Congo Attualità n. 258

INDICE:

EDITORIALE: DIALOGO POLITICO – È TEMPO D’AGIRE

  1. IL DIALOGO NAZIONALE
    1. L’annuncio del Presidente della Repubblica
    2. Due punti di vista: il portavoce della MP e la CENCO
    3. Adesioni e assenze
    4. Dietro il dialogo
  2. IL RAPPORTO DELLA MISSIONE DI AUDIT DEL DATABASE ELETTORALE
    1. I risultati dei lavori
    2. Qualche reazione
  3. LA COMMISSIONE ELETTORALE
    1. Nuove nomine
    2. Per fare avanzare il processo elettorale
  4. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
    1. Dichiarazioni sul processo elettorale e sul dialogo politico nazionale
    2. Il rapporto dell’Ufficio dell’ONU per i diritti umani

EDITORIALE: DIALOGO POLITICO – È TEMPO D’AGIRE

1. IL DIALOGO NAZIONALE

a. L’annuncio del Presidente della Repubblica

Il 9 novembre, agli ambasciatori accreditati a Kinshasa, il Presidente Joseph Kabila ha annunciato la sua intenzione di convocare, a breve termine, un dialogo nazionale che si occupi principalmente di questioni elettorali.

Secondo il Presidente, per quanto riguarda la data limite di inizio del dialogo, esso dovrebbe cominciare al più tardi “entro la fine di novembre“. Nei prossimi giorni, si dovrebbe istituire un comitato preparatorio per decidere il luogo, la durata e la composizione del dialogo che dovrà includere “la maggioranza, l’opposizione e la società civile“, ha aggiunto il capo dello Stato, senza però fornire ulteriori dettagli. Egli ha anche ricordato i cinque punti che, secondo lui, dovrebbero essere i temi principali di questo dialogo:

– la revisione o meno delle liste degli elettori, in particolare per quanto riguarda l’iscrizione dei giovani diventati maggiorenni dopo le ultime elezioni del 2011;

– la revisione del calendario elettorale, punto critico in rapporto con l’opposizione, che teme uno slittamento nell’organizzazione delle elezioni, e con la comunità internazionale, che da mesi sta insistendo sul rispetto dei limiti costituzionali;

– la messa in sicurezza del processo elettorale e l’accettazione di una sorta di codice di condotta, “per impedire una certa violenza verbale”;

– il finanziamento del processo elettorale, dato che la Commissione elettorale si è lamentata di non ricevere i fondi necessari e promessi dal governo e che la comunità internazionale, almeno per il momento, non ha ancora deciso come contribuire;

– il ruolo che deve svolgere la comunità internazionale. “Nessuna interferenza“, ha insistito Joseph Kabila nel suo incontro con gli ambasciatori. Ma la vera novità è che, se il Capo dello Stato ha auspicato che, 55 anni dopo l’indipendenza, siano i Congolesi stessi a cercare le soluzioni ai loro problemi, tuttavia non esclude, se altri insistono, “il ricorso a una facilitazione internazionale“.

Una posizione accolta con favore dall’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) che aveva fatto della mediazione internazionale il prerequisito per la sua partecipazione al dialogo. Ma secondo Felix Tshisekedi, Segretario Nazionale per le relazioni esterne del partito, è necessario che la comunità internazionale prenda sul serio le parole del presidente Kabila e nomini immediatamente un facilitatore.

Invece, la Dinamica dell’Opposizione ha annunciato che non parteciperà al dialogo, denunciando la volontà, da parte della maggioranza, di ritardare l’attuazione del calendario elettorale. «Il dialogo ha senso solo se il suo obiettivo è quello di fissare un calendario elettorale rispettoso delle scadenze costituzionali», ha sottolineato un membro dell’opposizione. Anche Jean-Bertrand Ewanga, segretario generale dell’UNC, ritiene che «non ci sia bisogno di alcun dialogo. Se Joseph Kabila annunciasse che non si ricandiderà e che rispetterà la Costituzione, la situazione cambierebbe immediatamente».

Il deputato Anatole Matusila, presidente dell’Alleanza dei Costruttori del Congo (Abaco), ha affermato che il suo partito «parteciperà al dialogo così come auspicato dal Capo dello Stato, Joseph Kabila, secondo cui si tratta essenzialmente di creare le condizioni per permettere una fine serena al potere attuale e permettergli di servire come alternativa all’opposizione, per mantenere il potere attraverso elezioni degne, oneste e trasparenti».

