Congo Attualità n. 177

INDICE

EDITORIALE: Tutti insieme per una soluzione urgente della crisi

1. LA SCISSIONE DELL’M23 IN DUE FAZIONI

2. LE CONSEGUENZE SUL DIALOGO TRA L’M23 E IL GOVERNO A KAMPALA

3. DIETRO LA SCISSIONE

4. A PROPOSITO DELLA BRIGATA INTERNAZIONALE DI INTERVENTO

 

EDITORIALE: Tutti insieme per una soluzione urgente della crisi

1. LA SCISSIONE DELL’M23 IN DUE FAZIONI

Il 24 febbraio, in serata, due fazioni rivali all’interno del Movimento del 23 marzo (M23) si sono scontrate a Rutshuru, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). Secondo una dichiarazione della società civile del Nord Kivu, il bilancio di questi scontri è di 17morti, 11 tra entrambi i lati del movimento ribelle e 6 civili. Gli scontri sono avvenuti tra i sostenitori del generale Sultani Makenga, capo militare dell’M23 e quelli di Jean-Marie Runiga, capo politico del movimento e alleato di Bosco Ntaganda, ricercato dalla Corte Penale Internazionale (CPI). Secondo una fonte militare occidentale, gli scontri sono stati provocati da alcune divergenze all’interno del movimento ribelle, in particolare sull’accordo firmato ad Addis Abeba. Anche prima della firma di tale accordo, Runiga aveva annunciato la sua intenzione di riprendere la lotta armata a causa del dilungarsi delle trattative in corso a Kampala con il governo di Kinshasa. Makenga, invece, si sarebbe opposto a qualsiasi azione militare. Secondo una fonte occidentale a Goma, alcuni giorni prima, i due erano andati a Kigali per chiedere consigli. Al loro ritorno, Runiga è stato privato del suo veicolo e della sua guardia del corpo, poi messo agli arresti domiciliari a Bunagana, città di confine tra la RDCongo e l’Uganda. Quando un piccolo gruppo di soldati del colonnello Baudouin Ngaruye, fedele a Jean Marie Runiga, sono arrivati a Rutshuru, a 30 chilometri di distanza, essi si sono scontrati con quelli di Makenga.[3]

Il 26 febbraio, la maggior parte degli uomini sotto gli ordini di Sultani Makenga si sono ritirati da Rubare, Rutshuru centro, Ntamugenga, Nyongera e Mabenga, per posizionarsi sulle colline strategiche di Mbuzi, Runyonyi e Nyabitona, nel raggruppamento di Bweza in gruppo, zona di Bwisha. Il controllo di queste colline permette a Makenga di impedire ogni azione militare di Bosco Ntaganda, alleato di Runiga. Altri militari di Sultani Makenga si sono diretti verso la città di Bunagana, presso la frontiera con l’Uganda, a circa 20 km a est di Rutshuru. Nello stesso tempo, Baudouin Ngaruye, un altro capo militare dell’M23 rimasto fedele a Jean Marie Runiga e a Bosco Ntaganda, ha mantenuto il controllo di Rutshuru centro, Nyongera, Kiwanja e Rubare. Sentendosi minacciato dalla presenza delle truppe di Makenga, Jean-Marie Runiga ha, nel frattempo, deciso di lasciare Bunagana, sul confine con l’Uganda e si è recato dapprima a Rutshuru, sotto la protezione del generale Baudouin Ngaruye, poi a Kibumba, a una ventina di chilometri dalla città di Goma e nei pressi della frontiera con il Ruanda.[4]

