Congo Attualità n. 281

INDICE:

EDITORIALE: PER LA LIBERTÀ DI MANIFESTAZIONE

  1. REPRESSIONI DI MANIFESTAZIONI, ARRESTI E CONDANNE
    1. Il caso di Martin Fayulu
    2. Il caso di Bienvenu Matumo, Héritier Kapitene e Victor Tesongo
    3. La marcia di protesta del 26 maggio
  2. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE CONDANNA OGNI FORMA DI REPRESSIONE

EDITORIALE: PER LA LIBERTÀ DI MANIFESTAZIONE

 

 

1. REPRESSIONI DI MANIFESTAZIONI, ARRESTI E CONDANNE

a. Il caso di Martin Fayulu

Il 14 maggio, nel primo pomeriggio, il deputato nazionale Martin Fayulu è stato arrestato dai servizi di sicurezza di Bandundu, capoluogo della provincia del Kwilu. Tale informazione è stata smentita dal sindaco della città. Secondo Joseph Olenghankoy Mukundji, presidente del partito di opposizione Forze Innovative per l’Unità e la Solidarietà (FONUS), Martin Fayulu sarebbe stato arrestato mentre stava entrando in città, in auto e via Kikwit, accompagnato da molti simpatizzanti del partito. Il sindaco della città di Bandundu, Zozo Lola Masikini, ha smentito tali affermazioni. Egli precisa che Martin Fayulu non è mai stato arrestato: «Fayulu è un deputato nazionale, è venuto a Bandundu, è a casa. È stato accompagnato dai suoi simpatizzanti fino alla sede del loro partito. Non c’è stato alcun problema. Poi io, il vice sindaco e alcuni membri del comitato di sicurezza l’abbiamo accompagnato presso l’albergo dove doveva passare la notte». Egli ha tuttavia ammesso di avere vietato a Martin Fayulu di tenere un qualsiasi comizio, senza previa autorizzazione delle autorità cittadine.

Da parte sua, il deputato Martin Fayulu ha affermato di essere stato impedito di “muoversi” per circa tre ore e di considerare tale restrizione di movimento come un arresto.

Tre mesi prima, il partito di Martin Fayulu Madidi, l’Impegno per la Cittadinanza e lo Sviluppo (Ecide) aveva accusato la polizia di aver disperso un centinaio di suoi militanti che si erano recati all’aeroporto di Bandundu-città per accogliere, ancora una volta, il presidente del loro partito.[1]

Il 19 maggio, a Kinshasa, l’Hotel Faden House, appartenente al deputato dell’opposizione Martin Fayulu, è stato sigillato dalla Direzione Generale delle Entrate di Kinshasa (DGRK). Secondo il segretario generale del partito di Fayulu, Devos Mulenda Kitoko, l’edificio è stato chiuso per un mancato pagamento di tasse. Il Segretario Generale dell’Ecide afferma però che il presidente del suo partito è in regola con il fisco. Tuttavia, Devos Kitoko Mulenda evoca “un problema tecnico” legato alla superficie del terreno in cui si trova l’hotel in questione: «Il terreno su cui si trova l’hotel di Martin Fayulu è molto vasto. Una parte è occupata dall’hotel (due edifici) e un’altra è libera. In passato, gli agenti della DGRK avevano stimato che tale terreno era troppo vasto e l’avevano suddiviso in due parti, mantenendo, però, un unico certificato di registrazione valido per tutta l’estensione del terreno. Allora, Martin Fayulu si è detto: ”Pagherò le tasse secondo l’unico documento amministrativo che possiedo”». Secondo Devos Kitoko, tale problema d’ordine fiscale risale al 2010 e Martin Fayulu si era rivolto alla giustizia per risolvere la questione. Da allora, la procedura non ha mai avuto un seguito. Per il segretario generale dell’Ecide, il caso è piuttosto politico. Secondo lui, «si tratta di un accanimento e di un’intimidazione di tipo politico per far tacere tutti coloro che hanno un’opinione diversa da quella del potere».[2]