Da parte sua, la comunità internazionale ha assunto un atteggiamento prudente e ha insistito, ancora una volta, sulla necessità di rispettare le scadenze costituzionali. Secondo un diplomatico straniero, il presidente Kabila ha rinviato questa questione, e altre, alle conclusioni del dialogo.[1]

Secondo Jérôme Bonso, Coordinatore di AETA, per Joseph Kabila sono cinque le grandi sfide che i partecipanti al dialogo dovranno affrontare:

– la revisione o meno delle liste degli elettori (iscrizione dei nuovi maggiorenni, acquisto di nuovi kit elettorali, soprattutto dopo che, su 7.000, 2.800 risultano dispersi o rubati);

– l’aggiornamento consensuale del calendario elettorale (non essendo riusciti ad attuare quello pubblicato dalla Commissione elettorale in febbraio 2015);

– il finanziamento del processo elettorale (il governo non ha i mezzi sufficienti per sostenere il costo globale delle elezioni);

– la messa in sicurezza del processo elettorale, al fine di evitare eventuali violenze pre-elettorali ed elettorali, come quelle del 2006 e 2011;

– la mediazione internazionale (sì ad un accompagnamento … no all’ingerenza).[2]

b. Due punti di vista: il portavoce della MP e la CENCO

Il 12 novembre, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa, il portavoce della Maggioranza Presidenziale (MP), Alain André Atundu Liongo, ha dichiarato che la sua piattaforma politica appoggia l’iniziativa di dialogo avviata dal Capo dello Stato, perché è un modo ragionevole per uscire dall’attuale crisi politica.

«È proprio necessario organizzare le elezioni nella situazione attuale, con un database elettorale criticato da tutti, soprattutto dopo la perdita di dati essenziali? Non sarebbe meglio consolidare dapprima la credibilità del processo elettorale, attraverso la revisione del database elettorale, procedendo all’inserimento dei nuovi maggiorenni e dei Congolesi della Diaspora e all’eliminazione dei deceduti, in vista di minimizzare il rischio di proteste e violenze post-elettorali?», si è chiesto Atundu Liongo, nuovo portavoce della maggioranza presidenziale. Il portavoce della MP suggerisce una giustificazione tecnica di un possibile slittamento del ciclo elettorale: «Se, come appare dagli studi realizzati da alcuni esperti, questa operazione richiede un costo cronologico supplementare di 6 mesi, 8 mesi o più, i politici dovrebbero trarne tutte le conseguenze, al fine di potere sradicare, una volta per tutte, la causa delle ricorrenti contestazioni di tutte le nostre elezioni a partire dal 2006». Inoltre, egli si è detto convinto che il dialogo sarebbe l’occasione, per i politici, di «avere il coraggio di decidersi per l’organizzazione di un censimento generale della popolazione». Secondo lui, dunque, «il dialogo sembra l’unica strada credibile per salvare il processo elettorale, l’unità nazionale, la pace sociale e la democrazia».

Il portavoce Atundu ha infine dichiarato che, «se si tiene conto della comprovata competenza di Jerôme Bonso, ci vogliono da due a quattro anni per organizzare delle buone elezioni». Già, “buone elezioni”: è la nuova trovata della Maggioranza. In effetti, secondo essa, “buone elezioni” sono quelle che le garantiscono la vittoria, permettendo alla sua autorità morale e Capo dello Stato, Joseph Kabila Kabange, di raggirare i limiti costituzionali.

Non c’è più alcun dubbio, la Maggioranza Presidenziale (MP) dispone ormai di diverse possibilità per realizzare il suo progetto di “slittamento” del ciclo elettorale. La destabilizzazione del Comitato centrale della Commissione elettorale, la mancanza di volontà per sbloccare i fondi necessari per l’organizzazione delle elezioni e la previsione di un periodo di due o tre anni necessari per avere “buone elezioni” sono tutti elementi che rientrano nello schema di slittamento. Non riuscendo ad attuarlo attraverso vie legali – nel caso in cui ne esistesse qualcuna – la maggioranza si affida al dialogo. L’obiettivo di un ciclo elettorale pacifico per giustificare l’organizzazione di un dialogo politico non è che un paravento. In realtà, la maggioranza ha deciso di mettere in atto il suo piano di slittamento.[3]

Il 12 novembre, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenco) ha dato il suo punto di vista sul dialogo nazionale.

– Secondo la Cenco, tutte le parti partecipanti al dialogo devono impegnarsi sinceramente, immediatamente e senza indugio, a rispettare la sovranità nazionale, l’integrità territoriale e l’ordine costituzionale.

– Il punto di vista della CENCO si riassume nei seguenti due punti:

  1. Il dialogo è la via fondamentale e pacifica di uscita dalla crisi. È un elemento costruttivo di ogni sistema democratico.
  2. Il dialogo dovrebbe svolgersi nel pieno rispetto del quadro costituzionale e istituzionale vigente. Progettare l’iniziativa o procedere diversamente comporterebbe il pericolo, con conseguenze incalcolabili per la nazione, di riaprire il dibattito sulla revisione o modifica della Costituzione anche nei suoi articoli bloccati o, in ogni caso, di prenderne in considerazione la possibilità. – Secondo la CENCO, né nel suo svolgimento, né nelle sue conclusioni e raccomandazioni, il dialogo può intaccare, direttamente o indirettamente, la lettera e lo spirito della Costituzione della Repubblica o ignorare le istituzioni repubblicane da essa previste.

Tutto ciò implica che:

  1. Tutte le parti si impegnino a rispettare la Costituzione e le istituzioni della Repubblica;
  2. Non si istituisca alcun periodo di transizione, perché contrario alla Costituzione;
  3. Non si crei alcuna istituzione straordinaria;
  4. Siano rispettate le scadenze costituzionali per l’organizzazione delle elezioni.