Il 27 febbraio, il capo militare dell’M23, Sultani Makenga, ha destituito Jean-Marie Runiga dalle sue funzioni di coordinatore politico del movimento. Makenga ha accusato Jean-Marie Runiga di “incapacità nel portare avanti la visione del movimento e nell’attuare il programma politico”, di “essersi alleato con Bosco Ntaganda che continua a influire negativamente sulle decisioni del movimento stesso” e di “appropriazione indebita di denaro, di divisionismo, di odio etnico, di frode e di mancanza di professionalità e di etica”. La presidenza politica del movimento è stata assunta temporaneamente da Sultani Makenga, finora capo militare dell’M23. Vari militari rimasti fedeli a Bosco Ntaganda hanno abbandonato le località di Rubare, Kiwanja e Rutshuru Centro e si sono stabiliti a 20 km a nord di Goma, a Kibumba. Le località del territorio di Rutshuru lasciate abbandonate dall’M23 sono state prese di mira da ribelli ruandesi delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) e da milizie dei Maï Maï.[5]

Da parte sua, anche Jean-Marie Runiga si è ritirato a Kibumba,a  una ventina di chilometri da Goma, con alcuni suoi soldati e collaboratori civili. Non riconosce più il colonnello Makenga come membro dell’M23 e lo ha accusato di tradimento, di connivenza con il potere di Kinshasa e di interferenza nella gestione politica del movimento. Tra le prime misure annunciate da Jean-Marie Runiga, ci sono la nomina del colonnello Seraphin Mirindi come nuovo portavoce militare dell’M23 e la designazione di Baudouin Ngaruye come nuovo comandante militare ad interim dell’M23, in sostituzione di Sultani Makenga da lui sospeso.[6]

Il 28 febbraio, verso mezzanotte, la fazione guidata da Baudouin Ngaruye, fedele a Jean-Marie Runiga e a Bosco Ntaganda, ha attaccato la fazione opposta guidata dal generale Sultani Makenga, a Chanzu, presso la frontiera con l’Uganda. I combattimenti sono durati fino alle 5 del mattino. Negli scontri, almeno 23 persone sono rimaste uccise. Circa 4.000 civili sono fuggiti in Uganda.[7]

Il 28 febbraio, in serata, la città di Rutshuru è caduta nelle mani delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). I combattenti ruandesi hanno sfondato la porta della prigione centrale di Rutshuru e liberato una ventina dei loro. Altri detenuti, una quarantina, sono scomparsi nella foresta. Durante la giornata, si era notata anche la presenza di Mai-Mai Nyatura e di Mai-Mai Shetani nei dintorni della città di Kiwanja. Secondo gli abitanti di Rutshuru, si tratterrebbe in maggior parte di giovani autoctoni che, fuggiti dalla città, si sono riorganizzati in una forza di autodifesa, con l’obiettivo di “cacciare i Ruandesi”.[8]

Il 1° marzo, nella serata, l’esercito congolese ha preso il controllo su diverse città del territorio di Rutshuru abbandonate dall’M23. Si tratta di Kalengera, Rubare, Kako, Rutshuru centro, Kiwanja e Nyongera. Dopo la partenza dell’M23, tre giorni prima, queste località erano state attaccate e occupate da altre milizie (FDLR e Mai-Mai). Secondo il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, il dispiegamento delle FARDC è stato motivato dal desiderio di “proteggere gli abitanti di queste comunità”. Fonti provenienti da Kiwanja indicano che i militari delle FARDC sono stati accolti con molti applausi. Si tratta di militari dell’805° reggimento e provenienti da Mabenga, ultima posizione sulla linea del fronte. Quelli arrivati a Rubari e a Kalengera provenivano da Tongo. Un ufficiale delle FARDC ufficiale ha dichiarato che il loro arrivo avrebbe impedito ad altri gruppi armati di occupare i luoghi abbandonati dall’M23.