Il 25 maggio, il deputato nazionale Martin Fayulu ha annunciato di aver presentato una denuncia contro la Direzione Generale delle Entrate di Kinshasa (DGRK) presso il Tribunale di Grande Istanza di Kinshasa-Gombe. Egli accusa la DGRK di aver sigillato il suo albergo Faden House in modo illegale. Martin Fayulu ha affermato che, per il suo hotel, non ha da pagare alcuna imposta sul reddito (IRL), molto meno multe o sanzioni: «Gli agenti della DGRK sono venuti per dire che ho pagato la tassa di proprietà solo per un appezzamento di terreno e non per l’altro. Ho dimostrato che non sono proprietario di due appezzamenti di terreno, ma di uno solo. Ho presentato il certificato di iscrizione con le relative misurazioni».[3]

b. Il caso di Bienvenu Matumo, Héritier Kapitene e Victor Tesongo

Il 20 maggio, a Kinshasa, Bienvenu Matumo e Héritier Kapitene, due membri del movimento Lotta per il cambiamento (Lucha) e Victor Tesongo, attivista dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC, un partito di opposizione), sono stati condannati a 12 mesi di carcere, a una multa di 100.000 franchi congolesi e al pagamento di 300 $ per i danni causati alla Repubblica Democratica del Congo. La difesa ha annunciato che farà ricorso in appello. Bienvenu Matumo, Héritier Kapitene e Victor Tesongo sono stati accusati di “incitamento alla disobbedienza civile, diffusione di false informazioni e attentato contro la sicurezza interna dello Stato”. Il verdetto è stato pronunciato presso il carcere di Makala, dove sono detenuti. Erano presenti anche Fred Bauma, membro di Lucha, e Yves Makwambala, membro di Filimbi, arrestati oltre un anno fa e ancora in attesa di giudizio.

I tre attivisti erano stati arrestati insieme ad altri otto membri di Lucha nella notte tra il 15 e il 16 febbraio, alla vigilia di una giornata “città morta” organizzata dalla società civile congolese e dall’opposizione. Erano scomparsi subito dopo avere terminato una riunione dedicata all’organizzazione della manifestazione. Le loro famiglie erano rimaste senza loro notizie fino al 19 febbraio, il giorno in cui sono stati trasferiti alla sede dell’Agenzia Nazionale di intelligence (ANR). Il giorno successivo erano stati posti sotto mandato di arresto provvisorio. Human Rights Watch ha più volte denunciato la loro detenzione, definendola arbitraria.[4]

Il 21 maggio, a Kinshasa, la Polizia Nazionale Congolese (PNC) ha impedito una marcia pacifica indetta per denunciare i massacri di Beni e in solidarietà con queste popolazioni del Nord Kivu. L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (BCNUDH) parla di almeno venticinque persone arrestate, tra cui Albert Moleka, membro dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS). Anche il Presidente della DCU, Tshimanga Tshipanda Vidje, promotore della manifestazione, sarebbe stato brevemente arrestato.

Da parte sua, il commissario provinciale della PNC di Kinshasa, il Generale Célestin Kanyama, ha dichiarato di non essere a conoscenza dei fatti. Egli ha aggiunto che, «se ci sono stati degli arresti, è perché la manifestazione non sarebbe stata autorizzata dalle autorità». Ciò che gli organizzatori smentiscono, affermando di avere informato tutti i servizi dello Stato, il Primo ministro, la Presidenza, il governo nazionale e i governi provinciali.

Il 22 maggio, il portavoce della Polizia Nazionale Congolese (PNC), il colonnello Mwanamputu, ha annunciato che tutte le persone arrestate durante la manifestazione sono state rilasciate. L’informazione è stata confermata dal presidente del DCU, Tshimanga Tshipanda Vidje, uno dei promotori dell’evento.[5]

c. La marcia di protesta del 26 maggio

Varie coalizioni politiche dell’opposizione hanno indetto manifestazioni pacifiche, previste il 26 maggio sull’insieme del territorio nazionale, per protestare contro l’ultima sentenza della Corte costituzionale relativa alla fine del mandato del Presidente della Repubblica, esigere l’organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla Costituzione e manifestare solidarietà con la popolazione di Beni, da due anni vittima di numerosi e atroci massacri.

Le manifestazioni sono state vietate ovunque, tranne a Kinshasa e a Bukavu.

Il 15 maggio, il G7, la Dinamica dell’opposizione, l’Alternanza per la Repubblica e il Fronte cittadino 2016 hanno indetto, per il 26 maggio, una marcia di protesta su tutto il territorio congolese, per chiedere la pubblicazione del calendario elettorale e l’organizzazione delle elezioni entro le scadenze previste dalla Costituzione.

