Congo Attualità n. 260

INDICE

EDITORIALE: CONVOCATO IL DIALOGO POLITICO NAZIONALE

  1. DIALOGO NAZIONALE
    1. Il dialogo non deve essere un pretesto per eludere le elezioni del 2016
    2. Il messaggio della CENCO per il buon esito del processo elettorale
    3. L’annuncio della convocazione del dialogo nazionale
      1. Le reazioni favorevoli
      2. Le reazioni contrarie
    4. La posizione dell’UDPS
      1. Prima dell’annuncio di convocazione del dialogo
      2. Dopo l’annuncio della convocazione del dialogo
    5. La pubblicazione dell’ordinanza presidenziale relativa alla convocazione del dialogo
  2. LA COMMISSIONE ELETTORALE
  3. QUESTIONI ECONOMICHE

EDITORIALE: LA CONVOCAZIONE DEL DIALOGO POLITICO NAZIONALE

1. DIALOGO NAZIONALE

a. Il dialogo non deve essere un pretesto per eludere le elezioni del 2016

Il 21 novembre, fonti governative hanno rivelato che il presidente Joseph Kabila ha proposto alle Nazioni Unite i nomi di quattro personalità che potrebbero assicurare una mediazione internazionale nel “dialogo nazionale”. Secondo queste fonti, è stato il ministro degli Esteri, Raymond Tshibanda, che ha presentato la lettera del Presidente Kabila al segretario generale Ban Ki-moon a New York.

Kabila ha presentato i nomi dell’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan, del presidente angolano Eduardo Dos Santos, del presidente dell’Assemblea nazionale senegalese Moustapha Niasse, e dell’inviato speciale dell’ONU per i Grandi Laghi Said Djinnit.

Sulla questione della nomina di un possibile mediatore, il portavoce della maggioranza, Andre-Alain Atundu, ha dichiarato che «è da escludersi che il mediatore internazionale possa svolgere un ruolo di arbitro o di giudice».

La designazione di un mediatore internazionale è una delle condizioni poste dall’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), partito di opposizione, per partecipare al “dialogo nazionale” proposto dal Capo dello Stato. La maggior parte degli altri componenti dell’opposizione hanno dichiarato di non partecipare a tale iniziativa, considerandola come una manovra del presidente Kabila per eludere le disposizioni costituzionali che gli impediscono di ripresentarsi come candidato alle presidenziali del 2016.[1]

Il 22 novembre, il moderatore ad interim della Dinamica dell’opposizione, Jean-Marie Ingele Ifoto, ha affermato, in una dichiarazione rilasciata a Kinshasa, che tutti i problemi proposti per il dialogo convocato dal presidente Joseph Kabila trovano la loro soluzione nelle istituzioni della Repubblica. Egli ritiene che tutte le questioni relative al calendario elettorale, all’iscrizione dei nuovi maggiorenni sulle liste degli elettori, al finanziamento dell’organizzazione delle elezioni e alla sicurezza del processo elettorale ricadono sotto la responsabilità dalle istituzioni, in virtù della Costituzione. «Questi problemi sono già risolti nella Costituzione e sono le istituzioni esistenti che devono trovare le soluzioni. Per trovare queste risposte, non ci si può sostituire alle istituzioni, creando un’altra struttura, il dialogo, ad esse parallela», ha affermato Jean-Marie Ingele Ifoto.[2]

Il 24 novembre, 45 organizzazioni della Società civile, riunite a Kinshasa per analizzare le questioni di attualità relative al processo elettorale e al consolidamento dello Stato di diritto, hanno chiesto al governo di «prendere le misure necessarie per garantire la sicurezza del processo elettorale». Per quanto riguarda il dialogo annunciato dal Presidente della Repubblica, i partecipanti hanno ricordato che, «in una democrazia, il dialogo è una virtù, ma non dovrebbe costituire né un prerequisito, né un ostacolo all’organizzazione delle elezioni nel 2016 secondo le scadenze costituzionali». Inoltre, i partecipanti hanno chiesto alla Commissione elettorale di «riattivare i tre comitati di concertazione 1. Commissione elettorale – Governo – partiti politici, 2. Commissione elettorale – Società civile e 3. Commissione elettorale – Partner sostenitori del processo elettorale».[3]

Il 24 novembre, il G7, gruppo dei sette partiti esclusi dalla maggioranza presidenziale lo scorso settembre, ha dichiarato che non prenderà parte al dialogo convocato dal Presidente della Repubblica. A proposito della partecipazione dell’UDPS al dialogo, Charles Mwando Simba, presidente dell’Unione Nazionale dei Democratici Federalisti (Unadef) e Decano del G7, ha affermato che l’UDPS deve avere dei motivi particolari per parteciparvi: «L’UDPS avrà un suo segreto per voler partecipare a questo dialogo. Da parte nostra, non riusciamo a penetrare in tale segreto».[4]

b. Il messaggio della CENCO per il buon esito del processo elettorale

Riuniti a Kinshasa dal 23 al 24 novembre, i Vescovi membri del Comitato Permanente della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO),

«dopo aver espresso, il 12 novembre 2015, il loro punto di vista sull’organizzazione di un dialogo nazionale che dovrà svolgersi nel pieno rispetto del quadro costituzionale e istituzionale in vigore, e a un anno prima delle elezioni di novembre 2016, hanno proceduto a uno scambio di opinioni sulla situazione del paese: essa è inquietante e preoccupante. Hanno evocato i ricordi tristi e dolorosi di guerre e tribolazioni che hanno seminato tanta desolazione tra la popolazione congolese e sparso il sangue di milioni di figli e figlie del Paese, a causa di un certo modo di accedere al potere con la forza ed esercitarlo a scapito del bene comune.

