Violenza di stato e non violenza popolare

Editoriale Congo Attualità n. 273– a cura della Rete Pace per il Congo

Tre segnali che non lasciano presagire un futuro sereno

I lavori di preparazione delle elezioni dei Governatori provvisori delle nuove province, previste per il 26 marzo, hanno distolto l’attenzione dal processo elettorale generale e dal dialogo politico in gestazione. Nello stesso tempo, sono aumentate le violazioni, da parte delle autorità governative, dei diritti di ogni cittadino alla libertà di opinione, di espressione e di manifestazione.

Sono tre segnali che non lasciano presagire un futuro sereno per il Paese.

L’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative nazionali entro i tempi previsti dalla Costituzione sta diventando sempre più incerta e improbabile e la dimensione democratica delle Istituzioni della Repubblica si sta progressivamente e inesorabilmente sgretolando.

La Costituzione è sistematicamente violata da chi dovrebbe garantirne il rispetto. Il popolo è privato di uno dei suoi diritti fondamentali: la partecipazione alla vita politica del Paese attraverso le urne. I membri dei partiti politici di opposizione e delle associazioni della Società civile sono arrestati e incarcerati senza avere commesso alcuna infrazione, sono processati per false accuse inventate a proposito e condannati senza alcuna prova convincente. L’unico obiettivo è quello di far tacere le voci dissidenti.

Una testimonianza

Una militante di Lotta per il Cambiamento (Lucha), un movimento cittadino di protesta non violenta per la democratizzazione del Paese, in una sua lettera aperta all’amico Fred Bauma, detenuto nel carcere di Makala (Kinshasa), così esprime la drammaticità della situazione:

«Non avrei mai immaginato che delle azioni lecite e legittime potessero condurre un innocente in prigione, mentre i capi dei gruppi armati, che hanno ucciso e che continuano ad uccidere i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli e le nostre sorelle, continuano ad essere “premiati” con posti politici e gradi militari e quando ufficiali militari affaristi e personalità politiche corrotte e corruttrici sono liberi di circolare come vogliono … È vergognoso che uno stato, il nostro stato, sia diventato così repressivo e ingiusto contro di noi che siamo la sua gioventù … La tua prigionia è la testimonianza vivente di una dittatura celata dietro certe istituzioni democratiche di facciata. Coloro che gestiscono le istituzioni non hanno ancora capito che la generazione dei presidenti a vita è già terminata, che ci troviamo nella Repubblica Democratica del Congo, che la democrazia ne è la regola e che la Costituzione ne è la guida. Ora che i mandati elettorali stanno arrivando a termine, non si vergognano di voler cambiare le regole in vigore per rimanere al potere. Tu porti con te la sofferenza della dolorosa transizione dalla dittatura alla democrazia».

Una via stretta e difficile: quella della non violenza

Di fronte alla palese dittatura che si cela dietro Istituzioni solo apparentemente repubblicane e democratiche, davanti a una classe dirigente che fa di tutto per rimanere al potere oltre i limiti fissati dalla Costituzione, di fronte a una giustizia e a dei servizi di sicurezza (esercito e polizia) completamente asserviti al potere, c’è una minoranza che, negli ambienti dell’opposizione politica e della società civile, senza armi, senza mezzi e a mani nude, esprime la sua indignazione, la sua protesta e le sue proposte. Alla violenza di stato, tale minoranza oppone una resistenza, ostinata e pacifica, ispirata alla «via della non violenza, del rispetto della dignità di ogni persona, dell’educazione alla cittadinanza responsabile, della responsabilità, dell’indipendenza e dell’amore».

È la via che Lucha ha scelto per organizzare piccole azioni puntuali, come sit-in e cortei, minuti di silenzio o di rumore (fischietti, campane, pentole, …), esplicitandone contenuti ed obiettivi con cartelli e gesti simbolici (mani legate, bocche imbavagliate, …).

Quando dichiarazioni e comunicati sembrano essere diventati ormai inefficaci di fronte alla caparbietà e all’arroganza dello Stato, questa metodologia contribuisce alla sensibilizzazione della popolazione, interpella direttamente le autorità implicate e crea visibilità nella pubblica opinione, sia nazionale che internazionale.

È una via che comporta numerosi rischi: l’arresto, la condanna, la prigionia e, persino, la morte.

Ma il rischio è una componente inevitabile di qualsiasi forma di resistenza non violenta, è il caro prezzo della libertà e della democrazia.