Circa l’organizzazione della marcia, il deputato nazionale Franck Diongo, membro dell’Alternanza per la Repubblica, ha affermato che gli organizzatori si limiteranno ad informarne le autorità, senza tuttavia attendere l’autorizzazione da parte loro.

Il portavoce del governo, Lambert Mende, ha dichiarato che l’organizzazione di una marcia deve essere concertata con le autorità.

Il portavoce della polizia, il colonnello Mwana Mputu, ha sottolineato che, prima della manifestazione, gli organizzatori devono discutere la questione del percorso della marcia con le autorità. Secondo il colonnello Mwana Mputu, «gli organizzatori devono, in linea di principio, scrivere all’autorità politico-amministrativa. L’autorità li convocherà per studiare insieme i possibili diversi percorsi, in modo che l’autorità politica e amministrativa possa dare istruzioni formali alla polizia, al fine di accompagnare i manifestanti fino al punto di arrivo. Se le autorità e gli organizzatori non discutono previamente il percorso, la polizia non permetterà che, per strada, l’ordine pubblico sia turbato».[6]

Il 23 maggio, almeno sette membri dell’opposizione sono stati arrestati a Matadi, nella provincia del Bas Congo. Si trovavano in casa di un membro dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), di Vital Kamerhe, per preparare la manifestazione del 26 maggio. I servizi di sicurezza hanno affermato di essere stati informati del fatto che dei giovani stavano preparando dei volantini che incitavano alla violenza, di aver ordinato di trasferirli davanti al procuratore della Repubblica e di rilasciarli, nel caso in cui i fatti non siano comprovati. Da parte sua, l’opposizione ha denunciato un nuovo atto di intimidazione e di repressione da parte del regime.[7]

Il 24 maggio, gli oppositori arrestati sono stati condotti davanti al Tribunale di grande istanza di Matadi per essere interrogati per processo verbale, dopo aver trascorso la notte nelle strutture dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR).[8]

Il 24 maggio, a conclusione di un incontro con la delegazione della Dinamica dell’opposizione, il Ministro provinciale degli interni, Emmanuel Akweti, ha annunciato che il governatore di Kinshasa non si è opposto all’organizzazione della manifestazione del 26 maggio. Attraverso tale evento, la Dinamica dell’opposizione vuole denunciare, ancora una volta, la sentenza della Corte costituzionale che autorizza il Presidente Kabila di rimanere al potere oltre il 2016, in caso di rinvio delle elezioni presidenziali. A Kinshasa, dunque, la manifestazione della Dinamica dell’opposizione è confermata, anche se con un piccolo cambiamento di percorso.

Nello stesso giorno, il governatore di Kinshasa ha ricevuto anche una delegazione del partito presidenziale, il PPRD. Anche questo partito ha indetto delle manifestazioni su tutto il territorio nazionale, a partire dal 25 al 30 maggio, per appoggiare la sentenza della Corte costituzionale, secondo cui il Presidente Joseph Kabila può rimanere al potere fino all’elezione di un nuovo presidente, ma anche per difendere il dialogo politico convocato dal capo dello Stato. Come l’opposizione, anche il PPRD prevede una grande marcia il 26 maggio, ciò che ha messo in difficoltà il governo provinciale.

Tuttavia, le marce dell’opposizione sono state proibite in altre regioni del Paese, come a Lubumbashi e a Mbuji Mayi, dove le autorità locali le hanno ritenute senza fondamento o inopportune. Il sindaco di Lubumbashi (Haut Katanga), Jean Oscar Sanguza Mutunda, si è opposto alla marcia prevista dall’opposizione il 26 maggio. Secondo lui, questo evento è inopportuno, soprattutto perché la sentenza della Corte costituzionale è irrevocabile e vincolante per tutti. Il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, ha vietato le manifestazioni in tutta la provincia. Secondo lui, il G7, la Dinamica dell’opposizione e il Fronte cittadino non sono strutture legalmente riconosciute e, quindi, non sono autorizzate a organizzare alcun evento. Inoltre, sempre secondo il governatore, tali manifestazioni sono prive di fondamento, dal momento che la sentenza della Corte costituzionale è inattaccabile.[9]

