Congo Attualità n. 375

«Al di là dell’opacità che sta alla base della controversia sull’assenza della verità delle urne, il 24 gennaio 2019 i Congolesi hanno almeno vissuto l’esperienza straordinaria senza precedenti del trasferimento di potere tra un Presidente uscente e un nuovo Presidente»

(Isidore Ndaywel, membro del Comitato Laico di Coordinazione / CLC, 29 gennaio 2019)

INDICE

1. IL RICORSO INOLTRATO DA MARTIN FAYULU PRESSO LA CORTE COSTITUZIONALE
a. La prima udienza
b. La sentenza della Corte Costituzionale
2. FÉLIX TSHISEKEDI PROCLAMATO NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
a. La sentenza della Corte Costituzionale
b. I messaggi di congratulazioni al nuovo Presidente eletto
c. Félix Tshisekedi ufficialmente investito Presidente della Repubblica
d. I primi provvedimenti sociali di Félix Tshisekedi

1. IL RICORSO INOLTRATO DA MARTIN FAYULU PRESSO LA CORTE COSTITUZIONALE

a. La prima udienza

Il 15 gennaio, nel corso di una pubblica udienza in materia di contenziosi elettorali, la Corte Costituzionale ha iniziato a esaminare il ricorso inoltrato dalla “Dinamica dell’opposizione” e relativo alla contestazione dei risultati provvisori delle elezioni presidenziali del 30 dicembre 2018.
Gli avvocati della “Dinamica dell’opposizione”  hanno affermato di essere in possesso di elementi di prova, secondo cui il numero dei voti assegnati al loro candidato, Martin Fayulu, non è conforme a quello dei voti espressi a suo favore nelle urne e hanno chiesto un nuovo conteggio dei voti, a livello di ogni seggio elettorale, di ogni circoscrizione elettorale e di ogni centro locale di compilazione dei risultati. Inoltre, essi hanno chiesto alla Corte costituzionale di ascoltare anche gli osservatori elettorali della Chiesa cattolica, della Chiesa protestante e della SYMOCEL
Gli avvocati della Dinamica dell’Opposizione hanno accusato la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) di aver pubblicato i risultati provvisori, mentre la compilazione dei risultati non era stata ancora completata ed era ancora i corso. Uno degli avvocati della “Dinamica dell’Opposizione”, Ekombe Mpetshi Toussaint, ha affermato che «le operazioni di compilazione era ancora in corso, anche dopo che la CENI avesse pubblicato i risultati provvisori. La CENI ha pubblicato dei risultati non consolidati» e ha chiesto l’annullamento di questi risultati, tanto più che la CENI ha pubblicato questi risultati, dopo averli ottenuti per via elettronica.
In terzo luogo, secondo gli avvocati della “Dinamica dell’opposizione”, escludendo gli elettori di Beni, Butembo e Yumbi, la CENI ha modificato la configurazione del collegio elettorale per le elezioni presidenziali, in violazione dell’articolo 100 della legge elettorale e hanno chiesto l’annullamento dei risultati delle elezioni presidenziali del 30 dicembre 2018, fino all’organizzazione delle elezioni a Yumbi, Beni e Butembo.
Secondo gli avvocati dell’UDPS-Tshisekedi, il ricorso della “Dinamica dell’opposizione” deve essere respinto, per mancanza di qualità da parte di Martin Fayulu, che ha designato l’avvocato Ekombe come suo delegato. Secondo Peter Kazadi, membro dell’UDPS, la Dinamica dell’Opposizione deve fornire le prove delle accuse presentate, invece di appellarsi agli osservatori elettorali della CENCO, dell’ECC e della SYMOCEL.
Il segretario esecutivo nazionale della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Ronsard Malonda Ngimbi, ha chiesto all’Alta Corte di respingere il ricorso di Martin Fayulu e di confermare la vittoria di Felix Tshisekedi nelle elezioni presidenziali del 30 dicembre. Gli avvocati di Fayulu hanno accusato la CENI di aver pubblicato i risultati provvisori della presidenziale mentre la compilazione dei risultati era ancora in corso. A quest’accusa, Ronsard Malonda, ha risposto che «il distretto elettorale per le elezioni presidenziali è il territorio nazionale. Ne consegue che, in realtà, il Centro Locale di Compilazione dei Risultati (CLCR) delle elezioni presidenziali è la sede dell’assemblea plenaria della CENI. Gli altri CLCR sono solo dei centri intermedi di elaborazione dei dati, per facilitare l’assemblea plenaria della CENI nel ricevere e centralizzare i risultati e verificarne la conformità. Essi non possono sostituire la plenaria della CENI». Apparendo in qualità di esperto, Ronsard Malonda ha anche respinto la richiesta di un nuovo conteggio manuale dei voti: «La Corte non può rifare il lavoro di 72.000 seggi elettorali in un periodo di una sola settimana. La Corte non è tecnicamente in grado di farlo». Inoltre, egli ha aggiunto che gli osservatori elettorali non hanno la facoltà di testimoniare davanti alla Corte in materia di contenziosi elettorali: «Testimoniare su cosa? Infatti, i verbali dei risultati elettorali sono per legge riservati ai testimoni dei partiti e delle coalizioni politiche».
Per il pubblico ministero, i giudici della Corte costituzionale dovrebbero respingere il ricorso inoltrato dalla “Dinamica dell’opposizione” per tre motivi.
Il procuratore ha ripreso l’argomento degli avvocati dell’UDPS che avevano evocato la «mancanza di idoneità di Martin Fayulu, poiché ha dato l’incarico agli avvocati per conto della “Dinamica dell’opposizione”». Secondo lui, tenuto conto degli statuti della “Dinamica dell’opposizione” e come coordinatore di questa coalizione politica, Martin Fayulu non avrebbe diritto ad intraprendere azioni giudiziarie in nome della coalizione politica cui appartiene.
Inoltre, secondo il pubblico ministero, la procedura intrapresa dalla Dinamica dell’opposizione non sarebbe sufficientemente chiara e comprensibile, dal momento in cui gli avvocati di Martin Fayulu chiedono talora l’annullamento dei risultati, talora la rettifica dei risultati e la proclamazione del loro cliente come candidato definitivamente eletto, talora la sospensione della proclamazione definitiva dei risultati, in attesa delle elezioni a Yumbi, Beni e Butembo. Secondo lui «queste tre richieste sono totalmente contraddittorie tra loro e rendono impossibile la comprensione dell’intero dossier». Il pubblico ministero menziona anche “un’irregolarità che riguarda l’oggetto del ricorso”: «L’iniziativa della “Dinamica dell’opposizione” è diretta principalmente contro la Commissione elettorale (CENI), per aver pubblicato i risultati delle elezioni senza attendere la fine dell’operazione della loro compilazione. Nel dirigere la sua azione contro la CENI, la “Dinamica dell’opposizione” considera la CENI come parte in causa, mentre la CENI è piuttosto un’esperta e non parte in causa. La CENI non può essere parte in causa implicata in un processo di contestazione dei risultati elettorali».
Il pubblico ministero ha già chiesto l’inammissibilità della richiesta inoltrata da Martin Fayulu e relativa al “riconteggio manuale” dei voti delle elezioni presidenziali del 30 dicembre, per non aver fornito, alla Corte costituzionale, i verbali e le schede dei risultati, di cui egli afferma di essere in possesso, al fine di facilitare il lavoro dei giudici.
Riguardo alla richiesta di sospendere la proclamazione dei risultati finali fino all’organizzazione delle elezioni a Beni, Butembo e Yumbi, il pubblico Ministero ha fatto notare “la non competenza” della Corte, in conformità con l’articolo 161.2 della Costituzione e l’articolo 74.1 della la legge elettorale, che attribuiscono esclusivamente alla CENI l’organizzazione delle elezioni. Inoltre, egli ricorda, la Corte costituzionale è competente solo per risolvere i “contenziosi dei risultati elettorali”. Il pubblico ministero ha quindi chiesto alla Corte costituzionale di dichiarare “ingiustificata e senza fondamento”, per “mancanza di idoneità e di prove”, la procedura di ricorso intrapresa dal candidato di Lamuka, Martin Fayulu.[1]