– Per quanto riguarda il calendario elettorale, la CENCO aveva proposto una modifica con il seguente ordine: elezioni provinciali (deputati provinciali, governatori e senatori), legislative e presidenziali nel 2016. In queste condizioni, le elezioni locali, comunali e urbane potrebbe essere organizzate nel 2017, dandosi il tempo e le risorse necessarie per prepararle meglio.

– La CENCO auspica che le conclusioni del dialogo, che dovranno essere strettamente conformi alla Costituzione, siano riprese in un accordo politico elettorale che impegni tutte le componenti partecipanti al dialogo e che, nello stesso tempo, le componenti si impegnino a tradurre rapidamente queste conclusioni in atti giuridici e amministrativi, a seconda dei casi, all’interno delle istituzioni. – È necessario che la Comunità Internazionale mantenga il suo sostegno al processo elettorale in corso e che sia garante del buon esito delle conclusioni e raccomandazioni del dialogo nazionale, al fine di evitare nuovi blocchi derivanti dalla malafede di una o dell’altra parte.[4]

c. Adesioni e assenze

Il 10 novembre, il gruppo parlamentare dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC) e alleati ha proposto, in una conferenza stampa a Kinshasa, un dialogo a tre che metterebbe insieme la commissione elettorale, la maggioranza presidenziale e l’opposizione, al posto del dialogo proposto dal Presidente Kabila. Il deputato nazionale dell’UNC, Jean-Marie Bamporiki Manegabe, ha affermato che l’obiettivo di questo forum sarebbe quello di trovare una soluzione consensuale intorno a un calendario elettorale rispettoso delle scadenze costituzionali. Secondo lui, qualsiasi altro tipo di incontro politico che vada oltre questo schema di dialogo tripartito è inaccettabile. Il gruppo parlamentare dell’UNC si è detto pronto a partecipare a un dialogo tripartito avente come obiettivo quello di definire un calendario elettorale chiaro, realistico e rispettoso della Costituzione. Nello stesso tempo, si è dichiarato contrario a qualsiasi accordo che possa causare lo “slittamento” del calendario elettorale.[5]

L’11 novembre, Bruno Mavungu e Bruno Tshibala, rispettivamente segretario generale e vice segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), sono rientrati a Kinshasa, dopo aver trascorso un mese a Bruxelles, dove si erano recati per consultare Etienne Tshisekedi, presidente del partito. In una breve intervista telefonica, Bruno Tshibala ha dichiarato che sarà Tshisekedi stesso a guidare la delegazione del partito che parteciperà agli incontri del dialogo politico. Secondo il vice segretario generale dell’UDPS, Etienne Tshisekedi dovrebbe ritornare a Kinshasa nei prossimi giorni, dopo un anno di assenza per motivi di salute. Tuttavia, Tharcisse Loseke, consigliere incaricato della mobilitazione e della comunicazione dell’UDPS a Bruxelles, ha precisato che «Etienne Tshisekedi tornerà a Kinshasa se si raggiungerà un accordo sulla mediazione internazionale e sull’ordine del giorno del dialogo». Secondo lui, se si risolvono questi “due imperativi”, il presidente dell’UDPS potrà “essere presente alla cerimonia di apertura del dialogo” a Kinshasa.[6]

Il 18 novembre, in una dichiarazione pubblicata a Kinshasa, le forze vive congolesi hanno chiesto alla Commissione elettorale un’immediata pubblicazione di un calendario elettorale aggiornato e conforme alle scadenze elettorali fissate dalla Costituzione. Esse hanno respinto l’idea di un dialogo politico che miri a creare l’illusione di un ampio consenso su un eventuale prolungamento del mandato presidenziale oltre il 2016. Le forze vive della nazione è un gruppo informale composto da un centinaio di organizzazioni non governative, tra cui l’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ), l’Associazione Africana per la Difesa dei Diritti dell’Uomo (ASADHO ), Pro Justicia, dei partiti membri della Dinamica dell’opposizione e del G7.

L’Opposizione accusa la Maggioranza Presidenziale di ricorrere a certe manovre per non organizzare le elezioni presidenziali entro i tempi stabiliti dalla Costituzione, al fine di ottenere un prolungamento del mandato presidenziale dell’attuale Capo dello Stato oltre dicembre 2016. Secondo l’opposizione, il dialogo proposto dal Capo dello Stato per discutere sul processo elettorale sarebbe una tappa in questa strategia di “slittamento” del mandato presidenziale.[7]

