputati dell’FCC per ricostituire una nuova maggioranza, in coalizione con il gruppo Ensemble di Moïse Katumbi e l’AFDC-A di Bahati Lukwebo. Questa tattica politica sarebbe indecente e porrebbe un problema etico che non onora un Presidente della Repubblica, proveniente da un partito politico che ha sempre affermato di combattere contro la dittatura e gli anti-valori, per ben 38 anni di lotta  nell’opposizione. Questo tipo di “operazione”, molto spesso praticata anche dal precedente regime di Kabila, comporterebbe la corruzione di un certo numero di deputati dell’FCC, in vista della loro adesione alla nuova “unione sacra per la nazione” proposta dal Presidente della Repubblica. Inoltre, questo scenario di riconfigurazione della maggioranza solleva anche alcune altre domande: Come riconfigurare una maggioranza parlamentare a metà legislatura e quando il governo, derivante appunto da quella maggioranza è già (ancora) in funzione? È questo possibile, secondo la Costituzione del 18 febbraio 2006, così come modificata fino ad oggi? Può il Presidente della Repubblica, nel corso di una legislatura, nominare un nuovo informatore incaricato di individuare una nuova maggioranza all’Assemblea Nazionale?
Sul piano strettamente giuridico, un cambio di maggioranza all’Assemblea nazionale è impossibile, finché non ci sia una crisi che impatti sulla governabilità del paese. Normalmente, secondo gli articoli 3 e 5 della legge n. 07/008 riguardante lo statuto dell’opposizione e secondo l’articolo 26 del regolamento interno dell’Assemblea nazionale, debitamente dichiarati conformi con la Costituzione, un deputato nazionale eletto nell’ambito di un partito politico non può fare alcuna dichiarazione di appartenenza alla maggioranza o all’opposizione. Questa è una prerogativa del partito o del gruppo politico a cui appartiene il deputato. Di conseguenza, i deputati appartenenti a partiti politici che si sono dichiarati membri della maggioranza (FCC) dovrebbero rimanere nella maggioranza fino alla fine della legislatura. Ciò significa, in linea di principio, che la maggioranza, che era stata individuata all’inizio di questa legislatura e da cui emanano il Primo ministro e il Governo, dovrebbe normalmente rimanere tale fino all’organizzazione delle elezioni legislative previste per il 2023. E questo, anche se l’FCC e il CACH arrivassero a rompere la loro coalizione.
Un’altra disposizione che rafforza la tesi a favore della cristallizzazione della maggioranza parlamentare è contenuta nell’articolo 110 (in fine) della Costituzione: “ogni deputato nazionale o senatore che esce deliberatamente dal suo partito politico durante la legislatura rinuncia al mandato parlamentare ottenuto nell’ambito di detto partito politico”. Come si può vedere, questa disposizione potrebbe essere usata come una spada di Damocle che pende sulle teste dei deputati nazionali appartenenti ai partiti politici iscritti nell’attuale lista di maggioranza (FCC).
Pertanto, la possibilità che il Presidente Tshisekedi ha nelle sue mani non è quella di “cercare” dei deputati in modo personale, ma piuttosto quella di influenzare i partiti e i gruppi politici che possono convincere i loro deputati a dissociarsi dal PPRD e dall’FCC, per riscriversi in questa nuova dinamica della “sacra unione per la nazione”.
Se il Presidente Félix Tshisekedi riuscisse a introdurre questa nuova dinamica in seno all’Assemblea nazionale potrebbe, attraverso essa, sollecitare una mozione di censura contro il governo. Félix Tshisekedi potrebbe quindi approfittare dell’approvazione di questa mozione di censura e dell’eventuale conseguente crisi di governo, per nominare in seguito un informatore, che dovrebbe identificare la nuova maggioranza che, nel frattempo, si sarebbe creata all’interno dell’emiciclo. Nominare un informatore subito dopo le consultazioni, come alcuni suggeriscono, [quando non c’è alcuna crisi e il governo è in funzione] non solo è impossibile, ma è anche e, soprattutto, un’incongruenza giuridica. A meno che non riesca a far cadere il governo, attraverso una nuova dinamica acquisita alla sua causa nell’ambito dell’Assemblea nazionale, la tattica di riconfigurazione della maggioranza non lascerebbe a Félix Tshisekedi alcun spazio significativo di manovra. Per avere un minimo successo, dovrebbe ottenere le dimissioni del Primo Ministro.
Tuttavia, la Costituzione non prevede alcun meccanismo che dia al Presidente della Repubblica la possibilità di far dimettere il Primo Ministro contro la sua volontà.
Quest’ultimo può presentare le proprie dimissioni al Presidente della Repubblica solo volontariamente o dopo una mozione di censura approvata a maggioranza assoluta dei voti in una seduta dell’Assemblea Nazionale (artt.146 e 147 della Costituzione).
È questa seconda strada che il Presidente della Repubblica potrebbe utilizzare, ma solo nel caso in cui riuscisse a convincere davvero la maggioranza dei partiti e dei gruppi politici dell’Assemblea nazionale ad aderire al suo nuovo progetto di unione sacra per la nazione.
Tuttavia, al di là di tutti questi calcoli giuridico – politici, non si può dimenticare un importante dettaglio. Si ha l’impressione che alcuni deputati e gruppi politici che attualmente costituiscono la maggioranza nell’ambito dell’Assemblea nazionale rimangano attaccati all’FCC per motivi diversi da quelli politici: la loro sopravvivenza politica e i loro interessi economici.
Essi ritengono che la scomparsa della loro maggioranza li esporrebbe al rischio di accuse e di rappresaglie, per tutto ciò che avrebbero potuto commettere durante il regime di Kabila. Di conseguenza, essi non sarebbero affatto disposti a cambiare la sedia su cui si sono finora seduti.
Ma, essendo la politica dinamica, tutto potrebbe cambiare, soprattutto se il Presidente della Repubblica promettesse loro la sua protezione e alcuni interessi politici per spingerli a voltare le spalle al PPRD, che molto spesso è visto come il partito che si accaparra di tutti i grandi vantaggi propri dell’FCC.