Sul ricorso inoltrato da Martin Fayulu, che contesta la vittoria di Felix Tshisekedi, la Corte costituzionale ha tre opzioni. In primo luogo, potrebbe ordinare un nuovo conteggio dei voti, nel caso in cui ritenesse che le prove presentate da Martin Fayulu fossero giustificate e potessero modificare il risultato delle elezioni. Un’altra possibilità: nel caso in cui i giudici ritenessero che le irregolarità constatate non potessero modificare l’ordine di arrivo dei candidati, essi potrebbero confermare i risultati elettorali provvisori come proclamati dalla Commissione elettorale. Infine, ultima opzione: l’annullamento parziale o totale delle elezioni, ma si tratterrebbe di un caso raro, possibile solo se la Corte ritenesse che ci siano state così tante irregolarità da dover riorganizzare le elezioni.[2]

Il 17 gennaio, nel corso di una riunione ad Addis Abeba (Etiopia) sulla situazione congolese, l’Unione Africana (UA) ha chiesto alla Corte costituzionale di “sospendere” la proclamazione dei risultati definitivi delle elezioni. Diversi capi di stato e di governo africani hanno affermato che «ci sono seri dubbi sulla conformità dei risultati provvisori come proclamati dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI)». Perciò, essi hanno deciso di inviare urgentemente nella RD Congo una loro delegazione che comprenderebbe il presidente dell’Unione Africana (attualmente il presidente ruandese Paul Kagame), il presidente della Commissione dell’Unione africana e altri Capi di Stato e di governo africani. Questa delegazione dovrebbe entrare in contatto con tutte le parti congolesi interessate, per trovare un consenso su una via d’uscita da un’eventuale crisi post-elettorale nel paese. All’incontro erano presenti il presidente in carica dell’UA, Paul Kagame, il presidente della Commissione dell’UA, Moussa Faki Mahamat e vari Capi di Stato o di governo (Zambia, Namibia, Sudafrica, Ruanda, Congo, Guinea, Etiopia, Sud Africa e Ciad).
Quest’ultimo comunicato dell’UA ha rivelato un cambiamento di tono rispetto a una precedente posizione della Southern African Development Community (SADC), che si era accontentata di chiedere ai politici congolesi di «cercare una soluzione ai loro dubbi sulla verità delle urne, mediante vie che siano conformi con la Costituzione e la legge elettorale».[3]