Il 18 novembre, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Bruno Mavungu Puati, ha tenuto una conferenza stampa presso la sede del partito, a Limete, e ha ribadito la necessità di un’immediata convocazione di un dialogo politico con una mediazione internazionale, al fine di risolvere la crisi politica nata dalle elezioni del 2011 e il suo corollario è che la legittimità del potere. Secondo l’UDPS, tale dialogo dovrebbe essere convocato entro la fine di novembre 2015. Constatando che le cose vanno per le lunghe, l’UDPS ha deciso di far pressione sul Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, affinché si implichi personalmente nell’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dell’accordo quadro di Addis Abeba, per permettere che il dialogo politico sia rapidamente convocato sotto la facilitazione della mediazione internazionale. «Avendo constatato dei ritardi nella convocazione del dialogo, il nostro partito ha dato un ultimatum al Segretario Generale delle Nazioni Unite, chiedendogli di convocare questo forum entro il 30 novembre», ha dichiarato Bruno Mavungu, precisando che, oltre il 30 novembre 2015, il suo partito non si sentirebbe più interessato a un’eventuale convocazione di dialogo considerata piuttosto tardiva.[8]

d. Dietro il dialogo

Molti osservatori ritengono che, dietro il dialogo, la Maggioranza Presidenziale (MP) stia preparando una strategia per raggirare gli articoli bloccati della Costituzione che impediscono alla sua autorità morale di ripresentarsi alle prossime elezioni presidenziali del 2016.

Secondo la MP, il dialogo politico è il forum dell’ultima chance. Essa afferma che è assolutamente necessario che tutte le parti si siedano attorno a un tavolo per dialogare e cercare come evitare che il Paese cada di nuovo nel caos. Tuttavia, secondo alcune fonti, ciò non sarebbe che apparenza. La realtà sarebbe completamente diversa. Il dialogo non sarebbe che una trappola, in cui i partecipanti non dovrebbero che approvare risoluzioni e raccomandazioni già formulate in anticipo e a loro insaputa. Potrebbero, tra l’altro, dovere accettare la proposta di un periodo di transizione e ratificare la nomina di nuovi deputati e senatori.

Parlando alla stampa, il portavoce della MP, André Atundu, ha già affermato che tale piattaforma politica sta già lavorando sulla possibilità di un periodo di transizione che potrebbe durare da due a quattro anni. E per il secondo caso, in vista di rafforzare la coesione nazionale, la Corte Costituzionale potrebbe, attraverso una sentenza o parere, autorizzare la maggioranza al potere a nominare nuovi deputati e senatori, la maggior parte dei quali proverrebbero dal gruppo dei partecipanti al dialogo politico.

In sostanza, lo scenario potrebbe essere il seguente.

– Il primo passo sarebbe la scelta delle parti partecipanti al dialogo e dei loro delegati.

– Il secondo passo sarebbe quello di lasciarli discutere apertamente, al fine di salvare le apparenze.

A tempo debito, essi saranno invitati, in modo discreto, ad approvare una serie di proposte di risoluzioni e di raccomandazioni finali.

– La terza fase, conseguenza della seconda, sarebbe il rinvio delle elezioni, la ricostruzione di una nuova maggioranza in parlamento che consenta l’adozione di una nuova Costituzione. Le informazioni in circolazione parlano della nomina, alla fine del dialogo, di 200 deputati e 100 senatori che formerebbero il parlamento di transizione. Questo nuovo Parlamento costituirebbe una costituente con l’obiettivo di elaborare e approvare una nuova Costituzione. Fonti generalmente ben informate riferiscono che un gruppo di giuristi, tra cui degli esperti dell’Università di Liegi in Belgio e dell’Università di Kinshasa, stanno già lavorando su ciò che dovrebbe essere un progetto di Costituzione della quarta repubblica.

– La fase finale si concluderebbe con lo svolgimento di un referendum popolare per l’approvazione della nuova Costituzione. Questa dovrebbe inaugurare la Quarta Repubblica e dare la possibilità all’autorità morale della MP di ricandidarsi per una nuova battaglia alla Presidenza della Repubblica.[9]

2. IL RAPPORTO DELLA MISSIONE DI AUDIT DEL DATABASE ELETTORALE

a. I risultati dei lavori

Il 12 novembre, la missione di audit (controllo) del database elettorale dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF), recatasi a Kinshasa il 14 luglio 2015, ha pubblicato i risultati finali della prima fase di questa missione.

Dalle ultime elezioni, le operazioni di affidabilità del database elettorale sono state limitate principalmente alla eliminazione dei doppioni, alla reintegrazione degli elettori titolari di un certificato elettorale, ma omessi dalle precedenti liste degli elettori e al trattamento delle richieste di cambio di indirizzo. Secondo il rapporto, queste operazioni hanno portato a una stabilizzazione del corpo elettorale, stimato fino ad oggi sui 30.731.622 elettori. Il rapporto rivela che il database elettorale non contempla i circa 8,5 milioni di elettori di età compresa tra i 18- e i 22 anni che non hanno potuto essere registrati a partire dal 2011. Dato che nei precedenti cicli elettorali erano stati registrati molti minorenni, il numero dei nuovi maggiorenni esclusi dalle prossime elezioni si aggirerebbe sui 7 milioni circa di elettori. È chiaro che, l’esclusione del 20% dell’elettorato è in netto contrasto con l’idea di suffragio universale. Occorre pertanto, secondo la missione di controllo, rivedere la legge congolese che prevede l’organizzazione delle elezioni provinciali, municipali e locali sulla base dell’attuale database non aggiornato.