Da parte sua, l’M23 ha rapidamente reagito a questa operazione delle FARDC. In un comunicato, l’M23 afferma che le località di Mabenga, Kitagoma, Kiwanja, Rutshuru centro e Rugari sono assediate da una coalizione armata composta da militari congolesi, ribelli ruandesi delle FDLR e milizie Mai-Mai e accusata di commettere atrocità contro la popolazione civile. Il portavoce dell’M23, il colonnello Vianney Kazarama, ha inoltre accusato le FARDC di avere violato il cessate il fuoco unilateralmente dichiarato dall’M23 all’inizio dei colloqui di Kampala. Pertanto, l’M23 mette in guardia il governo di Kinshasa dalle conseguenze dell’occupazione di queste località da parte dell’esercito governativo e chiede al governo di ritirare le sue truppe e riportarle sulle loro precedenti posizioni.[9]

Il 2 marzo, durante la notte, l’esercito congolese si è ritirato dal territorio di Rutchuru. Le Forze Armate della RDCongo (FARDC) affermano di aver obbedito a un ordine gerarchico. Alcuni testimoni riferiscono che i ribelli dell’M23 hanno cominciato a ritornare sul territorio. Secondo diversi testimoni, l’esercito ha cominciato a ritirarsi verso mezzanotte ora locale da Rubare, a 4 km da Rutshuru, sulla strada verso Bunagana. Le FARDC si sono ritirate anche da Kalengera, Kako, Kiwanja, Rutshuru centro e Nyongera. Due ore più tardi, verso le 3:00 del mattino, con grande sorpresa della popolazione, l’M23 ha cominciato a dispiegare le sue truppe a partire da Rubare, poi continuando sulla strada Mabenga-Rwindi.

Questo cambiamento di situazione avviene dopo un lungo incontro organizzato dalla CIRGL, a Bunagana, con Sultani Makenga per chiarire la sua posizione in relazione ai colloqui di Kampala. In tale incontro, Makenga si è detto favorevole al proseguimento del dialogo a Kampala, ma ha insistito sulla necessità, per entrambe le parti, di rispettare le posizioni militari inizialmente conquistate. Inoltre, è intervenuta anche la MONUSCO che ha invitato le due parti alla calma, chiedendo loro di evitare danni collaterali sulla popolazione di Rutshuru, già da molto tempo martoriata dalla guerra.[10]

Il 4 marzo, Sultani Makenga ha proceduto a dei cambiamenti in seno alla delegazione presente ai colloqui di Kampala. Secondo Bertrand Bisimwa, portavoce dell’M23, René Abandi diventa il nuovo capo della delegazione dell’M23 e sostituisce François Rucogoza, rimasto fedele a Runiga e a Bosco Ntaganda.

D’altra parte, in una conferenza stampa tenuta a Kibumba, a 18 chilometri da Goma, il deposto presidente dell’M23, Jean-Marie Runiga, ha dichiarato che «l’M23 è uno e indivisibile», aggiungendo che non vi è alcun dissenso all’interno del movimento, ma piuttosto un atto di tradimento da parte di un certo ufficiale. Ha quindi concluso che «l’M23 ribadisce il suo impegno e la sua volontà di continuare il dialogo di Kampala attraverso la delegazione guidata dal segretario esecutivo, François Rucogoza».[11]

Il 7 marzo, Bertrand Bisimwa è stato nominato presidente dell’M23 in seguito a un congresso della ribellione organizzato nella città di Bunagana, a 60 km a nord-est di Goma. Bertrand Bisimwa sostituisce Jean-Marie Runiga rimosso due settimane prima dal capo militare del movimento, Sultani Makenga. Prima della sua nomina a presidente dell’M23, Bertrand Bisimwa era il portavoce del movimento. Jean-Marie Runiga non ha riconosciuto la nomina di Bertrand Bisimwa come nuovo presidente. L’aveva già sollevato dal suo incarico di portavoce, accusandolo di complicità con l’ala di Makenga e aveva nominato al suo posto Seraphin Mirindi. Bertrand Bisimwa, 40 anni, originario della città di Bukavu (Sud Kivu), è una figura ben nota nell’ambiente dei gruppi armati che si sono succeduti nell’est della RDCongo da quasi due decenni. Nel 1996, entra a far parte dell’Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo (AFDL). Due anni più tardi, ha preso parte all’insurrezione del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD) contro Kabila (padre e figlio), per poi aderire, nel 2009, al CNDP di Laurent Nkunda, di cui era portavoce.[12]