Il 25 maggio, nel corso della serata, il governo provinciale di Kinshasa ha deciso, unilateralmente e all’ultimo momento, di apportare una modifica al percorso della manifestazione. Eppure, il giorno precedente, dopo due ore di discussioni, il governo provinciale aveva approvato un itinerario che era stato concordato con la Dinamica dell’opposizione. Il governo provinciale giustifica il cambiamento adottato per il fatto che anche il PPRD, il partito presidenziale, aveva chiesto di potere organizzare una sua manifestazione sul Viale 24 novembre, una via simbolica della capitale congolese. Secondo l’amministrazione municipale, come nessuna delle due parti, né l’opposizione, né il PPRD, ha voluto cedere, il governatore di Kinshasa ha deciso di non concedere il Viale 24 novembre a nessuna delle due parti.

Infine, la manifestazione prevista dal PPRD e dalla maggioranza presidenziale per il 26 maggio è stata rinviata ad una data successiva, al fine di evitare uno scontro con i manifestanti dell’opposizione. Secondo il vice segretario generale del partito presidenziale, Emmanuel Shadari, è stato su richiesta del governatore della città che la manifestazione del PPRD è stata rinviata ad una data successiva.[10]

Il 26 maggio, a Kinshasa, la marcia è iniziata verso le 11h30. La polizia e i militari erano presenti ai bordi delle strade e lasciavano passare i manifestanti che sfilavano pacificamente. È stato in prossimità della Maison Schengen che la Polizia ha disperso la manifestazione in corso.

Vital Kamerhe, presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC) e membro della Dinamica dell’opposizione, ha condannato la repressione della marcia dell’opposizione mediante l’uso di gas lacrimogeni e di armi da fuoco. «Avevamo già concordato l’itinerario della manifestazione con il governatore, ma ieri sera, verso le 19h30, egli ci ha inviato una lettera per dirci che aveva modificato il percorso e che dovevamo prendere la via Huileries», afferma Vital Kamerhe. Egli ha aggiunto che è stato questo provvedimento che ha disorientato i manifestanti e che ha fatto sì che una parte di loro siano entrati sul Viale 24 novembre. «Abbiamo fatto in modo che i partecipanti alla marcia non disturbassero nessuno. Nessun negozio è stato saccheggiato. Nonostante ciò la Polizia ha lanciato gas lacrimogeni e sparato proiettili veri. Noi lo condanniamo con forza», ha dichiarato Vital Kamerhe, secondo cui, malgrado tutto, l’opposizione ha raggiunto il suo obiettivo.

Da parte sua, il ministro provinciale degli interni della città di Kinshasa, Emmanuel Akweti, ha affermato che i manifestanti non hanno rispettato il percorso inizialmente previsto dagli organizzatori e dall’autorità della città. «La polizia ha usato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, perché non hanno rispettato l’itinerario. In effetti, la polizia si è trovata davanti a due gruppi di manifestanti. Il primo era composto da manifestanti che non hanno rispettato il percorso tracciato dall’autorità politico-amministrativa. Il seconda era composto da manifestanti che hanno cercato di rispettare l’itinerario stabilito dall’autorità. Dopo che la polizia abbia disperso i manifestanti del primo gruppo, essi si sono uniti al secondo gruppo e la polizia si è vista costretta a dover utilizzare i mezzi convenzionali per poter disperderli», ha dichiarato il ministro Akweti. Il generale Célestin Kanyama, capo della polizia di Kinshasa, ha aggiunto che, «nonostante il non rispetto del percorso, la polizia ha accompagnato i manifestanti fino alla Maison Schengen, dove avrebbero dovuto fermarsi, ma hanno cercato di entrare a Gombe [il centro di Kinshasa], che però è considerato come zona rossa. I nostri agenti sono quindi stati costretti a intervenire per ristabilire l’ordine».

Nonostante la repressione, la Dinamica dell’opposizione ha parlato di un vero successo della manifestazione, con una partecipazione di circa 200.000 manifestanti. La polizia, invece, ha parlato di soli 2.000 partecipanti.

In tutte le altre principali città del paese, sin dal mattino presto, la polizia ha presidiato tutte le strade più importanti, per impedire o disperdere qualsiasi tentativo di raggruppamento di manifestanti. È stato il caso di Beni, Butembo, Bunia, Kisangani, Mbandaka, Kananga, Kalemie, Moba e Lubumbashi.