Inoltre, il rapporto indica che dal database elettorale non sono stati eliminati gli elettori deceduti a partire dal 2011 (1,6 milioni di elettori) e le persone non ammissibili ai sensi di legge (militari e agenti di polizia).

Inoltre, il quadro giuridico e il regolamento in vigore non consentono di attestare con certezza che siano stati registrati solo i cittadini congolesi, a causa della mancanza di carte di identità che comprovino la nazionalità.

D’altra parte, sulla base delle proprie ricerche, la missione di controllo dell’OIF ha identificato 450.000 casi di doppioni, che rappresentano approssimativamente tra 250.000 e 300.000 eliminazioni supplementari da effettuare sull’attuale database (cioè tra lo 0,8% e l’1% del corpo elettorale). La missione dell’OIF ha fatto notare che i doppioni identificati rivelano una grande varietà di casi, come quelli di elettori con dati testuali identici nelle stesse province o quelli di doppioni con numero di iscrizione identici.

Si nota anche l’assenza di impronte digitali per il 2 % degli elettori registrati e la mancanza di fotografie, date di nascita o luogo di origine in molti altri casi.

Si rileva anche la mancanza di sistemi di controllo, il che non permette di garantire l’esclusione dei militari, degli agenti della polizia, dei minorenni e dei cittadini non congolesi, in applicazione delle disposizioni della legge.

La revisione delle liste degli elettori è un argomento che crea molta tensione. La maggioranza vorrebbe un censimento generale della popolazione, al fine di avere liste elettorali “perfette” e non solo “accettabili”. Un’operazione che potrebbe richiedere da due a quattro anni, secondo gli esperti, e che potrebbe, quindi, prolungare il mandato del presidente Joseph Kabila. Un’idea chiaramente osteggiata dall’opposizione che, pur non essendo contraria al principio di una revisione del database, tuttavia auspica che tale revisione si effettui mediante un semplice processo di registrazione. Un’altra sfida sarebbe quella di bilanciare meglio la distribuzione degli elettori secondo i centri di voto. Il 14% dei centri registrano meno di 50 elettori. Mentre il 2% dei centri registrano più di 10.000 elettori. La missione ha anche notato che ci sono dei centri di voto che, per errore, sono stati geolocalizzati al di fuori del territorio congolese e che l’1,3% degli elettori non sono ancora stati assegnati ad alcun centro di voto .

Secondo il generale Siaka Sangare, capo della missione di audit, gli sforzi compiuti dalla Commissione elettorale dopo le elezioni del 2011 per l’affidabilità delle liste degli elettori hanno portato ad un database elettorale consolidato e corrispondente, in parte, ad alcune raccomandazioni formulate nei rapporti sulle precedenti elezioni. Tuttavia, ha riconosciuto che questa base di lavoro non permette ancora di garantire che le liste elettorali siano sufficientemente inclusive e rappresentative del corpo elettorale convocato per le prossime scadenze elettorali.

Secondo la missione dell’OIF, l’iscrizione dei nuovi elettori e eliminare i deceduti sarebbe sufficiente per rendere il processo elettorale credibile. Tuttavia, essa incoraggia il governo a creare, a medio termine, un vero e proprio stato civile, munito di una lista di elettori aggiornata annualmente, e a munire i cittadini di documenti d’identità che comprovino la loro nazionalità.

Sulla base dei dati precedenti, l’OIF ha chiesto alle autorità nazionali e al legislatore di proseguire la riforma dello stato civile sulla base di un censimento generale della popolazione, precisare i documenti di comprova della nazionalità, di inquadrare i meccanismi operativi di eliminazione degli elettori deceduti e i meccanismi di registrazione dei giovani diventati maggiorenni.

Alla Commissione elettorale, la missione ha raccomandato di intraprendere le riforme necessarie che permettano di arrivare ad un database elettorale inclusivo che comprenda anche i giovani che hanno già compiuto i 18 anni, di procedere a una verifica del calendario elettorale delle scadenze di convocazione del corpo elettorale, al fine di consentire l’aggiornamento del database concomitante, valido per più elezioni successive; includere nei prossimi calendari i tempi necessari per l’eliminazioni dei doppioni e di altre anomalie, ecc.

Secondo il relatore della Commissione elettorale, Jean-Pierre Kalamba Mulumba, tutte queste questioni dovrebbero essere oggetto di un consenso tra la maggioranza e l’opposizione. Ma tecnicamente, se le si danno i mezzi e la logistica necessari, la Commissione ritiene di potere essere in grado di rispettare le scadenze fissate.

Secondo l’inviato speciale dell’OIF per i Grandi Laghi, sarebbe possibile disporre di un database accettabile e rispettare le scadenze costituzionali per le elezioni presidenziali, se ci fosse la volontà politica necessaria.[10]

b. Qualche reazione

Il 13 novembre, all’indomani della pubblicazione del rapporto finale della missione di controllo dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF), il deputato dell’opposizione Jean-Lucien Busa ha affermato che questo rapporto dimostra che le elezioni possono essere organizzate entro i termini costituzionali. Secondo il rapporto, il database elettorale della Commissione elettorale è stabilizzato e consolidato, ma rimane imperfetto e necessita di una revisione, al fine di eliminare i doppioni e gli elettori deceduti e di integrare i nuovi maggiorenni.