I Vescovi rimangono convinti che i cittadini e i politici che amano veramente il Paese sapranno evitare di portare la nazione su una strada che rischierebbe di fare spargere ancora il sangue dei Congolesi. È necessario arrestare lo spargimento di sangue.

Essi riconoscono gli sforzi compiuti dal Governo a favore della democratizzazione del Paese. Tuttavia, si sono rattristati nel constatare che l’avvicinarsi delle elezioni porta ancora con sé l’aumento delle restrizioni delle libertà individuali, della repressione e delle intimidazioni. La democrazia non dovrebbe essere solo uno slogan, ma una cultura e l’alternanza una sua espressione. Secondo i Vescovi, la gestione democratica del Paese richiede che le regole e i valori siano rispettati da tutti. Così, la nomina di commissari straordinari non eletti dal sovrano primario costituisce una battuta d’arresto per la democrazia. Infatti, la Repubblica Democratica del Congo presenta oggi un volto ibrido con, da una parte, 5 province gestite da governatori eletti e, dall’altra, 21 province con commissari speciali nominati.

Secondo la CENCO, il futuro della RDCongo risiede senza dubbio nella salvaguardia dell’integrità territoriale della nazione, nel rispetto della Costituzione e nello svolgimento di elezioni libere e trasparenti entro i termini costituzionali.

È per questo che essa si impegna a mobilitare i fedeli cristiani e gli uomini e le donne di buona volontà, in vista di iniziative spirituali volte a implorare la grazia della pace su tutta l’estensione del paese. Tra queste iniziative, i Vescovi citano:

  1. l’organizzazione di una novena di preghiera in tutte le parrocchie e comunità di base, per il buon esito del processo elettorale e la tutela dell’integrità territoriale, a partire dall’8 dicembre 2015, giorno d’apertura dell’Anno della Misericordia indetto dal Santo Padre, Papa Francesco;
  2. la programmazione, in ogni diocesi, di una marcia pacifica di tutti i cristiani, uomini e donne di buona volontà, per consolidare la democrazia, il 16 febbraio 2016, in occasione dell’apertura del 25° anniversario della storica marcia del 16 febbraio 1992;
  3. l’organizzazione, nelle parrocchie e nei movimenti di Azione Cattolica, di una preghiera speciale per la giustizia e la pace, ogni primo sabato del mese;
  4. La celebrazione di un culto ecumenico per la pace durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, dal 18 al 25 gennaio 2016.

I vescovi chiedono, infine, al popolo congolese di essere vigile, nello spirito dell’articolo 64 della Costituzione, secondo cui “Tutti i Congolesi hanno il dovere di lottare contro qualsiasi individuo o gruppo di individui che voglia prendere il potere con la forza o che lo eserciti in violazione delle disposizioni della Costituzione”».[5]

c. L’annuncio della convocazione del dialogo nazionale

Il 28 novembre, in un messaggio trasmesso alla radiotelevisione congolese, il Capo dello Stato Joseph Kabila ha annunciato la convocazione di un “dialogo politico nazionale inclusivo“, senza però precisare data e luogo. Nel suo messaggio, Joseph Kabila ha parlato dei punti che dovrebbero essere discussi durante il dialogo. Si tratta di temi su cui “appaiono profonde divergenze di opinione, al punto da minacciare l’unità e la stabilità del Paese”: il database elettorale, il calendario elettorale, la sicurezza prima, durante e dopo le elezioni, il finanziamento delle elezioni e il ruolo dei partner internazionali nel processo elettorale:

«1. Il database elettorale solleva, in effetti, una serie di interrogativi sulla sua affidabilità e la sua inclusività. Ad oggi, niente garantisce che tutti i Congolesi in età di voto siano registrati sulle liste degli elettori, come lo dimostra la problematica dei nuovi maggiorenni, dei Congolesi residenti all’estero, degli sfollati e dei rifugiati ritornati nelle loro zone di residenza. Nulla attesta che tutti gli iscritti lo siano legittimamente o che abbiano la nazionalità congolese. Andare alle elezioni sulla base su un database imperfetto comporterebbe, di conseguenza, delle prevedibili contestazioni. È quindi necessario arrivare ad alcune opzioni consensuali che permettano di correggere queste imperfezioni a monte e di ridurre i rischi temuti.