Il 9 marzo, sin dal mattino, sono stati segnalati degli scontri tra le due fazioni dell’M23, sulle colline di Rugari, una città a oltre 30 chilometri a nord di Goma. Il bilancio provvisorio, secondo i testimoni, è di cinque morti e diversi civili feriti. Le due ali dell’M23 si accusano mutualmente di avere aperto le ostilità. Secondo il colonnello Vianney Kazarama, portavoce militare dell’M23 / ala Makenga, le truppe di Bosco Nanganda hanno attaccato la loro postazione di Rumangabo verso le 5:00 del mattino, ora locale. Ne è seguito, quindi, un contro attacco. Secondo il colonnello Vianney Kazarama, se possibile, i suoi uomini cercheranno di arrestare Bosco Ntaganda per consegnarlo alla giustizia internazionale. Secondo il portavoce militare dell’M23 / ala Bosco Ntaganda, il colonnello Seraphin Mirindi, sono le truppe di Makenga che hanno attaccato le loro posizioni a Rugari e a Ngungu, verso le 4:00 del mattino, ora locale.[13]

2. LE CONSEGUENZE SUL DIALOGO TRA L’M23 E IL GOVERNO A KAMPALA

La scissione ai vertici dell’M23 rischia di creare confusione all’interno della sua delegazione nei colloqui con il governo congolese a Kampala. Lo stesso governo congolese aveva indicato di trovarsi di fronte a un problema “di identificazione degli interlocutori “ per proseguire i negoziati. «Questa questione è già risolta: Kinshasa ci ha informato della sua intenzione di continuare i colloqui con il nostro gruppo», afferma Bertrand Bisimwa, nuovo capo politico dell’ala Sultani Makenga dell’M23. Egli auspica che il suo movimento possa raggiungere un accordo con Kinshasa entro il 15 marzo, data prevista per la fine dei colloqui di Kampala. Ma afferma che «contrariamente a quanto alcuni media hanno annunciato, finora non abbiamo ricevuto alcun progetto di accordo dal governo congolese, eccetto il compromesso sulla valutazione dell’accordo del 23 marzo 2009».

A proposito dell’invio di una brigata internazionale di rapido neutralizzare tutti i gruppi armati del Kivu, Bertrand Bisimwa afferma che il suo movimento «non ne è affatto coinvolto, perché l’M23 non è una forza negativa. Siamo piuttosto partner per costruire la pace. È per questo che a Kampala, i nostri delegati sono pagati dal governo congolese: non si assicura vitto, alloggio e stipendio ai membri di una forza negativa”».

François Rucogoza, finora capo della delegazione dell’M23 a Kampala, è considerato essere dalla parte di Runiga e di Bosco Ntaganda, quindi escluso dal nuovo M23. Ma rimane ancora a Kampala e sembra di non avere alcuna intenzione di lasciare il posto. Egli ritiene che, al momento di firmare un accordo con il governo congolese, la mediazione ugandese prescinderà dalle lotte intestine all’interno del movimento M23. Egli sostiene di avere l’appoggio della mediazione per proseguire i negoziati con il governo congolese. Altre fonti che hanno chiesto l’anonimato ritengono che entrambi le parti dell’M23 potrebbe essere accettate al tavolo dei negoziati.[14]

Secondo altre informazioni, Kinshasa sarebbe pronto a firmare un accordo con l’M23 di Sultani Makenga. Ciò potrebbe avvenire a Kampala il 15 marzo, mettendo così fine ai colloqui di Kampala (Uganda) tra governo e ribellione. Il principale punto d’accordo sembra quello di sempre: l’integrazione dei ribelli nell’esercito nazionale, come è avvenuto nel 2009 con la ribellione del CNDP. Il testo sarà rimesso in breve tempo mediatore ugandese del dialogo. Kinshasa sarebbe d’accordo di integrare nell’esercito nazionale le truppe M23, ala Makenga, fino al grado di luogotenente. Per gli ufficiali superiori a tale grado, l’integrazione avverrebbe caso per caso. Ad alcuni ammutinati si offrirebbe la possibilità di un reinserimento nella vita civile. Infine, la terza categoria comprenderebbe i grandi capi, in particolare quelli oggetto di sanzioni da parte delle Nazioni Unite. Anche per loro, la reintegrazione avverrebbe caso per caso. La possibilità di un’amnistia, con il consenso del Parlamento, non sarebbe esclusa. Con l’altra fazione dell’M23, quella del generale Bosco Ntaganda, non sarebbe previsto alcun compromesso e sarà combattuta come forza negativa. Per il ramo più radicale dell’opposizione congolese, la Maggioranza Presidenziale Popolare (MPP), un eventuale accordo tra il governo congolese e l’M23 sarebbe indicativo di una vera e propria cospirazione contro la RDCongo.[15]