Secondo Jean Lucien Busa, la prima lezione da trarre da questo rapporto è che «è possibile accrescere l’affidabilità delle liste degli elettori entro un periodo non superiore a tre mesi».

Egli ritiene pertanto che il dialogo politico voluto dal Capo dello Stato per discutere sul processo elettorale non sia più pertinente e ha precisato: «Questa conclusione ci porta a sottolineare un’altra evidenza. È possibile organizzare le elezioni dei deputati provinciali e le elezioni presidenziali entro i limiti delle scadenze costituzionali». Secondo Jean-Lucien Busa, la questione delle elezioni è un problema di “volontà politica”: «Il problema oggi è la mancanza di volontà politica, da parte del Presidente della Repubblica e del Governo, di mettere i mezzi necessari a disposizione della Commissione elettorale».

A proposito del rapporto dell’OIF, il deputato della maggioranza Emmanuel Shadari ritiene che il database elettorale della Commissione elettorale è “di parte” e “corrotto”. Egli ha quindi ribadito che «occorrono delle riforme, occorre organizzare un censimento generale della popolazione, occorre un’operazione di iscrizione dei nuovi maggiorenni sulle liste degli elettori. È necessario correggere tutti gli errori citati nel rapporto dell’OIF». La questione della revisione del database elettorale divide la maggioranza dall’opposizione. I membri della maggioranza sono favorevoli all’organizzazione di un censimento generale della popolazione. Da parte sua, invece, l’opposizione propone una semplice operazione di iscrizione dei nuovi elettori, visto che il censimento richiederebbe diversi anni e comporterebbe, quindi, il prolungamento del mandato del Capo dello Stato che, costituzionalmente, arriverà a conclusione nel mese di dicembre 2016.[11]

Il 13 novembre, il segretario generale della Lega nazionale per elezioni libere e trasparenti (LINELIT), Jérôme Bonso, ha affermato che il lavoro di controllo del database elettorale da parte dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) è incompleto, per il fatto che gli esperti di questa struttura non hanno potuto accedere al server centrale.[12]

3. LA COMMISSIONE ELETTORALE

a. Nuove nomine

Il 10 novembre, dopo il presidente e il vice presidente della Commissione Elettorale è il Questore che ha presentato le sue dimissioni. In una lettera indirizzata al presidente dell’Assemblea nazionale, Chantal Ngoyi Tshite Wetshi, ha dichiarato di essere vittima di pressioni. È membro del Movimento Sociale per il Rinnovamento (MSR), secondo partito della maggioranza presidenziale al tempo della sua nomina, ma ormai passato all’opposizione.

Il portavoce della maggioranza, Andre-Alain Atundu, non ha smentito il fatto che la maggioranza abbia fatto pressione per ottenere le dimissioni di Chantal Ngoyi. Occorre dire che nella ripartizione dei posti all’interno della commissione elettorale, è la maggioranza presidenziale a designare la persona al posto di Questore della Commissione. «Dal momento in cui il suo partito ha deciso di passare all’opposizione, Chantal Ngoyi avrebbe dovuto presentare le proprie dimissioni prima che glielo fosse chiesto», ha affermato Andre-Alain Atundu. Il MSR ha denunciato le pressioni e le umiliazioni subite da Chantal Ngoyi. Secondo Muhindo Nzangi, presidente del gruppo parlamentare di questo partito, la legge sulla Commissione elettorale è chiara anche sul fatto che, una volta nominati, i membri della commissione elettorale non dipendono più dai loro partiti di origine e non possono ricevere alcun ordine da loro. Il deputato Muhindo Nzangi denuncia la manipolazione, da parte della maggioranza presidenziale, di tutti i posti di responsabilità della Commissione elettorale e ha espresso la sua preoccupazione per altre manipolazioni future.[13]

Il 16 novembre, l’Assemblea Nazionale ha approvato la designazione di Pierrette Mwenze Kisonga al posto di questore della commissione elettorale. Sostituisce Chantal Tshite Ngoy, membro del Movimento Sociale per il Rinnovamento (MSR) escluso dalla maggioranza presidenziale. Tale voto è avvenuto una settimana dopo che quello relativo alla designazione del nuovo presidente e del nuovo vice presidente della commissione elettorale, Corneille Naanga e Norbert Basengezi.[14]

Il 16 novembre, in un ordinanza letta alla televisione nazionale (RTNC), il Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, ha nominato Corneille Nangaa, Norbert Basengezi e Pierrette Mwenze rispettivamente come presidente, vice presidente e questore della commissione elettorale. Gli ultimi due sono membri della maggioranza presidenziale.[15]