  1. Per quanto riguarda il calendario elettorale, ce n’è già uno, che comprende l’organizzazione delle elezioni a tutti i livelli. Ma, fino ad oggi, esso non è stato attuato a causa delle molte divergenze che esistono all’interno della classe politica e che non sono mai state risolte, a tal punto che non si è potuto organizzare nemmeno le prime elezioni previste in ottobre 2015.
  2. Per quanto riguarda la sicurezza durante il processo elettorale, è noto che le elezioni del 2006 e del 2011 sono state caratterizzate da molte violenze, soprattutto in alcune circoscrizioni. Quindi, oltre alla sicurezza fisica e materiale dei candidati e degli elettori, il problema è quello del ruolo che dovrebbe svolgere la classe politica, e ognuno di noi, nella promozione di un clima favorevole a un processo elettorale pacifico.
  3. Il finanziamento del processo elettorale impone una profonda riflessione. Infatti, ad oggi, la Commissione elettorale ha comunicato, a tutte le parti implicate nel processo elettorale, un preventivo di un miliardo e duecento milioni di dollari per finanziare l’intero ciclo elettorale. Per il 2016, nel progetto della legge finanziaria, il governo ha previsto un importo di 500 milioni di dollari. Il gettito delle entrate attuali non permette di sbloccare, ogni mese, le decine di milioni di dollari richieste. Come risolvere questo dilemma? Non si potrebbe quindi pensare, sin da adesso, a un sistema elettorale con modalità di voto meno costose, come si fa in altri Paesi?
  4. Infine, si dovrebbe chiarire e rivedere il ruolo dei partner internazionali nel processo elettorale. Occorrerebbe pensare come rendere il contributo dei partner internazionali compatibile con il rispetto delle nostre leggi e della nostra sovranità, partendo dall’idea che le elezioni sono principalmente una questione di politica interna e, quindi, una questione di sovranità, come succede in tutti i paesi del mondo. Come evitare che il contributo esterno spalanchi le porte a un diritto di ingerenza o di interferenza nei nostri affari interni?

È così che, oggi, dopo tutta una serie di consultazioni, siamo giunti alla conclusione che solo il dialogo può permettere alla nostra Nazione di evitare una crisi che potrebbe sorgere a causa della mancata risoluzione, in tutta responsabilità, dei problemi qui sopra accennati. Il dialogo ci è necessario. Infatti, è attraverso un consenso responsabile che potremo rendere possibile il rilancio del nostro processo elettorale …

È questo il motivo per cui ho deciso di convocare un dialogo politico nazionale inclusivo e di istituire un comitato preparatorio che affronti tutti gli aspetti della sua organizzazione. Infine, il compito di co – moderazione di questa conferenza potrà usufruire dell’accompagnamento di una facilitazione internazionale che dovrà offrire il suo contributo nel caso di grandi difficoltà».[6]

– Le reazioni favorevoli

Commentando il discorso del Capo dello Stato, il portavoce della Maggioranza Presidenziale (MP), Alain Atundu, ha affermato che «lo scopo principale del dialogo non è il prolungamento del mandato presidenziale, né la ripartizione di posti governativi. La preoccupazione principale è il miglioramento della nostra democrazia attraverso la risoluzione dei problemi che si pongono». A proposito del discorso del presidente Kabila, il portavoce della MP lo ritiene “patriottico, aperto e portatore di speranza”.[7]

Il 30 novembre, riuniti presso la sede della Commissione di Integrità e di Mediazione Elettorale (CIME), i responsabili delle confessioni religiose hanno invitato la popolazione e le persone di buona volontà a partecipare al dialogo politico nazionale convocato dal presidente Joseph Kabila. Le confessioni religiose, eccetto la Chiesa cattolica, ritengono che il dialogo politico inclusivo sia necessario per assicurare una conclusione positiva del processo elettorale.

«Le confessioni religiose, prendendo la misura della crisi del processo elettorale, ribadiamo la necessità e l’opportunità di uno scambio fraterno, aperto e senza vincoli, su tutte le grandi questioni che possono determinare una conclusione positiva del processo elettorale», ha dichiarato il reverendo Delphin Elebe Kapaly, rappresentante legale della Chiesa Kimbanguista e presidente della CIME.

La CIME è una piattaforma di scambio di informazioni elettorali e di dialogo permanente, con lo scopo di gestire, attraverso la mediazione, le tensioni elettorali prima, durante e dopo le elezioni. È stata creata nel 2014. I vescovi cattolici si sono ritirati, tre settimane dopo la sua creazione.[8]

– Le reazioni contrarie

Il Presidente Joseph Kabila ha annunciato l’organizzazione di un dialogo “per dare una chance al processo elettorale”, ma gli argomenti addotti fanno temere un sotterfugio per negoziare un rinvio delle elezioni presidenziali del 2016, una condivisione del potere e una modifica delle modalità di voto.[9]