L’8 marzo, la Società Civile del Nord Kivu ha chiesto al governo congolese di porre fine alle trattative con l’M23 a Kampala. Ha anche messo in guardia contro qualsiasi tentativo di integrare i ribelli nell’esercito nazionale (FARDC). Il vice presidente e portavoce della società civile, Omar Kavota, ha affermato che, «terminata la tappa della valutazione dell’accordo del 23 marzo 2009, si può concludere». Secondo lui, «ciò che si sta facendo ora a Kampala, non impegna più la popolazione», anche se l’ordine del giorno adottato dal governo congolese e all’M23, il 16 gennaio, include altri tre punti di discussione: la questione dell’insicurezza, le questioni politiche, sociali ed economiche e, infine, il piano di attuazione. Omar Kavota ha chiesto alle autorità di Kinshasa di porre formalmente fine ai colloqui iniziati il 9 dicembre 2012. Ha, invece, chiesto l’urgente apertura delle concertazioni nazionali raccomandate dal Capo dello Stato, Joseph Kabila, alla fine del 2012. Secondo la stessa fonte, questo “dialogo” è l’unico quadro appropriato per rafforzare la coesione nazionale. Omar Kavota ha anche esortato la popolazione ad «aprire gli occhi sulla trappola in cui il governo potrebbe cadere, riconoscendo a Sultani Makenga (capo militare dell’M23), il grado di generale e integrando le truppe dell’M23 nell’esercito e nella polizia».[16]

3. DIETRO LA SCISSIONE

La crisi all’interno dell’M23 ha messo in evidenza le divisioni tra i pro-Nkunda e i pro-Ntaganda, anche ai vertici del movimento. Sultani Makenga, capo militare della ribellione, e Beaudouin Ngaruye, uno dei suoi assistenti, non parlano più lo stesso linguaggio. Il primo, prossimo all’ex generale Laurent Nkunda, arrestato nel 2009, sospetta il secondo di continuare a mantenere dei contatti con il generale Bosco Ntaganda, ricercato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Gli stessi sospetti pesano anche su Jean-Marie Runiga, coordinatore politico del movimento ribelle, accusato di collaborare con Bosco Ntaganda.

D’altra parte, il campo di Runiga accusa Makenga di essersi venduto al regime di Kinshasa per ottenere incarichi importanti nell’esercito. Avendo l’ONU deciso di inviare una brigata di intervento per combattere, con un mandato più robusto di imposizione della pace, i vari gruppi armati attivi nell’est della RDCongo, incluso l’M23, i principali responsabili di questo movimento non sono ancora arrivati ad una posizione comune di fronte al nuovo contesto regionale. Occorre riprendere la guerra prima dell’arrivo della brigata di intervento o è necessario cercare di ottenere un compromesso con Kinshasa mediante i colloqui di Kampala? I punti di vista sono diversi.[17]

Il generale Sultani Makenga ritiene che le rivendicazioni dell’M23 a Kampala dovrebbero limitarsi all’applicazione delle disposizioni dell’Accordo di pace del 23 marzo 2009, motivo della creazione dell’M23. Jean-Marie Runiga, tuttavia, vorrebbe allargare le rivendicazioni del gruppo all’ambito politico e a livello nazionale con l’obiettivo di una nuova ridistribuzione del potere a Kinshasa.[18]