A Goma (Nord Kivu), soprattutto nei quartieri occidentali della città (Ndosho), dei manifestanti hanno sfidato il divieto di manifestazione e hanno tentato di iniziare una marcia verso il centro città, ma sono stati dispersi dalla polizia. Secondo fonti dei servizi di sicurezza, durante gli scontri tra i manifestanti e la polizia, una persona è stata uccisa e altre otto ferite, tra cui quattro civili e quattro agenti di polizia. Il governatore della provincia del Nord Kivu, Julien Paluku, ha confermato la morte di un civile che stava cercando, secondo lui, di “rubare la pistola di una guardia giurata” che prestava servizio davanti a una cooperativa finanziaria locale. Almeno 32 persone, per lo più giovani, sarebbero state arrestate e detenute in diverse prigioni della polizia.

A Bukavu (Sud Kivu), invece, la marciasi è ben svolta, in un clima tranquillo e senza alcun atto significativo di repressione.[11]

Il 30 maggio, è ripreso il processo dei sette membri dell’opposizione politica arrestati a Matadi. Detenuti presso il campo Molayi detenuti, essi sono perseguiti dalla Procura della Repubblica del Congo centrale per “avere preparato dei volantini che invitavano la popolazione alla rivolta“. La difesa ha respinto le accuse e ha parlato di un processo politico. Accusa rigettata dalla procura che ha assicurato che presenterà le prove di colpevolezza, senza tuttavia fornirne i dettagli. Gli imputati sono membri dei seguenti partiti politici: UNC, MPCR e RECO. Dei nove arrestati il 23 maggio, due sono stati liberati.[12]

2. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE CONDANNA OGNI FORMA DI REPRESSIONE

Il 13 maggio, a Kinshasa, l’inviata speciale della Gran Bretagna per la regione dei Grandi Laghi, Danae Dholakia, ha dichiarato che Londra e i suoi partner europei stanno prendendo in considerazione la possibilità di “sanzioni mirate” contro i responsabili di “atti di repressione” politica nella Repubblica Democratica del Congo. L’inviata britannica ha fatto riferimento alle recenti vicende giudiziarie dell’oppositore Moïse Katumbi, dichiarato candidato alla presidenza della Repubblica e, da una decina di giorni, oggetto di un’indagine per “reclutamento di mercenari“. «Spero sinceramente che le recenti accuse mosse contro Moïse Katumbi non costituiscano un restringimento dello spazio politico», ha affermato Dholakia, aggiungendo che «i rischi di un allontanamento dall’ordine costituzionale sono reali». Ella ha precisato che «l’emissione di un mandato di arresto provvisorio contro Moïse Katumbi sembra far parte di una crescente campagna di intimidazione nei confronti degli avversari politici».[13]

Il 21 maggio, l’ambasciata statunitense a Kinshasa ha rilasciato una dichiarazione del vice portavoce del Dipartimento di Stato americano, Mark Toner. Secondo questo documento, la situazione politica del pre-dialogo preoccupa seriamente gli Stati Uniti d’America. Mark Toner ha affermato che gli Stati Uniti d’America sono preoccupati per le crescenti intimidazioni e per i numerosi arresti di membri dell’opposizione e di leader della società civile. Secondo lui, «un governo non può chiedere di partecipare a un dialogo politico inclusivo se, nello stesso tempo, accusa e arresta le persone che dovrebbero parteciparvi».

Sempre secondo la dichiarazione del vice portavoce del Dipartimento statunitense, Mark Toner, «il governo congolese ha l’obbligo positivo di proteggere tutti i diritti dei cittadini, compreso il diritto di partecipazione alla gestione della vita politica della nazione e i diritti di esprimersi liberamente e di riunirsi pacificamente». Pertanto, Mark Toner ha dichiarato che «gli Stati Uniti stanno studiando la possibilità di applicare delle sanzioni, per opporsi a questo schema di crescente oppressione».[14]

Il 21 maggio, il rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite nella RDC, Maman Sidikou, si è detto “profondamente preoccupato per la crescente tensione politica” nel Paese. In una dichiarazione, egli ha dichiarato che queste tensioni potrebbero complicare lo svolgimento del dialogo politico, destinato a spianare la strada alle elezioni. Secondo lui, «la moltiplicazione delle procedure giudiziarie e di altre misure adottate per restringere lo spazio politico non farà altro che esacerbare le tensioni e rendere ancora più difficile il dialogo politico voluto dal Presidente della Repubblica». Egli ha quindi chiesto il rispetto scrupoloso dello stato di diritto e delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione congolese.[15]