La segretaria generale del Movimento di Liberazione del Congo (MLC), Eve Bazaiba Masudi, sospetta Joseph Kabila di voler rivedere alcune disposizioni della Costituzione: «Quando il Presidente dice che nel dialogo si rifletterà sulle modalità di voto, al fine di limitare i costi delle elezioni, dimentica che la Costituzione ha già previsto tutte queste modalità». Secondo Eve Bazaiba, per il MLC non è ammissibile pensare di eleggere il Capo dello Stato in secondo grado. Secondo alcune indiscrezioni, il Presidente Kabila vorrebbe ispirarsi ai modelli angolano e sudafricano che prevedono l’elezione del Capo dello Stato, a suffragio indiretto e a due turni, da parte di una base composta di “grandi elettori”.[10]

Il presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), Vital Kamerhe, ha dichiarato che, a un anno prima della fine ufficiale del suo mandato, il presidente Kabila «vuol fare un colpo di stato costituzionale» e ha aggiunto che, «nel chiedere un nuovo sistema elettorale, egli vuole traghettare il paese verso una nuova repubblica». Secondo Kamerhe, questa “Nuova Repubblica” potrebbe consentire al presidente Kabila di ricandidarsi per un nuovo mandato che l’attuale Costituzione non prevede.[11]

Il 30 novembre, in una dichiarazione congiunta rilasciata in seguito al messaggio del Presidente Kabila del 28 novembre, la Dinamica dell’opposizione e il G7 hanno affermato che

«Non c’è più alcun dubbio. Non c’è più alcun processo alle intenzioni. Decidendo di convocare il famoso dialogo e invitando i delegati che vi parteciperanno a “riflettere su un nuovo sistema elettorale con delle modalità di voto meno costose”, Kabila non riesce più a nascondere la sua intenzione chiara, pianificata e deliberata di sovvertire l’ordine costituzionale, per rimanere al potere. È un vero e proprio colpo di stato costituzionale … Dopo aver soppresso, in gennaio 2011, il secondo turno delle elezioni presidenziali, Kabila ha ora deciso di liquidare, in modo totale e definitivo, il sovrano primario che è il popolo, privandolo del diritto di eleggere il Presidente della Repubblica a suffragio universale diretto. Si tratta di una dichiarazione di guerra contro il Popolo congolese … Ecco perché noi diciamo: No al dialogo, no a un governo di transizione, no alla violazione o modificazione della Costituzione, no al referendum, no al rinvio delle elezioni, Sì al rigoroso rispetto della Costituzione, Sì alla liberazione di tutti i prigionieri di opinione, Sì alle elezioni nazionali entro i tempi previsti dalla Costituzione, Sì al cambiamento e all’alternanza democratica … In tutti i casi, l’unico evento storico che il popolo congolese attende con impazienza è il giuramento, il 20 dicembre 2016, del nuovo Presidente della Repubblica eletto a suffragio universale diretto nelle prossime elezioni nazionali del 27 novembre 2016».[12]

Il 30 novembre, il partito Raggruppamento delle Forze Sociali e Federaliste (RSF) di Vincent de Paul Lunda Bululu, ha disapprovato i temi scelti per la discussione durante il dialogo politico convocato dal Capo dello Stato, Joseph Kabila. In una lettera aperta al Capo dello Stato, il coordinatore del RSF, Muyumba Maila, ha affermato che tali questioni sono di competenza della Commissione elettorale e non del Capo dello Stato: «Convocare un dialogo precisamente su questi temi rivela l’intenzione di un rinvio delle elezioni in violazione della costituzione».[13]

L’Associazione Africana per la difesa dei Diritti umani (ASADHO) si è detta preoccupata per la proposta del Capo dello Stato sulla modalità di voto. Secondo questa ONG, pensare di cambiare la modalità di voto per le elezioni presidenziali aprirebbe la strada alla revisione della Costituzione. Jean-Claude Katende, Presidente dell’ASADHO, ha affermato che «questa proposta del Capo dello Stato comporterà la modifica dell’articolo 70 della Costituzione, secondo cui il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto».[14]

L’ultimo messaggio che il Capo dello Stato ha rivolto alla nazione la sera del 28 novembre, è stato ampiamente commentato sia dalla classe politica che dalla Società civile.

Una prima preoccupazione riguarda il “Comitato preparatorio”. Il Presidente Kabila procederà lui stesso, in modo unilaterale, alla scelta degli “esperti” incaricati di preparare il Dialogo o consulterà di nuovo le forze politiche e sociali, affinché scelgano loro stesse i loro delegati? Nel caso di una loro designazione da parte sua, l’opinione nazionale potrebbe sospettarlo di voler strumentalizzare e manipolare il dialogo. Ma nel caso in cui sia necessario che ogni formazione politica e organizzazione della società civile designi i propri delegati per esservi rappresentate, si può ben temere la creazione di una struttura elefantesca che rischia di tirare le cose in lungo e di essere molto costosa.