c. Terzo scenario: rinegoziazione di un nuovo accordo con l’ex presidente Joseph Kabila

Felix Tshisekedi potrebbe trovarsi bloccato e costretto a rinegoziare con l’ex presidente Joseph Kabila, cercando di alzare la posta in gioco per non perdere la faccia. Questa ipotesi è più che plausibile. Félix Tshisekedi avrebbe colto l’occasione delle consultazioni, per ricordare ai suoi partner dell’FCC la rabbia della popolazione e di parte della classe politica nei confronti dei sostenitori del passato regime. Il presidente Tshisekedi avrebbe intuito il vantaggio di giocare le sue carte sull’esacerbazione della paura del ritorno di Joseph Kabila al potere. Potrebbe approfittare della rabbia della popolazione contro i vertici del passato regime, per far accettare qualsiasi tipo di tattica che egli intendesse adottare. Infatti, una certa pubblica opinione sarebbe attualmente disposta a tollerare qualsiasi violazione della legge e della Costituzione, dal momento in cui la sua azione sembri contribuire a indebolire l’FCC di Joseph Kabila. E ciò è molto pericoloso, perché permetterebbe la nascita di una nuova dittatura.
Dopo le consultazioni, Tshisekedi potrebbe approfittare della rabbia del popolo contro l’ex regime per rinegoziare un nuovo accordo con Kabila, ma da una posizione di forza. Egli partirebbe in vantaggio, con l’appoggio della popolazione e di gran parte della classe politica. Per evitare il rischio di rompere l’accordo con Kabila e mettere, quindi, il Paese sulla via dell’incertezza, ciò che potrebbe avere un effetto contrario a quello desiderato, non è escluso che Tshisekedi si limiti a chiedere qualche vantaggio in più rispetto all’accordo iniziale. Il rischio di questa posizione è che Félix Tshisekedi potrebbe perdere la faccia di fronte alla sua base elettorale e a gran parte del popolo congolese perché, dopo il suo discorso alla nazione pronunciato il 23 ottobre, quando ha designato la coalizione FCC-CACH come causa principale del malessere del paese, molti congolesi si aspettano decisioni chiare e misure efficaci da parte sua. Nello stesso tempo, vari quadri dirigenti del suo partito, l’UDPS, hanno rilasciato dichiarazioni infuocate a favore della fine della coalizione FCC-CACH.
A tal fine, per non perdere completamente la sua credibilità nel caso in cui optasse per una nuova trattativa, il Presidente Tshisekedi potrebbe chiedere all’ex presidente Kabila di servirgli su un piatto la testa della presidente dell’Assemblea Nazionale, Jeannine Mabunda, [spesso presentata, a torto o a ragione, come quella che ne blocca l’azione o che ne contesta l’autorità], o quella del Primo ministro, Sylvestre Ilunga Ilunkamba, [in vista di un altro Governo diverso e con nuove quote]. Pertanto, la rinegoziazione tra i due partner, Tshisekedi e Kabila, consisterà sicuramente in un baratto. Nel caso di una rinegoziazione dell’accordo, le due parti continueranno ad accusarsi l’un l’altra, fino alla crisi politica seguente in cui si troveranno nuovamente in conflitto. Ma l’ipotesi meno plausibile nel contesto della rinegoziazione sarebbe quella di vedere Felix Tshisekedi rompere la sua coalizione con l’FCC, per inserirsi in uno schema di coabitazione. Lui e il suo partito hanno un tale bisogno di mezzi finanziari [per le prossime date elettorali] che faranno di tutto per rimanere al governo, se i primi due scenari (scioglimento dell’Assemblea nazionale o riconfigurazione della maggioranza) non arrivassero in porto.