Due documenti rivelati da RFI, TV5 Monde e il Financial Times hanno confermato ciò che gli osservatori elettorali avevano già detto in precedenza a bassa voce: Martin Fayulu avrebbe ottenuto il 60% circa dei voti e non il 35%, come annunciato dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI).
Il primo file sarebbe stato scaricato direttamente dal server della CENI da un “informatore”, poi trasmesso alla stampa dai sostenitori di Martin Fayulu. Il documento Excel è una raccolta, seggio elettorale per seggio elettorale, dei risultati relativi all’86% dei voti espressi. Martin Fayulu avrebbe ottenuto il 59.42% dei voti, Félix Tshisekedi il 18,97% (due volte inferiore al risultato ufficiale) e Emmanuel Shadary Ramazani, il candidato del governo, il 18,54%.
Il secondo file proverrebbe dalla Chiesa cattolica. Il 30 dicembre, il giorno del voto, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) disponeva di 40.000 osservatori elettorali. In questo file, il riassunto dei risultati ottenuti riguarda il 43% dei voti espressi e corrisponde pressappoco a quello del primo file: Fayulu avrebbe ottenuto il 62,11% dei voti, Tshisekedi il 16,93% e Shadary il 16,88%.[4]

Il 17 gennaio, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) ha trasmesso alla Commissione elettorale un primo rapporto della sua missione di osservazione elettorale. Con dati alla mano per ogni seggio elettorale delle 26 province, la CENCO riporta il conteggio dei voti effettuato per le elezioni presidenziali, dapprima su un campione del 10,72% dei seggi elettorali, poi su un secondo campione del 42,92% dei voti espressi e, infine, su un altro campione del 71,53% dei voti emessi. In tutti e tre i campioni, Martin Fayulu avrebbe ottenuto il 62% dei voti, Félix Tshisekedi il 16,93% e Emannuel Ramazani Shadary il 16,88%. Secondo i vescovi, si tratta di una distanza tra il primo e il secondo troppo elevata da non poter essere superata, anche se si includesse il quasi 29% degli elettori i cui voti non sono stati conteggiati dalla missione di osservazione della Cenco. I risultati compilati dalla CENCO non corrispondono affatto a quelli annunciati dalla CENI. Pertanto, ancora una volta, i vescovi chiedono alla Commissione elettorale di pubblicare i verbali dei risultati elettorali seggio elettorale per seggio elettorale.[5]

Il 18 gennaio, in un comunicato stampa, l’Unione Europea (UE) ha affermato di appoggiare l’approccio dell’Unione Africana (UA) che ha chiesto la sospensione della proclamazione dei risultati definitivi delle elezioni, in seguito ai seri dubbi sulla conformità dei risultati provvisori proclamati dalla Commissione elettorale: «L’Unione Europea appoggia l’iniziativa dell’Unione Africana e invita tutti gli attori congolesi a lavorare in modo costruttivo con la delegazione dell’Unione Africana, per trovare una soluzione postelettorale che rispetti il voto del popolo congolese e che permetta di raggiungere lo storico obiettivo della prima alternanza democratica ai vertici dello Stato».[6]

b. La sentenza della Corte Costituzionale

Il 19 gennaio, in un’udienza svoltasi durante la notte, la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso in appello presentato da Martin Fayulu. Secondo la Dinamica dell’Opposizione, la Commissione elettorale avrebbe violato la costituzione, per avere escluso dalle elezioni presidenziali i distretti di Beni e Butembo (Nord Kivu) e di Yumbi (Mai-Ndombe), con un potenziale elettorato di1.359.000 cittadini. Per questo, la Dinamica dell’Opposizione aveva chiesto alla Commissione elettorale di organizzare le elezioni in questi tre distretti entro due settimane dalla sentenza della Corte costituzionale e di posticipare, quindi, la pubblicazione dei risultati elettorali, in attesa dei risultati provenienti dai distretti elettorali che erano stati precedentemente esclusi.
Il giudice Noël Kilomb ha ricordato che la Dinamica dell’Opposizione di Fayulu Martin aveva chiesto l’annullamento dei risultati provvisori, il riconteggio manuale dei voti, la consultazione dei risultati ottenuti dagli osservatori elettorali della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) e della Sinergia delle Missioni di Osservazione Civica delle Elexioni (SYMOCEL) e la proclamazione dell’elezione del candidato Martin Fayulu alla Presidenza della Repubblica.
I giudici della Corte costituzionale hanno ritenuto infondati tutti gli argomenti presentati dalla Dinamica dell’Opposizione, tra cui il fatto che, al momento della pubblicazione dei risultati provvisori da parte della Commissione elettorale, i Centri Locali di Compilazione dei Risultati (CLCR) non avrebbero ancora completato il loro lavoro e la Commissione elettorale non avrebbe trasmesso alla Corte tutti i verbali provenienti dai CLCR. Su questo ultimo punto, come per tutti gli altri, la Corte costituzionale ha assicurato che la Commissione elettorale le ha fornito, tramite il sistema satellitare Vsat, tutti i documenti necessari, tra cui i verbali dei risultati di ogni circoscrizione elettorale, compresi quelli di ogni seggio elettorale. Tuttavia, va ricordato che, finora, la Commissione elettorale non ha ancora pubblicato tali risultati in forma dettagliata, come previsto dalla legge elettorale.
La Corte ha ritenuto ammissibile la richiesta di rettifica dei risultati elettorali, ma “infondata per mancanza di prove”. I giudici hanno ritenuto che la richiesta di ricontare i voti sia una procedura di eccezione e, in questo caso, “assurda“, dal momento in cui le elezioni si sono svolte in maniera normale e regolare.
La proposta di annullamento del voto presidenziale in seguito all’esclusione di Beni e Butembo è stata considerata “ammissibile ma infondata“, perché si è trattato di un “caso di forza maggiore“, a causa della diffusione del virus Ebola. Infine, secondo la Corte costituzionale, la richiesta di consultare le missioni di osservazione elettorale non è prevista dalla legge elettorale.[7]