La classe politica, soprattutto l’opposizione, si è particolarmente indignata nel sentire Joseph Kabila proporre una riflessione su una modalità di voto meno costosa per lo Stato congolese. Alcuni si chiedono se non si tratta di un’implicita esortazione a una revisione costituzionale, in vista di una revisione della modalità di voto delle elezioni presidenziali, sostituendo l’elezione diretta, attualmente in vigore, con una elezione indiretta. Se si adottasse un simile sistema elettorale, il Popolo congolese, sovrano primario, accetterebbe che il Presidente della Repubblica sia eletto in “secondo grado”, come i senatori e i governatori provinciali? Quando si pensa alla facilità con cui si comprano i voti dei Deputati provinciali che costituiscono l’elettorato degli uni e degli altri, non si può non preoccuparsi per il futuro della democrazia in questo Paese.

Per quanto riguarda il finanziamento del processo elettorale, degli “esperti” in materia elettorale hanno già dimostrato che, con 500 milioni $ (legge finanziaria 2016), le elezioni presidenziali e legislative nazionali, le più urgenti perché costituzionalmente vincolate, possono essere organizzate nel 2016, e che rimarrebbe anche qualcosa per le elezioni legislative provinciali. Quindi, se non c’è un piano segreto di “slittamento”, i Congolesi possono andare alle urne nel 2016, per eleggere il loro futuro Presidente della Repubblica e i deputati nazionali.

Un altro motivo di preoccupazione: Joseph Kabila sembra contraddirsi perché, da una parte, ha inviato una corrispondenza al Segretario Generale delle Nazioni Unite per proporgli una lista di quattro personalità (Kofi Annan, Dos Santos, Moustapha Niasse e Said Djinnit) tra cui scegliere un mediatore e, dall’altra, insiste sul fatto che, in nome della sovranità nazionale, non tollera interferenze o ingerenze straniere negli affari interni congolesi. Dal suo punto di vista, una facilitazione internazionale sarebbe possibile solo in caso di blocco del dialogo. Eppure sa che la mediazione internazionale è la “conditio sine qua non” posta da diverse forze politiche e sociali per la loro partecipazione al dialogo.[15]

d. La posizione dell’UDPS

– Prima dell’annuncio di convocazione del dialogo

Tra i maggiori partiti dell’opposizione, solo l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), il partito di Etienne Tshisekedi, sembra disposto a dialogare con Joseph Kabila.

Si tratta di una svolta a 180 gradi per lo storico esponente dell’opposizione, noto per la sua intransigenza nei confronti di un potere che considerava illegittimo, perché emerso dalle caotiche elezioni del 2011. Tshisekedi si era addirittura auto proclamato “Presidente eletto” della Repubblica Democratica del Congo e aveva proibito ai suoi deputati di sedere in parlamento. Gli altri partiti di opposizione temono soprattutto una nuova condivisione del potere, orchestrata da Félix Tshisekedi, figlio del leader storico del partito. Dei membri dell’UDPS potrebbero far parte del governo in cambio della permanenza di Joseph Kabila al potere dopo il 2016. Un “prolungamento” del mandato presidenziale che potrebbe durare anche qualche anno. Un portavoce della maggioranza presidenziale dell’ex Katanga aveva svuotato il sacco già un mese fa, affermando che sarebbe necessario rimandare le elezioni di 2 o 4 anni, al fine di potere aggiornare il database elettorale. Se l’UDPS accetta di sedersi al tavolo (che non è ancora detto … anche se è su quella strada), ciò significherebbe che l’esito del dialogo è già scritto e permetterà a Joseph Kabila di rimanere seduto sulla sua poltrona ancora per vari anni.[16]

– Dopo l’annuncio della convocazione del dialogo

Il 30 novembre, il segretario nazionale dell’UDPS per le relazioni esterne, Félix Tshisekedi, ha affermato che il suo partito non parteciperà a un dialogo politico “made in Kabila”. Egli accusa il Capo dello Stato, Joseph Kabila, di volere organizzare il dialogo a modo suo e di tentare di modificare il sistema elettorale. «Non parteciperemo a un dialogo “made in Kabila”. Avrebbe dovuto lasciare che fosse la comunità internazionale, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, a designare un facilitatore», ha dichiarato Felix Tshisekedi, secondo il quale l’unico dialogo cui il partito potrebbe partecipare è quello che sarebbe convocato da un facilitatore internazionale neutrale. «L’UDPS parteciperà al dialogo che sarà posto sotto l’egida della comunità internazionale. Un dialogo alla salsa Kabila non ci interessa», ha egli insistito.