A proposito della scissione dell’M23 in due fazioni rivali, non bisogna dimenticare la strategia usata da Paul Kagame nella creazione dei gruppi armati che egli strumentalizza secondo i suoi interessi. Il modus operandi adottato attualmente dal presidente ruandese è quello di fare dimenticare l’M23, che non gode più di buona fama, sia sul piano interno che internazionale. È questa la causa dell’attuale scissione dell’M23. Il regime di Kigali è pronto (forse lo ha già fatto) a suscitare un nuovo movimento a colorazione congolese che si presenterebbe sotto una nuova etichetta. L’M24, per esempio. Privo del logo iscritto nella lista delle forze negative, la nuova leadership si presenterebbe come qualcosa di diverso e come nuovo interlocutore di Kinshasa, con le stesse rivendicazioni militari e politiche aggiornate. Ispirata dal maestro ruandese Paul Kagame, la strategia dell’ex colonnello Sultani Makenga, autoproclamato ora “generale”, è di fare di Bosco Ntaganda un oggetto di scambio. La caccia per “prendere Bosco Ntaganda e consegnarlo alla Corte Penale Internazionale” sembra già iniziata.

Una volta arrestato Bosco Ntaganda, la comunità internazionale prenderebbe Sultani Makenga sul serio. La sopravvivenza dell’M23 dipende dalla sostituzione dell’ala di Bosco Ntaganda – Jean Marie Runiga con quella di Sultani Makenga. Il nuovo M23 (M24?) potrà così essere integrato nell’esercito nazionale e nelle istituzioni del Paese. Si ripete oggi lo stesso scenario dell’inizio 2009, quando Laurent Nkunda fu sostituito da Bosco Ntaganda. Oggi Bosco Ntaganda sarà sostituito da Sultani Makenga. Rimasto sempre lo stesso, il Presidente ruandese Paul Kagame riedita così la sua avventura del 2009.[19]

Secondo Eugène Diomi Ndongala, presidente della Maggioranza Presidenziale Popolare (MPP), una piattaforma dell’opposizione radicale, le fasi della destabilizzazione dell’est della RDCongo sono le seguenti:

1. La creazione di una ribellione a predominanza mono-etnica Tutsi (è stato il caso dell’AFDL, dell’RCD/Goma, del CNDP e, ora, dell’M23);

2. L’inizio delle ostilità e l’occupazione del territorio congolese provocano massacri e spostamento di massa della popolazione. Infiltrato fino ai vertici di comando a causa di integrazioni di ribellioni precedenti, l’esercito regolare non è in grado di far fronte all’insurrezione / aggressione;

3. Si creano e si armano nuovi gruppi armati Mai Mai alleati con le truppe regolari per combattere contro i ribelli.

4. In seguito a successive disfatte militari e per porre fine al conflitto, il governo accetta di avviare, in posizione di debolezza, un processo di negoziazioni con i ribelli. Una volta firmato l’accordo “politico” tra governo e ribellione, le truppe di quest’ultima sono reintegrate nell’esercito nazionale, rimanendo, tuttavia, come un esercito nell’esercito, senza alcun controllo di identità e nazionalità, mantenendo i gradi ottenuti durante la ribellione e, soprattutto, con il privilegio di rimanere nel Kivu dove, in un successivo momento, innescheranno un nuovo ammutinamento che costituirà il nucleo centrale di una successiva ribellione filo ruandese (AFDL- RCD/Goma, CNDP-M23). Va osservato che l’infiltrazione non si limita solo all’esercito, ma colpisce anche la sfera politica del Paese, come conseguenza di un accordo politico.

5. I ribelli tutsi reintegrati nell’esercito regolare iniziano una nuova campagna militare per attaccare e neutralizzare quei gruppi armati (FDLR e Mai Mai) precedentemente alleati con le truppe regolari per combattere i ribelli tutsi.