In un comunicato, Martin Fayulu ha dichiarato: «La Corte costituzionale ha confermato ancora una volta che è al servizio di un individuo e di un regime dittatoriale che non rispettano né le leggi della Repubblica, né le regole più elementari della democrazia e della moralità. Con la sua sentenza, essa ha dimostrato il suo disprezzo nei confronti del popolo congolese, dell’Unione Africana e dell’intera Comunità internazionale. In effetti, tutti sanno che sono stato eletto Presidente della Repubblica con oltre il 60% dei voti. La Commissione elettorale e la Corte Costituzionale hanno falsificato la verità delle urne, per servire una causa ingiusta. Si tratta di un colpo di stato costituzionale, perché portano alla suprema magistratura un non eletto. Ormai mi considero come l’unico presidente legittimo della Repubblica Democratica del Congo. Pertanto, chiedo al Popolo congolese di non accettare alcun individuo che rivendichi illegittimamente questa qualità e di disobbedire agli ordini che emaneranno da lui. Chiedo anche all’intera Comunità internazionale di non riconoscere un potere che non ha né legittimità né titolo legale per rappresentare il popolo congolese. Chiedo urgentemente al nostro popolo di prendersi le proprie responsabilità e di organizzare manifestazioni pacifiche su tutto il territorio nazionale, al fine di difendere la sua sovranità».[8]

Nonostante queste dichiarazioni, la rivolta popolare che Martin Fayulu sta cercando di ottenere sembra alquanto improbabile. Innanzitutto perché, dopo diciassette anni alla guida dello stato, Joseph Kabila lascerà la Presidenza della Repubblica. Questa prima rivendicazione dei Congolesi può dirsi soddisfatta, anche se sono stati necessari due lunghi anni di dura lotta (il mandato di Kabila si era concluso in dicembre 2016 ). In secondo luogo, designato dal presidente Joseph Kabila come suo candidato successore, Emmanuel Shadary è stato completamente ignorato dall’elettorato e nessuno ha contestato questa sconfitta. In terzo luogo, nonostante i suoi presunti accordi con il clan di Kabila, Felix Tshisekedi rimane identificato come una figura dell’opposizione, specialmente per il nome che porta. Suo padre, Etienne Tshisekedi, morto due anni fa, fondò il partito UDPS nel 1982 ed è sempre stato considerato uno degli esponenti più in vista della vera opposizione storica della politica congolese. Dopo le elezioni del 2011, egli contestò la vittoria di Joseph Kabila e si auto-proclamò “presidente eletto”.
A differenza di Tshisekedi, Fayulu non dispone di alcun partito capace di mobilizzare il popolo.
La sua forza risiedeva nella radicalità della sua campagna elettorale contro il regime dominante e, soprattutto, nell’appoggio ottenuto dai suoi due sostenitori principali: Moïse Katumbi, ricco uomo d’affari ed ex governatore del Katanga e Jean-Pierre Bemba, ex vicepresidente della Repubblica all’epoca della transizione dal 2001 al 2006. In rottura con il regime kabilista dal 2015, Moïse Katumbi è accusato dalla Giustizia congolese di appropriazione indebita di un immobile e di attentato contro la sicurezza dello Stato per reclutamento di mercenari. Jean-Pierre Bemba era stato “sconfitto” alle elezioni presidenziali del 2006, essendo Joseph Kabila stato “proclamato” Presidente della Repubblica dalla Commissione elettorale. Da Bruxelles, i due uomini hanno instancabilmente attivato le loro reti di contatti per appoggiare la candidatura di Martin Fayulu.
Ma in questi ultimi giorni sono rimasti in assoluto silenzio. Secondo i membri dell’entourage di Félix Tshisekedi, tra i due campi (Lamuka e Cach) sarebbero in corso delle trattative attraverso degli “intermediari”. Ma se Fayulu perdesse l’appoggio dei suoi potenti alleati, si troverà particolarmente isolato sulla scena politica congolese. Soprattutto perché il suo piccolo partito, l’Ecide, peserà molto poco nella futura Assemblea Nazionale. I risultati ottenuti (circa 90 deputati su 500) dalla coalizione Lamuka, che ha appoggiato la candidatura di Martin Fayulu alle elezioni presidenziali, sono dovuti principalmente all’elezione di personalità appartenenti ai movimenti partner (Insieme per il cambiamento di Moïse Katumbi e il Movimento per la Liberazione del Congo di Jean Pierre Bemba). Rimarranno uniti nell’opposizione? Nella RD Congo, le maggioranze sono variabili e molte persone possono attraversare il fiume e raggiungere l’altra riva.[9]