Secondo lui, il dialogo auspicato dall’UDPS avrà come priorità particolare quella di discutere sull’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative entro i tempi costituzionali. «Egli [Kabila] lo sa già molto bene, perché abbiamo avuto due tornate di pre discussioni prima del dialogo vero e proprio. Sa anche che tale dialogo dovrà essere preparato in modo concertato. Occorre raggiungere un accordo sulla data, sul luogo e sui temi, ecc. Ma vediamo che sta organizzando tutto da solo, cercando di imporre la propria visione. E a tutto questo, noi diciamo no», ha precisato il segretario nazionale per le relazioni esterne dell’UDPS, che aggiunge di non avere capito il motivo di tanta “precipitazione”, da parte di Joseph Kabila, nella convocazione di questo forum nazionale: «Non capiamo questa fretta improvvisa. Ovviamente, essa sta nascondendo qualche cosa, tanto più che, nel suo intervento, Kabila non ha detto nulla sui problemi che lo riguardano direttamente, cioè la fine del suo mandato presidenziale e l’alternanza democratica», ha aggiunto Felix Tshisekedi. Infine ha affermato che l’UDPS attende il dialogo politico che sarà convocato da un mediatore internazionale neutrale, designato dal Segretario generale delle Nazioni Unite.[17]

Il 30 novembre, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) e il suo Presidente Nazionale, Etienne Tshisekedi wa Mulumba, dopo aver seguito da vicino l’annuncio di Joseph Kabila, il 28 novembre 2015, relativo al Dialogo Nazionale,

«1. Ricordano che è il Presidente Etienne Tshisekedi wa Mulumba che è stato il primo ad affermare che il dialogo è la strada maestra per risolvere la crisi politica congolese e, a tal fine, la tabella di marcia del partito, pubblicata il 12 febbraio 2015, sancisce che il dialogo deve essere conforme alle disposizioni dell’accordo quadro di Addis Abeba.

  1. Rilevano che, il 24 novembre 2015, il presidente Etienne Tshisekedi ha inviato una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite, per sollecitare la designazione, nel più breve tempo possibile, di un facilitatore.
  2. Precisano che il facilitatore così designato dovrà, d’intesa con le parti interessate, vale a dire il campo del cambiamento, rappresentato dall’UDPS e alleati, e quello della maggioranza al potere, determinare la composizione del comitato preparatorio, incaricato di definire i contorni dell’organizzazione del forum, prendendo a testimone la società civile.

4.Notano che Kabila, come parte implicata nel dialogo, elemento del problema congolese e non della soluzione, non può assumersi il ruolo di parte in causa e giudice nello stesso tempo. Perciò, non può definirne l’ordine del giorno, né dare qualsiasi altro orientamento.

  1. Fanno notare che Joseph Kabila, nel suo discorso, ha parlato di tutto tranne che di sé stesso, evitando consapevolmente di impegnarsi a rispettare la Costituzione, per quanto riguarda il numero e la durata dei mandati presidenziali e il rispetto dell’alternanza alla fine del suo secondo e ultimo mandato nel 2016, conformemente all’articolo 220 della Costituzione.
  2. Riaffermano che, in ogni caso, il dialogo non dovrebbe né uscire dal quadro costituzionale, che deve essere formalmente rispettato, né essere all’origine di alcuna manovra volta a favorire un prolungamento del calendario elettorale oltre i limiti costituzionali.
  3. Prendono atto dell’annuncio di Kabila, il 28 novembre 2015, relativo al dialogo nazionale.
  4. Chiedono al Segretario Generale delle Nazioni Unite di nominare un facilitatore, per evitare che il nostro paese cada, ancora una volta, in una situazione di caos, che è già costata tanto in vite umane congolesi e in investimenti di energie e di risorse da parte della Comunità internazionale.
  5. Affermano che, se le richieste espresse sopra e ripetute più volte da già molti mesi, saranno soddisfatte, il partito è pronto a impegnarsi concretamente in un dialogo politico i cui obiettivi principali siano:

– L’elaborazione di un calendario elettorale realistico e consensuale, che tenga conto delle scadenze costituzionali; – L’organizzazione di un processo elettorale credibile e portato avanti in un clima sereno e – Il trasferimento pacifico del potere, nel rispetto dell’espressione del nostro popolo».[18]

e. La pubblicazione dell’ordinanza presidenziale relativa alla convocazione del dialogo

Il 30 novembre, l’ordinanza presidenziale firmata il 28 novembre dal Presidente della Repubblica relativa al dialogo politico nazionale inclusivo è stata resa pubblica, mediante lettura del testo alla Radio Televisione Nazionale Congolese (RTNC):

«1. È convocato, a Kinshasa, un forum nazionale denominato dialogo politico nazionale inclusivo. 2. Lo svolgimento del dialogo è preceduto dalla creazione, entro un periodo non superiore a dieci giorni dalla data della firma della presente ordinanza, di un comitato preparatorio. Quest’ultimo, come il dialogo propriamente detto, sono composti da delegati di tutte le parti interessate, cioè della Società civile, della maggioranza presidenziale e dell’opposizione politica, sotto la co-moderazione di un rappresentante della maggioranza e di un rappresentante dell’opposizione politica. L’organizzazione e il funzionamento del dialogo e del Comitato preparatorio sono stabiliti da un Regolamento Interno.

  1. Il Comitato preparatorio, in particolare, ha il compito di:

– preparare i documenti di lavoro e elaborare i progetti dell’ordine del giorno e del Regolamento interno da sottomettere all’approvazione dell’Assemblea plenaria del Dialogo.