6. Al di là della destabilizzazione generale del paese, un processo lento, ma sempre in crescita esponenziale da 16 anni, di spopolamento della parte orientale della RDCongo è accompagnato da un flusso incontrollato e anarchico di rifugiati tutsi “congolesi” che, provenienti dal Ruanda, occupano le terre delle popolazioni sfollate, usufruendo della protezione degli ex ammutinati integrati che garantiscono il mantenimento delle terre occupate dai nuovi “immigrati” nelle loro mani.

7. Con la loro indifferenza e, spesso, con la loro complicità, l’Onu e la Comunità Internazionale contribuiscono ad avallare il proseguimento del ciclo vizioso: ammutinamento, ribellione, aggressione, attivazione di gruppi armati Mai-Mai e Fdlr, negoziati, accordi, reintegrazione della ribellione, operazioni militari contro gli ex alleati “tassati di forze negative”, fuga della popolazione autoctona, immigrazione incontrollata di Ruandesi, conflitti etnici per l’occupazione della terra.

8. Qual è il fine ultimo della destabilizzazione del Kivu? A breve termine, la creazione di una “Terra nullius” in una zona ricca di materie prime (minerali e petrolio) e ad alto potenziale agricolo. A lungo termine, la creazione di uno stato autonomo, la cui configurazione etnica sarà stata modificata per permettere lo svolgimento di un referendum di autodeterminazione in un Kivu demograficamente ristrutturato.[20]

Per gli osservatori che hanno seguito da vicino l’evoluzione di tutti i movimenti ribelli dell’est della RDCongo creati dal Ruanda, la scissione dell’M23 è un vero “copia e incolla”. È secondo le circostanze che i presidenti di questi diversi movimenti sono nominati e dimessi senza pietà, dopo avere svolto il ruolo che è stato loro assegnato. Si è così assistito al succedersi di presidenti di ribellioni senza alcun potere sulla struttura, essendo Kigali il vero conduttore del gioco. Al momento della sua creazione, il 2 agosto 1998, l’RCD-Goma ha avuto come primo Presidente il Prof. Wamba dia Wamba, nativo del Bas-Congo. Il Professore si spolmonava per dimostrare la “congolità” di questa ribellione che, tuttavia, non era che un’organizzazione di Ruandesi comandata dal generale James Kabarebe che, nel 1996 comandava le truppe dell’AFDL e attualmente è ministro ruandese della Difesa, implicato in attività di appoggio all’M23. Fu poi nominato Emile Ilunga, un ex della gendarmeria Katanghese, seguito da Adolphe Onusumba Djemba, un medico del Kasaï, alla fine sostituito da Azarias Ruberwa Manywa, un tutsi congolese del Sud Kivu, membro del movimento dei Banyamulenge, alla base della rivolta cosiddetta dei Banyamulenge che, nel 1996, condusse alla creazione dell’AFDL.

Il continuo cambiamento di presidenti ai vertici di tutti questi movimenti ribelli è la prova che essi sono teleguidati da Kigali che continuamente li sostituisce secondo le proprie strategie. Ciò che gli interessa mantenere intatta è l’ala militare, un corpo omogeneo composto prevalentemente di Tutsi congolesi e ruandesi. È questa forza armata che permette al Ruanda di portare a compimento il progetto che sta dietro la creazione di ogni movimento ribelle: il controllo politico, militare ed economico dell’est della RDCongo.[21]