Il 19 novembre, i tre nuovi responsabili della Commissione elettorale hanno prestato giuramento davanti alla Corte Costituzionale: Corneille Nangaa (Presidente), Norbert Basengezi (vicepresidente) e Pierrette Mwenze Kisonga (Questore). Al termine della cerimonia, Corneille Nangaa ha indicato che la Commissione elettorale procederà dapprima ad una valutazione senza compromessi del processo elettorale e, quindi, ad una consultazione di tutte le parti interessate (Maggioranza, Opposizione e Società civile) per decidere le principali opzioni per potere organizzare delle elezioni pacifiche, trasparenti e credibili.[16]

b. Per fare avanzare il processo elettorale

Il 12 novembre, il vice ministro degli Esteri incaricato dei Congolesi residenti all’estero, Antoine Boyamba, ha annunciato che si istituirà un comitato congiunto Commissione elettorale – Governo, per decidere sulla possibilità di far partecipare i Congolesi residenti all’estero alle elezioni. In particolare, questa commissione dovrà fare delle proposte su un eventuale aggiornamento della legge sulla procedura di iscrizione che non permette, attualmente, di registrare i Congolesi residenti all’estero sulle liste degli elettori. Già, a livello di tutte le rappresentanze diplomatiche, il governo ha avviato un lavoro di “censimento” di tutti i concittadini possessori di passaporti congolesi. Il vice ministro degli Esteri ha affermato che già si stanno prendendo alcune misure, affinché i Congolesi identificati possano ottenere dei certificati consolari che permettano loro di partecipare al voto. Il governo ha stimato tra i 7 e gli 8 milioni il numero dei Congolesi che vivono all’estero.[17]

Il 16 novembre, in una dichiarazione, l’opposizione raggruppata nella Dinamica per l’unità d’azione ha respinto qualsiasi idea di rinvio delle elezioni oltre i limiti fissati dalla Costituzione. Nella dichiarazione letta dal moderatore ad interim, Ingele Ifoto, presso la sede del Movimento del Popolo Congolese per la Repubblica (MPCR), nel comune di Ngiri-Ngiri, la Dinamica dell’opposizione ha esortato l’OIF ad accompagnare la RDCongo per individuare, nel quadro della tripartita Commissione elettorale – Maggioranza – opposizione, una tabella di marcia consensuale che permetta di risolvere rapidamente i problemi relativi al processo elettorale. Questa piattaforma politica ha chiesto all’OIF di fare tutto il possibile per convincere la Commissione elettorale a convocare la tripartita al più presto, per discutere con urgenza su un calendario elettorale consensuale e rispettoso dei tempi prescritti nella Costituzione.[18]

4. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

a. Dichiarazioni sul processo elettorale e sul dialogo politico nazionale

Il 9 novembre, in una dichiarazione pubblicata a New York, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è detto preoccupato per le tensioni politiche esistenti nella Repubblica Democratica del Congo e ha esortato il governo congolese e i suoi partner nazionali a «fare in modo che le elezioni si svolgano senza intoppi e nei tempi previsti, in particolare per quanto riguarda le elezioni presidenziali e legislative che, secondo la Costituzione, dovrebbero essere organizzate entro novembre 2016». Quasi un anno prima delle elezioni presidenziali e legislative nazionali, si registrano ancora molte incertezze a riguardo del finanziamento delle elezioni, del calendario elettorale e delle operazioni elettorali prioritarie. In questo clima, il Consiglio di Sicurezza ha chiesto al Governo e alle parti interessate di «garantire che le elezioni siano libere, giuste, credibili, inclusive, trasparenti e pacifiche» e di «rispettare le scadenze elettorali previste dalla Costituzione congolese, al fine di porre le basi per una stabilità politica e uno sviluppo sostenibile».[19]

Il 10 novembre, a Kinshasa, l’inviato speciale del Segretario generale dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) per la regione dei Grandi Laghi, Pascal Roger Couchepin, ha dichiarato che il dialogo politico è qualcosa di positivo, ma non deve svolgersi in “violazione delle norme costituzionali”, aggiungendo che «tutto ciò che permette di superare il confronto per raggiungere un consenso è qualcosa di positivo. (Tuttavia), ci sono alcune regole da rispettare: il dialogo deve essere il più integrativo possibile e non si può tollerare alcuna violazione delle norme costituzionali». Per quanto riguarda le elezioni, Pascal Couchepin Roger ha fatto osservare che «è necessario che la loro preparazione sia efficace, soprattutto per quanto riguarda l’aggiornamento del database elettorale, l’integrazione dei nuovi elettori come i nuovi maggiorenni e i congolesi residenti all’estero».[20]

Il 17 novembre, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa, l’inviata speciale del governo britannico nella regione dei Grandi Laghi, Danae Dholakia, ha affermato che la Gran Bretagna si dice pronta a sostenere il processo elettorale nella Repubblica Democratica del Congo, a condizione la Commissione elettorale presenti un calendario elettorale credibile e un piano finanziario realistico e che il governo congolese sblocchi i fondi necessari alla Commissione elettorale. Ella ha dichiarato che la comunità internazionale non può impegnarsi se non c’è un consenso chiaro. L’inviata britannica ha sottolineato che «la Costituzione è chiara. Le elezioni presidenziali e legislative devono essere organizzate in novembre 2016, attraverso un processo elettorale libero, equo, credibile, inclusivo, trasparente, pacifico e in conformità con le scadenze costituzionali».