2. FÉLIX TSHISEKEDI PROCLAMATO NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

a. La sentenza della Corte Costituzionale

Il 19 gennaio, in una seconda udienza, la Corte costituzionale si è pronunciata sui risultati definitivi delle elezioni presidenziali del 30 dicembre e ha confermato la vittoria di Felix Tshisekedi.
Secondo i risultati pubblicati dalla Commissione elettorale e confermati dalla Corte costituzionale, Félix-Antoine Tshisekedi Tshilombo ha ottenuto 7.051.013 voti (38.57%), seguito da Martin Fayulu Madidi con 6.366.732 voti (34.83%) e da Emmanuel Ramazani Shadary con 4.357.359 voti (23.84%). «La Corte proclama Felix Tshilombo Tshisekedi eletto Presidente della Repubblica Democratica del Congo, avendo ottenuto la maggioranza relativa dei voti», ha dichiarato il presidente della Corte costituzionale, Benoît Lwamba Bindu.
Questa decisione è definitiva, irrevocabile e senza appello
Questa proclamazione dei risultati può essere vista come una sfida nei confronti dell’Unione Africana, che aveva deciso di inviare una sua delegazione a Kinshasa il lunedì 21 gennaio (appena due giorni dopo), per chiedere alla Corte costituzionale un sentenza conforme con la verità delle urne ed eventuali trattative tra attori politici. «Possono venire; arriveranno giusto in tempo per la cerimonia di investitura del nuovo Presidente», avrebbe detto un membro della coalizione di governo. Da parte sua, Lambert Mendé, portavoce del governo congolese, aveva già accennato all’indipendenza della Corte costituzionale, il cui compito è quello di proclamare i risultati entro i termini legali. Ciononostante, egli ha assicurato una buona accoglienza alla delegazione dell’UA. Tuttavia, secondo molti osservatori, il margine di manovra di cui disporrebbe tale delegazione sarebbe ormai  molto limitato.[10]

b. I messaggi di congratulazioni al nuovo Presidente eletto

Il 20 gennaio, la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa sub sahariana (SADC) si è congratulata con il nuovo Presidente eletto, Félix-Antoine Tshisekedi: «La SADC chiede a tutte le parti di appoggiare il nuovo presidente eletto e il suo governo, per fomentare l’unità, la pace e la stabilità del Paese … La SADC ha affermato di sperare in un trasferimento pacifico del potere nelle mani del nuovo presidente eletto» e ha elogiato il popolo congolese e i suoi leader politici, per aver saputo partecipare alle elezioni in modo pacifico, nonostante le sfide logistiche e l’insicurezza. Essa ha invitato tutti i Congolesi ad accettare i risultati elettorali definitivi annunciati dalla Corte costituzionale, a consolidare la democrazia e a mantenere un ambiente pacifico e stabile anche dopo le elezioni. La SADC ha ribadito la necessità di rispettare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della RD Congo e si è impegnata a sostenere il nuovo governo, in conformità con il trattato sulla SADC e il protocollo della SADC sulla cooperazione nei settori della politica, della difesa e della sicurezza.[11]

Il 20 gennaio, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa si è congratulato con Felix Tshisekedi Tshilombo, eletto nuovo Presidente della Repubblica Democratica del Congo (RD Congo). Il presidente Ramaphosa ha invitato tutte le parti a rispettare la decisione della Corte costituzionale e a impegnarsi a proseguire sulla strada del consolidamento della democrazia, della stabilità politica, della sicurezza e della pace. Il presidente Ramaphosa ha ribadito la necessità di rispettare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della RD Congo, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, l’atto costitutivo dell’Unione Africana e il trattato sulla SADC.
Il nuovo Presidente Félix Tshisekedi aveva già ricevuto le congratulazioni di altri presidenti africani, fra cui quelli della Namibia, Hage G. Geingob; del Burundi, Pierre Nkuruziza; della Tanzania, John Pombe Joseph Magufuli e del Kenya, Uhuru Kenyatta.[12]