4. A PROPOSITO DELLA BRIGATA INTERNAZIONALE DI INTERVENTO

Il 5 marzo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, durante la presentazione del suo rapporto speciale sulla RDCongo e la regione dei Grandi Laghi, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di autorizzare l’invio di una brigata internazionale di rapido intervento RDCongo. Tale forza dovrebbe condurre “operazioni offensive contro tutti i gruppi armati che minacciano la pace nella parte orientale” del paese. «La situazione di estrema insicurezza richiede un’azione urgente», ha dichiarato Ban Ki-Moon, precisando che la brigata di rapido intervento, integrata nella Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite nella RDCongo (Monusco) e la cui creazione era stata pensata dai Paesi della regione, deve “bloccare la crescita dei gruppi armati, congolesi e stranieri, neutralizzarli e disarmarli”. Ha aggiunto che, per preparare un rapido dispiegamento di tale brigata internazionale, nel caso in cui il Consiglio desse il suo via libera, già sono in corso delle consultazioni con gli attuali Paesi fornitori di truppe per la Monusco e con altri Paesi disponibili a fornirne altre. Ban Ki-Moon ha anche annunciato che avrebbe nominato un inviato speciale per la Regione dei Grandi Laghi. Quest’ultimo lavorerebbe in stretto contatto con i governi degli Stati della regione per accompagnare l’attuazione delle misure previste a livello nazionale e regionale.

Ma, secondo alcuni diplomatici, durante le consultazioni che sono seguite, vari paesi membri del Consiglio di Sicurezza hanno messo in dubbio la fattibilità della creazione di tale brigata di intervento nella RDCongo. «I membri del Consiglio considerano l’approccio di Ban Ki Moon audace e innovativo. Ma, per quanto riguarda il rafforzamento della Monusco, ci sono ancora molte questioni da risolvere», ha dichiarato alla stampa l’ambasciatore russo Vitaly Churkin, Presidente del Consiglio per il mese di marzo. Secondo un diplomatico del Consiglio, i Paesi che già forniscono loro truppe alle operazioni di mantenimento della pace dell’Onu (Guatemala e Pakistan, in particolare) hanno evocato il rischio di rappresaglie contro i loro caschi blu, mentre la Russia e la Cina hanno sollevato obiezioni “di principio” e gli Stati Uniti hanno messo in discussione le capacità militari della Monusco. Lo stesso diplomatico ha fatto osservare che la presidenza del Consiglio per il mese di aprile spetterà proprio al Ruanda, accusato dalle stesse Nazioni Unite di appoggiare l’M23, uno dei gruppi armati attivi nella RDCongo che la brigata di intervento dovrà combattere. Per cui sarebbe necessario arrivare ad una decisione definitiva entro la fine del mese di marzo.[22]

L’8 marzo, il Rappresentante Speciale della Presidenza dell’Unione Africana (UA) nella regione dei Grandi Laghi, Boubakar Sujari, si è detto preoccupato per la situazione umanitaria nella provincia del Nord Kivu, nell’est della RDCongo ha dichiarato che per mettere fine a questa “catastrofe umanitaria” è necessario inviare “il più presto possibile” la brigata di rapido intervento.[23]


[1] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 01.03.’13

[2] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 04.03.’13

[3] Cf AFP – Goma, 25.02.’13

[4] Cf Radio Okapi, 26.02.’13

[5] Cf Radio Okapi, 28.02.’13

[6] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 01.03.’13

[7] Cf Associated Press – Goma, 01.03.’13

[8] Cf Radio Okapi, 28.02.’13

[9] Cf Radio Okapi, 02.03.’13; RFI, 02.03.’13

[10] Cf Radio Okapi, 03.03.’13; Le Potentiel – Kinshasa, 04.03.’13

[11] Cf L’Avenir Quotidien – Kinshasa, 05.03.’13

[12] Cf Radio Okapi, 08.03.’13; Trésor Kibangula – Jeuneafrique.com, 08.03.’13

[13] Cf Radio Okapi, 09.03.’13

[14] Cf Radio Okapi, 08.03.’13; RFI, 07.03.’13; Trésor Kibangula – Jeuneafrique.com, 08.03.’13

[15] Cf RFI, 06.03.’13

[16] Cf Radio Okapi, 09.03.’13

[17] Cf Trésor Kibangula – Jeuneafrique.com,  26.02.’13

[18] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 28.02.’13

[19] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 28.02.’13

[20] Cf Le Phare – Kinshasa, 06.03.’13

[21] Cf Kandolo M.- Forum des As – Kinshasa, 01.03.’13

[22] Cf Radio Okapi, 06.03.’13

[23] Cf Radio Okapi, 09.03.’13