– fissare sia il numero dei partecipanti che devono provenire dalla Società civile, dalla Maggioranza presidenziale e dall’Opposizione politica, sia la durata e il luogo del forum.

– determinare tutte le modalità di organizzazione e di funzionamento del Dialogo.

  1. Fatte salve altre disposizioni che saranno determinate dal Regolamento interno, il dialogo dispone di un Comitato e di un’Assemblea Plenaria che può suddividersi in Commissioni. Il Comitato è assistito da un facilitatore internazionale.
  2. Il dialogo si concentra principalmente sull’organizzazione di un processo elettorale pacifico, completo, inclusivo, credibile e conforme alle norme internazionali e su tutte le questioni connesse al processo elettorale.
  3. Il Comitato preparatorio, l’Assemblea Plenaria e le Commissioni del Dialogo decideranno per consenso. 7. Il Comitato trasmette le risoluzioni e le raccomandazioni del dialogo al Presidente della Repubblica che le trasmetterà per esecuzione alle istituzioni competenti.
  4. È istituito, alla fine del dialogo, un comitato incaricato di sorvegliare l’attuazione delle risoluzioni e raccomandazioni del dialogo e composto dai rappresentanti di tutte le parti interessate. 9. La presente ordinanza entra in vigore il giorno della sua firma».[19]

2. LA COMMISSIONE ELETTORALE

Il 19 novembre, il nuovo presidente della Commissione elettorale, Corneille Nangaa, ha promesso una valutazione “senza compromessi” del processo elettorale. Egli ha affermato che «occorrerà che la Commissione elettorale proceda dapprima a una valutazione oggettiva del processo elettorale. Dovrà quindi concentrarsi su una serie di consultazioni delle parti interessate per potere, infine, individuare delle linee guida necessarie per l’organizzazione di elezioni pacifiche, trasparenti e credibili».[20]

La classe politica congolese è divisa sulle priorità che la Commissione Elettorale deve darsi. L’opposizione e parte della società civile hanno chiesto la pubblicazione immediata di un calendario elettorale aggiornato che dia priorità alle elezioni presidenziali e legislative. Il presidente di Envol, Delly Sessanga, ha affermato che «la prima priorità deve essere data al rispetto delle scadenze costituzionali. Una seconda priorità è la registrazione degli elettori».

La comunità internazionale è in qualche modo d’accordo con la posizione dell’opposizione. Jean-Michel Dumond, ambasciatore dell’Unione europea, ha dichiarato che la prima priorità è la pubblicazione di un calendario elettorale realistico e ha sottolineato che «le priorità sono chiare: la pubblicazione, il prima possibile, del calendario per le elezioni presidenziali e legislative e la questione del finanziamento delle elezioni». La comunità internazionale ritiene che il preventivo di più di un miliardo di dollari, presentato dalla Commissione elettorale per finanziare le elezioni, non sia affatto realistico. Secondo l’ambasciatore, fino a novembre 2016 si è ancora in tempo per preparare le elezioni presidenziali e legislative con tutta trasparenza.

Da parte sua, la Maggioranza Presidenziale (MP) chiede invece ai Congolesi di lasciare alla Commissione elettorale il tempo necessario per progettare un piano realistico. In questo contesto, il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, ha affermato che «non è perché la gente vuole andare alle elezioni che si debba organizzarle in tutta fretta». Egli riconosce che c’è una scadenza costituzionale da rispettare, ma ritiene che «i Congolesi non dovrebbero fissarsi troppo sulle date».[21]

3. QUESTIONI ECONOMICHE

Il 16 novembre, la Troika strategica ha rivelato che il saldo generale annuale del Pubblico Tesoro della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) è di un deficit di quasi centoquaranta miliardi di franchi congolesi, ossia di circa 151.474.397 $. La Troika strategica è composta dei ministeri delle Finanze, del Bilancio e dell’Economia, della Banca centrale del Congo (BCC) e del Primo Ministro. La Troika strategica ha dichiarato che il saldo delle operazioni finanziarie dello Stato, al 13 novembre 2015, era in deficit di oltre 117 miliardi di franchi congolesi, ossia di 126.589.318 $.

Si tratta della differenza negativa tra le entrate, calcolate a 62 miliardi FC (67.081.519 $) e le spese, stimate sui quasi 180 miliardi Fc (194.752.797 $).

Inoltre, la Troika strategica ha preso atto del rallentamento delle economie emergenti, della contrazione degli scambi e del continuo declino dei prezzi delle materie prime e del petrolio sui mercati internazionali. Secondo essa, la tendenza al ribasso dei prezzi delle materie prime sul mercato non è certo un fattore rassicurante.