Il 20 gennaio, la Commissione dell’Unione Africana (UA) «ha preso atto della proclamazione, da parte della Corte costituzionale, dei risultati definitivi delle elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali del 30 dicembre 2018» e ha deciso di rimandare a tempo indeterminato (annullare) la sua visita a Kinshasa, prevista per il lunedì 21 gennaio, perché «non ha più senso, visto che l’Unione Africana è stata messa davanti a un fatto compiuto». Secondo la rivista Jeune Afrique, i Capi di Stato dell’Unione Africana avevano intenzione di proporre a Joseph Kabila di scegliesse tra un nuovo conteggio dei voti o nuove elezioni cui potessero candidarsi anche Jean-Pierre Bemba e Moïse Katumbi, due opzioni che certamente non sarebbero state apprezzate da Kabila. La delegazione che doveva recarsi a Kinshasa sarebbe stata guidata dal presidente in carica dell’UA, il ruandese, Paul Kagame, e dal presidente della Commissione dell’UA, Moussa Faki Mahamat.[13]

Il 21 gennaio, il Ministero degli Affari Esteri francese ha preso atto della proclamazione dei risultati elettorali definitivi da parte della Corte costituzionale e della vittoria di Félix Tshisekedi alle elezioni presidenziali: «Queste elezioni hanno permesso ai Congolesi di esprimere con forza e con calma il loro desiderio di alternanza. Speriamo che il nuovo Presidente possa rispondere positivamente a tale aspirazione e lo invitiamo a proseguire il dialogo con tutti, per raggiungere questo obiettivo».
Anche il maresciallo Abdel Fattah Al-Sissi, presidente della Repubblica Araba d’Egitto, Filipe Nyusi, presidente del Mozambico, e i ministri degli esteri della Cina e della Russia si sono congratulati con Félix Tshisekedi per la sua vittoria alle elezioni presidenziali.[14]

Il 22 gennaio, in seguito ad una riunione dei Ministri degli Esteri dell’Unione Europea (UE), la responsabile della politica estera dell’UE, Federica Mogherini, ha dichiarato che «l’UE ha preso atto dei risultati elettorali proclamati dalla Corte Costituzionale. I Congolesi hanno espresso il loro desiderio di cambiamento. L’UE è un partner importante per la Repubblica Democratica del Congo e continuerà ad esserlo». La proclamazione ufficiale da parte della Corte Costituzionale a Kinshasa e l’accettazione di questi risultati da parte della stragrande maggioranza dei Capi di Stato africani, sono i due elementi che hanno fatto cambiare l’atteggiamento dell’UE. Alcuni accuseranno gli europei di aver fatto marcia indietro, ma il timore di essere accusati di ingerenza negli affari interni della RD Congo sembra essere stato dominante.
La proclamazione di Félix Tshisekedi alla Presidenza della Repubblica ha creato una situazione di fatto che ha spinto gli Europei a prendere una certa distanza dalla loro dichiarazione del 18 gennaio. Per quanto riguarda i loro dubbi o la loro richiesta di pubblicare dei risultati più coerenti con la verità delle urne, i ministri degli esteri dell’UE si sono semplicemente limitati a constatare una mancanza di trasparenza nel processo elettorale. In generale, l’UE ritiene importante che, nella Repubblica Democratica del Congo, si crei un consenso nazionale. Nella loro dichiarazione congiunta, i partecipanti alla riunione dell’Unione europea hanno sottolineato le sfide che il nuovo presidente congolese dovrà affrontare: «Il compito del nuovo presidente della Repubblica sarà quello di affrontare le grandi sfide che gli si presenteranno in molti settori, a livello politico, economico e sociale, senza dimenticare la problematica dell’insicurezza provocata dai numerosi gruppi armati ancora attivi. Tutto ciò esige che il nuovo presidente sia capace di unire le diverse forze politiche e che si impegni ad assicurare un clima di dialogo sia in patria che all’estero».[15]

Il 23 gennaio, il presidente angolano, João Manuel Gonçalves Lourenço, ha inviato un messaggio di congratulazioni a Félix-Antoine Tshisekedi Tshilombo: «Sono convinto che farà tutto il possibile per promuovere l’inclusione di tutte le forze della nazione congolese e per garantire quella stabilità politica necessaria che permetta una democrazia completa, nel rispetto rigoroso delle differenze e dei diritti umani». Anche il presidente della Repubblica del Congo, Denis Sassou-Nguesso, ha espresso le sue congratulazioni a Felix Tshisekedi, come nuovo presidente della Repubblica Democratica del Congo.
Infine, anche gli Stati Uniti hanno preso atto della pubblicazione dei risultati definitivi delle elezioni presidenziali da parte della Corte costituzionale congolese. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Robert Palladino, ha dichiarato: «Gli Stati Uniti si congratulano con il popolo della Repubblica Democratica del Congo per la sua incessante lotta per un trasferimento di potere pacifico e democratico. Gli Stati Uniti riconoscono anche l’impegno del presidente in carica Joseph Kabila a diventare il primo presidente nella storia della Repubblica Democratica del Congo a cedere il potere in modo pacifico attraverso un processo elettorale». Egli ha aggiunto che «gli Stati Uniti si impegnano a collaborare con il nuovo governo della Repubblica Democratica del Congo, chiedendogli tuttavia di assicurare un’ampia rappresentanza di tutte le forze politiche congolesi e di prendere in considerazione le informazioni relative alle irregolarità elettorali constatate».[16]