Il 23 maggio, a conclusione di una riunione del Consiglio degli Affari Esteri dedicata alla situazione congolese, l’Unione Europea (UE) «ha espresso la sua preoccupazione per gli ostacoli posti al dibattito politico congolese, come evidenziato dai recenti eventi, tra cui quelli di Lubumbashi, Goma e Kinshasa. Di fronte a rapporti che riferiscono di un numero sempre più crescente di arresti e di intimidazioni nei confronti di esponenti politici, professionisti dei media e membri della società civile, compresi i difensori dei diritti umani, l’UE ricorda che, «in questo periodo pre-elettorale, il rispetto dei diritti umani, tra cui le libertà civili, e la preservazione di uno spazio politico aperto sono condizioni fondamentali e un prerequisito per l’organizzazione di un dialogo politico reale e credibile. In questo contesto, l’UE sottolinea l’importanza, per il governo congolese, di adempiere ai suoi impegni, in conformità con la Costituzione e con gli accordi internazionali che la Repubblica Democratica del Congo ha ratificato, tra cui le convenzioni internazionali sui diritti umani e l’accordo di Cotonou. L’UE ricorda la responsabilità individuale di tutte le parti interessate, compresa quella degli animatori delle istituzioni responsabili della giustizia e della sicurezza, affinché agiscano nel rigoroso rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani. In caso contrario, essi dovranno assumerne le conseguenze».[16]

Il 24 maggio, ricordando l’aumento delle “violazioni dei diritti umani per quanto riguarda le libertà di espressione, di riunione e di associazione pacifica” documentate dalle Nazioni Unite a partire dall’inizio dell’anno, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (HCDH) si è detto preoccupato di fronte alle “pressioni esercitate sull’opposizione e sulla società civile“.

L’HCDH ha espresso grande preoccupazione per una «serie di misure adottate dal governo congolese da gennaio 2015, per ridurre lo spazio democratico nel paese alla vigilia delle elezioni».

«Dato il clima politico allarmante, chiediamo al governo di consentire lo svolgimento di manifestazioni pacifiche e di assicurarsi che le forze di sicurezza non ricorrano ad un uso non necessario o eccessivo della forza durante le manifestazioni», ha detto il portavoce dell’HCDH, Rupert Colville, in occasione di una conferenza stampa a Ginevra.

Inoltre, l’HCDH ha chiesto alle autorità congolesi di impegnarsi per un dialogo costruttivo con l’opposizione e di garantire a tutti i Congolesi il rispetto del diritto a partecipare alla vita pubblica del Paese, piuttosto che reprimere il dissenso.

Da parte sua, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha espresso profonda preoccupazione per le informazioni relative alle crescenti tensioni politiche nella Repubblica Democratica del Congo causate dalla continua incertezza che caratterizza il processo elettorale. «Il Segretario Generale chiede un rigoroso rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. Egli esorta tutte le parti a far prova di moderazione e ad esprimere le loro opinioni in modo pacifico», ha detto il suo portavoce in un comunicato stampa.[17]

[1] Cf Radio Okapi, 15.05.’16

[2] Cf Radio Okapi, 20.05.’16 ; RFI, 20.05.’16

[3] Cf Radio Okapi, 26.05.’16

[4] Cf Laure Broulard et Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 20.05.’16

[5] Cf Radio Okapi, 21 e 22.05.’16

[6] Cf Radio Okapi, 15.05.’16

[7] Cf RFI, 24.05.’16

[8] Cf Radio Okapi, 24.05.’16

[9] Cf RFI, 24.05.’16; Radio Okapi, 25.05.’16;

[10] Cf Radio Okapi, 25.05.’16; RFI, 26.05.’16

[11] Cf Radio Okapi, 26.05.’16 ; RFI, 26.05.’16; Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 26.05.’16

[12] Cf Radio Okapi, 31.05.’16

[13]

[14] Cf Radio Okapi, 21.05.’16

[15] Cf Radio Okapi, 21.05.’16

[16] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 24.05.’16

http://www.lepotentielonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=14537:kinshasa-dans-le-collimateur-de-l-union-europeenne&catid=85&Itemid=472

[17] Cf Radio Okapi, 26.05.’16