La Gran Bretagna è il secondo partner bilaterale della RDCongo dopo gli Stati Uniti. Londra paga un milione di sterline al giorno (1,43 milioni di euro / giorno) tra aiuti allo sviluppo e contributo alla Missione dell’Onu nella RDCongo (Monusco), una cooperazione che il Regno Unito è pronto a rivalutare in caso di uno slittamento del calendario elettorale.

L’inviata speciale britannica per i Grandi Laghi si è detta preoccupata per le conseguenze molto concrete di un tale slittamento: «La nostra più grande paura è che, qualora ci fosse un rinvio delle elezioni presidenziali del 2016, questo rinvio potrebbe causare una grande reazione popolare. In questo caso, potremmo essere costretti a rivedere le nostre opzioni, se si notasse un deterioramento della situazione a causa di uno slittamento del calendario elettorale o di un cambiamento della Costituzione o di altre cose del genere. Se si dovesse constatare questo tipo di situazione che potrebbe destabilizzare il paese, il Governo britannico sarà costretto a rivedere la natura e la forma dei suoi impegni futuri nella RDCongo».[21]

Il 19 novembre, il governo congolese ha ritenuto inaccettabile l’ingerenza da parte di partner stranieri in questioni relative alle prossime elezioni o a qualsiasi altra problematica interna, ritenendo che tali questioni rientrano nell’ambito delle sovranità nazionale congolese. «Secondo il Governo, le elezioni sono una questione di sovranità nazionale. Non si può tollerare alcuna ingerenza nella materia», ha dichiarato il ministro della Comunicazione e dei media, Lambert Mende Omalanga, nel corso di una conferenza stampa in risposta alle dichiarazioni rilasciate da Danae Dholakia, inviata speciale della Gran Bretagna per la Regione dei Grandi Laghi. «È particolarmente inaccettabile che, con il pretesto della cooperazione, si ricatti il nostro paese sulla base di accuse e di processi alle intenzioni», ha esclamato il ministro.[22]

b. Il rapporto dell’Ufficio dell’ONU per i diritti umani

L’Ufficio congiunto delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (BCNUDH) ha dichiarato di avere notato un’applicazione discriminatoria delle leggi nei confronti dell’opposizione e della società civile. Nel suo rapporto mensile del mese di ottobre, il BCNUDH ha constatato che 7 manifestazioni dell’opposizione sono state vietate dalle autorità locali o represse brutalmente dalle forze di sicurezza e che almeno 11 manifestazioni della maggioranza si sono svolte senza alcun ostacolo. Il BCNUDH deplora la differenza degli standard applicati alla libertà di riunione e di manifestazione pacifica in funzione dell’affiliazione politica. Nel mese di ottobre, le Nazioni Unite hanno identificato 407 violazioni dei diritti umani, fra cui 21 casi legati al processo elettorale. Ciò rappresenta un calo rispetto al mese di settembre, in cui erano stati documentati 503 casi di violazioni dei diritti umani. Secondo il direttore del BCNUDH, Jose Maria Aranaz, la maggioranza di queste violazioni dei diritti umani sono state commesse da agenti dei servizi dello Stato: «Tra gli agenti statali, sono le forze armate che hanno commesso la maggior parte delle violazioni dei diritti umani documentate, seguite dalla Polizia Nazionale Congolese (PNC) e dall’Agenzia Nazionale dei servizi di intelligence (ANR). Tra i gruppi armati che hanno commesso il 41% delle violazioni dei diritti umani documentate, c’è il FRPI, responsabile della maggior parte delle violazioni, seguito dalle FDLR e dal LRA».[23]

[1] Cf RFI, 09.11.’15

[2] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 10.11.’15

[3] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 12.11.’15

[4] Cf http://www.cenco.cd/?id_art=262

[5] Cf Radio Okapi, 11.11.’15

[6] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 13.11.’15; AFP – Jeune Afrique, 13.11.’15

[7] Cf Radio Okapi, 18.11.’15

[8] Cf Godé Kalonji – La Tempête des Tropiques – Kinshasa, 19.11.’15

[9] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 15.11.’15

[10] Cf Perside Diawaku – Le Phare – Kinshasa, 13.11.’15; RFI, 13.11.’15

[11] Cf Radio Okapi, 13.11.’15

[12] Cf Radio Okapi, 13.11.’15

[13] Cf RFI, 10.11.’15

[14] Cf Radio Okapi, 16.11.’15

[15] Cf Radio Okapi, 17.11.’15

[16] Cf Radio Okapi, 19.11.’15

[17] Cf Radio Okapi, 13.11.’15

[18] Cf Eric Wemba – Le Phare – Kinshasa, 17.11.’15

[19] Cf Radio Okapi, 10.11.’15

[20] Cf Radio Okapi, 11.11.’15

[21] Cf Radio Okapi, 18.11.’15; RFI, 18.11.’15

[22] Cf ACP – Kinshasa, 19.11.’15

[23] Cf Radio Okapi, 19.11.’15