c. Félix Tshisekedi ufficialmente investito Presidente della Repubblica

Il 24 gennaio, Felix Tshisekedi è stato ufficialmente insediato come quinto Presidente della Repubblica Democratica del Congo. Si tratta del primo trasferimento di potere legale e pacifico nella storia del paese. Dopo aver prestato giuramento: «Giuro solennemente davanti a Dio e alla Nazione di osservare e di difendere la Costituzione e le leggi della Repubblica», il nuovo presidente ha assicurato di voler lavorare per costruire un “Congo riconciliato“.  Il presidente uscente Joseph Kabila gli ha quindi consegnato la bandiera e il testo della Costituzione della Repubblica Democratica del Congo. Dopo di che, Felix Tshisekedi e Joseph Kabila si sono lungamente abbracciati e si sono congedato dandosi la mano. Il presidente uscente ha quindi lasciato il palco d’onore per accomodarsi in tribuna, circondato dalla sua guardia del corpo.
Felix Tshisekedi ha poi preso la parola. «È un giorno storico (…). Non celebriamo la vittoria di una parte contro un’altra, onoriamo invece un Congo riconciliato», ha detto il neo Presidente della Repubblica, promettendo di voler «costruire un paese che non sarà un Congo della divisione, dell’odio o del tribalismo». Felix Tshisekedi ha proseguito elogiando i due candidati che, secondo i risultati proclamati dalla Commissione elettorale e convalidati dalla Corte costituzionale, sono arrivati dietro di lui: Martin Fayulu, candidato di Lamuka e presentato come “nostro fratello” e “soldato del popolo“, e Emmanuel Ramazani Shadary, candidato del Fronte Comune per il Congo (FCC). Felix Tshisekedi ha avuto un ricordo particolare per Vital Kamerhe, che «ha messo l’interesse del popolo congolese al di sopra delle sue ambizioni personali», per formare con lui la coppia vincente di queste elezioni presidenziali. Ha reso omaggio a suo padre, Etienne Tshisekedi, «un combattente, un uomo eccezionale, il cui destino personale è rimasto per sempre legato alla storia del nostro paese». Ha reso omaggio anche al presidente uscente Joseph Kabila, “uno degli artefici della materializzazione dell’alternanza democratica“.
Pur apprezzando il fatto che le elezioni sono state organizzate “per la prima volta con fondi propri e senza interventi esterni“, egli ha fatto notare che “il nostro sistema elettorale ha bisogno di vari adeguamenti“. Un altro punto sollevato, e non meno importante: Felix Tshisekedi si è impegnato a “identificare tutti i prigionieri politici (…) in vista della loro prossima liberazione“.
Il nuovo Capo dello Stato congolese ha promesso di concentrare la sua azione sulla lotta contro la corruzione, sulla pacificazione dell’intero territorio nazionale, sulla lotta alla povertà e sul consolidamento dello stato di diritto. Si è inoltre impegnato a combattere l’impunità e il malgoverno, a promuovere l’accessibilità dei cittadini a tutti i servizi dello stato, a favorire la riforma della giustizia per combattere la corruzione e l’evasione fiscale e per assicurare rispetto dei diritti umani.[17]

Il 25 gennaio, per decreto presidenziale, il nuovo presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, ha nominato Vital Kamerhe direttore del suo gabinetto di consiglieri. Désiré-Cashmir Kolongele Eberande è stato nominato vice direttore incaricato per le questioni giuridiche, politiche e amministrative. Vital Kamerhe ha ricevuto le consegne dalle mani di Néhémie Mwilanya, ex direttore di gabinetto di Joseph Kabila, presidente uscente.[18]

Il 25 gennaio, a Palazzo della Nazione di Kinshasa, il nuovo presidente eletto, Félix-Antoine Tshisekedi, ha ricevuto le consegne dalle mani del presidente uscente, Joseph Kabila. Vital Kamerhe, ormai direttore del gabinetto presidenziale di Felix Tshisekedi, e Néhémie Mwilanya, ex direttore di gabinetto di Joseph Kabila, hanno partecipato a questo incontro durato quasi tre ore. Felix Tshisekedi ha poi accompagnato il suo predecessore all’uscita. Dopo gli ultimi abbracci tra i due, Joseph Kabila è partito a bordo della sua vettura. Una scena mai vista prima nella storia della Repubblica Democratica del Congo.[19]