Il 12 novembre, il rame ha perso il 4,5% del suo valore; una tonnellata metrica è ora negoziata a 4.930 dollari, contro i 5.165 USD della settimana precedente. L’oncia d’oro è passata da 1.107 $ a 1.087, 66 $. Si tratta di una diminuzione del 1,80%. Il prezzo del cobalto si è stabilizzato sui 28.697 dollari, dopo aver perso il 4,41% rispetto alla settimana precedente. Questa tendenza al ribasso è proseguita anche sul mercato dei prodotti petroliferi. I mercati di Londra e New York hanno rispettivamente registrato cali dell’ordine del 8,48 % e del 6,00 %. I tal modo, il barile costa 45,35 dollari a Londra e 40,76 a New York. Dopo una settimana di fluttuazioni, al 12 novembre 2015, rileva la troika, anche i prezzi dei cereali tra cui il riso, il mais e il grano, sono tutti al ribasso.[22]

Il 23 novembre, l’Assemblea Nazionale ha approvato il bilancio 2016 con un leggero aumento dello 0,91%. Il bilancio iniziale presentato dal governo ammontava a 9,1 miliardi di dollari. Secondo il deputato Jean Lucien Busa, presidente del gruppo Entrate del Comitato Economico e Finanziario (ECOFIN), al progetto iniziale sono stati aggiunti circa 80 milioni di dollari. Tale importo aggiunto al bilancio iniziale proviene dalla riduzione dell’impatto negativo dell’abbassamento dei prezzi delle materie prime. «Il Governo aveva previsto un impatto negativo del calo del prezzo delle materie prime pari a 281 miliardi di franchi congolesi (305.476.376 $). Dopo un’analisi approfondita di queste previsioni, l’Assemblea Nazionale ha ridotto l’impatto di 77 miliardi di franchi congolesi (circa 80 milioni di $). In tal modo, il bilancio che l’Assemblea Nazionale ha approvato è rivisto verso l’alto rispetto alle previsioni presentate dal governo», ha dichiarato Jean Lucien Busa.

A causa del calo dei prezzi delle materie prime, il Governo aveva rivisto verso il basso alcune entrate. «L’impatto di questo drastico calo dei prezzi internazionali sulle risorse dello Stato è notevole. A titolo di esempio, nel terzo trimestre dell’anno in corso, la società mineraria KCC ha annunciato la sospensione della sua produzione per 18 mesi. Questa società produceva circa il 15% del totale della produzione del settore minerario. Ciò priverebbe il governo di quasi 200 miliardi di franchi congolesi (216.214.555 $) nel corso del prossimo anno fiscale», aveva affermato il Primo Ministro, Matata Ponyo, in occasione della presentazione del bilancio 2016.[23]

Il 23 novembre, secondo l’ultimo comunicato dell’ incontro della Troika, il governo ha rivisto verso il ribasso le previsioni di crescita per l’anno 2015. Mentre ci si aspettava una crescita economica dell’8,4 %, il governo ha annunciato un aumento del 7,7 %.

Questo calo della previsione di crescita è consecutivo all’abbassamento del livello di produzione locale e al calo dei prezzi delle materie prime che la RDCongo esporta. I prezzi del rame, di cui la RDCongo è uno dei primi produttori in Africa, sono diminuiti drasticamente. La RDCongo registra anche un calo della produzione di rame e cobalto, a causa della sospensione, a partire dal mese di settembre, delle attività della società svizzera Glencore su un importante giacimento della provincia del Katanga. Tuttavia, secondo il comunicato della Troika, la previsione di crescita del 7,7 % resta al di sopra della crescita media africana che, nel 2015, è del 5,8 %, secondo le proiezioni del FMI. Inoltre, la Troika constata un saldo generale in deficit del Pubblico Tesoro pari a 122.399 miliardi di franchi congolesi (circa 13.3042.391,304 $).[24]

[1] Cf AFP – Africatime, 23.11.’15

[2] Cf Radio Okapi, 23.11.’15

[3] Cf Radio Okapi, 25.11.’15

[4] Cf RFI, 25.11.’15

[5] Cf http://www.cenco.cd/?id_art=268

[6] Cf Digitalcongo – Kinshasa, 29.11.’15 http://www.digitalcongo.net/article/111758

[7] Cf Radio Okapi, 30.11.’15

[8] Cf Radio Okapi, 01.12.’15

[9] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 29.11.’15

[10] Cf Radio Okapi, 29.11.’15

[11] Cf AFP – Radio Okapi, 30.11.’15

[12] Cf Forum des As – Kinshasa, 01.12.’15 http://www.forumdesas.org/spip.php?article6089

[13] Cf Radio Okapi, 01.12.’15

[14] Cf Radio Okapi, 01.12.’15

[15] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 30.11.’15

[16] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 29.11.’15

[17] Cf Radio Okapi, 01.12.’15

[18] Cf Le Phare – Kinshasa, 01.12.’15 http://www.lephareonline.net/dialogue-ludps-repond-a-kabila/

[19] Cf Digitalcongo – Kinshasa, 01.12.’15 http://www.digitalcongo.net/article/111783

[20] Cf Radio Okapi, 19.11.’15

[21] Cf Radio Okapi, 19.11.’15

[22] Cf Radio Okapi, 17.11.’15

[23] Cf Radio Okapi, 24.11.’15

[24] Cf Radio Okapi, 24.11.’15