d. Quarto scenario: convocazione di un dialogo politico nazionale

Un’altra possibilità è che Félix Tshisekedi convochi un dialogo politico nazionale. C’è da dire che, durante queste consultazioni, il Presidente della Repubblica ha congelato l’azione del Governo, sospendendo le riunioni settimanali del Consiglio dei Ministri e centralizzando tutto su di sé. Per poter continuare in questo modo, egli potrebbe essere tentato di convocare un dialogo politico. Il rischio è che un dialogo politico imperniato sulla sua personalità non contribuirebbe a risolvere la crisi in atto. Sarebbe solo un modo per guadagnare tempo. Com’è noto, la sua “elezione” e la sua “legittimità” costituiscono ancora oggi un vero problema politico e sono seriamente messe in discussione. Infatti, il vero vincitore delle elezioni presidenziali di dicembre 2018 sarebbe stato  un altro candidato, Martin Fayulu, come segnalato da varie missioni di osservazione elettorale, tra cui quella della CENCO. Di conseguenza, Félix Tshisekedi si troverebbe nell’impossibilità di poter organizzare un dialogo politico nazionale che, centrato su di lui, mettesse in discussione la legittimità dei deputati e dei membri del governo provenienti dalla maggioranza FCC [che sono il risultato delle sue stesse elezioni] senza dover ammettere la propria illegittimità.
Per giustificare l’idea di un dialogo politico nazionale, Felix Tshisekedi dovrà accettare di perdere consenso, denunciando sia la propria elezione che quella dei deputati del Parlamento.
Dovrà avere il coraggio di riconoscere la crisi di legittimità che colpisce le attuali Istituzioni dello Stato a causa delle irregolarità delle elezioni di dicembre 2018 e, quindi, di affidare a missioni regionali o internazionali di facilitazione, come la SADC o l’UA, il compito di convocare l’intera classe politica attorno a uno stesso tavolo.
La facilitazione regionale o internazionale sarà un elemento essenziale, perché Félix Tshisekedi è egli stesso un elemento della crisi e non può essere giudice e parte in causa, com’è avvenuto nel corso delle consultazioni da lui intraprese.
Lo scenario di un dialogo inclusivo sarebbe vantaggioso per Felix Tshisekedi, perché esso potrebbe contribuire a cambiare la situazione e a sminuire il peso della maggioranza FCC all’interno dell’Assemblea nazionale. Si potrebbe arrivare addirittura alla formazione di un governo di coalizione / unità nazionale che, dato il suo carattere “sui generis”, non avrebbe bisogno di conformarsi all’articolo 78 della Costituzione, come gi avvenuto nel caso dei due governi Badibanga e Tshibala. Questa ipotesi sarebbe plausibile solo se l’FCC accetterà di stare al gioco e deciderà di partecipare a questo dialogo.
Infatti, la crisi iniziale è una crisi che contrappone il Presidente Tshisekedi all’FCC e, quindi, la sua risoluzione non può essere raggiunta nell’ambito di un dialogo in cui l’FCC non fa parte.
Inoltre, l’assenza dell’FCC in un dialogo nazionale rischierebbe di acutizzare ulteriormente la crisi politica esistente.[3]

[1] Cf Christophe Rigaut – Afrikarabia.com, 29.11.’20  http://afrikarabia.com/wordpress/rdc-tshisekedi-en-quete-dun-new-deal-avec-kabila/
[2] Cf Hubert Leclercq – Lalibre.be/Afrique, 29.11.’20
[3] Cf Aimé Gata-Kambudi – desc-wondo.org, 24.11.’20   https://desc-wondo.org/quels-scenarios-possibles-et-envisageables-a-lissue-des-consultations-lancees-par-le-president-tshisekedi-aime-gata-k/