Dopo il suo insediamento come nuovo Presidente della Repubblica, dove abiterà Felix Tshisekedi? Lo storico palazzo adibito a residenza dei capi di stato a Kinshasa è inabitabile e il presidente uscente, Joseph Kabila, non sembra disposto a lasciare la sua villa. In attesa di una soluzione più duratura, per il momento Félix Tshisekedi alloggia presso la Cittadella dell’Unione Africana. Joseph Kabila gli ha consegnato le chiavi di Palazzo della Nazione, dove ci sono gli uffici della Presidenza, ma non quelle della sua villa presidenziale, situata a Gombe, in centro città. «Questa villa non è la residenza ufficiale del Capo dello Stato», ha detto uno dei consiglieri di Joseph Kabila. Storicamente, la residenza ufficiale si trova sul monte Ngaliema, ma non è più abitabile, perché è stata saccheggiata alla fine dell’era di Mobutu e da allora è stata abbandonata.
Al suo arrivo al potere, Laurent-Désiré Kabila aveva preferito stabilirsi in un’altra villa, il Palazzo di Marmo. Fu lì che egli fu assassinato e, conseguentemente, suo figlio Joseph Kabila rifiutò di abitarvi e optò per una villa chiamata GLM, dal nome di Litho Moboti, lo zio del presidente Mobutu. Quest’ultimo l’aveva concessa a suo nipote al momento della nazionalizzazione dei beni. L’entourage del presidente uscente assicura che, da allora, Joseph Kabila ne è diventato il proprietario. «Non c’è quindi alcun motivo per lasciarla ad altri», ha dichiarato uno dei suoi consiglieri. Per quanto riguarda la storica residenza ufficiale del Capo dello Stato, si prevedono lavori di riparazione e di ristrutturazione, ma ci vorrà molto tempo e sarà abbastanza costoso.
Risultato: dopo una prima notte al Kempinksi Hotel, il nuovo presidente Felix Tshisekedi si è temporaneamente stabilito in un edificio situato presso la Cittadella dell’Unione Africana, nella stessa zona del palazzo presidenziale. Si tratta di un complesso costruito nel 1967 per ospitare i capi di stato africani invitati al 4° vertice dell’Unione Africana. «È un edificio modesto, ma provvisorio», ha affermato il suo portavoce, Vidiye Tshimanga, lasciando presupporre che si prevede un’altra sistemazione, lasciando però intero il mistero sulla futura residenza del nuovo presidente.[20]

d. I primi provvedimenti sociali di Félix Tshisekedi

Appena proclamato quinto presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi si è trovato di fronte a un malcontento sociale cui Vital Kamerhe, suo ex direttore di campagna elettorale e attualmente direttore del suo gabinetto, ha cercato di risolvere. La sfida principale per Tshisekedi non è solo quella di agire il più rapidamente possibile, ma quella di dare una buona impressione, con decisioni che soddisfino direttamente le necessità della popolazione.
Domenica 27 gennaio, tre giorni dopo il suo giuramento, gli studenti dell’Università di Lubumbashi scendono in strada, per protestare contro la mancanza d’acqua e di elettricità e l’aumento delle tasse accademiche. Affrontano la polizia. Bilancio ufficiale: tre morti. In serata, Vital Kamerhe, capo del gabinetto di Tshisekedi, annuncia di aver convocato il Ministro dell’Istruzione superiore e universitaria e di aver sospeso la misura relativa all’aumento delle tasse accademiche.
Martedì 29 gennaio, a Kinshasa, la capitale, il trasporto pubblico è paralizzato, perché i dipendenti della compagnia di Trasporti del Congo (Transco) stanno scioperando per rivendicare gli arretrati dei salari. A metà giornata, Vital Kamerhe incontra la direzione generale della compagnia, in presenza dei ministri delle finanze e del bilancio e di una delegazione sindacale della compagnia.
Il servizio di comunicazione della presidenza annuncia che Felix Tshisekedi ha ordinato di pagare, con procedura d’urgenza, tutti gli arretrati e i benefici rivendicati, affinché gli autobus Transco possano riprendere a circolare normalmente.[21]

[1] Cf Actualité.cd, 15.01.’19
[2] Cf RFI, 18.01.’19
[3] Cf AFP – Radio Okapi, 18.01.’19
[4] Libération / via mediacongo.net, 22.01.’19
[5] Cf RFI, 18.01.’19
[6] Cf Radio Okapi, 18.01.’19
[7] Cf RFI, 20.01.’19; Radio Okapi, 19.01.’19; Actualité.cd, 19.01.’19
[8] Cf RFI, 20.01.’19
[9] Cf Libération / via mediacongo.net, 22.01.’19
[10] Cf RFI, 20.01.’19; Radio Okapi, 19.01.’19; Actualité.cd, 19.01.’19
[11] Cf Radio Okapi, 20.01.’19
[12] Cf Radio Okapi, 20.01.’19
[13] Cf RFI, 20.01.’19
[14] F Radio Okapi, 21.01.’19;  Jeff Kaleb Hobiang – 7sur7.cd, 21 e 22.01.’19; Actualité.cd, 22.01.’19
[15] Cf Radio Okapi, 22.01.’19
[16] Cf Actualité.cd, 23.01.’19; Radio Okapi, 23.01.’19
[17] Cf Pascal Mulegwa et Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 24.01.’19; Radio Okapi, 24.01.’19
[18] Cf Radio Okapi, 27.01.’19
[19] Cf Radio Okapi, 25.01.’19
[20] Cf Florence Morice – RFI, 27.01.’19
[21] Cf RFI, 30.01.’19